Condannato per furto aggravato, chiede una pena sostitutiva che in udienza deve essere motivata (Corte di Cassazione, Sezione V Penale, Sentenza 24 aprile 2024, n. 17152).

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

QUINTA SEZIONE PENALE

Composta da:

Dott. ROSA PEZZULLO – Presidente –

Dott. ENRICO VITTORIO STANISLAO SCARLINI – Consigliere –

Dott. MATILDE BRANCACCIO – Consigliere –

Dott. GIOVANNI FRANCOLINI – Relatore –

Dott. ELENA CARUSILLO – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(omissis) (omissis) nato a (omissis) il xx/xx/19xx;

avverso la sentenza del 12/04/2023 della CORTE APPELLO di LECCE;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. GIOVANNI FRANCOLINI;

letta la requisitoria scritta presentata – ex art. 23, comma 8, decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, conv. con modif. dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 — dal Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione, Dott. ALDO CENICCOLA che ha chiesto il rigetto del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 12 aprile 2023 la Corte di appello di Lecce, a seguito del gravame interposto da (omissis) (omissis), in parziale riforma della pronuncia in data 25 ottobre 2016 del Tribunale di Brindisi, ha ritenuto il delitto di furto in abitazione, di cui già il primo Giudice lo aveva ritenuto responsabile giudizio, commesso in esecuzione del medesimo disegno criminoso sotteso al reato già giudicato dal G.i.p. del Tribunale di Brindisi (con sentenza del 10 marzo 2016) ed ha rideterminato la pena a lui irrogata ex art. 81, comma 2, cod. pen. in un anno di reclusione ed euro cento di multa e, dunque, la pena complessiva in tre anni di reclusione ed euro duecentoquaranta di multa.

2. Avverso la sentenza di appello il difensore dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione, articolando un unico motivo (di seguito esposto nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, d. att. cod. proc. pen.) con il quale – richiamando l’art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen. – ha denunciato la violazione degli artt. 545-bis cod. proc. pen., 20-bis cod. pen., 53 ss. I. 24 novembre 1981, n. 697, e 95 d. Igs. 10 ottobre 2022, n. 150, nonché il vizio di motivazione in quanto, nonostante l’espressa richiesta di applicazione di una pena sostitutiva avanzata all’udienza del 12 aprile 2023 dal difensore munito di procura speciale, la Corte di merito non ha dato corso a quanto previsto dall’art. 545-bis cit., omettendo qualsivoglia motivazione al riguardo, quantunque il titolo di reato e la pena detentiva irrogata non siano ostativi alla chiesta sostituzione.

3. Il Sostituto Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso, deducendo che la Corte di appello avrebbe implicitamente disatteso la richiesta difensiva, avendo confermato la decisione del Tribunale che aveva negato le circostanze attenuanti generiche a causa dei precedenti penali dell’imputato e del suo comportamento processuale non collaborativo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile perché generico.

1. Occorre, anzitutto, osservare che l’art. 95, comma 1, d.Igs. 150/2022 (in vigore del 30 dicembre 2022: cfr. l’art. 99-bis, inserito in quest’ultimo decreto dall’art. 6 decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162, conv. con modif. dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199), che reca le disposizioni transitorie in materia di pene sostitutive delle pene detentive brevi, ha espressamente previsto che le norme novellate («previste dal Capo III della legge 24 novembre 1981, n. 689»), «se più favorevoli, si applic[hi]no anche ai procedimenti penali pendenti in primo grado o in grado di appello al momento dell’entrata in vigore» del decreto in discorso; e ha disposto che, nel caso di pendenza del procedimento innanzi alla Corte di cassazione, il condannato a pena detentiva non superiore a quattro anni possa presentare istanza di applicazione di una delle pene sostitutive «al giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’articolo 666 del codice di procedura penale, entro trenta giorni dalla irrevocabilità della sentenza» e che, invece, «in caso di annullamento con rinvio provved[a] il giudice del rinvio».

Ne deriva che, nei casi in cui l’entrata in vigore del d.Igs. 150/2022 sia sopravvenuta alla proposizione dell’appello, la richiesta di applicazione di una pena sostitutiva può ritualmente essere avanzata innanzi al Giudice del gravame anche in sede di discussione, quantunque non articolata con i motivi di impugnazione, proprio in forza del tenore testuale della richiamata norma transitoria.

D’altra parte, una diversa ricostruzione mal si concilierebbe con la disciplina posta per l’ipotesi in cui il procedimento (all’atto dell’entrata in vigore del decreto 150) sia pendente in cassazione (Sez. 6, n. 34091 del 21/06/2023, Sabatini, Rv. 285154 – 01), evenienza nella quale è consentito all’imputato di avanzare la richiesta al giudice dell’esecuzione (che, invece, non può essere avanzata – come esposto – qualora il giudizio sia pendente in grado di appello) e persino, nel caso di annullamento con rinvio, innanzi al giudice di merito chiamato a conoscere nuovamente del procedimento, in entrambi i casi a prescindere dalla sussistenza di un motivo di impugnazione sul punto.

Per tale ragione, nei termini appena esposti, merita condivisione il principio secondo cui, «in tema di pene sostitutive, ai sensi della disciplina transitoria contenuta nell’art. 95 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (cd. riforma Cartabia), affinché il giudice di appello sia tenuto a pronunciarsi in merito all’applicabilità o meno delle nuove pene sostitutive delle pene detentive brevi di cui all’art. 20-bis cod. pen., è necessaria una richiesta in tal senso dell’imputato, da formulare non necessariamente con l’atto di gravame, ma che deve comunque intervenire, al più tardi, nel corso dell’udienza di discussione in appello» (Sez. 6, n. 33027 del 10/05/2023, Agostino, Rv. 285090 – 01; cfr. pure Sez. 6, n. 46782 del 29/09/2023, Borazio, Rv. 285564 – 01; Sez. 2, n. 1995 del 19/12/2023 – dep. 2024, Di Rocco, Rv. 285729 – 01), da preferire – per le ragioni sopra espresse – a quello posto da Sez. 6, n. 46013 del 28/09/2023, Fancellu, Rv. 285491 – 01 (così massimata «in tema di pene sostitutive delle pene detentive brevi, la disposizione di cui all’art. 545-bis cod. proc. pen., è applicabile, nei limiti del principio devolutivo, anche al giudizio di appello, nel senso che le sanzioni sostitutive possono trovare applicazione solo se il relativo tema sia stato specificamente devoluto nei motivi di appello») che, come si trae dalla motivazione, pur avendo provveduto in ordine a un giudizio di appello nel quale (a seguito della sopravvenuta entrata in vigore del d. Igs. 150/2022) la richiesta di applicazione di una pena sostitutiva era «stata formulata dalla difesa per l’udienza» in cui la Corte di appello aveva deliberato, ha correlato la ritualità della specifica richiesta alla proposizione di essa «nel motivo di appello» (ivi).

1.1. Tanto premesso, nella presente fattispecie, il difensore del (omissis) – munito di procura speciale – ha tempestivamente presentato richiesta di applicazione di una pena sostitutiva all’udienza del 12 aprile 2023 (cfr. verbale di udienza), all’esito della quale la Corte di merito ha deliberato senza pronunciarsi in alcun modo su di essa, bensì argomentando soltanto in relazione al motivo di appello (che ha accolto), volto ad ottenere il riconoscimento della continuazione tra il reato oggetto del presente procedimento ed altro già giudicato, il che non consente di ravvisare – ad avviso del Collegio – un’implicita valutazione dell’insussistenza dei presupposti per accedere alla misura sostitutiva (cfr. Sez. 2, n. 43848 del 29/09/2023, D., Rv. 285412 – 01) che non può cogliersi dal testo della pronuncia impugnata, si ribadisce, incentrata solo sui presupposti per l’applicazione del reato continuato e che non ha in alcun modo argomentato ulteriormente sotto il profilo sanzionatorio neppure allorché ha determinato l’aumento ex art. 81, comma 2, cod. pen. (profilo non oggetto di censura difensiva e non inerente a vizio rilevabile d’ufficio).

Purtuttavia, il ricorso è del tutto generico per la dirimente considerazione che:

– a mente dell’art. 545-bis cod. proc. pen. (nel testo che qui rileva, ossia quello introdotto dal d. Igs. 150/2022 e anteriore alla modifica disposta dall’art. 2 d. Igs. 19 marzo 2024, n. 31, sopravvenuto alla deliberazione della presente sentenza e in vigore dal 4 aprile 2024), quando – come nella specie – «è stata applicata una pena detentiva non superiore a quattro anni e non è stata ordinata la sospensione condizionale» il giudice, subito dopo la lettura del dispositivo, «dà avviso alle parti» non in ogni caso, bensì «se ricorrono le condizioni per sostituire la pena detentiva con una delle pene sostitutive di cui all’articolo 53 della legge 24 novembre 1981, n. 689»; e a tale avviso seguono gli ulteriori incombenti «se l’imputato, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, acconsente alla sostituzione della pena detentiva con una pena diversa dalla pena pecuniaria, ovvero se può aver luogo la sostituzione con detta pena»;

– il ricorrente non ha neppure prospettato che nella specie si fosse dedotto – con una specifica e motivata richiesta (cfr. Sez. U, n. 12872 del 19/01/2017, Punzo, Rv. 269125 – 01, condivisibilmente richiamata al riguardo da Sez. 6, n. 46013/2023, – che ricorressero le condizioni per sostituire la pena detentiva (che neppure constano, per vero, dal verbale di udienza richiamato dalla difesa), limitandosi ad addurre che né il titolo di reato né la misura della pena sarebbero ostative (cfr. pure Sez. 5, n. 41720 del 05/07/2023, Spano, n.m.), profili che tuttavia non esauriscono il vaglio dei presupposti per applicare una pena sostitutiva (cfr. art. 58 I. 689/1981; Sez. 6, n. 43263 del 13/09/2023, Lo Monaco, Rv. 285358 – 01).

Il che esime dall’immorare oltre.

2. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, atteso che l’evidente inammissibilità dell’impugnazione impone di attribuirgli profili di colpa (cfr. Corte cost., sent. n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, Failla, Rv. 267585 – 01).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso, il 26/1/2024.

Il Consigliere estensore                                                                           Il Presidente

Giovanni Francolini                                                                                 Rosa Pezzullo

Depositato in Cancelleria il 24 aprile 2024.

SENTENZA