Mancato assegno invalidità, l’INPS condannata (Corte di Cassazione, Sezione VI Civile, Sentenza 9 ottobre 2020, n. 21763).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SESTA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Rel. Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14835-2016 proposto da:

CAVALLO CONCETTA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA QUINTINO SELLA 41, presso lo studio dell’avvocato MARGHERITA VALENTINI, rappresentata e difesa dall’avvocato MASSIMILIANO DEL VECCHIO;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE 80078750587, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati EMANUELA CAPANNOLO, CLEMENTINA PULLI, MAURO RICCI;

– resistente –

avverso la sentenza n. 2581/2015 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 29/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 23/09/2020 dal Presidente Relatore Dott. ADRIANA DORONZO.

Rilevato che:

con sentenza pubblicata il 29/12/2015 la Corte d’appello di Lecce ha rigettato l’impugnazione proposta da Concetta Cavallo contro la sentenza resa dal Tribunale di Brindisi che aveva rigettato la sua domanda intesa ad ottenere il riconoscimento del diritto alla pensione di inabilità civile o all’assegno mensile di invalidità;

le ragioni del rigetto sono ancorate alla mancanza del requisito reddituale, avendo la Corte rilevato che – pur sussistendo il requisito sanitario idoneo per il riconoscimento dell’assegno mensile di assistenza (unica prestazione ammissibilmente richiesta in giudizio, in mancanza di valida domanda amministrativa inerente alla pensione di inabilità), a decorrere dal settembre 2009, come accertato dal consulente tecnico d’ufficio – nel periodo compreso tra tale data e il raggiungimento dei 65 anni di età (5/4/2013) il reddito della ricorrente -appellante, cumulato con quello del coniuge, superava i limiti di legge fissati ai fini del riconoscimento della prestazione;

contro la sentenza, la Cavallo ha proposto ricorso per cassazione articolato in quattro motivi;

l’Inps ha depositato procura in calce alla copia del ricorso notificato;

fissata con decreto l’adunanza camerale non partecipata, con ordinanza interlocutoria del 26 giugno 2017, n. 15934, il Collegio decidente ha ritenuto di rinviare la causa nuovo ruolo in attesa della decisione della Sezione ordinaria investita, da precedente ordinanza di questa Sezione (VI) (ord. 3/3/2017, n. 5480), della questione, posta con il presente ricorso, concernente la determinazione del reddito necessario per l’ottenimento dell’assegno mensile di assistenza, e in particolare la questione del cumulo del reddito percepito dall’interessato con quello del coniuge;

quindi, è stata fissata nuova adunanza camerale, ritualmente comunicata alle parti, unitamente alla proposta di definizione ai sensi dell’articolo 380 bis cod.proc.civ.

Considerato

che con i primi tre motivi viene denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 12 e 13 della legge n.118/1971 e dell’art. 14 septies, comma 50, del d.l. 30/12/1979, n. 663, convertito con modificazioni nella L. 29/2/1980, n. 33, e di altro complesso normativo, evidenziandosi che per il riconoscimento dell’assegno di invalidità rileva solo il reddito personale e non anche quello del coniuge, come invece erroneamente ritenuto dalla Corte di appello, invocando un unico precedente di questa Corte;

i motivi, che si affrontano congiuntamente per l’evidente connessione che li lega, sono manifestamente fondati;

al riguardo si richiamano i principi già espressi da questa Corte (Cass. ord. 21/11/2016, n. 23689; Cass. ord. 18/4/2016, n. 7698) e di recente ripresi da Cass. 20/11/2019, n. 30223 (resa, appunto, nel procedimento per nel quale era stata adottata l’ordinanza interlocutoria numero 5480/2017, e da Cass. 2775/2019, n. 14415), in cui si è affermato il seguente principio di diritto: «Anche alla luce del d.l. n. 76 del 2013 conv. in legge n. 99 del 2013 per l’assegno di invalidità, anche nel periodo successivo alla entrata in vigore della L. n. 247 del 2007, occorre fare riferimento al reddito personale dell’assistito con esclusione del reddito percepito da altri componenti del nucleo familiare di cui il predetto fa parte»;

deve infatti concordarsi con le citate pronunce e rilevarsi che per l’assegno mensile di invalidità civile di cui all’art. 13 della citata L. n. 118/1971, l’art. 14 septies, comma 5°, del D.L. 30/12/1979, n. 663, convertito con modificazioni nella L. 29/2/1980,n. 33, prevede ai fini della sussistenza del requisito reddituale l’esclusione del cumulo del reddito del beneficiario non solo con riferimento al coniuge, ma anche a tutti gli altri componenti del nucleo familiare (in tal senso, Cass. ord.21/11/2016, n. 23689; Cass. ord. 18/4/2016, n. 7698);

i motivi di ricorso meritano pertanto di essere accolti e la sentenza deve essere cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Lecce, in diversa composizione perché verifichi, alla luce del principio di diritto su enunciato, la sussistenza del requisito reddituale per il riconoscimento dell’assegno di invalidità nel periodo su indicato;

resta così assorbito l’esame del quarto motivo di ricorso, con il quale la parte si duole della violazione dell’art. 19 L. n. 118/1971 e dell’art. 8, commi 1 e 2, del D.Lgs. 23/11/1988, n. 509, addebitando alla Corte l’errore di non aver disposto l’automatica conversione al 65° anno di età dell’assegno in pensione sociale, dovendosi in via preliminare accertare la sussistenza del diritto alla prestazione;

il giudice del rinvio provvederà anche a regolare le spese di questo giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie i primi tre motivi del ricorso, assorbito il quarto; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d’appello di Lecce, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 23/9/2020.

Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.