REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PEZZULLO Rosa – Presidente
Dott. GUARDIANO Alfredo – Rel. Consigliere
Dott. CALASELICE Barbara – Consigliere
Dott. CARUSILLO Elena – Consigliere
Dott. TUDINO Alessandrina – Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) LUIGI nato a (OMISSIS) il 17/08/19xx;
avverso la sentenza del 11/01/2019 della CORTE APPELLO di MILANO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. ALFREDO GUARDIANO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott.ssa PERLA LORI che ha concluso chiedendo l’inammissibilità;
udito il difensore l’avv. (OMISSIS) espone i motivi di gravame ed insiste per l’accoglimento del ricorso.
FATTO E DIRITTO
1. Con la sentenza di cui in epigrafe la corte di appello di Milano riformava parzialmente in senso favorevole al reo, limitatamente alla sostituzione della pena detentiva di quattro mesi di reclusione con quella pecuniaria di 30.000,00 euro di multa, la sentenza con cui il tribunale di Milano, in data 22.12.2017, aveva condannato (OMISSIS) Luigi alla pena ritenuta di giustizia, in relazione al reato ex artt. 81, cpv., 483, c.p., in rubrica ascrittogli.
2. Avverso la sentenza della corte territoriale, di cui chiede l’annullamento, ha proposto tempestivo ricorso per cassazione l’imputato, lamentando violazione di legge e vizio di motivazione, in quanto la corte territoriale ha operato la sostituzione della pena detentiva nella corrispondente pena pecuniaria, nei termini indicati in premessa, senza avere preso in considerazione la condizione socio-economica dell’imputato, dunque senza avere individuato la pena alternativa più adatta, posto che, tenuto conto delle non buone condizioni economiche in cui versa il (OMISSIS), emerse nel corso del dibattimento, la misura sanzionatoria prescelta (pena pecuniaria), per la sua entità, risulta più gravosa per l’imputato, rispetto ad altre misure alternative, quali la semidetenzione o la libertà controllata.
3. Il ricorso va dichiarato inammissibile, per le seguenti ragioni.
Manifestamente infondata, invero, appare la doglianza volta a censurare, come si è detto, la mancata considerazione da parte della corte territoriale delle condizioni socio-economiche del reo.
Come affermato, infatti, dall’orientamento dominante nella giurisprudenza di legittimità, la sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria è consentita anche in relazione a condanna inflitta a persona in condizioni economiche disagiate, in quanto la prognosi di inadempimento, ostativa alla sostituzione in forza dell’art. 58, secondo comma, L. 24 novembre 1981 n. 689 (“Modifiche al sistema penale”), si riferisce soltanto alle pene sostitutive di quella detentiva accompagnate da prescrizioni, ossia alla semidetenzione e alla libertà controllata, e non alla pena pecuniaria sostitutiva, che non prevede alcuna particolare prescrizione (cfr. Cass., Sez. U. n. 24476, Rv. 247274; Cass., Sez. 6, n. 36639, del 10/07/2014, Rv. 260333; Cass., Sez. Sez. 3, n. 17103 del 08/03/2016 Rv. 266639).
Vero è che, al tempo stesso, il menzionato orientamento giurisprudenziale ha chiarito che, nell’esercitare il potere discrezionale di sostituire le pene detentive brevi con le pene pecuniarie corrispondenti, il giudice deve tenere conto dei criteri indicati nell’art. 133, c.p., tra i quali è compreso quello delle condizioni di vita individuale, familiare e sociale dell’imputato, ma non quello, per l’appunto, delle sue condizioni economiche.
Tuttavia, nel caso in esame l’unico profilo aggredito dal ricorrente attiene proprio alla dedotta incompatibilità della “condizione socio-economica” ovvero della “condizione economica complessiva” dell’imputato con la pena pecuniaria applicatagli all’esito della disposta conversione, incompatibilità, peraltro rappresentata con affermazione del tutto assertiva, sicché, sotto questo profilo, i motivi di ricorso si appalesano anche generici e di natura squisitamente fattuale, dunque, in quanto tali, non scrutinabili in questa sede di legittimità.
4. Alla dichiarazione di inammissibilità, segue la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 3000,00 a favore della cassa delle ammende, tenuto conto della circostanza che l’evidente inammissibilità dei motivi di impugnazione, non consente di ritenere quest’ultimo immune da colpa nella determinazione delle evidenziate ragioni di inammissibilità (cfr. Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 9 aprile 2021.
Depositata in Cancelleria il 19 luglio 2021.