Ruba su un balcone una gazza ladra: è furto in abitazione (Corte di Cassazione, Sezione V Penale, Sentenza 9 giugno 2020, n. 17598).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZAZA Carlo – Presidente –

Dott. MAZZITELLI Caterina – Rel. Consigliere –

Dott. SCORDAMIGLIA Irene – Consigliere –

Dott. MOROSINI Elisabetta – Consigliere –

Dott. RICCARDI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

MEGARO Pasqualino, nato il 30/01/1963 a Caposele;

avverso la sentenza del 22/10/2018 della Corte di Appello di Napoli;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Caterina Mazzitelli;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. Paola Filippi, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;

udito il difensore di Megaro Pasqualino, Avv. Dario Vannetiello (in sostituzione dell’Avv. Salvatore Rosania), che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Napoli ha confermato la condanna di Megaro Pasqualino in ordine al delitto di cui all’art. 624-bis cod. pen. per il furto di una gazza da una gabbia posta sul balcone di proprietà di terzi.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’imputato sostenendo che:

– il decreto di citazione in appello non era stato notificato al domicilio eletto dall’imputato presso lo studio del difensore, elezione che risultava dal decreto di ammissione al patrocinio del 25 settembre 2010;

– la descrizione del pennuto fornita dalla persona offesa non corrispondeva alle caratteristiche dell’uccello trovato in possesso dell’imputato, ed inoltre vi sarebbero state contraddizioni fra i testi sul modo in cui l’imputato sarebbe entrato (arrampicandosi sul balcone o entrando dal portone del condominio);

– il reato è estinto per prescrizione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. L’eccezione processuale è inammissibile.

Il ricorrente sostiene che l’elezione di domicilio risulterebbe dal decreto di ammissione al patrocinio del 25 settembre 2010. Tuttavia l’atto non è stato posto a disposizione della Corte di cassazione.

Sicché viene in rilievo il principio affermato dalle Sezioni Unite secondo cui nel caso in cui una parte deduca il verificarsi di cause di nullità o inutilizzabilità collegate ad atti non rinvenibili nel fascicolo processuale (perché appartenenti ad altro procedimento o anche – qualora si proceda con le forme del dibattimento – al fascicolo del pubblico ministero), al generale onere di precisa indicazione che incombe su chi solleva l’eccezione si accompagna l’ulteriore onere di formale produzione delle risultanze documentali – positive o negative – addotte a fondamento del vizio processuale (Sez. U, n. 39061 del 16/07/2009, De Iorio, Rv. 244329).

3. Le doglianze sulla ricostruzione del fatto sono generiche e manifestamente infondate, oltre a proporre doglianze eminentemente di fatto, che sollecitano, in realtà, una rivalutazione di merito preclusa in sede di legittimità, sulla base di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv.207944); infatti, pur essendo formalmente riferite a vizi riconducibili alle categorie del vizio di motivazione e della violazione di legge, ai sensi dell’art.606 c.p.p., sono in realtà dirette a richiedere a questa Corte un inammissibile sindacato sul merito delle valutazioni effettuate dal giudice (Sez. U, n. 2110 del 23/11/1995, Fachini, Rv. 203767; Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944; Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794).

In particolare, con le censure proposte il ricorrente non lamenta una motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica – unici vizi della motivazione proponibili ai sensi dell’art. 606, lett. e), cod. proc. pen. ma una decisione erronea, in quanto fondata su una valutazione asseritamente sbagliata.

Il controllo di legittimità, tuttavia, concerne il rapporto tra motivazione e decisione, non già il rapporto tra prova e decisione; sicché il ricorso per cassazione che devolva il vizio di motivazione, per essere valutato ammissibile, deve rivolgere le censure nei confronti della motivazione posta a fondamento della decisione, non già nei confronti della valutazione probatoria sottesa, che, in quanto riservata al giudice di merito, è estranea al perimetro cognitivo e valutativo della Corte di Cassazione.

Pertanto, nel rammentare che la Corte di Cassazione è giudice della motivazione, non già della decisione, ed esclusa l’ammissibilità di una rivalutazione del compendio probatorio, va al contrario evidenziato che la sentenza impugnata ha fornito logica e coerente motivazione in ordine alla ricostruzione dei fatti, con argomentazioni prive di illogicità (tantomeno manifeste) e di contraddittorietà, evidenziando che:

– la descrizione della gazza rubata era perfettamente coincidente a quella rinvenuta in possesso dell’imputato;

– la teste oculare Galdi, vicina di casa della persona offesa, ha visto l’imputato che si arrampicava sul balcone e si impossessava del volatile, mentre l’altro vicino Rosania ha notato l’imputato nei pressi del portone, ma non ha mai detto di averlo visto varcarne la soglia.

4. La inammissibilità del ricorso impedisce di rilevare l’eventuale decorso del termine di prescrizione maturata nelle more, successivamente all’emissione della sentenza impugnata (Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, De Luca, Rv. 217266).

Peraltro, va evidenziato che il termine di prescrizione sarebbe decorso oltre il 2020 e il ricorrente non ha indicato calcoli specifici idonei a sopportare l’eccezione che si rivela, dunque, anche generica.

5. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali e alla corresponsione di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, somma che si ritiene equo determinare in Euro 3.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma il 26/11/2019.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.