REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Antonella PAGETTA – Presidente
Dott. Francescopaolo PANARIELLO – Consigliere Rel.
Dott. Guglielmo CINQUE – Consigliere –
Dott. Fabrizio AMENDOLA – Consigliere
Dott. Gualtiero MICHELINI – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21982/2020 r.g., proposto da
(OMISSIS) (OMISSIS) elett. dom.to in (OMISSIS)
ricorrente
contro
(OMISSIS) (OMISSIS) elett. dom.to in (OMISSIS) (OMISSIS)
controricorrente
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 4529/2019 pubblicata il 05/12/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 16/05/2023 dal Consigliere dott. Francescopaolo Panariello.
RILEVATO CHE
1. Con sentenza pubblicata il 05/07/2017 il Tribunale di Frosinone accoglieva la domanda proposta da (omissis) (omissis) avente ad oggetto l’accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso con (omissis) (omissis) nel periodo dall’l/03/2007 al 31/05/2013, il diritto all’inquadramento nel 4^ livello studi professionali, la condanna del (omissis) al pagamento della complessiva somma di euro 77.633,82 a titolo di differenze retributive, 13″ e 14″ mensilità, t.f.r., oltre accessori.
2. Con la sentenza in epigrafe la Corte territoriale dichiarava inammissibile il ricorso d’appello depositato dal (omissis) data 08/0l/20l8, perché tardivo, in quanto proposto oltre il termine di decadenza di sei mesi previsto dall’art. 327 c.p.c. (scaduto il 05/0l/20l8) e considerata, altresì, l’inapplicabilità della sospensione del termine nel periodo feriale, trattandosi di rito del lavoro, ai sensi dell’art. 3 L. n. 742/l969.
3. Contro la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione il (omissis) affidato a due motivi.
4.- Ha resistito con controricorso il (omissis) il quale ha depositato altresì memoria (in cui il suo difensore avv. (omissis) si è dichiarato antistatario).
CONSIDERATO CHE
1. Preliminarmente va dichiarato tempestivo il ricorso per cassazione, che risulta notificato in data 07/08/2020. Va infatti tenuto conto della sospensione della decorrenza del termine processuale a causa del COVID- l9, dal 09 marzo all’11 maggio 2020, come disposta dapprima dall’art. 83 D.L. 17 marzo 2020, n. 18 (che ha stabilito la sospensione dei termini processuali dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020), poi dall’art. 36 D.L. 8 aprile 2020, n. 23 (che ha prorogato la predetta sospensione dal 15 aprile all’11 maggio 2020).
Nel caso in esame il termine di sei mesi per proporre appello sarebbe iniziato a decorrere il 05/12/2019 (data di pubblicazione della sentenza di appello); all’08 marzo 2020 erano decorsi 3 mesi e 3 giorni, sicché restavano ancora 2 mesi e 27 giorni; il termine è ripreso il 12 maggio 2020 e quindi i residui 2 mesi e 27 giorni sarebbero scaduti l’08/08/2020 (12/05/2020 + 27 giorni = 08/06/2020 + 2 mesi = 08/08/2020).
2. Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, 1, n. 3, c.p.c. il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 155, co. 5, c.p.c. in relazione all’art. 12 disp.prel.c.c.
Il (omissis) ammette che il termine lungo di sei mesi era scaduto il 05 gennaio 2018, che cadeva di venerdì, e ricorda che il 6 gennaio era sabato, ma era l’Epifania e quindi un giorno festivo. Assume che la norma dell’art. 155, co. 5, c.p.c., con cui il legislatore estende al sabato la disciplina del termine cadente in giorno festivo, va applicato a tutti i giorni prefestivi e, quindi, nel caso in esame anche al 05 gennaio 2018, che appunto era un giorno prefestivo (rispetto all’Epifania). Ne consegue – a suo dire – che il termine ultimo deve ritenersi differito all’08 gennaio 20l8, in quanto il 07 gennaio 20l8 cadeva di domenica, sicché il ricorso d’appello, depositato appunto l’08/0l/20l8, era tempestivo. La Corte territoriale avrebbe pertanto violato l’art. 155 cit.
Il motivo è infondato.
L’art. 155, ai commi 4, 5 e 6, c.p.c. dispone:
“Se il giorno di scadenza è festivo la scadenza è prorogata di diritto al primo giorno seguente non festivo.
La proroga prevista dal quarto comma si applica altresì ai termini per il compimento degli atti processuali svolti fuori dell’udienza che scadono nella giornata del sabato.
Resta fermo il regolare svolgimento delle udienze e di ogni altra attività giudiziaria, anche svolta da ausiliari, nella giornata del sabato, che ad ogni effetto è considerata lavorativa“.
Dall’interpretazione sistematica di questi commi si evince che il legislatore considera, in via di principio, la giornata del sabato come lavorativa (co. 6), ma ciononostante ed eccezionalmente la esclude dal computo del termine soltanto per il compimento di atti processuali “fuori dell’udienza” (co. 5).
Trattandosi di una norma eccezionale, essa è insuscettibile di interpretazione estensiva e di applicazione analogica (art. 14 disp.prel.c.c.).
Inoltre, con il comma 5^ dell’art. l55 c.p.c. il legislatore ha solo inteso affermare che per il compimento di atti processuali “fuori dell’udienza” i giorni settimanali disponibili sono cinque (e non sei). Non a caso nella formulazione dell’art. 155 c.p.c. anteriore alla novella apportata dall’art. 2, co. 1, lett. f), della legge 28/12/2005, n. 263 (che vi ha aggiunto i commi 5″ e 6″), il differimento del termine era previsto solo nel caso cui cadesse in giorno festivo, non anche di sabato.
Nella vigenza di quel regime questa Corte aveva affermato che “In tema di computo dei termini, ai sensi dell’articolo 155 cod. proc. civ., poiché ai fini dell’individuazione dei giorni festivi deve farsi riferimento al d.P.R. 28 dicembre 1985, n.792, la giornata di sabato, salvo che in essa ricada una delle festività indicate nel suddetto decreto, non è da considerarsi di per sé giorno festivo” (Cass. n. 5ll4/2009).
A seguito della novella del 2005 il sabato è rimasto comunque giorno lavorativo ad ogni effetto, ad eccezione del compimento di atti processuali “fuori dell’udienza”, per i quali è stato eccezionalmente equiparato al giorno festivo.
Dunque, contrariamente all’assunto del ricorrente, il sostantivo “sabato” adoperato dal legislatore non equivale a “giorno prefestivo”: la ratio legis non è quella di dettare un regime generale per i giorni prefestivi, ossia per qualunque giorno che cada subito prima di uno festivo, bensì quella di limitare il compimento di atti processuali “fuori dell’udienza” a cinque giorni alla settimana.
Ne consegue che il termine cadente di venerdì va rispettato, a nulla rilevando il fatto – del tutto occasionale – che il sabato successivo sia un giorno festivo.
3. Resta assorbito il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., con cui il ricorrente, lamentando la violazione dell’art. 327 c.p.c. in relazione all’art. 3 L. n. 742/l969, si duole che la Corte territoriale avrebbe falsamente applicato quest’ultima norma, considerato che, essendo pacifica l’inapplicabilità della sospensione dei termini durante il periodo feriale al rito del lavoro, l’appello – per quanto esposto con il primo motivo – doveva ritenersi tempestivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.000,00, oltre euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali, cpa ed IVA, con attribuzione all’avv. (omissis) (omissis) dichiaratasi anticipante.
Dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. l3, co. l quater, d.P.R. n. ll5/2002 pari a quello per il ricorso a norma dell’art. l3, co. l bis, d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione lavoro, in data 16/05/2023.
Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2023.