In materia di: “Simulazione di Reato”(Corte di Cassazione, Sezione VII Penale, Sentenza 5 febbraio 2020, n. 4806).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SETTIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISCUOLO Anna – Rel. Presidente

Dott. VILLONI Orlando – Consigliere

Dott. GIORDANO Emilia Anna – Consigliere

Dott. SCORDAMAGLIE Irene – Consigliere

Dott. VIGNA Maria Sabina – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) Antonella nata a (OMISSIS) il xx/xx/xxxx;

avverso la sentenza del 07/05/2019 della CORTE APPELLO di TORINO;

dato avviso alle parti;

udita la relazione svolta dal Presidente Dott.ssa Anna CRISCUOLO;

Ritenuto in fatto e motivi della decisione

Il difensore di (OMISSIS) Antonella ha proposto ricorso avverso la sentenza indicata in epigrafe con la quale la Corte di appello di Torino, in riforma della sentenza emessa il 9 luglio 2015 dal Tribunale di Torino che, all’esito di giudizio ordinario, aveva dichiarato non doversi procedere nei confronti dell’imputata, accusata del reato di simulazione di reato, perché il fatto non sussiste, accogliendo l’appello del P.m. ha assolto l’imputata perché non punibile per particolare tenuità del fatto.

Ne chiede l’annullamento per:

1) erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione per non essere stato provato che la denuncia della ricorrente fosse frutto di simulazione, in quanto la falsità del furto dell’assegno non è stata provata nel processo né il P.m. ha chiesto la rinnovazione dibattimentale per sentire i testi, necessari a dimostrare la falsità della denuncia: manca quindi, la motivazione sul presupposto del reato;

2) violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla possibilità di far rientrare il verbale di sommarie informazioni reso dalla ricorrente tra gli atti con i quali si può commettere il reato;

3) violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla sussistenza del reato, atteso che al momento della convocazione dell’imputata, l’AG era già a conoscenza del fatto che l’assegno era stato speso dal marito della ricorrente, sicché la stessa doveva essere sentita con gli avvertimenti della facoltà di astenersi prevista per i congiunti, sicché l’atto è viziato e dallo stesso non può scaturire alcun effetto legale.

Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi.

La sentenza impugnata chiarisce che il primo giudice era incorso in un errore di diritto, ritenendo che la falsa denuncia di furto dell’assegno, non potesse essere contenuta in un verbale di sommarie informazioni alla luce dei principi affermati da questa Corte e della puntuale ricostruzione delle mendaci affermazioni rese dall’imputata nel verbale di sommarie informazioni, tanto da indicare persino modalità e tempi del furto ai verbalizzanti, obbligati a riferire all’AG la notizia di reato a carico di ignoti.

A fronte di tali precisazioni non solo non era dovuta la rinnovazione istruttoria, non trattandosi di diversa valutazione della prova dichiarativa, ma solo di correzione, a quadro probatorio immutato, dell’errore di diritto commesso dal primo giudice, ma è stato correttamente ritenuto sussistente il reato.

Del tutto infondato è anche l’ultimo motivo, fondato su una mera supposizione difensiva, essendo nota alla p.g. unicamente l’identità della ricorrente, titolare dell’assegno negoziato con firma non corrispondente, su segnalazione della banca.

All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, equitativamente determinata in euro tremila.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.

Così deciso il 23 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 febbraio 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.