L’imputato, reo di aggressioni ai danni di automobilisti e passanti, dichiara di non aver riconosciuto la pattuglia del Radiomobile intervenuta in loco (Corte di Cassazione, Sezione VI Penale, Sentenza 22 luglio 2019, n. 32777).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETRUZZELLIS Anna – Presidente –

Dott. CRISCUOLO Anna – Consigliere –

Dott. GIORDANO Emilia Anna – Rel. Consigliere –

Dott. GIORGI Maria Silvia – Consigliere –

Dott. COSTANTINI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Alfaro Berrios Luis Maximo, n. il xx/xx/xxx;

avverso la sentenza del 12/10/2016 della Corte di appello di Roma;

visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa Emilia Anna Giordano;

udito il Pubblico Ministero, in persona del sostituto Procuratore generale Dott. Ciro Angelillis che conclude per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La Corte di appello di Roma, con sentenza del 12 ottobre 2016, ha confermato la condanna di Luis Maximo Alfaro Berrios alla pena di mesi quattro e giorni venti di reclusione, per il reato di resistenza (art. 337 cod. pen.), commesso in Roma il 27 marzo 2008.

La decisione di primo grado era intervenuta, in esito a giudizio abbreviato, il 4 aprile 2008 e il giudice aveva riconosciuto all’imputato le circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza alla recidiva specifica, reiterata ed infraquinquennale.

2. Il difensore dell’imputato, con i motivi di ricorso, di seguito sintetizzati ai sensi dell’art.173 disp. att. cod. proc. pen., chiede l’annullamento della sentenza impugnata denunciandone vizi di violazione di legge e vizi di motivazione.

Deduce, con il primo motivo, che la Corte di appello ha erroneamente ritenuto sussistente l’elemento psicologico del reato pur dando atto dello stato di agitazione dell’imputato al momento del fatto.

Sostiene, altresì, che i giudici di appello avrebbero dovuto rilevare, alla data di pronuncia della sentenza, la intervenuta prescrizione del reato essendo decorso, rispetto alla data di pronuncia della sentenza di primo grado, il termine cd. interfasico, pari ad anni otto e mesi quattro, anche tenuto conto della recidiva.

3. Il ricorso è inammissibile.

4. Generico e manifestamente infondato è il primo motivo di ricorso poiché il ricorrente non si confronta con la ricostruzione in fatto e con le argomentazioni sviluppate dai giudici di appello in punto di dolo.

Fin dal capo di imputazione si evince, infatti, che gli agenti componenti una pattuglia radiomobile dei Carabinieri erano intervenuti a seguito di una segnalazione che denunciava le aggressioni dell’imputato, in danno di conducenti di autovetture e occasionali passanti.

Gli agenti erano, pertanto, ben riconoscibili, da parte dell’imputato, come impegnati nell’esercizio di funzioni pubbliche e lo stato di agitazione nel quale versava dopo avere subito l’asserito furto del borsello, non era tale da incidere, elidendola, sulla consapevolezza e volontà di opporsi all’operato dei carabinieri, destinatari, nell’esercizio delle loro funzioni, di una prolungata aggressione fisica.

5. Manifestamente infondato è anche il secondo motivo di ricorso non essendo decorso né il termine di prescrizione cd. interfasico né il termine massimo di prescrizione del reato.

Come noto, il giudizio di bilanciamento, nella specie con giudizio di equivalenza, tra le circostanze attenuanti generiche e la recidiva specifica, reiterata ed infraquinquennale, non esclude, ai fini del computo di prescrizione, la rilevanza della circostanza aggravante ad effetto speciale che deve ritenersi applicata perché produce, nel bilanciamento mediante giudizio di equivalenza di cui all’art. 69 cod. pen., uno degli effetti che le sono propri, cioè quello di paralizzare un’attenuante, impedendole di svolgere la sua funzione di concreto alleviamento della pena da irrogare (Sez. 5, n. 48891 del 20/09/2018, Donatacci, Rv. 274601).

Nel caso in esame, pertanto, occorre tenere conto, ai fini della determinazione della sanzione alla quale ragguagliare il termine di prescrizione, sia interfasico che quello massimo, della recidiva contestata che comporta l’aumento di pena di due terzi sulla pena base di anni cinque con la conseguenza che il termine interfasico, decorrente dalla sentenza di primo grado, è pari ad anni otto e mesi quattro, come indicato in ricorso, mentre il termine massimo è pari ad anni quindici e mesi dieci.

Tuttavia, rispetto alla prospettazione sviluppata dal ricorrente, ai fini della decorrenza del termine interfasico, occorre tenere conto non della data di emissione della sentenza di appello ma, in quanto atto idoneo a interrompere il decorso del termine di prescrizione, della data di emissione, a prescindere dalla sua notificazione, del decreto di citazione nel giudizio di appello (Sez. 1, n. 13554 del 26/02/2009, P.G. in proc. Mihaiu, Rv. 243137) decreto che, nel caso in esame, risulta emesso in data 26 giugno 2015 per l’udienza del 12 ottobre 2016.

E, a tale data, non era ancora decorso il termine interfasico, coincidente con quello ordinario, né, ad oggi, è maturato il termine massimo di prescrizione.

6. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, che si stima equo determinare in euro duemila.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila in favore della cassa delle ammende.

Così deciso il giorno 11 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il giorno 22 luglio 2019.

SENTENZA – copia non ufficiale -.