Il regolamento condominiale non può intervenire sui termini per l’impugnazione delle delibere assembleari (Corte di Cassazione, Sezione VI Civile, Sentenza 21 settembre 2020, n. 19714).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SESTA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDI Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16720-2019 proposto da:

PRINCIOTTA MICHELANGELO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ULPIANO, 47, presso lo studio dell’avvocato PAOLO DI CANDILO, rappresentato e difeso dall’avvocato LAURA RITA FLAVIA GILARDONI;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO STRESA, Via Stresa n. 29, MILANO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ACHILLE PAPA 21, presso lo studio dell’avvocato RODOLFO GAMBERINI MONGENET, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANDREA GIOVANNI VIGANO’;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5071/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 21/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/09/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Michelangelo Princiotta ha proposto ricorso articolato in tre motivi avverso la sentenza 21 novembre 2018, n. 5071/2018, resa dalla Corte d’Appello di Milano.

1.1. Il Condominio di via Stresa 29, Milano, resiste con controricorso.

2. La Corte d’Appello di Milano, pronunciando sull’appello formulato da Michelangelo Princiotta, ha confermato la sentenza n. 4641/2017, resa dal Tribunale di Milano, ribadendo che l’attore ed appellante fosse decaduto dal diritto di impugnazione ex art. 1137 c.c. della deliberazione assembleare del Condominio di via Stresa 29, Milano, approvata il 18 novembre 2014, in quanto la citazione notificata il 15 dicembre 2014 non aveva rispettato il termine di decadenza di quindici giorni stabilito dall’art. 25 lettera D del vigente regolamento condominiale contrattuale.

2.1. Ad avviso della Corte di Milano, la decadenza stabilita dall’art. 1137 c.c. in trenta giorni non è comunque sottratta alla disponibilità delle parti, con conseguente inapplicabilità dell’art. 2968 c.c., avendo l’assemblea deliberato su diritti di contenuto patrimoniale.

3. Il primo motivo di ricorso di Michelangelo Princiotta deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1137 e 1138 c.c., con sostituzione ex art. 1419, comma 2, c.c., dovendosi intendere l’art. 25, lettera D del regolamento inosservante della inderogabilità dell’art. 1137 c.c.

3.1. Il secondo motivo di ricorso di Michelangelo Princiotta deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1137 e 1138 c.c., rispetto a quanto previsto nell’art. 153, comma 1, c.p.c., sempre con riguardo alla indicata previsione regolamentare sul termine di impugnazione delle delibere assembleari.

3.2. Il terzo motivo di ricorso denuncia la nullità della sentenza per assenza o apparenza della motivazione.

4. Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere accolto per manifesta fondatezza, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375, comma 1, n. 5), c.p.c., il Presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

5. Il ricorrente ha presentato memoria ai sensi dell’art. 380 bis, comma 2, c.p.c. 5.

6. Il primo motivo di ricorso è manifestamente fondato, e l’accoglimento della prima censura comporta l’assorbimento del secondo e del terzo motivo, i quali perdono di conseguenza immediata rilevanza decisoria.

Secondo consolidato orientamento di questa Corte, che la sentenza impugnata ha ignorato, il regolamento di condominio, anche se contrattuale, approvato cioè da tutti i condomini, non può derogare alle disposizioni richiamate dall’art. 1138, comma 4, c.c., né può menomare i diritti che ai condomini derivano dalla legge, dagli atti di acquisto e dalle convenzioni (ad esempio, Cass. Sez. 2, 09/11/1998, n. 11268).

In particolare, l’art. 1138, ultimo comma, c.c., disposizione che regola la materia di causa e della quale la Corte d’appello non ha tenuto conto, contiene, invero, due diverse norme, di cui una generica e l’altra specifica.

La prima esclude che i regolamenti condominiali possano menomare i diritti spettanti a ciascun condomino in base agli atti di acquisto o alle convenzioni.

La seconda dichiara inderogabili le disposizioni del codice concernenti l’impossibilita di sottrarsi all’onere delle spese, l’indivisibilità delle cose comuni, il potere della maggioranza qualificata di disporre innovazioni, la nomina, la revoca ed i poteri dell’amministratore, la posizione dei condomini dissenzienti rispetto alle liti, la validità e l’efficacia delle assemblee, l’impugnazione delle relative delibere.

La prima di tali norme riguarda, dunque, i principi relativi alla posizione del condominio rispetto ai diritti dei condomini sulle parti comuni e sui beni di proprietà individuale e la disciplina di tali diritti, se non è modificabile da un regolamento comune, deliberato a maggioranza, può essere, invece, validamente derogata da un regolamento contrattuale.

La seconda norma, invece, concerne le disposizioni relative alla dinamica dell’amministrazione e della gestione condominiale.

L’inderogabilità di queste ultime disposizioni è assoluta e, pertanto, la relativa disciplina non può subire modifiche neppure in base a regolamenti contrattuali o ad altre convenzioni intercorse fra le parti (cfr. Cass. Sez. 2, 03/08/1966, n. 2155).

Nel valutare la tempestività della impugnazione della deliberazione assembleare del Condominio di via Stresa 29, Milano, approvata il 18 novembre 2014, avendo in particolare Michelangelo Princiotta notificato la sua citazione il 15 dicembre 2014, la Corte d’appello di Milano avrebbe perciò dovuto rilevare la nullità della richiamata clausola contenuta nell’art. 25 lettera D del regolamento condominiale contrattuale, che stabilisce un termine di decadenza di quindici giorni, visto che l’ultimo comma dell’art. 1138 c.c. vieta che con regolamento condominiale siano modificate le disposizioni relative alle impugnazioni delle deliberazioni condominiali di cui all’art. 1137 c.c. (così Cass. Sez. 2, 06/05/1964, n. 1082).

Non ha fondamento la considerazione sulla novità della questione della nullità della clausola regolamentare, in quanto la stessa è rilevabile, ai sensi dell’art. 1421 c.c., anche d’ufficio, in ogni stato e grado del procedimento, e quindi pure in sede di legittimità, purché siano acquisiti agli atti tutti gli elementi di fatto dai quali possa desumersene l’esistenza (cfr. Cass. Sez. U, 12/12/2014, n. 26243).

Deve pertanto enunciarsi il seguente principio: E’ nulla la clausola del regolamento di condominio che stabilisce un termine di decadenza di quindici giorni per chiedere all’autorità giudiziaria l’annullamento delle delibere dell’assemblea, visto che l’ultimo comma dell’art. 1138 c.c. vieta che con regolamento condominiale siano modificate le disposizioni relative alle impugnazioni delle deliberazioni condominiali di cui all’art. 1137 c.c.

7. Va dunque accolto il primo motivo di ricorso, restando assorbiti il secondo ed il terzo motivo, e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione, che deciderà uniformandosi all’enunciato principio e regolerà anche le spese del giudizio di cassazione.

P. Q. M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti i restanti due motivi, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione il giorno 16 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.