La sanzione e’ ridotta, sempreche’ la violazione non sia stata gia’ constatata e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento (Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, Sentenza 5 maggio 2023, n. 11993).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – Consigliere –

Dott. CRIVELLI Alberto – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 8016/2017 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso la stessa domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, residente in (OMISSIS), rappresenta e difesa dall’avv. (OMISSIS) (OMISSIS) come da procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. della PUGLIA, sez. staccata di Foggia, n. 57/2017, depositata il 16 gennaio 2017 e notificata il primo febbraio 2017.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15 marzo 2023 dal consigliere dott. Alberto Crivelli.

RILEVATO CHE:

1. La contribuente chiedeva in primo grado, l’annullamento del diniego alla propria istanza di rimborso di sovrattasse ed interessi per ritardato pagamento di imposte relative all’anno 2012, importo versato a seguito di ravvedimento operoso.

Essa riteneva giustificato il ritardo in ragione del mancato incasso di ingenti somme dovutele dall’ASL. La CTP dichiarava l’inammissibilità del ricorso per tardivo deposito dello stesso, e la CTR, adita in sede di gravame, accoglieva invece l’istanza, ritenendo superata la questione relativa al deposito del ricorso e dimostrata l’addebitabilità del ritardo nel pagamento a mancato incasso addebitabile alla pubblica amministrazione.

2. L’Agenzia propone così ricorso in cassazione, affidato a due motivi.

La contribuente si è costituita a mezzo di controricorso per resistere all’impugnativa.

CONSIDERATO CHE:

1. Con il primo motivo l’Agenzia denuncia violazione dell’art. 6, comma 5, d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ.

Assume la difesa erariale che l’allegazione di un – neppur provato – inadempimento dell’ASL – non rappresenterebbe un impedimento di carattere oggettivo, tale da configurare la causa di giustificazione di cui alla richiamata disposizione, dunque violata dalla pronuncia d’appello.

2. Con il secondo motivo si denuncia violazione dell’art. 13, d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ.

Essendo infatti pacifico che i pagamenti erano avvenuti in forza di ravvedimento operoso, doveva ritenersi a quel punto preclusa la contestazione in ordine alla debenza delle relative somme, mancando i presupposti dell’errore essenziale e riconoscibile.

3. Pregiudizialmente dev’essere respinta l’eccezione di difetto di “autosufficienza” del ricorso, per non avere la difesa erariale trascritto gli atti difensivi e allegato l’avvenuta deduzione davanti al giudice del merito, delle motivazioni dedotte a conforto degli stessi.

La difesa erariale, infatti, si è attenuta all’onere di specificità dei motivi, riportando poi in maniera compiuta anche le allegazioni della parte controricorrente, poste a suffragio delle relative tesi in appello, le parti censurate della pronunzia ed allegando al ricorso i documenti sui quali esso si basa.

4. Venendo all’esame dei motivi, il secondo motivo, da esaminarsi prioritariamente nell’ordine logico, è fondato.

Anzitutto esso è sicuramente ammissibile poiché, versandosi in materia di azione di rimborso, la questione proposta dall’Agenzia costituisce una mera difesa e non un’eccezione in senso proprio, e d’altronde nella stessa prospettazione della contribuente si assume semplicemente che l'”eccezione” non sarebbe stata spesa in sede di provvedimento di diniego.

Invero è pacifico che i pagamenti, rispetto ai quali si richiede il rimborso, sono stati effettuati in forza del d.lgs n. 472/1997.

L’art. 13 della citata disposizione consente il pagamento in misura ridotta della sanzione, di cui la contribuente ha beneficiato, ove il pagamento dell’imposta dovuta, od un acconto, o anche la regolarizzazione degli errori venga effettuato entro un termine stabilito (in base alle diverse ipotesi) dalla norma in esame.

Il c.d. “ravvedimento operoso” (definizione che evoca l’annullamento del contributo causale nell’illecito omissivo) costituisce uno spontaneo seppur tardivo adempimento dei doveri fiscali il quale, appunto per il suo presupposto di “spontaneità”, è espressione di una scelta del contribuente.

Scelta di carattere negoziale, dichiarazione di volontà – rispetto alla quale risulta irrilevante che l’atto dovuto costituisse invece una mera dichiarazione di scienza – che coerentemente non può che essere oggetto di annullamento per errore determinante, cioè essenziale e riconoscibile ai sensi dell’art. 1428, cod. civ.

Sotto tale profilo, non distinguendo la norma (in ordine ai presupposti per il ravvedimento) se non nei limiti indicati espressamente (costituiti dai diversi termini in relazione alla tipologia di atti e violazioni), non si può ritenere, in relazione alle sanzioni, di operare alcuna fondata selezione tra violazione sostanziale, formale o meramente formale, ai fini della possibilità di proporre o meno istanza di rimborso della sanzione.

In definitiva, fermo restando che il tardivo pagamento costituisce senza meno una violazione sostanziale (incidendo sul versamento del tributo, Cass. 27/02/2017, n. 4960), attribuire un ruolo principale alla natura della violazione “ravveduta” e/o ancorare la ripetibilità delle somme alla mancanza ab origine dei presupposti sanzionatori, risulta palesemente contrastante con lo stesso sistema del ravvedimento che nega valore alla sussistenza dei presupposti sanzionatori, per sua stessa essenza, come confermato dall’orientamento tradizionale di questa Corte, che qui si conferma, pur se non siano mancate incertezze sul punto (Cass. 16/12/2020, n. 28844).

Va dunque in proposito affermato il seguente principio

La scelta del ravvedimento operoso in materia fiscale, di cui all’art. 13, d.lgs 18 dicembre 1997, n. 472, è di carattere negoziale, costituendo una dichiarazione di volontà – rispetto  alla  quale  risulta  irrilevante  che  l’atto  dovuto costituisse invece una mera dichiarazione di scienza – per cui essa non può che essere oggetto di annullamento per errore determinante. Ai fini dell’istanza di rimborso delle somme così versate, risulta irrilevante la natura, formale o sostanziale, della violazione per la quale si presta il “ravvedimento” stesso, né la stessa può essere ancorata alla mancanza ab origine dei presupposti sanzionatori, risultando ciò palesemente contrastante con lo stesso sistema del ravvedimento in parola, che consiste in una libera scelta del contribuente con la quale – ricorrendo le condizioni di legge – si provvede a soddisfare la pretesa tributaria senza porla in discussione, beneficiando peraltro di un trattamento sanzionatorio ridotto, risultando quindi esclusivamente rilevante l’errore determinante ai sensi dell’art. 1428, cod. civ., in cui sia caduto il contribuente nel momento in cui ha operato il ravvedimento stesso.

Volta che il contribuente abbia dunque optato per il ravvedimento operoso, le sanzioni così corrisposte dipendono da una scelta di natura negoziale e consapevole, che giustifica appunto il rimborso solo ove lo stesso nel formularla sia caduto in un errore qualificato a mente della disciplina generale contenuta nel codice civile.

I medesimi principi si applicano alla soprattassa, oggetto della presente controversia, che costituisce come noto, a seguito della sostituzione operata dall’art. 26, d.lgs. n. 472/1997, una sanzione pecuniaria, con l’unica particolarità, per dir così storica, del suo collegamento ad una violazione costituita dal ritardo nel pagamento di un tributo, ben distinta dallo scopo risarcitorio affidato invece agli interessi moratori.

5. L’accoglimento del secondo motivo determina l’assorbimento del primo, in quanto comunque si voglia qualificare l’eventuale inadempienza della P.A. nei confronti della contribuente, la rilevanza di una causa di non punibilità presuppone pur sempre la possibilità di porre in discussione il ravvedimento operoso e con esso la sanzione assolta in modo ridotto, che per quanto sopra concluso, deve invece escludersi.

6. Il ricorso merita dunque accoglimento, con cassazione della sentenza impugnata e, non essendovi la necessità di ulteriori accertamenti di fatto, ai sensi dell’art. 384 proc. civ., decidendo nel merito, dev’essere respinto il ricorso introduttivo.

In ordine alle spese, dichiarate compensate quelle dei gradi di merito, relativamente al giudizio di legittimità esse vanno poste a carico della controricorrente soccombente.

P. Q. M.

Accoglie il ricorso in relazione al secondo motivo e, assorbito il primo, cassa la sentenza impugnata.

Decidendo nel merito, respinge il ricorso introduttivo, condannando la controricorrente al pagamento delle spese di lite del presente giudizio che liquida in € 5.600,00 oltre spese prenotate a debito.

Spese dei gradi di merito compensate.

Così deciso in Roma, il 15 marzo 2023.

Depositata in cancelleria il 5 maggio 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.