REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
Composta da
Dott. Luca Ramacci – Presidente –
Dott. Cinzia Vergine – Relatrice –
Dott. Antonella Di Stasi – Consigliere –
Dott. Enrico Mengoni – Consigliere –
Dott. Cristina Amoroso – Consigliere –
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sull’appello proposto da
(omissis) (omissis), nato a (omissis) il xx/xx/19xx;
avverso la sentenza del Tribunale di Barcellona P.G., in composizione monocratica, del 4/05/2023, trasmesso a questa Corte di Cassazione con provvedimento, ex art. 568, comma 5, cod.proc.pen., della Corte di appello di Messina, in quanto inappellabile ai sensi dell’art. 593, comma 3, cod,proc.pen.;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa Cinzia Vergine;
lette le conclusioni rassegnate ex art. 23, comma 8, del decreto legge n. 137 del 2020 dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, dott. Giuseppe Riccardi, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per morte dell’imputato.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con sentenza del 4 maggio 2023 il Tribunale di Barcellona P.G., in composizione monocratica, in esito al dibattimento celebrato con la presenza della parte civile, ha dichiarato (omissis) (omissis) colpevole del reato di cui all’art. 659 cod.pen. a lui ascritto come in rubrica, e, riconosciute circostanze attenuanti generiche, lo ha condannato alla pena di € 250,00 di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali, al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile -da liquidarsi in separata sede- nonché al pagamento delle spese di costituzione di parte civile, liquidate come in dispositivo.
2. Con atto del 17 novembre 2023 (omissis) (omissis), a mezzo del difensore di fiducia, ha proposto appello, affidandolo a quattro motivi.
Col primo ha dedotto inosservanza o erronea applicazione della legge penale e vizio di omessa e/o manifesta contraddittorietà della motivazione, invocando assoluzione perché il fatto non è previsto dalla legge come reato o perché non costituisce reato (non avrebbe -il Pubblico ministero prima e poi- il tribunale specificato la fattispecie imputata, se quella di cui al primo o quella di cui al secondo comma dell’art. 659 cod.pen., omettendo di investigare sulla esistenza e violazione di eventuali prescrizioni attinenti al contenimento della rumorosità in ragione della attività lavorativa-professionale svolta dall’imputato, informando apoditticamente il proprio criterio decisorio al presunto superamento della normale tollerabilità ed al conseguente disturbo delle occupazioni o del riposo di cui alla fattispecie del comma 1 dell’art. 659 cod.pen.);
col secondo motivo ha dedotto nullità della sentenza per violazione degli artt. 192 e segg. cod.proc.pen., per travisamento delle prove acquisite e per manifesta illogicità della motivazione, invocando assoluzione perché il fatto non sussiste (non sarebbe stata raggiunta la prova della produzione di rumori oggettivamente molesti ed esorbitanti, né la prova del disturbo della pubblica tranquillità emergendo, anzi, quella contraria in ragione della carenza di qualsiasi lagnanza da parte di terzi);
col terzo motivo ha dedotto l’applicabilità della causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131-bis cod.pen., attesa la dedotta episodicità delle condotte, la nullità del pericolo e la esiguità del danno;
col quarto motivo ha lamentato la violazione degli artt. 132, 133 e 133-bis cod.pen. e plurimi vizi di difetto assoluto di motivazione in merito alla misura della pena.
3. Con provvedimento dell’8 gennaio 2024 la Corte di appello di Messina, rilevato che trattasi di condanna alla sola pena dell’ammenda, dunque inappellabile ai sensi dell’art. 593, comma 3, cod.proc.pen., ha trasmesso, a mente dell’art. 568, comma 5, cod.proc.pen. gli atti a questa Corte di Cessazione.
4. Il ricorrente è deceduto nelle more della fissazione dell’odierna udienza pubblica. È in atti il certificato di morte, trasmesso dal difensore di fiducia del ricorrente con nota del 15 maggio 2024, attestante il decesso di (omissis), in Messina, il 19 febbraio 2024.
5. Osserva il Collegio:
5.1. la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perché il ricorrente è deceduto il 19 febbraio 2024;
5.2. vanno conseguentemente revocate le statuizioni civili di condanna;
5.3. la morte dell’imputato, intervenuta prima del passaggio in giudicato della sentenza, comporta la cessazione sia del rapporto processuale penale, che del rapporto processuale civile nel processo penale, e determina, di conseguenza, anche il venir meno delle eventuali statuizioni civilistiche senza la necessità di una apposita dichiarazione da parte del giudice penale.
L’esistenza e permanenza in vita dell’imputato, difatti, funge da presupposto processuale della sentenza e della sussistenza del rapporto processuale, anche civilistico (Sez. 3, n. 47894 del 23/03/2017, Modica, Rv. 271160 – 01; Sez. 3, n. 5870 del 02/12/2011, F., Rv. 251981 – 01; Sez. 2, n. 11073 del 17/02/2(109, Leonardi, Rv.243865 – 01; Sez. 4, n. 44663 del 14/10/2005, Merotto, Rv. 232620 – 01; Sez. 4, n. 49457 del 08/01/2003, Paolillo, Rv. 227069 – 01, secondo cui la morte dell’imputato, se determina il difetto di legittimazione del difensore a proporre impugnazione, determina anche il venir meno delle eventuali statuizioni civilistiche e, quindi, il venir meno sia dell’interesse degli eredi dell’imputato a farle eliminare, sia l’interesse della parte civile a vederle riaffermate;
5.4. è stato condivisibilmente affermato (e deve essere qui ribadito) che deve ritenersi che la morte dell’imputato, intervenuta prima del passaggio in giudicato della sentenza, comporti la cessazione sia del rapporto processuale in sede penale che del rapporto processuale civile inserito nel processo penale, con la conseguenza che le eventuali statuizioni civilistiche restano caducate “ex lege” senza la necessità di una apposita dichiarazione da parte del giudice penale.
Ne deriva che, in tale ipotesi, è preclusa agli eredi dell’imputato la possibilità di impugnare, in luogo del “de cuius“, le suddette statuizioni, non potendo essi avvalersi del disposto di cui all’art. 574 cod. proc. pen. (il quale riserva la possibilità di impugnazione al solo imputato), e neppure potendo trovare applicazione in loro favore l’art. 578 cod. proc. pen. riferendosi questo soltanto all’eventualità di estinzione del reato per amnistia o per prescrizione.
Tale disciplina manifestamente non si pone in contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, lasciando essa aperta la possibilità per gli eredi dell’imputato, di far comunque valere le proprie ragioni nella sede civilistica, ove in tale sede venga rinnovata la pretesa risarcitoria da parte dei danneggiati dal reato (Sez. 4, n. 58 del 08/11/2000, Pitruzzella, Rv. 219149 – 01).
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il reato è estinto per morte dell’imputato.
Revoca le statuizioni civili.
Così deciso in Roma, il 27/06/2024
Il Consigliere estensore Il Presidente
Cinzia Vergine Luca Ramacci
Depositato in Cancelleria, oggi 7 agosto 2024.