In ore notturne in un luogo poco frequentato, si è trovata intrappolata nella sua auto da due rapinatori che l’hanno obbligata a consegnare il portafoglio e l’auto (Corte di Cassazione, Sezione II Penale, Sentenza 15 dicembre 2020, n. 35877).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CERVADORO Mirella – Presidente –

Dott. AGOSTINACCHIO Luigi – Consigliere –

Dott. ARIOLLI Giovanni – Rel. Consigliere –

Dott. COSCIONI Giuseppe – Consigliere –

Dott. SARACO Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) DENIS nato il 16/04/1988;

avverso la sentenza del 12/10/2018 della CORTE APPELLO di FIRENZE;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. GIOVANNI ARIOLLI;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott.ssa ASSUNTA COCOMELLO che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. (OMISSIS) Denis ricorre per cassazione per l’annullamento della sentenza della Corte di appello di Firenze del 12/10/2018 con la quale, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Lucca, è stata ridotta la pena inflitta al ricorrente (con revoca della pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici) in ordine al reato di rapina aggravata in concorso.

1.1. Con il primo motivo deduce l’inosservanza e l’erronea applicazione della legge penale con riguardo alla qualificazione giuridica del fatto, da ricondursi nell’alveo del furto aggravato, stante l’assenza della minaccia, non potendosi questa ritenersi integrata dal riferimento ad un generico atteggiamento minaccioso che l’imputato avrebbe posto in essere. Peraltro, gli indici fattuali declinati dal giudice di appello erano idonei ad integrare l’aggravante della minorata difesa e della destrezza, ma non la minaccia.

1.2. Con il secondo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche.

Nessuna motivazione sul punto si rinveniva nella sentenza impugnata, benché la concessione delle attenuanti generiche fosse stata avanzata con i motivi di appello sul rilievo che l’imputato si era attribuito la responsabilità del fatto risarcendo la p.o.

Illogico, poi, era operare una prognosi favorevole in tema di sospensione condizionale della pena in favore del coimputato e non concedergli le invocate attenuanti generiche.

Irragionevole oltre che afflittivo era, infine, l’operato giudizio in termini di equivalenza e non di prevalenza dell’attenuante comune di cui all’art. 62 n. 6 cod. pen. sulla recidiva e sulle aggravanti contestate.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile essendo i motivi manifestamente infondati.

1.1 Quanto alla qualificazione giuridica del fatto, le sentenze di merito risultano avere fatto corretta applicazione del principio di diritto enunciato da questa Corte secondo cui la minaccia costitutiva del reato di rapina, oltre che essere palese, esplicita e determinata, può essere manifestata in modi e forme differenti, ovvero in maniera implicita, larvata, indiretta ed indeterminata, essendo solo necessario che sia idonea ad incutere timore ed a coartare la volontà del soggetto passivo, in relazione alle circostanze concrete, alla personalità dell’agente, alle condizioni soggettive della vittima e alle condizioni ambientali in cui questa opera (Sez. 2, n. 44347 del 25/11/2010, Rv. 249183).

Nel caso di specie, l’avere avanzato alla p.o. la richiesta di consegnare il portafoglio in modo improvviso e alla presenza di entrambi gli imputati – i quali agivano in maniera coordinata, tanto che la p.o. si trovò “intrappolata” nella sua auto tra i due sconosciuti (vedi sul punto anche pag. 4 della sentenza di primo grado) – al buio e in un luogo che per l’ora notturna non era frequentato, sono elementi logicamente idonei a dare concretezza a quell’atteggiamento minacciosa di cui ha riferito l’offeso e, dunque, ad integrare, per le circostanze di tempo e di luogo, una situazione di obiettivo pericolo per la propria incolumità.

Ciò esclude, quindi, la possibilità di ricondurre la valenza di tali elementi ad una mera funzione aggravante del reato, in quanto non solo hanno reso più agevole l’impossessamento dei beni (portafogli, ipod e autovettura della p.o.), ma inciso sulla libertà di autodeterminazione del soggetto passivo del reato.

1.2. Il motivo di appello con cui è stata chiesta la concessione delle attenuanti generiche deve ritenersi implicitamente disatteso.

Invero, la Corte territoriale, nell’ambito di una valutazione di carattere complessivo relativa alle questioni poste con riguardo al trattamento sanzionatorio – tra cui quella in tema di concessione delle attenuanti generiche (vedi pag. 2 della sentenza ove tale motivo è espressamente richiamato unitamente alla disapplicazione della recidiva e alla riduzione della pena) – ha ritenuto di accogliere soltanto la censura attinente all’entità della sanzione inflitta, riducendo la reclusione di dieci mesi.

Di conseguenza, con riferimento al diniego della attenuanti generiche, come al censurato giudizio di mancata prevalenza della diminuente speciale di cui all’art. 116 cod. pen sulla recidiva, debbono ritenersi richiamate e fatte proprie le argomentazioni spese dal giudice di primo grado.

Nella motivazione della sentenza il giudice del gravame di merito non è tenuto, infatti, a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una loro valutazione globale, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo.

2. Ne consegue che in tal caso debbono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (Sez. 6, Sentenza n. 49970 del 19/10/2012, Rv. 254107).

Nel caso in esame, il giudice del merito ha escluso, con motivazione congrua e scevra da vizi logici non censurabile in questa sede, la concessione delle attenuanti generiche, come la prevalenza dell’attenuante speciale sulla recidiva e sulle altre aggravanti, in forza dei precedenti specifici dell’imputato e della gravità del reato, tenuto conto dell’abilità della condotta e della preordinazione del fatto illecito commesso ai danni della p.o.; tali indici valutativi, di particolare negativa pregnanza anche in punto di pericolosità sociale del ricorrente, rendono logicamente recessivo l’elemento favorevole costituito dall’intervenuto risarcimento, correttamente apprezzato invece ai fini della concessione della relativa attenuante comune.

Quanto, poi, infine, al rilievo secondo cui l’avvenuta concessione delle attenuanti generiche al coimputato renderebbe illogica la mancata concessione delle attenuanti generiche ad entrambi gli imputati, si tratta di un profilo che attiene ad una diversa posizione processuale e, dunque, rispetto alla cui denunzia il ricorrente non ha interesse.

3. All’inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma in favore della Cassa delle ammende che, in ragione dei motivi dedotti, si stima equo determinare in C 2.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 2.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Così deciso, il 23/9/2020.

Depositato in Cancelleria il 15 dicembre 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.