Il tifoso aggressivo può essere identificato anche con l’aiuto delle immagini poco nitide (Consiglio di Stato, Sezione Terza, Sentenza 11 gennaio 2021, n. 317).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

con l’intervento dei magistrati:

Franco Frattini, Presidente

Massimiliano Noccelli, Consigliere

Paola Alba Aurora Puliatti, Consigliere, Estensore

Stefania Santoleri, Consigliere

Raffaello Sestini, Consigliere

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 201 del 2020, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’Avvocato Giovanni Adami, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

Questura di Massa Carrara, in persona del Questore pro tempore, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza n. -OMISSIS- del Tar Toscana, Seconda sezione, pubblicata il 17/06/19, con cui il Tar ha rigettato il ricorso avverso il provvedimento del Questore della Provincia di Massa Carrara del 14 settembre 2018.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 novembre 2020, svoltasi in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 25, comma 1, D.L. 28 ottobre 2020, n. 37, il Consigliere Paola Alba Aurora Puliatti e presente, ai sensi di legge, mediante deposito di note di udienza, l’Avvocato Giovanni Adami per l’appellante;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. – Il ricorrente ha impugnato il provvedimento del Questore della Provincia di Massa Carrara del -OMISSIS-con il quale gli veniva fatto divieto, ex art. 6 della l. 401/89 e successive modifiche, di accedere ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive calcistiche anche amichevoli, disputate nelle categorie serie A, B, Lega Pro, coppe nazionali ed internazionali, selezioni regionale, sia in Italia che nei Paesi dell’Unione Europea, per la durata di cinque anni.

1.1. – Il provvedimento è motivato con la circostanza che il ricorrente sarebbe stato partecipe, il giorno -OMISSIS-, unitamente ad altri tifosi massesi, di violenti scontri con i sostenitori della squadra ospite del -OMISSIS- dell’incontro calcistico, fatti per i quali il ricorrente è stato denunciato all’A.G. per il reato di cui all’art. 588 c.p. (rissa aggravata).

2. – Con la sentenza in epigrafe, il TAR ha rigettato il ricorso condannando il ricorrente alle spese di giudizio.

2.1. – Il TAR ha ritenuto sufficienti gli elementi indiziari a carico del ricorrente a far presumere una sua partecipazione agli episodi in contestazione (l’Amministrazione ha ritenuto di individuare sul luogo dei fatti l’autovettura a lui intestata; dai rilevi effettuati dalla polizia il giorno successivo ai fatti si evince un’evidente “ferita lacero contusa all’occhio e allo zigomo sinistro”, presumibilmente frutto della partecipazione agli eventi del giorno prima).

Quanto alla durata del provvedimento, il TAR ne ha ritenuto la legittimità tenuto conto della recidiva.

3. – Propone appello il ricorrente denunciando l’ingiustizia ed erroneità della sentenza, di cui chiede la riforma.

4. – Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata che ha chiesto il rigetto dell’appello.

5. – Alla pubblica udienza del 19 novembre 2020, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. – L’appello è infondato.

2. – L’appellante con unico articolato motivo deduce il difetto e l’illogicità di motivazione della sentenza impugnata in relazione al difetto di istruttoria concernente il comportamento concreto posto in essere dal ricorrente e in ordine alla sua partecipazione agli eventi, nonché il travisamento dei fatti.

La sentenza sarebbe fondata su due unici elementi indiziari e nessuna certezza.

Le immagini dell’autovettura non consentono di scorgere la targa del veicolo; non è dato nemmeno sapere chi fosse alla guida del mezzo e soprattutto se, dopo i momenti immortalati nelle foto, il ricorrente abbia partecipato alla rissa.

Quanto al secondo indizio valorizzato, la ferita lacero contusa riscontrata il giorno successivo ai fatti, non vi è una foto, un certificato medico, un video, una testimonianza che possa far risalire la ferita a quel pomeriggio.

Per emettere un DASPO vi deve essere:

1) certezza dell’identità del soggetto;

2) certezza della condotta attribuita ai fini della valutazione della sua pericolosità per l’ordine pubblico e della pertinenza con l’elenco tassativo delle fattispecie di cui all’art. 6, comma 1, l. 401/89.

Invece, la Digos non riesce ad indicare nelle foto o nei video una sagoma attiva che somigli al ricorrente.

Inoltre, lo stesso Tar Toscana, con sentenza n. -OMISSIS-, adottata il medesimo giorno, ha annullato due provvedimenti a due tifosi viareggini (di parte avversa) presenti sul luogo degli scontri ma non ritenuti responsabili di comportamenti punibili e, con sentenza n. -OMISSIS- ha annullato il DASPO adottato nei confronti di (OMISSIS) Stefano (implicato nella medesima vicenda).

2.1. – Con memoria depositata il 19 ottobre 2020, l’appellante ribadisce l’inidoneità degli elementi indiziari raccolti dalla Questura, attraverso la visione dei filmati estrapolati dagli impianti di videosorveglianza e del video amatoriale acquisito, all’identificazione certa del ricorrente, tanto che il GIP presso il Tribunale di Massa, chiamato a convalidare l’obbligo di presentazione ex art. 6, commi 2 e 3, l. 401/89, in data 18/09/18, emetteva ordinanza di non convalida, affermando che dagli atti del fascicolo “non risulterebbe chi abbia identificato -OMISSIS- come uno dei partecipi alla rissa, né risulta sulla base di quali fotogrammi sia stato individuato, né soprattutto sulla base di quali condotte concrete sia stato ritenuto come uno dei compartecipanti alla rissa”.

3. – Il Collegio, in punto di diritto, osserva che l’art. 6, comma 1, della legge n. 401 del 1989 prevede che il Questore può disporre il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive nei confronti di:

a) coloro che risultino denunciati per aver preso parte attiva a episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive, o che nelle medesime circostanze abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza;

b) coloro che, sulla base di elementi di fatto, risultino avere tenuto, anche all’estero, sia singolarmente che in gruppo, una condotta evidentemente finalizzata alla partecipazione attiva a episodi di violenza, di minaccia o di intimidazione, tali da porre in pericolo la sicurezza pubblica o da creare turbative per l’ordine pubblico nelle medesime circostanze di cui alla lettera a);

c) coloro che risultino denunciati o condannati, anche con sentenza non definitiva, nel corso dei cinque anni precedenti per alcuno dei reati tassativamente indicati dalla stessa norma (tra cui delitti contro l’ordine pubblico, delitti di comune pericolo mediante violenza, etc.).

Il comma 2 dello stesso articolo dispone che alle persone alle quali è notificato il divieto il Questore può prescrivere di comparire personalmente una o più volte negli orari indicati, nell’ufficio o comando di polizia competente in relazione al luogo di residenza dell’obbligato nel corso della giornata in cui si svolgono le manifestazioni per le quali opera il divieto.

La predetta prescrizione ha effetto a decorrere dalla prima manifestazione successiva alla notifica all’interessato ed è immediatamente comunicata al Procuratore della Repubblica ai fini della convalida; la prescrizione imposta (di comparizione nell’ufficio di polizia) cessa di avere efficacia se il pubblico ministero con decreto motivato non avanza la richiesta di convalida entro 48 ore (comma 3).

3.1. – La giurisprudenza ha qualificato la fattispecie come tipicamente appartenente al diritto amministrativo della prevenzione per l’inequivoca volontà del legislatore di anticipare la soglia della prevenzione alle situazioni di pericolo concreto, per le quali vale la logica del “più probabile che non”, non richiedendosi la certezza ogni oltre ragionevole dubbio che le condotte siano ascrivibili ai soggetti destinatari (Consiglio di Stato sez. III, 04/02/2019, n. 866).

E’ dunque sufficiente una dimostrazione fondata su elementi di fatto gravi, precisi e concordanti, secondo un ragionamento causale di tipo probabilistico improntato a una elevata attendibilità e, quanto alla identificazione dei responsabili, sono sufficienti i rilievi ed i riscontri effettuati dalla autorità di pubblica sicurezza, a prescindere da accertamenti più approfonditi, anche in altra sede (Consiglio di Stato sez. III, 15/12/2016 n.5304).

Il provvedimento è connotato da ampia discrezionalità, spettando all’Autorità amministrativa la valutazione in concreto dell’inaffidabilità del soggetto in forza di un equo bilanciamento tra il prevalente interesse pubblico alla tutela dell’ordine e della sicurezza dei cittadini e l’interesse privato ad accedere liberamente negli stadi; in ogni caso, è sempre necessario che al destinatario del divieto sia ascrivibile un comportamento concreto, volto con chiarezza e univocità alla commissione del fatto potenzialmente pericoloso o espressamente previsto dalla legge come tale.

In particolare, sul punto relativo alla riconducibilità causale delle condotte ascritte ai soggetti destinatari di DASPO, come pure ha chiarito di recente la Corte europea dei diritti dell’uomo pronunciandosi sulle analoghe misure previste dalla legislazione croata, è stato precisato che l’applicabilità della misura prescinde da una condanna penale, sia per la finalità prevalente della misura, consistente nella creazione di un ambiente che prevenga comportamenti violenti o pericolosi a protezione dell’ordine pubblico e degli altri spettatori, sia per la mancanza di afflittività, non consistendo in una privazione della libertà o in una imposizione di obbligazione pecuniaria (Corte europea dei diritti dell’uomo, sez. I, 8 novembre 2018, ric. n. 19120/15, Seražin c. Croazia).

E’ stato, ad es., ritenuto legittimo il provvedimento del Questore che ha applicato la misura del DASPO quinquennale per un episodio rispetto al quale il giudice penale ha assolto l’imputato, ritenendo i fatti di particolare tenuità (Consiglio di Stato sez. III, 26/11/2020, n.7420).

Fermo l’accertamento del dato storico, le valutazioni delle stesse circostanze fattuali compiute dal giudice penale e dall’autorità amministrativa sono tra loro autonome e non condizionate, oltre che finalizzate alla tutela di beni e interessi pubblici diversi.

4. – In punto di fatto, il Collegio osserva che dal provvedimento impugnato risulta che il divieto è stato adottato dopo la comunicazione di notizia di reato trasmessa dalla DIGOS alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Massa in data 13.8.2018 per gli scontri tra tifosi dell’8 aprile, durante i quali sono state utilizzate armi improprie, con lancio di oggetti contundenti e artifici pirotecnici.

Dai filmati di videosorveglianza e dal video amatoriale esaminati, la DIGOS addiveniva alla “identificazione certa” del ricorrente quale compartecipe dei fatti.

In precedenti occasioni il ricorrente aveva tenuto una condotta antisportiva e violenta ed era stato sottoposto ad analogo provvedimento dal 14.1.2013 al 13.1.2015.

La durata della sanzione viene fissata nella misura massima di cinque anni, tenuto conto dei fatti concretamente contestati “in relazione alla valutazione globale della (loro) offensività giuridica ed ai precedenti di polizia” dell’interessato.

5. – Ad avviso del Collegio, in concreto, il provvedimento impugnato, come ritenuto dal primo giudice, si fonda su indizi da ritenersi sufficienti a identificare il ricorrente e a fondare la presunzione di responsabilità, secondo la regola del “più probabile che non”.

Elemento di fatto preponderante è l’identificazione del ricorrente compiuta dalla Digos attraverso le immagini tratte dai filmati estrapolati dalle telecamere di videosorveglianza e dal filmato amatoriale acquisito.

La presenza di autovettura compatibile con quella del ricorrente nelle vicinanze dei luoghi della rissa è indizio idoneo, specie se valutato unitamente all’altro indizio, ovvero la ferita lacero-contusa sul viso del ricorrente riscontrata dalla polizia il giorno seguente alla rissa (cfr. relazione della Questura di Massa Carrara, Divisione Polizia Anticrimine, in data 14.09.2018).

Non occorreva, pertanto, alcuna ulteriore istruttoria.

La contestazione del ricorrente sul punto è generica.

Egli non adduce circostanze e prove atte a smentire la presunzione cui è pervenuta la Questura che egli si trovasse sui luoghi della rissa e che avesse preso parte alla stessa.

Nessun argomento il ricorrente spende per giustificare la ferita riscontrata dalla polizia il giorno seguente alla rissa, che senza dubbio avvalora le deduzioni sulla sua partecipazione agli scontri.

5.1. – La circostanza che analoghi provvedimenti adottati nei confronti di altri soggetti siano stati annullati dal TAR è irrilevante: le vicende processuali relative ad altre parti, che abbiano in comune con il provvedimento in esame il mero fatto storico, nulla provano a favore del non coinvolgimento nel fatto all’odierno appellante.

5.2. – Quanto all’argomento che il ricorrente intende trarre dalla mancata convalida da parte del GIP presso il Tribunale di Massa della misura di presentazione alla polizia giudiziaria, si deve ritenere non influente che il giudice penale non abbia convalidato il diverso provvedimento concernente l’obbligo di firma e presentazione presso gli uffici di polizia, disposto per gli stessi fatti e a seguito dell’adozione del DASPO impugnato.

La convalida giudiziale concerne, infatti, solo la diversa misura restrittiva di cui al comma 3 dell’art. 6 l. 401/89 ( obbligo di presentazione presso gli uffici di polizia) disposta dal Questore sul presupposto dell’adozione del DASPO; ma la mancata convalida non incide sulla efficacia del provvedimento presupposto che, senza le prescrizioni non convalidate, continua a produrre i propri effetti restrittivi di divieto di accesso ai luoghi ove si svolgono le manifestazioni sportive per la durata negli stessi stabilita.

Gli stessi elementi indiziari sono stati valutati dal GIP non sufficienti ad identificare il ricorrente tra i compartecipi alla rissa; tuttavia, va ribadita l’autonomia del giudizio compiuto dal Questore.

La valutazione discrezionale del Questore finalizzata all’imposizione del divieto di partecipazione a manifestazioni sportive, che persegue una finalità latamente preventiva, può fondarsi su presunzioni circa l’identità del responsabile che è ben possibile non siano ritenuti sufficienti dalla Procura della Repubblica ai fini della convalida di un vincolo ulteriore, quale l’obbligo di firma, senza che vi sia per ciò solo contraddittorietà tra i due giudizi.

5.3. – Infine, la durata massima del divieto appare proporzionata, tenuto conto della recidiva in cui è incorso il ricorrente, così come motivato dalla Questura.

Il comportamento ripetuto, in un arco di tempo non breve, lascia ritenere che l’effetto dissuasivo perseguito col precedente provvedimento, di fatto, non è stato raggiunto e legittima, pertanto, una prognosi di inaffidabilità più consistente ed il maggior rigore nel determinare la durata della misura restrittiva.

6. – In conclusione, l’appello va rigettato, con conseguente legittimità dell’atto impugnato.

7. – Le spese di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

Condanna il ricorrente alle spese di giudizio, che liquida in euro 2.500, 00 oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il giorno 11 gennaio 2021.

SENTENZA – copia conforme -.