Indennizzo per infortunio: prescrizione sospesa finché il lavoratore non conosce le sorti della domanda rivolta all’INAIL (Corte di Cassazione, Sezione Lavoro Civile, Sentenza 11 ottobre 2022, n. 29532).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. GNANI Alessandro – Consigliere –

Dott. CERULO Angelo – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16660-2016 proposto da:

(OMISSIS) FRANCESCO PAOLO, rappresentato e difeso, in forza di procura conferita in calce al ricorso per cassazione, dall’avvocato ODETTE (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO (INAIL), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, per procura conferita in calce al controricorso, dagli avvocati LUCIANA (OMISSIS) e LUCIA (OMISSIS), con domicilio eletto presso il loro studio in ROMA, VIA (OMISSIS), 144,

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza n. 294 del 2016 della Corte d’appello di Catanzaro, pronunciata il 18 febbraio 2016, depositata il 18 aprile 2016 e notificata il 27 aprile 2016 (R.G.N. 783/2015).

Udita la relazione della causa, svolta nella camera di consiglio del 18 maggio 2022 dal consigliere Dott. Angelo Cerulo.

FATTI DI CAUSA

1. Il signor Francesco Paolo (OMISSIS) ha convenuto in giudizio l’INAIL dinanzi al Tribunale di Castrovillari e ha chiesto la condanna dell’Istituto a corrispondere in suo favore un indennizzo in capitale, per l’infortunio sul lavoro del 12 giugno 2006.

Con sentenza del 5 maggio 2015, il Tribunale adito ha respinto l’eccezione di prescrizione formulata dall’INAIL e ha riconosciuto al ricorrente una menomazione dell’integrità psico-fisica pari al 6% dalla data di stabilizzazione dei postumi (23 aprile 2014).

2. La sentenza è stata appellata dall’INAIL, che ha reiterato, in via preliminare, l’eccezione di prescrizione e ha criticato, nel merito, la scelta del giudice di primo grado di aderire alle conclusioni della consulenza tecnica d’ufficio medico-legale.

Con sentenza n. 294 del 2016, pronunciata il 18 febbraio 2016 e depositata il 18 aprile 2016, la Corte d’appello di Catanzaro ha accolto l’appello e, in riforma dell’impugnata sentenza, ha rigettato la domanda proposta dal lavoratore.

Le spese di entrambi i gradi di giudizio sono state compensate e a carico dell’INAIL sono state poste le spese della consulenza tecnica d’ufficio.

La Corte territoriale ha ritenuto fondata l’eccezione di prescrizione. Il lavoratore non ha agito nel termine di tre anni, previsto dall’art. 112 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124.

Il termine triennale decorre dal 13 ottobre 2006, data in cui l’INAIL ha riconosciuto il diritto all’indennità temporanea. Non rileva – soggiunge la Corte d’appello – la notificazione del provvedimento, che la legge non impone.

Peraltro, la mancanza della notificazione, trascorsi centocinquanta giorni, equivale a “silenzio-rigetto”: cessa la sospensione della prescrizione e l’interessato può agire in giudizio per far valere i suoi diritti.

Anche a voler prediligere questa ricostruzione, il ricorso è comunque tardivo.

Si giustifica l’integrale compensazione delle spese di entrambi i gradi di giudizio alla luce della «complessità delle questioni trattate» e dei «contrasti di giurisprudenza».

Sull’INAIL gravano, in via definitiva, le spese di consulenza tecnica d’ufficio.

3. Con ricorso notificato il 24 giugno 2016, Francesco Paolo (OMISSIS) impugna per cassazione, in base a un motivo, la sentenza della Corte d’appello di Catanzaro, notificata il 27 aprile 2016.

4. L’INAIL si difende con controricorso.

5. Il ricorso è stato fissato in camera di consiglio dinanzi a questa sezione, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380-bis. 1. cod. proc. civ.

6. Il pubblico ministero non ha depositato conclusioni scritte.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso, il signor Francesco Paolo (OMISSIS) deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 111 e 112 del d.P.R. n. 1124 del 1965 e degli artt. 1334, 1335 e 2729 cod. civ.

1.1. La Corte d’appello di Catanzaro avrebbe errato nel considerare come dies a quo della prescrizione triennale la data del 13 ottobre 2006, relativa «probabilmente» all’emissione della comunicazione e non alla sua ricezione da parte del destinatario.

Si tratterebbe di una comunicazione spedita con posta ordinaria e l’Istituto, in caso di contestazioni, non potrebbe invocare alcuna presunzione di conoscibilità.

Proprio la natura recettizia del provvedimento dell’INAIL imporrebbe di portarlo a conoscenza del destinatario.

L’atto non potrebbe produrre «conseguenze pregiudizievoli» a carico di un destinatario ignaro del suo contenuto.

Ad avviso del ricorrente, non potrebbe essere condiviso, pertanto, il ragionamento della Corte territoriale, che reputa superflua la comunicazione, sul presupposto che tale incombente non sia espressamente stabilito dalla legge.

1.2. Il ragionamento che ha condotto a ritenere prescritte le pretese del ricorrente sarebbe erroneo anche nella diversa prospettiva che valorizza, ai fini della ripresa del dies a quo del termine di prescrizione, il formarsi del silenzio rigetto e non il provvedimento espresso dell’INAIL.

A fronte di una denuncia d’infortunio presentata il 12 giugno 2006, il silenzio rigetto si sarebbe formato soltanto il 9 novembre 2006, con l’inutile decorso del termine di centocinquanta giorni sancito per la conclusione del procedimento amministrativo.

La prescrizione triennale sarebbe stata efficacemente interrotta dalla presentazione del ricorso amministrativo il 23 ottobre 2009 e l’azione intrapresa non sarebbe dunque tardiva.

2. Il ricorso è fondato.

3. Risulta dalla sentenza impugnata (pagina 2) e non è controverso tra le parti (pagina 7 del ricorso e pagine 3 e 4 del controricorso) che il ricorrente ha subìto infortunio, denunciato all’INAIL il 12 giugno 2006, e ha proposto ricorso amministrativo il 23 ottobre 2009 contro il provvedimento di liquidazione dell’indennità temporanea, recante la data del 13 ottobre 2006.

La Corte territoriale assume che il termine di prescrizione decorra dal provvedimento di definizione dell’infortunio, a prescindere dalla sua notificazione, incombente che la legge non richiede.

L’azione è comunque tardiva, anche a voler considerare come dies a quo il formarsi del silenzio rigetto, che si riconnette al vano decorso di centocinquanta giorni dall’avvio del procedimento amministrativo.

4. Tali statuizioni non sono conformi a diritto.

Le azioni volte a conseguire le prestazioni di cui al titolo I del «Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali» si prescrivono nel termine di un triennio, che decorre «dal giorno dell’infortunio o da quello della manifestazione della malattia professionale» (art. 112, primo comma, del citato Testo unico).

La prescrizione rimane sospesa «durante la liquidazione in via amministrativa dell’indennità» (art. 111, secondo comma, del d.P.R. n. 1124 del 1965), che deve compiersi «nel termine di centocinquanta giorni», elevato a duecentodieci giorni nel procedimento di revisione della rendita da inabilità (art. 111, terzo comma).

Come ha chiarito il giudice delle leggi, il termine di centocinquanta giorni, invocato nell’odierno giudizio, «risulta dalla sommatoria dei trenta giorni di cui al secondo comma dell’art. 102 – previsti per accertare il diritto alla liquidazione della rendita (e che identificano la fase amministrativa vera e propria) – con gli ulteriori sessanta giorni concessi all’interessato dal primo comma dell’art. 104 per opporsi al provvedimento dell’INAIL ed infine con i sessanta giorni che quest’ultimo ha a disposizione per decidere ai termini del successivo secondo comma dell’art. 104» (Corte cost., sentenza n. 207 del 1997, punto 3.1. del Considerato in diritto).

L’art. 111, terzo comma, ultimo periodo, del d.P.R. n. 1124 del 1965 stabilisce che «Trascorsi tali termini senza che la liquidazione sia avvenuta, l’interessato ha facoltà di proporre l’azione giudiziaria».

Nel comporre il contrasto insorto sull’interpretazione della disciplina richiamata, le sezioni unite di questa Corte hanno affermato che la prescrizione triennale dell’azione per il riconoscimento delle prestazioni relative agl’infortuni sul lavoro e alle malattie professionali è sospesa per l’intera durata del procedimento amministrativo di liquidazione delle indennità e fino all’adozione di un provvedimento di accoglimento o di diniego da parte dell’istituto assicuratore (S.U., 7 maggio 2019, n. 11928, in linea con Cass., sez. lav., 21 giugno 2013, n. 15733; in senso conforme, fra le molte, Cass., sez. lav. 5 ottobre 2020, n. 21302, punto 16, e Cass., sez. lav., 3 agosto 2020, n. 16598, punti 5 e 6).

In difetto di un’espressa qualificazione normativa che gli attribuisca tale valore, il decorso del termine di centocinquanta giorni non rappresenta un’ipotesi di silenzio significativo e non determina, dunque, la cessazione della sospensione della prescrizione.

A favore dell’inquadramento sistematico privilegiato dalle sezioni unite, milita il favor che il sistema delineato dal d.P.R. n. 1124 del 1965 manifesta per la definizione amministrativa del procedimento di riconoscimento e di liquidazione delle indennità.

In un prudente bilanciamento dei contrapposti interessi, la finalità di dare impulso all’attività dell’Istituto e di accelerarne le determinazioni non sacrifica la tutela del diritto dell’assicurato di agire in giudizio, presidiato dall’art. 24 Cost.

Decorso invano il termine di centocinquanta giorni, diviene procedibile l’azione e l’assicurato ha la facoltà – non l’obbligo – di tutelare in sede giurisdizionale i propri diritti dinanzi al contegno inerte dell’Istituto.

5. La sentenza impugnata si è discostata da tali principi e ha scelto di uniformarsi al diverso indirizzo che considerava cessata la sospensione della prescrizione triennale dell’azione per il riconoscimento delle prestazioni da infortunio sul lavoro e malattie professionali, dopo il decorso dei centocinquanta giorni previsti per la liquidazione amministrativa delle indennità (pagine da 3 a 6 della sentenza impugnata).

Secondo l’orientamento condiviso dal giudice d’appello e dall’Istituto (pagine 4 e 5 del controricorso) e poi superato da questa Corte dopo l’intervento chiarificatore delle sezioni unite, la mancata pronuncia definitiva dell’INAIL entro il termine di centocinquanta giorni configurava un’ipotesi di silenzio significativo della reiezione dell’istanza dell’assicurato e comportava, quindi, l’esaurimento del procedimento amministrativo e, con esso, la cessazione della sospensione della prescrizione (in tal senso, Cass., sez. lav., 12 gennaio 2015, n. 211; Cass., sez. lav., 30 agosto 2011, n. 17822; Cass., sez. lav., 4 dicembre 2007, n. 25261, richiamata, con dovizia di riferimenti, dalla sentenza impugnata).

In questa prospettiva, la prescrizione triennale era dunque soggetta a un unico periodo di sospensione della durata massima di centocinquanta giorni, collegato alla pendenza del procedimento amministrativo, indipendentemente dal momento in cui il relativo iter si fosse di fatto concluso (Cass., sez. lav., 30 ottobre 2002, n. 15343; Cass., sez. lav., 21 marzo 1997, n. 2515).

6. In continuità con le enunciazioni di principio delle sezioni unite, si deve ribadire che, ai fini della cessazione del periodo di sospensione della prescrizione, rileva la «definizione in senso positivo o negativo» del procedimento di liquidazione dell’indennizzo (Cass., S.U., 7 maggio 2019, n. 11928, punto 11), a prescindere dal momento in cui il provvedimento espresso interviene.

Può accadere che il procedimento si esaurisca in tempi più rapidi (Cass., sez. lav., 8 luglio 2004, n. 12651) o che il provvedimento sia emesso allorché il termine di centocinquanta giorni è già spirato.

È ininfluente, pertanto, il mero decorso del termine di centocinquanta giorni, posto in risalto dalla sentenza impugnata: il compimento di tale periodo si riverbera soltanto sulla procedibilità dell’azione dell’assicurato, senza tradursi in un silenzio significativo, equiparabile a una determinazione esplicita.

Se è l’adozione del provvedimento espresso, di accoglimento o di diniego, che determina la cessazione della sospensione della prescrizione, si deve puntualizzare che occorre avere riguardo alla data in cui il provvedimento è comunicato all’interessato e perviene nella sua sfera di conoscibilità. Dal momento indicato, la prescrizione riprende a decorrere.

Tale conclusione è corroborata, in primo luogo, dal carattere recettizio del provvedimento dell’Istituto, che non appartiene al novero degl’intema corporis, ma dispiega i suoi effetti nei confronti dell’assicurato e all’assicurato, pertanto, dev’essere trasmesso.

Dell’esigenza d’informare il destinatario del provvedimento che lo riguarda, si fa carico la disciplina positiva che, agli artt. 102 e 104 del Testo unico del 1965, sancisce l’obbligo dell’Istituto di comunicare le determinazioni di volta in volta adottate con riguardo agl’infortuni che gli sono denunciati.

L’indicato carattere recettizio trova conferma nella vicenda concreta: non è controverso che il provvedimento sia stato comunicato, è controversa la data di effettiva ricezione della comunicazione effettuata. Inoltre, una diversa ricostruzione sarebbe foriera di risultati pratici irragionevoli e lesivi dei diritti dell’assicurato.

A voler attribuire rilievo all’emissione pura e semplice del provvedimento, a prescindere da una comunicazione che potrebbe anche mancare del tutto, si dovrebbe concludere che il termine di prescrizione riprende a decorrere anche a danno di chi sia ignaro e, dunque, contra non valentem agere.

È ineludibile l’esigenza di fissare, per la ripresa del corso della prescrizione, termini univoci, ancorati a elementi incontestabili e conoscibili ex ante o comunque non sottratti al controllo dell’assicurato, che deve assumere a ragion veduta le iniziative indispensabili per la tutela dei suoi diritti.

Né tale interpretazione pregiudica la finalità, insita nella fissazione di termini certi, di «garantire all’INAIL un accertamento tempestivo degli elementi posti a base della denuncia» e, in pari tempo, di «assicurare all’interessato un rapido conseguimento della prestazione» (Corte cost., sentenza n. 207 del 1997, punto 3.2. del Considerato in diritto).

Erra, dunque, la Corte di merito nel reputare irrilevante la comunicazione del provvedimento all’interessato e nell’annettere rilievo alla mera emissione del provvedimento.

7. I rilievi svolti conducono all’accoglimento del ricorso.

La sentenza è cassata.

A norma dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., la causa dev’essere rinviata per un nuovo esame, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio, alla Corte d’appello di Reggio Calabria.

Si rendono necessari ulteriori accertamenti di fatto sulla data in cui, del provvedimento dell’INAIL, l’interessato ha preso formale conoscenza.

A tale riguardo, devono essere esaminate le contrapposte deduzioni delle parti, che la Corte di merito ha trascurato, sull’erroneo presupposto della superfluità della comunicazione del provvedimento.

Il giudice del rinvio si dovrà uniformare al seguente principio di diritto:

«Il termine di prescrizione triennale dell’azione per il riconoscimento delle prestazioni da infortunio sul lavoro e malattie professionali, di cui all’art. 112 del d.P.R. n. 1124 del 1965, resta sospeso, ex art. 111, comma 2, dello stesso decreto, per tutta la durata del procedimento amministrativo di liquidazione delle indennità e fino all’adozione di un provvedimento di accoglimento o di diniego da parte dell’istituto assicuratore; il termine di prescrizione riprende a decorrere dalla comunicazione del provvedimento espresso dell’Istituto e, in particolare, dal momento in cui tale provvedimento, di accoglimento o di diniego, perviene nella sfera di conoscibilità dell’assicurato».

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la impugnata sentenza e rinvia alla Corte d’appello di Reggio Calabria, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta Sezione civile del 18 maggio 2022.

Depositato in Cancelleria, Roma 11 ottobre 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.