Interrogatorio preventivo: quando deve procedervi il Gip e quali conseguenze se non viene effettuato? (Corte di Cassazione, Sezione VI Penale, Sentenza 13 maggio 2025, n. 17916)

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SESTA SEZI0NE PENALE

Composta da

Dott. Gaetano De Amicis – Presidente –

Dott. Angelo Capozzi – Consigliere –

Dott. Emilia Anna Giordano – Relatore –

Dott. Enrico Gallucci – Consigliere –

Dott. Giuseppina Anna Rosaria Pacilli – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Sul ricorso presentato da

(OMISSIS) (OMISSIS) nato a (OMISSIS) il xx/xx/19xx;

averso l’ordinanza del Tribunale di Roma;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa Emilia Anna Giordano;

udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. Fabio Picuti, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udite le conclusioni del difensore del ricorrente, avvocato (OMISSIS) (OMISSIS), che si è riportato ai motivi di ricorso e ne ha chiesto l’accoglimento.

RITENUTO IN FATTO

1. (OMISSIS) (OMISSIS) chiede l’annullamento dell’ordinanza con la quale il Tribunale di Roma ha respinto la richiesta di riesame proposta avverso l’ordinanza del 25 ottobre 2024 del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Latina che aveva applicato al ricorrente la misura cautelare degli arresti domiciliari in relazione ai reati di cui agli artt. 318 e 321 cod. pen., che gli sono ascritti ai capi 1) e 2) della rubrica, nonché al reato di cui agli artt. 81 cod. pen. e 55 quinquies del d. Igs. 165 del 2001 (ascrittogli al capo 11), reato, questo, per il quale, con ordinanza del 20 gennaio 2025, è stata dichiarata cessata la misura per scadenza del termine.

Il ricorrente, dipendente della Camera di Commercio Industria e Artigianato in servizio presso la sede di Latina e addetto al front office, e, quindi incaricato di pubblico servizio, è sottoposto ad indagini perché su richiesta di vari professionisti o di rappresentanti di impresa che si rivolgevano a lui per la specifica competenza acquisita nell’esercizio delle funzioni pubbliche svolte e per il ruolo occupato all’interno della Camera di Commercio, con solerzia e in tempi celeri seguiva, dietro compenso in denaro, le richieste che gli venivano fatte per la esecuzione di varie operazioni (richieste cessione di quote; cambio di sede legale), come emerse, anche con la ripresa delle consegne di denaro, dalle indagini in separati procedimenti, concernenti le cc.dd. frodi carosello, che vedevano agire vari faccendieri impegnati nel trasferimento di numerose imprese con sede in Roma presso la Camera di Commercio di Latina e Frosinone.

2. Con i motivi di ricorso sintetizzati ai sensi dell’articolo 173 disp. att. cod. proc. pen. nei limiti strettamente indispensabili ai fini della motivazione il ricorrente denuncia:

2.1. violazione di legge e cumulativi vizi di motivazione, per carenza e manifesta illogicità, in relazione alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelare di cui all’art. 274, lett. a) cod. proc. pen. nonché concretezza e attualità del pericolo di reiterazione.

Rileva, in particolare, che l’ordinanza impositiva era priva di autonoma valutazione delle esigenze cautelari ed era, altresì, inficiata da carenze argomentative che non sono state superate dall’ordinanza impugnata che non ha esaminato le censure difensive connesse alla insussistenza del pericolo di inquinamento probatorio genericamente ricondotto alle modalità commissive dei fatti evidenziando che gli indagati “sono avvezzi all’uso della simulazione che costituisce una delle possibili condotte di inquinamento probatorio” e sottolineando le modalità concorsuali della condotta poste in essere, così facendo rifluire sulla posizione dell’indagato elementi che non sono stati ricostruiti con riferimento alla sua specifica posizione processuale;

2.2. nullità derivata dell’ordinanza per mancanza dell’interrogatorio preventivo previsto dall’art. 291, comma 1-quater cod. proc. pen. .

Il Tribunale ha respinto, travisandone la portata, l’eccezione difensiva proposta in sede di riesame in cui sosteneva che la insussistenza delle esigenze cautelari di cui alla lett. a) dell’art. 274 cod. proc. pen., che il giudice avrebbe dovuto valutare al momento dell’adozione della misura, avrebbe comportato la necessità di esperire prima dell’adozione della misura l’interrogatorio.

Il Tribunale si è limitato a rilevare l’autoevidenza delle condotte contestate ai fini della sussistenza delle esigenze cautelari sul rilievo che i fatti sono di epoca recente, risalendo le ultime condotte all’aprile 2022, trascurando, altresì, la necessità di valutare la concretezza e attualità del pericolo di reiterazione di condotte dello stesso genere e le ragioni per le quali non possano essere tutelate ricorrendo ad una misura quale quella interdittiva;

2.3. nullità derivata dell’ordinanza per omesso interrogatorio ai sensi dell’articolo 291, comma 1-quater, cod. proc. pen., reso necessario dalla mancanza delle esigenze cautelari di cui all’art. 274, lett. a) cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I motivi di ricorso che eccepiscono la nullità dell’ordinanza impositiva per omesso interrogatorio preventivo dell’indagato e dell’ordinanza del Tribunale del riesame, sono fondati.

2. Con la legge n. 114 del 9 agosto 2024 (entrata in vigore il 25 agosto 2024) è stato modificato l’art. 291 cod. proc. pen. che disciplina il procedimento applicativo delle misure cautelari.

L’art. 2, comma 1, lett. e) I. n. 114 cit. ha introdotto, la disposizione di cui all’art. 291, comma 1-quaterisecondo la quale «Fermo il disposto dell’articolo 289, comma 2, secondo periodo, prima di disporre la misura, il giudice procede all’interrogatorio della persona sottoposta alle indagini preliminari con le modalità indicate agli articoli 64 e 65, salvo che sussista taluna delle esigenze cautelari di cui all’articolo 274, comma 1, lettere a) e b), oppure l’esigenza cautelare di cui all’articolo 274, comma 1, lettera c), in relazione ad uno dei delitti indicati all’articolo 407, comma 2, lettera a), o all’articolo 362, comma 1-ter, ovvero a gravi delitti commessi con uso di armi o con altri mezzi di violenza personale».

La disciplina transitoria della I. 114 cit. (con l’art. 9, comma 1), ha previsto che si applicano decorsi due anni dalla data di entrata in vigore della legge solo «Le disposizioni di cui all’articolo 2, comma 1, lettere e), numero 2), limitatamente al capoverso 1-quinquies, g), numero 2), h), I) e m), e di cui all’articolo 4»: in sintesi, si applicano alla materia che qui interessa le sole disposizioni che regolano l’attribuzione dell’applicazione delle misure al giudice collegiale e la correlativa disciplina.

L’art. 2, comma 1, lett. e), I. 114 cit. ha regolato contenuto e modalità dell’invito a presentarsi per rendere interrogatorio, che oggi sono disciplinati dall’art. 291, commi 1-sexies e 1-septies; dell’avviso di deposito nella cancelleria del giudice della richiesta di applicazione della misura cautelare e degli atti presentati ai sensi del comma 1, prevedendo la facoltà di prenderne visione ed estrarne copia (art. 291-comma 1-octies, cod. proc. pen.); le modalità di documentazione (integrale, a pena di inutilizzabilità secondo le modalità di cui all’art 141-bis) dell’interrogatorio (art. 291, comma 1-novies cod. proc.pen.). L’art. 2, comma 1, lett. f), n. 1 ha integrato l’art. 292 cod. proc. pen. disponendo che dopo le parole «articolo 327-bis» sono aggiunte le seguenti «e, nel caso di cui all’art. 291, comma 1-quater, una specifica valutazione degli elementi esposti dalla persona sottoposta alle indagini nel corso dell’interrogatorio» e, al n. 3, ha aggiunto, dopo il comma 3, il comma 3-bis secondo cui «L’ordinanza è nulla se non è preceduta dall’interrogatorio nei casi previsti dall’art. 291, comma 1-quater, nonché quando l’interrogatorio è nullo per violazione delle disposizioni di cui ai commi 1-septies e 1-octies del medesimo articolo».

La lettera g), n. 1 dell’art. 2, I. 114 cit. ha inserito all’art. 294 al comma 1, dopo le parole «ha proceduto» le seguenti «ai sensi dell’art. 291, comma 1-quater oppure». Infine, la lettera i), ha previsto che all’art. 309, comma 5, dopo le parole «alle indagini» sono aggiunte le seguenti «e, in ogni caso, le dichiarazioni rese dalla persona sottoposta alle indagini ai sensi dell’art. 291, comma 1-quater».

2.1. La lettura complessiva della disposizione del novellato art. 291 cod. proc. pen. consente di rilevare che, al di là di rilievi critici già formulati dalla dottrina sulla effettiva praticabilità del sistema e sulla sua concreta estensione, è stato profondamente innovato il procedimento applicativo delle misure cautelari personali innestando nella disciplina del codice un segmento inedito, costituito dall’interrogatorio della persona sottoposta alle indagini da parte del giudice competente all’adozione della misura, prima dell’adozione della misura, ovvero interrogatorio preventivo.

Diversi progetti di legge si erano mossi, in passato, in tale direzione con l’obiettivo di rimuovere un vizio congenito del procedimento di applicazione della misura cautelare, quale provvedimento emesso inaudita altera parte e, dunque, un provvedimento incidente sul fondamentale diritto di libertà in violazione del canone del giusto processo, che trova una delle sue principali componenti strutturali nel contraddittorio ex art. 111, comma 2, Cost., e sulle prerogative difensive, una necessità, oggi, rafforzata dal principio della presunzione di innocenza della persona sottoposta a indagini.

L’analisi di dettaglio del procedimento di applicazione, che non è tuttavia rilevante in questa sede, consente di rilevare che, a grandi linee, sono state trasposte, in relazione all’interrogatorio preventivo ed alle propedeutiche fasi dell’invito a presentarsi della persona sottoposta ad indagini e, soprattutto, del 4 // diritto alla conoscenza degli atti sui quali la richiesta si fonda, i principi via via elaborati dalla giurisprudenza con riferimento all’interrogatorio di garanzia di cui all’art. 294 cod. proc. pen.: si pensi alla previsione della facoltà di prendere visione ed estrarre copia di tutti gli atti depositati ivi compresi i verbali delle comunicazioni e delle conversazioni intercettate, con diritto alla trasposizione delle relative registrazioni su supporto idoneo alla riproduzione dei dati.

2.2. La modifica che prevede l’interrogatorio preventivo, tuttavia, non ha portata applicativa generalizzata: il contraddittorio anticipato, volendo sintetizzare, è imposto quando l’esigenza da fronteggiare è quella del pericolo di reiterazione di cui all’art. 274, lett. c) cod. proc. pen. ma , in tal caso, non trova applicazione qualora la misura sia richiesta per uno dei delitti di cui all’art. 407, comma 2, lett. a) o art. 362, comma 1-ter cod proc. pen. o, ancora, per gravi delitti commessi con l’uso di armi o con altri mezzi di violenza personale e, per quel che qui rileva, in ragione della concreta fattispecie, il ricorso all’interrogatorio preventivo è escluso quando sussista taluna delle esigenze cautelari di cui all’art. 274, comma 1, lett. a) e b) cod. proc. pen.

I rilievi della dottrina si sono incentrati, in relazione alle condizioni e alle deroghe per l’interrogatorio preventivo, sulla tecnica normativa adoperata dal legislatore, che rinvia a categorie strutturate per altri fini (la durata delle indagini preliminari, con riferimento ai reati previsti dall’art. 407, comma 1, lett. a); le modalità di iscrizione della notizia di reato e l’assunzione di informazioni della persona offesa, con riferimento ai casi indicati dall’art. 362, comma1-ter cod. proc. pen.; senza trascurare la genericità del concetto ampio di violenza personale).

Soprattutto, con riferimento alla sussistenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 274, lett. a) cod. proc. pen., incide sulla lettura della disposizione in esame la concezione che vede l’essenza della misura cautelare in quella di “un provvedimento a sorpresa”, spesso, nella prassi, accompagnato, soprattutto con riferimento alla misura della custodia cautelare in carcere, dalla adozione ed esecuzione di mezzi di ricerca della prova (si pensi, in particolare, alle perquisizioni).

3. La presente vicenda processuale si innesta proprio sulle problematiche alle quali rinvia la sussistenza di esigenze di carattere probatorio e la necessità del previo interrogatorio in relazione a reati diversi da quelli indicati dall’art. 407, comma, 1 lett. a), o all’art. 362, comma 1-ter cod. proc. pen., o, comunque, commessi con armi o altri mezzi di violenza alla persona: si tratta, infatti, di reati di pubblica amministrazione in relazione ai quali, peraltro, la gravità indiziaria – fondata sulle risultanze di intercettazioni – non è stata messa in discussione con il ricorso, limitato alla sussistenza delle esigenze cautelari e, in particolare, a quella connessa al pericolo di acquisizione della prova (art. 274, lett. a) cod. proc. pen.) che ha rivestito carattere preponderante nelle valutazioni del Tribunale del riesame investito dell’eccezione di nullità dell’ordinanza genetica.

Rileva, in primo luogo, ricostruire la dinamica della vicenda cautelare. La richiesta di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari, con divieto di comunicare con persone diverse da quelle che con gli stessi convivono, veniva proposta dal Pubblico Ministero il 30 maggio 2024, quindi in data antecedente alla entrata in vigore, e addirittura alla adozione della legge n. 114 del 2014 (che ha avuto un iter legislativo piuttosto complesso).

Dalla lettura della richiesta (pag. 88) si rileva che il Pubblico Ministero allegava la sussistenza del pericolo di inquinamento probatorio sul rilievo che “tutti gli indagati prestano ancora servizio presso la Camera di Commercio” e che “vi è il concreto pericolo che gli indagati possano subornare o intimidire le persone informate sui fatti in specie colleghi che devono ancora essere sentiti”, concretezza del pericolo che doveva essere valutata “anche in relazione alla spregiudicatezza che gli indagati hanno mostrato commettendo, senza soluzione di continuità nel passato”.

Deduceva, altresì, in ragione della reiterazione e modalità di commissione dei fatti, il pericolo di recidiva specifica.

L’ordinanza cautelare è stata adottata il 25 ottobre 2024, senza procedere ad interrogatorio preventivo, e il giudice (pag. 16) riteneva sussistenti le esigenze cautelari di cui all’art. 274, lett. c), cod. proc. pen. In data 8 novembre 2024 si era proceduto all’interrogatorio di garanzia dell’indagato, che si avvaleva della facoltà di non rispondere.

Risulta, altresì, che nella richiesta di riesame (al punto 2) veniva dedotta la motivazione apparente o aspecifica sulle esigenze cautelari di cui all’art. 274, lett. a), cod. proc. pen. e (al punto 3) la nullità derivata dell’ordinanza di applicazione della misura per violazione dell’art. 291-quater cod. proc. pen., perché la ritenuta sussistenza del pericolo di reiterazione avrebbe dovuto comportare l’effettuazione dell’interrogatorio anticipato.

Il Tribunale del riesame (punto 14), ha ritenuto infondato il motivo relativo all’apparenza della motivazione dell’ordinanza genetica sulle esigenze probatorie ed ha richiamato “il paragrafo” dell’ordinanza genetica dedicato all’esame delle esigenze probatorie con indicazione di “fatti specifici e concreti” e, segnatamente, “la circostanza che gli indagati si avvalgono di modalità di ricezione delle somme prezzo della corruzione tale da ostacolare le indagini, adottando forme idonee ad eludere i controlli e ad occultare le transazioni. Dunque sono avvezzi ed usi alla simulazione, che costituisce una delle possibili condotte di inquinamento probatorio…”.

Le modalità dei fatti e la loro reiterazione sono state ritenute rilevanti anche per ritenere sussistente il pericolo di reiterazione di reati dello stesso genere di quelli per i quali si procede, pericolo sul quale l’ordinanza impugnata si è, nel prosieguo, ampiamente diffusa.

4. E’ necessario, in primo luogo, verificare se la disposizione di cui all’art. 291, comma 1 -quater cod. proc. pen. operi anche ai fini della emissione di misure coercitive richieste prima dell’entrata in vigore della novella, ma disposte successivamente e, in caso positivo, se il giudice che dispone la misura cautelare sia vincolato, quanto alla sussistenza delle esigenze cautelari, alla richiesta del Pubblico Ministero o possa prescinderne.

Ad entrambi i quesiti la giurisprudenza di legittimità ha già dato risposta affermativa. Nella notizia di decisione n. 1, relativa al ricorso n. 37965 trattato all’udienza del 29 gennaio 2025, si afferma, con conclusioni che il Collegio condivide, che, in assenza di una normativa transitoria, ai fini della regolamentazione del fenomeno di successione di leggi nel tempo, rileva la disciplina del procedimento di applicazione della misura e, quindi, dell’ordinanza che il giudice si accinge ad emettere, evidentemente dopo avere verificato la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari.

In relazione a tali aspetti, come noto, il giudice non solo non è vincolato dalla richiesta ma, ai sensi dell’art. 292, comma 2, lett. c), cod. proc. pen., è tenuto, pena la nullità dell’ordinanza, a svolgere l’esposizione e l’autonoma valutazione degli indizi e delle specifiche esigenze cautelari che giustificano in concreto la misura disposta, con l’indicazione degli elementi di fatto da cui sono desunti e dei motivi per i quali essi assumono rilevanza: una disposizione di “dettaglio” funzionale ad evitare l’adozione non solo delle ordinanze redatte secondo la tecnica del copia-incolla, ma, soprattutto, ad esaltare la verifica e la sussistenza della concretezza delle esigenze cautelari sulla vicenda specifica rifuggendo da formula stereotipe e da motivazioni di stile o apparenti.

La giurisprudenza, ha, finora, ritenuto che non viola il principio della domanda cautelare il giudice che ritiene sussistente un “periculum libertatis” diverso o ulteriore rispetto a quello indicato dal pubblico ministero richiedente (in tempi più recenti Sez. 2, n. 42438 del 06/11/2024, E., Rv. 287260).

E’ un principio che può trovare applicazione anche in relazione alle valutazioni pertinenti al ricorso all’interrogatorio preventivo, che il giudice dispone una volta che abbia ritenuto di adottare la misura, in quanto appare compatibile con le finalità di tutela del contraddittorio e della presunzione di innocenza dell’indagato che di tale istituto costituiscono la ratio.La funzione di garanzia del giudice per le indagini preliminari, fin dal momento della emissione della misura comporta, dunque, che questi non è vincolato alla individuazione delle esigenze cautelari indicate dal Pubblico Ministero, ma può prescinderne o perché le ritenga insussistenti ovvero perché ritenga sussistenti, sebbene non indicate nella richiesta del Pubblico ministero esigenze cautelari diverse, anche ostative all’interrogatorio preventivo ex art. 294-quater cod. proc. pen.

Deve, quindi, pervenirsi alla conclusione che il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Latina era tenuto, al momento dell’adozione dell’ordinanza cautelare del 25 ottobre 2024, facendo applicazione della regula iuris di cui all’art. 292, comma 2, lett. c) cod. proc. pen., ad esaminare la sussistenza delle esigenze cautelari allegate dal Pubblico Ministero e, avendo ritenuto sussistenti “solo” le esigenze cautelari di cui all’art. 274, lett. c) (cod. proc. pen., cioè il pericolo di reiterazione di reati contro la pubblica amministrazione (diversi da quelli inclusi nell’elenco di cui agli artt. 407, comma 2, lett. a) e 362, comma 1-ter cod. proc. pen. ovvero di delitti commessi con armi o con altri mezzi di violenza personale), il giudice era tenuto a procedere, ai sensi dell’art. 294, comma 1-quater cod. proc. pen., all’interrogatorio preventivo dell’indagato per il quale era stata avanzata la richiesta di applicazione della misura degli arresti domiciliari.

Nell’ordinanza genetica, infatti, non è riportato alcun “autonomo paragrafo” dedicato all’esame delle esigenze cautelari di cui all’art. 274, lett. a), cod. proc. pen., a meno di non voler ritenere che tale esame sia svolto nella parte in cui, esaminando il pericolo di reiterazione, vengono richiamate le modalità “occulte” di ricezione delle somme quali forme idonee ad eludere “i controlli”, motivazione alla quale il Tribunale del riesame ha fatto riferimento per disattendere il rilievo della difesa sulla necessità dell’interrogatorio preventivo.

Si tratta, tuttavia, di motivazione priva di consistenza.

Premesso che lo stesso Pubblico Ministero, nella richiesta di applicazione della misura, aveva fatto riferimento al “concreto pericolo che gli indagati possano subornare o intimidire le persone informate sui fatti in specie colleghi che devono ancora essere sentiti”, valorizzando la spregiudicatezza degli indagati che ancora prestavano servizio presso l’Ufficio, tali riferimenti, in carenza di elementi concreti, evocano un pericolo di inquinamento probatorio del tutto generico e indeterminato.

In relazione ai reati, commessi in un ufficio pubblico in cui veniva predisposta la documentazione necessaria per le varie operazioni di iscrizione e allestiti i contatti con i “clienti” intercettati dalle videocamere che vi erano state installate dagli inquirenti, non è neppure indicato un pericolo di inquinamento probatorio, inteso in senso lato, tale da rendere necessario il ricorso alla misura cautelare per non vanificare l’acquisizione di materiale fondamentale per le indagini, pericolo genericamente ricondotto alle modalità “occulte” del ricevimento della tangente che veniva ricevuta con modalità accorte, ma che non sono evocative di condotte di inquinamento probatorio.

Un precedente di questa Corte (Sez. 2, n. 9113 del 09/01/2025, Pizzolante Salvatore, non mass.) ha già affermato, esaminando i poteri del Tribunale del riesame nel caso in cui l’ordinanza genetica sia stata emessa senza procedere all’interrogatorio preventivo, che «il pericolo di fuga ovvero il pericolo di inquinamento di prove che consentono al giudice di disporre la misura cautelare senza procedere all’interrogatorio preventivo previsto dall’art. 291, comma 1- quater, cod. proc. pen. devono sussistere oggettivamente, così che la sua mancanza, rilevata o ritenuta dal giudice dell’impugnazione, provoca l’annullamento dell’ordinanza dispositiva emessa sulla base di tali esigenze cautelari erroneamente ritenute dal giudice del provvedimento genetico».

Il Collegio condivide tale conclusione, posta la precisazione che l’interrogatorio preventivo costituisce presupposto oggettivo per l’emissione della misura, derogabile solo in presenza della “sussistenza” – e, quindi, della loro realtà oggettiva- dei casi che limitano la natura generale della disposizione che ha introdotto l’interrogatorio preventivo.

Con riferimento ad ipotesi di riciclaggio e reati similari, la giurisprudenza ha precisato che, al fine della configurabilità dell’inquinamento probatorio, il giudice è tenuto ad operare una selezione dei comportamenti dell’agente, autonomi rispetto a quello che integra il reato per cui si procede nei confronti dell’indagato, poiché, altrimenti, l’esigenza di cui all’art. 274, lett. a), cod. proc. pen. dovrebbe ritenersi sussistere sempre e per definizione, in palese contrasto con il disposto normativo che richiede la concretezza e attualità del pericolo (cfr. Sez. 2, n. 44922 del 03/11/2021, Pernice, Rv. 282359).

5. Il secondo aspetto che viene in rilievo è quello della natura della nullità dell’ordinanza genetica nel caso in cui, ove necessario, l’interrogatorio preventivo non sia stato eseguito, tanto al fine di individuare il regime giuridico applicabile e le modalità di eccepire la nullità stessa. L’art. 294, comma 3-bis, cod. proc. pen, prevede, espressamente la nullità dell’ordinanza se non è preceduta dall’interrogatorio nei casi previsti dall’art. 291, comma 1-quater, cod. proc. pen.

Come noto, la previsione di una nullità ad hoc non costituisce un elemento di per sè ostativo all’inquadramento del vizio nella categoria delle nullità di ordine generale.

Ritiene la Corte che la sussunzione dell’interrogatorio preventivo nel procedimento di applicazione dell’ordinanza, quale parte integrante dell’esercizio del potere dispositivo del giudice, rende configurabile, nel caso in cui sia stato omesso, un vizio che incide sulla validità dell’ordinanza genetica, vizio che comporta una violazione delle prescrizioni di cui all’art. 291, comma 1-quater cit, incidendo sulla sfera di operatività dell’art. 178, lett. c), cod. proc. pen, che riguarda l’intervento dell’indagato, attraverso una nullità ce deve essere  qualificata come a regime intermedio e che deve essere fatta valere con la richiesta di riesame.

L’omissione dell’interrogatorio preventivo dà luogo ad una nullità diversa da quella dell’omesso interrogatorio di garanzia, la cui omissione inficia la efficacia dell’ordinanza e che, secondo la giurisprudenza, non può neppure essere dedotta in sede di riesame (ex multis, Sez. 6, n. 11735 del 25/01/2024, Tavella, Rv. 286202), nonché dai casi in cui, per violazione dei termini dell’invito a presentarsi o delle modalità dell’interrogatorio, si sia in presenza della violazione delle disposizioni recate dai commi 1-septies e 1-octies del medesimo articolo.

L’interrogatorio preventivo costituisce, infatti, espressione del diritto di difesa personale dell’indagato ed è regolato come fattispecie complessa, un vero e proprio subprocedimento, nel quale confluiscono la disciplina di adempimenti di carattere preliminare (l’invito a presentarsi per rendere interrogatorio contenente la descrizione sommaria del fatto, comprensivo di data e luogo di commissione del reato; gli avvisi che attengono all’esercizio delle garanzie difensive; l’avviso di deposito della richiesta di applicazione della misura cautelare e degli atti con facoltà di prenderne visione ed estrarne copia); i tempi, le modalità esecutive e la stessa documentazione dell’atto compiuto.

Infine, la previsione che l’ordinanza cautelare contenga, sempre a pena di nullità, «una specifica valutazione degli elementi esposti dalla persona sottoposta alle indagini nel corso dell’interrogatorio» integra un insieme di previsioni che, attraverso una disciplina articolata, risultano funzionali a realizzare l’effettività del diritto al contraddittorio.

5.1. Il contatto anticipato tra il giudice e il (potenziale) destinatario del provvedimento restrittivo – al di là dei dubbi avanzati in dottrina sulla effettiva parità delle armi che la disciplina legislativa non ha realizzato, pur con la normativa di dettaglio che si è innanzi tratteggiata – costituisce un elemento fondante, e non solo cronologicamente antecedente, dell’esercizio del potere cautelare e la sua omissione costituisce un vulnus all’esercizio del diritto di difesa poiché priva l”indagato del diritto di esporre quanto utile a sua difesa: non si è in presenza, pertanto, di una causa di inefficacia della misura, eventualmente sopravvenuta, ma della inesistenza originaria di un presupposto del titolo.

Già con riferimento all’interrogatorio dell’indagato previsto dall’art. 289 cod. proc. pen. questa Corte aveva inquadrato il mancato espletamento dell’interrogatorio in un caso di nullità di ordine generale a regime c.d. intermedio, riconducibile all’art. 178, lett. c), cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 46218 del 06/11/2009, Pisino, Rv. 245539).

Tale nullità è soggetta, quale nullità generale, alle regole di deducibilità di cui all’art. 182 cod. proc. pen. oltre che ai termini di rilevabilità di cui all’art. 180 cod. proc. pen., regole e termini che devono essere adeguati alla peculiarità dello schema procedimentale in materia cautelare, rispetto al quale rileva, come primo atto utile alla deduzione, la richiesta di riesame e non l’interrogatorio di garanzia di cui all’art. 294 cod. proc. pen.

Non vertendosi, invero, in materia di inefficacia della misura ma di invalidità del provvedimento cautelare, non sono applicabili le disposizioni di cui agli artt.306 e 310 cod. proc. pen., ma il mezzo tipico di deduzione della nullità è rappresentato dalla richiesta di riesame, che costituisce il mezzo di impugnazione preordinato alla verifica dei presupposti legittimanti l’adozione del provvedimento cautelare e che consente all’indagato di ottenere un pieno controllo giurisdizionale sulla legittimità del provvedimento e, quindi, la verifica ex post della sussistenza di tutti i presupposti richiesti dalla legge per l’applicazione della misura, costituiti non solo dai gravi indizi e dalle esigenze cautelari ma anche dalla necessità (o meno) dell’interrogatorio preventivo.

Non rileva a pena di decadenza, trattandosi di vizio genetico del titolo, la mancata deduzione della nullità nel corso dell’interrogatorio di garanzia, a prescindere dalle sue modalità e, cioè, sia nel caso in cui l’indagato abbia accettato il contraddittorio, rispondendo alle domande ed esponendo quanto ritenuto utile alla sua difesa, sia nel caso in cui si sia avvalso, come nel caso in esame, del diritto al silenzio.

L’interrogatorio preventivo non è, infatti, surrogabile e l’indagato ha interesse, a prescindere dal concreto iter processuale, all’osservanza della disposizione che è parte integrante del potere coercitivo del giudice.

Questa Corte, con una risalente decisione (Sez. U., n. 7697 del 24/11/2016, Amato, non massimata sul punto), sia pure in materia diversa (l’avviso di fissazione dell’udienza preliminare e la sua omessa notificazione)ha affermato che «sia la dottrina che la giurisprudenza hanno elaborato una linea di tendenza volta ad utilizzare, nella decisione delle questioni di invalidità degli atti procedimentali, quello che è stato definito un «criterio di pregiudizio effettivo».

Per valutare se un error in procedendo si sia effettivamente consumato, si ricorre all’applicazione del principio di offensività processuale, secondo il quale perché sussista la nullità non è sufficiente che sia stato posto in essere un atto non conforme al tipo, ma è necessario valutare se la violazione abbia effettivamente compromesso le garanzie che l’ipotesi di invalidità era destinata a presidiare.

Tale strada è stata seguita della giurisprudenza di legittimità che nel tempo ha elaborato orientamenti interpretativi i quali – pur rispettosi del principio di tassatività laddove la sanzione di nullità è direttamente collegata dalla norma, anche in funzione «dissuasiva», alla inosservanza di determinate forme – rapportano, in una prospettiva meno formalistica, l’invalidità alla presenza di un effettivo danno per la parte processuale quando la sanzione è collegata al risultato o scopo della prescrizione violata».

Le Sezioni Unite hanno richiamato – per vero con riferimento alla citazione dell’imputato – alcuni precedenti che si inseriscono in tale linea esegetica e hanno esaminato il rapporto tra nullità- danno misurabile – conseguimento dello scopo, pervenendo all’affermazione di principio secondo cui «se le forme processuali sono un valore, lo sono in quanto funzionali alla celebrazione di un giusto processo, i cui principi non vengono certamente compromessi da una nullità in sé irrilevante o inidonea a riverberarsi sulla validità degli atti processuali successivi» (Sez. U., n. 10251 del 17/01/2006, dep. 2007, Michaeler, Rv. 235697), con la precisazione che «anche una nullità a regime intermedio deve ritenersi sanata quando risulti provato che non ha impedito all’imputato di conoscere l’esistenza dell’atto e di esercitare il diritto di difesa, ed è, comunque, priva di effetti se non dedotta tempestivamente, essendo soggetta alle regole di deducibilità di cui all’art. 182, oltre che ai termini di rilevabilità di cui all’art. 180 cod. proc. pen. » (Sez. U, n. 155 del 29/09/2011, Rossi, dep. 2012, Rv. 251497).

Riguardato in questa prospettiva, l’omesso interrogatorio preventivo dell’indagato non si risolve in una mera illegittimità, ma nell’omissione di un atto funzionale a garantire, nel complesso iter procedurale attraverso il quale si snoda, l’intervento e l’esercizio del diritto di difesa personale, che è, in primo luogo, conoscenza degli atti e possibilità di confrontarsi dialetticamente dinanzi al giudice competente con le acquisizioni probatorie.

Diversamente dai casi in cui si sia in presenza di “mere illegittimità” dell’interrogatorio preventivo, che si è tenuto, sia pure divergendo dal modello legale, sicché l’atto, in mancanza di eccezioni formulate dalla difesa, ha raggiunto il suo scopo, sarebbe una vera e propria finzione giuridica assimilare a tali fattispecie il mancato espletamento dell’interrogatorio preventivo, omissione che ha effettivamente compromesso le garanzie che l’ipotesi di invalidità era destinata a presidiare.

Parimenti, si risolverebbe in una finzione ritenere che ne sia un equipollente l’interrogatorio di garanzia, successivo all’adozione della misura.L’omesso interrogatorio preventivo, quale atto indefettibile della procedura diretta alla costituzione del contraddittorio anticipato in vista di una futura decisione, integra un error in procedendo che si risolve nella omessa partecipazione dell’indagato non ad un mero atto di impulso del procedimento o ad un generico atto del procedimento, ma ad un atto funzionale a garantire la costituzione del contraddittorio prodromico alla decisione sullo status libertatis dell’indagato, sia pure in posizioni che denotano il divario piuttosto che la parità delle armi tra il pubblico ministero e l’indagato.

6. E’ fondato anche il motivo di ricorso che denuncia la nullità dell’ordinanza impugnata.

L’art. 309, comma 9, cod. proc. pen., prevede, in via generale, il potere- dovere del tribunale del riesame di annullare l’ordinanza impugnata, potere che deve essere esercitato allorquando il giudice per le indagini preliminari non ha proceduto all’interrogatorio preventivo di cui all’art. 291, comma 1-quater, cod. proc. pen. ed abbia emesso l’ordinanza di applicazione della misura solo per le esigenze di cui all’art. 274, lett. c), cod. proc. pen. per reati diversi da quelli che rientrano nel catalogo di cui agli artt. 407, comma 2, lett. a), 362, comma 1-ter, cod. pen. ovvero gravi delitti commessi con uso di armi o con altri mezzi di violenza personale e non abbia ritenuto sussistenti le esigenze di cui all’art. 274, lett. a) e b), cod. proc. pen..

In tale ipotesi deve essere rilevata la nullità del provvedimento impugnato per violazione di legge, ai sensi dell’art. 178, lett. c), cod. proc. pen., tempestivamente dedotta dall’indagato, poiché il mancato interrogatorio preventivo rende configurabile un vizio che incide sulla validità dell’ordinanza genetica e sulla legittimità del potere coercitivo esercitato dal giudice.

II giudice del riesame non puo esercitare ii potere integrative e sanante, pure previsto dall’art. 309, comma 9, cod. proc. pen., che non puo essere esercitato quando l’ordinanza emessa sia inficiata da un vizio genetico, la nullita prevista dall’art. 294, comma 3-bis, cit., che, riguardato nella prospettiva del “criteria del pregiudizio effettivo”, ha compromesso le garanzie difensive dell’indagato che l’ipotesi di invalidita era destinata a presidiare.

Ammettere, in tale caso, il potere integrative del Tribunale significherebbe attribuire efficacia sanante della nullità non alla scelta della “parte”, indagato o difensore, cui é rimessa l’eccezione di nullità, ma al giudice.

La conclusione ora illustrata non contrasta con il principio affermato da questa Corte relativo alla legittimazione del tribunale del riesame a valutare l’eccezione sulla sussistenza del pericolo di fuga, in cui si é affermato che il riesame provvedimento cautelare genetico, il Tribunale non puo, ex post, integrare la motivazione ravvisando un pericolo che avrebbe comportato la deroga alla necessità dell’interrogatorio preventivo sostituendosi al giudice competente all’adozione della misura.

Consegue dalle argomentazioni svolte che devono essere annullate senza rinvio l’ordinanza genetica e l’ordinanza del Tribunale del Riesame disponendo la rimessione in liberta del ricorrente, se non detenuto per altra causa. La Cancelleria é delegata agli adempimenti di cui all’art. 626 cod. proc. pen.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e l’ordinanza emessa dal giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Latina in data 25 ottobre 2024, disponendo la rimessione in libertà di (OMISSIS) (OMISSIS) se non detenuto per altra causa.

Manda alla cancelleria per l’immediata comunicazione al Procuratore generale in sede per quanto di competenza ai sensi dell’art. 626 cod. proc. pen.

Cosi deciso il 20 marzo 2025

Depositato in Cancelleria, oggi 13 maggio 2025.

SENTENZA – copia non ufficiale -.

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