Ristorazione: è reato non segnalare che i cornetti sono congelati (Corte di Cassazione, Sezione III Penale, Sentenza 20 marzo 2020, n. 10375).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SARNO Giulio – Presidente

Dott. SOCCI Angelo Matteo – Consigliere

Dott. ANDREAZZA Gastone – Consigliere

Dott. ZUNICA Fabio – Consigliere

Dott. LIBERATI Giovanni – Rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Bonanni Massimiliano, nato a Roma il xx/xx/xxxx;

avverso la sentenza del 1/6/2018 della Corte d’appello di Roma;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Giovanni Liberati;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.ssa Manila Di Nardo, che ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibile il ricorso;

udito per il ricorrente l’avv. Giosué Bruno Naso, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 1 giugno 2018 la Corte d’appello di Roma, provvedendo sulla impugnazione proposta da Massimiliano Bonanni nei confronti della sentenza del 22 febbraio 2013 del Tribunale di Tivoli, con cui lo stesso era stato dichiarato responsabile del reato di cui agli artt. 56 e 515 cod. pen. e condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di 2.065,00 euro di multa (per avere, quale amministratore della S.r.l. Cervara Servizi, titolare della attività di ristorante e pizzeria denominata Sartana Café, detenendo nel magazzino del bar e ponendo in vendita nel bancone esposto al pubblico cornetti, strudel e fagottini congelati all’origine, nonché detenendo nella cucina del ristorante ravioli, pasta fresca artigianale e funghi porcini congelati, omettendo in entrambi i casi di indicarne ai clienti l’originario stato di conservazione), ha revocato il beneficio della sospensione condizionale della pena riconosciuto all’imputato dal Tribunale, come da questi richiesto con l’atto di impugnazione, confermando nel resto la sentenza impugnata.

2. Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.

2.1. Con il primo motivo ha lamentato, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) et e), cod. proc. pen., la violazione degli artt. 56 e 515 cod. pen. e l’illogicità della motivazione, con riferimento alla affermazione della propria responsabilità in ordine al reato di tentata frode in commercio, ritenuto configurabile nonostante l’esistenza di un orientamento interpretativo contrario alla anticipazione della soglia di punibilità per tale delitto alla mera detenzione di alimenti con caratteristiche differenti rispetto a quelle indicate, essendo necessaria per il suo perfezionamento la consegna del bene all’acquirente, preceduta da una fase di contrattazione tra venditore e acquirente, la cui esistenza sarebbe imprescindibile anche per poter ritenere configurabile il tentativo.

Ha richiamato in proposito quanto esposto nella motivazione della sentenza Morici delle Sezioni Unite di questa Corte, circa l’idoneità e l’univocità degli atti necessarie per poter ritenere configurabile il tentativo di frode in commercio, secondo cui la mera detenzione di merce alterata, ovvero contraffatta o scaduta, non può, di per sé, in mancanza di un inizio di negoziazione e di altri elementi, configurare il tentativo di frode in commercio, stante la equivocità di tale sola condotta di detenzione, non accompagnata da altri elementi, tenuto conto della esistenza della possibilità per il commerciante di non alienare o utilizzare tale merce.

2.2. Con il secondo motivo ha lamentato, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) et e), la violazione e l’errata applicazione dell’art. 131 bis cod. pen. e l’insufficienza della motivazione, nella parte relativa alla esclusione della configurabilità della causa di esclusione della punibilità, fondata solo sulla gravità del fatto, omettendo di considerare la applicazione della sola pena pecuniaria e l’incensuratezza dell’imputato.

2.3. Infine, con un terzo motivo, ha lamentato, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) et e), il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e l’eccessività della pena, confermate dal giudice dell’impugnazione omettendo, anche a questo proposito, di considerare lo stato di incensuratezza dell’imputato e la reale portata della condotta.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso, peraltro riproduttivo dei primi tre motivi d’appello, adeguatamente considerati e disattesi con motivazione idonea dalla Corte d’appello, è, nel suo complesso, infondato.

2. Il primo motivo, relativo alla configurabilità del tentativo, censurata dal ricorrente sulla base della equivocità della condotta, che dovrebbe ricondurla agli atti preparatori non punibili, non è fondato.

Va ricordato che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, che il Collegio condivide e ribadisce, la disponibilità di alimenti surgelati, non indicati come tali nel menù o negli espositori nei quali gli stessi siano esposti a disposizione della clientela, integra il reato di tentativo di frode in commercio, indipendentemente dall’inizio di una concreta contrattazione con il singolo avventore, in quanto tale comportamento è univocamente rivelatore della volontà dell’esercente di consegnare ai clienti una cosa diversa da quella pattuita (Sez. 3, n. 39082 del 17/05/2017, Acampora, Rv. 270836; Sez. 3, n. 30173 del 17/01/2017, Zhu, Rv. 270146; Sez. 3, n. 5474 del 05/12/2013, Prete, Rv. 259149; Sez. 3, Sentenza n. 6885 del 18/11/2008, dep. 18/02/2009, Chen, Rv. 242736; Sez. 3, n. 23099 del 13/04/2007, Cambria, Rv. 237067).

Benché l’inizio della contrattazione possa, di regola, rendere inequivoca la condotta, e, quindi, determinarne la punibilità a titolo di tentativo di frode in commercio, ciò, tuttavia, non è sempre necessario per poter ritenere configurabile il tentativo quando, canne nel caso in esame, gli atti siano univoci anche in assenza di un inizio di contrattazione, che, quindi, non è, come affermato nel ricorso, presupposto ineludibile della configurabilità del tentativo.

Nel caso, quale quello in esame, in cui gli alimenti surgelati siano conservati nelle cucine, in modo tale da renderne evidente la loro destinazione alla preparazione delle pietanze da somministrare ai clienti dell’esercizio commerciale, non occorre alcun inizio della contrattazione per ritenere che la condotta sia diretta in modo idoneo e non equivoco a realizzare il reato di frode in commercio, essendo chiara la destinazione di detti alimenti surgelati alla preparazione di cibi, cosicché l’eventuale mancata offerta di tali pietanze potrà, semmai, essere qualificata come desistenza, essendo stata superata la fase degli atti preparatori.

Ciò, a maggior ragione, vale per gli alimenti (cornetti, strudel, fagottini) esposti nella parte dell’esercizio commerciale destinata a bar, a disposizione dei clienti, stante l’assoluta inequivocabilità di tale condotta, proseguita fino alla offerta al pubblico, che consiste in un inizio di contrattazione, sia pure non individualizzata (cfr. art. 1336 cod. civ.).

2.1. Ne consegue, in definitiva, l’infondatezza della censura, stante il corretto rilievo della configurabilità del reato di tentata frode in commercio nella condotta contestata.

3. Il secondo motivo di ricorso, relativo al mancato riconoscimento della causa di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto, è inammissibile, sia a causa della sua genericità, non essendo state illustrate le ragioni, al di là della incensuratezza dell’imputato, sulla base delle quali dovrebbe essere riconosciuta tale particolare tenuità del fatto; sia perché è volto a sindacare sul piano del merito la valutazione di non lieve offensività della condotta, giustificata in modo adeguato dalla Corte d’appello, attraverso la sottolineatura del quantitativo di alimenti surgelati non indicati come tali e presenti all’interno della attività commerciale svolta dalla società amministrata dall’imputato, cui può aggiungersi il dato, desumibile dalla contestazione, della realizzazione della condotta nello svolgimento di una attività imprenditoriale di somministrazione al pubblico di cibi e bevande, strumentalmente alla stessa, dunque non in modo occasionale.

4. La doglianza in ordine al diniego delle attenuanti generiche e alla misura della pena, oltre che anch’essa generica, è manifestamente infondata, avendo la Corte territoriale disatteso le richieste di riconoscimento di tali attenuanti e di riduzione della pena, peraltro solo pecuniaria, sottolineando l’assenza di elementi di positiva considerazione e la gravità della condotta, desunta dal quantitativo di alimenti sequestrati: si tratta di motivazione idonea, essendo stato indicato l’elemento, tra quelli di cui all’art. 133 cod. pen., giudicato prevalente nella valutazione di gravità del fatto (per la potenziale compromissione della salute pubblica conseguente alla messa in commercio di alimenti celandone la provenienza dalla surgelazione), con la conseguente manifesta infondatezza delle censure sollevate sul punto dal ricorrente.

5. Il ricorso deve, dunque, essere respinto, stante l’infondatezza del primo motivo e l’inammissibilità del secondo e del terzo motivo. Al rigetto del ricorso consegue l’onere delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso l’11 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 marzo 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.