Sanzione disciplinare per il notaio che nell’ambito di un contratto di affitto di ramo d’azienda avente ad oggetto i beni destinati all’esercizio dell’allevamento dei bovini (Corte di Cassazione, Sezione II Civile, Sentenza 13 giugno 2023, n. 16919).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Pasquale D’ASCOLA – Presidente –

Dott. Mario BERTUZZI – Consigliere –

Dott. Patrizia PAPA – Consigliere Rel. –

Dott. Antonio SCARPA – Consigliere –

Dott. Mauro CRISCUOLO – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19855-2021 proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS) elettivamente domiciliato in (OMISSIS) presso lo studio (OMISSIS) che difende giusta procura in calce al ricorso, con indicazione dell’indirizzo pec;

ricorrente

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA – ARCHIVIO NOTARILE DI (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente  domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio (OMISSIS) che lo rappresenta e difende ope legis.

resistente

avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO di ANCONA, n. cron. 57/2021, depositata il 21/01/2021;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/10/2022 dal consigliere, dott.ssa PATRIZIA PAPA;

lette le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale, dott. CORRADO MISTRI che ha chiesto il rigetto del ricorso.

FATTI DI CAUSA

1. In data 16 gennaio 2019, per richiesta dell’Archivio notarile distrettuale di (OMISSIS) la Commissione amministrativa regionale di disciplina delle Marche e Umbria avviò un procedimento disciplinare nei confronti di (OMISSIS) (OMISSIS) notaio in (OMISSIS), per violazione degli artt. 21, 447 bis, 409 e 413 cod. proc. civ. e 28 n.1 della legge 16/02/1913 n. 89, per avere egli autenticato, in data 21 aprile 2013, un atto contenente una clausola nulla e, quindi, espressamente proibita dalla legge, con conseguente applicabilità della sanzione prevista dall’art. 138 II comma della stessa legge notarile.

Nel corso dell’ispezione relativa al biennio 2013-2014, era stato infatti rilevato che in una scrittura privata autenticata avente ad oggetto l’affitto di un’azienda zootecnica sita nei Comuni di (OMISSIS) e (OMISSIS) convenuto tra due società aventi sede legale in (OMISSIS) era stata pattuita, all’art. 19, la competenza esclusiva del foro di (OMISSIS) – dove aveva sede legale la società concedente – per tutte le possibili controversie non risolvibili mediante tentativo di conciliazione; l’Archivio aveva rappresentato la nullità assoluta di questa clausola per contrarietà a norme inderogabili di legge e chiesto in conseguenza l’accertamento della responsabilità del notaio che aveva proceduto all’autenticazione.

La CO.RE.DI di Marche e Umbria ritenne che la nullità della clausola, seppure soltanto relativa, integrasse comunque l’illecito disciplinare ex art 28 L.N. e dichiarò, pertanto (omissis) (omissis) responsabile del fatto in incolpazione e, applicate le circostanze attenuanti ex art. 144 comma 1 legge notarile, lo condannò alla sanzione pecuniaria di Euro 516,00.

2. (OMISSIS) (OMISSIS) impugnò il provvedimento dinnanzi alla Corte d’appello di Ancona, sostenendo che erroneamente l (OMISSIS) avesse ritenuto comunque sussistente l’illecito disciplinare ex art. 28 legge notarile, pur avendo riconosciuto che la violazione della competenza territoriale costituisse nullità relativa, in contrasto con la costante giurisprudenza di legittimità secondo cui soltanto il vizio che dia luogo a nullità assoluta configura un’ipotesi rilevante per il suddetto articolo; lamentò pure che la CO.RE.DI avesse ritenuto inderogabile la competenza territoriale delle Sezioni specializzate agrarie «desumendola in via sistematica», in quanto «non espressamente prevista dalla legge», senza esplicitare perché; rilevò infine che, in realtà, nel circondario del Tribunale di Terni si trovavano soltanto gli immobili, ma la sede legale dell’azienda oggetto di affitto era comunque in Roma, dove si custodivano le scritture, i documenti, i contratti afferenti l’esercizio dell’impresa e dove si trovavano le attrezzature.

3. Con ordinanza cron. 57/2021, depositata il 21/01/2021, la Corte d’Appello di Ancona respinse l’impugnazione, ritenendo che nella fattispecie fosse ravvisabile proprio una nullità assoluta della clausola ex art. 447 bis comma II cod.proc.civ., applicabile anche agli affitti e non soltanto alle locazioni, perché era stato stipulato un contratto di affitto di ramo d’azienda avente ad oggetto i beni destinati all’esercizio dell’allevamento dei bovini e che in conseguenza la competenza dovesse essere determinata secondo il principio del locus rei sitae, ai sensi dell’artt. 21 cod.proc.civ.. Escluse pure potesse ritenersi diversamente considerando la previsione del limite di rilevabilità dell’incompetenza come previsto dall’art.38 cod.proc.civ., perché l’illecito ex art. 28 della legge notarile è a consumazione istantanea che si verifica nel momento in cui la clausola nulla è redatta o, come nella specie, nel momento in cui è autenticato l’atto che la contiene.

Avverso questa ordinanza ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) (OMISSIS) affidato a quattro motivi.

Non si è tempestivamente costituito con controricorso L'(OMISSIS), unità organica incardinata nel Ministero della Giustizia, parte necessaria di questo giudizio perché ha avviato il procedimento disciplinare.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, (OMISSIS) (OMISSIS) ha lamentato la nullità della sentenza per violazione degli artt. 112 e 324 cod.proc.civ. e 2909 cod.civ., in relazione al n.4 del I comma dell’art.360 cod.proc.civ. per avere la Corte di appello di Ancona ritenuto sussistente la nullità assoluta della clausola derogatoria della competenza territoriale contenuta nell’art. 19 del contratto, nonostante la CO.RE.DI avesse stabilito fosse affetta da nullità relativa, senza impugnazione da alcuna delle parti sul punto; in tal senso vi sarebbe stata violazione del giudicato e del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

1.2. Con il secondo motivo, il notaio ha poi prospettato la nullità della sentenza per violazione degli 112 e 324 cod.proc.civ. e 2909 cod.civ., in relazione al n. 4 del 1 comma dell’art.360 cod.proc.civ., per avere la Corte di appello di Ancona statuito che dovessero applicarsi gli artt. 21, 447 bis comma II, 409 e 413 cod.proc.civ. e che in conseguenza dovesse affermarsi la inderogabilità della competenza territoriale e la nullità assoluta della clausola derogatoria contenuta nell’art. 19 del contratto, nonostante nessuna delle parti avesse impugnato la decisione della (omissis) ella parte in cui aveva escluso tra l’altro la applicabilità degli artt. 2562 cod.civ., 21, 447 bis, 409 e 413 cod.proc.civ.; ha lamentato quindi ancora una volta, per diverso profilo, la violazione del giudicato e del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

1.3. Il primo e il secondo motivo possono essere trattati congiuntamente per continuità di argomentazione e sono infondati per più ragioni.

La (OMISSIS) ha ritenuto il notaio responsabile ex art. 28 legge notarile per aver autenticato una scrittura contenente una clausola nulla: ha motivato il suo provvedimento rimarcando che la competenza territoriale sulle controversie relative al contratto di affitto è inderogabile perché per funzione ricorre la competenza delle Sezioni agrarie, ugualmente inderogabile; ha affermato quindi che la inderogabilità sussisterebbe per «ragioni sistematiche», per essere l’azienda agricola caratterizzata da un legame indissolubile «per usi, consuetudini, competenze specifiche, richiami analogici e normativi oltre che per logica al territorio»; infine, ha comunque aggiunto che la nullità della clausola ricorrerebbe «nella fattispecie della cosiddetta nullità relativa».

La Corte d’appello, nella sua ordinanza, in applicazione di giurisprudenza consolidata di questa Corte, ha invece correttamente ritenuto la nullità assoluta della clausola in quanto involgente un criterio di competenza per territorio inderogabile, come stabilito dagli art. 21 e 447 bis comma II cod.proc.civ. applicabili alla fattispecie (Cass. Sez. 6 – 3, n. 12404 del 24/06/2020; Sez. 6 – 3, n. 12371 del 15/06/2016; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 21908 del 16/10/2014).

Secondo il ricorrente, la ricostruzione dell’illecito commesso operata dalla (OMISSIS) sarebbe oggetto di giudicato cosiddetto «interno» che la Corte d’appello avrebbe violato, riqualificando la clausola come affetta da nullità assoluta invece che relativa.

Invero, come risulta dalla narrativa della ordinanza (pag. 7), la questione era stata invece devoluta alla Corte d’appello, ex art.346 cod.proc.civ., dal Ministero che, costituendosi, aveva proprio rappresentato che, pur volendo concordare con l (omissis) di Ancona sulla sussistenza, nella fattispecie, della competenza per materia delle Sezioni specializzate agrarie, comunque la competenza territoriale restava inderogabile perché radicata nel luogo in cui si trova il fondo oggetto del contratto di affitto, trovando applicazione alla fattispecie gli artt. 28, 447 bis e 38 cod.proc.civ.; in conseguenza, la clausola era affetta da nullità assoluta per violazione di norme imperative.

In tal senso certamente alla cognizione del giudice dell’impugnazione era stata devoluta la questione della qualificazione giuridica del fatto contestato.

In ogni caso, il motivo è comunque infondato in diritto perché al procedimento disciplinare si applica il principio del sistema sanzionatorio penale secondo il quale deve esservi correlazione tra accusa e sentenza, che perciò deve essere emessa sui fatti contestati.

Tra la pronuncia della (OMISSIS) e l’ordinanza della Corte d’appello il fatto contestato è rimasto lo stesso (autenticazione della clausola contenente una deroga ad un criterio di competenza territoriale inderogabile): sulla qualificazione giuridica del medesimo fatto storico non si forma giudicato, perché l’«acquiescenza alle parti della sentenza non impugnate», come prevista dall’art. 329, comma secondo, cod. proc. civ., può ricorrere unicamente rispetto ad una «minima unità suscettibile di acquisire la stabilità del giudicato interno» così individuata dalla sequenza logica costituita dal fatto, dalla norma e dall’effetto giuridico, in altri termini rispetto soltanto alla statuizione che affermi l’esistenza di un fatto sussumibile sotto una norma che ad esso ricolleghi un dato effetto giuridico (Cass. Sez. 6 – L, n. 24783 del 2018, Sez. 2, n. 10760 del 17/04/2019).

In conseguenza, l’impugnazione proposta dal notaio sull’«effetto» ha necessariamente riaperto il riesame sull’intera questione del fatto contestato, espandendo nuovamente il potere del giudice di riconsiderarla e riqualificarla anche relativamente agli aspetti  che, seppure inerenti la statuizione impugnata, non fossero stati singolarmente coinvolti, neppure in via implicita, dal motivo di gravame.

2. Con il terzo motivo, il ricorrente ha sostenuto, in relazione al n. 3 del comma 1 dell’art. 360 cod.proc.civ., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 28 della legge notarile per avere la Corte ritenuto la nullità assoluta della clausola contenuta nell’art. 19 del contratto in considerazione dell’applicabilità alla fattispecie dell’art 447 bis cod.proc.civ.; questo articolo si applicherebbe invece alle sole controversie aventi ad oggetto contratti di affitto di azienda, non agli affitti di aziende agricole, di competenza delle Sezioni specializzate agrarie; le parti, infatti, avrebbero perciò esplicitamente richiamato il tentativo di conciliazione previsto dall’art. 46 L. 203/1982 e il foro elettivo di Roma soltanto in caso di mancata conciliazione; la competenza per territorio delle Sezioni agrarie non sarebbe disciplinata dall’art. 21 e dell’art. 413 cod.proc.civ. né da altra specifica disposizione; conseguentemente, non ricorrerebbe l’ipotesi dell’art. 28 della legge notarile.

Inoltre, secondo il ricorrente, la configurabilità di una nullità assoluta sarebbe esclusa in radice dal limite temporale posto dal codice alla rilevabilità della incompetenza fissata dalla norma, perché le nullità assolute sono per definizione rilevabili d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio.

2.1. Con il quarto motivo, il ricorrente ha infine censurato la sentenza per violazione e/o falsa applicazione degli art. 2555 cod.civ. e 28 cod.proc.civ., in relazione al n. 3 del comma 1 dell’art. 360 cod.proc.civ., per avere la Corte d’Appello affermato che per individuare il giudice competente si dovesse fare riferimento al luogo in cui si trovavano i fondi ed i beni oggetto del contratto di affitto, elencati negli allegati del contratto, invece di considerare l’azienda unitariamente e ritenere la competenza territoriale del foro di (OMISSIS), dov’era la sede legale della società.

2.2. Anche il terzo e il quarto motivo possono essere trattati congiuntamente perché connessi e sono infondati.

Secondo l’art. 28 legge notarile qui applicato, «il notaro non può ricevere o autenticare atti se espressamente proibiti dalla legge».

Quel che dunque rileva, perché sussista un comportamento disciplinarmente significativo, è che la nullità degli atti autenticati sia immediatamente percepibile proprio perché l’atto è «espressamente» proibito.

Nella specie, dunque, l’oggetto del contratto, cioè l’affitto di un ramo d’azienda destinato all’allevamento del bestiame, immediatamente richiamava il criterio del locus rei sitae della competenza per territorio come individuata dall’art. 21 cod. proc. civ. e, quindi, l’inderogabilità di tale criterio come sancita dal successivo art. 447 bis comma II, nella formulazione già in vigore alla data dell’autenticazione, per cui «sono nulle le clausole di deroga alla competenza».

L’inderogabilità era perciò, di certo, immediatamente percepibile perché, come chiaramente esposto nell’ordinanza impugnata, oggetto di affitto era unicamente «l’azienda zootecnica e relativo fondo rustico» comprendente, secondo gli allegati del contratto, oltre ai bovini da allevare, le attrezzature e i macchinari, nonché le scorte e le giacenze di magazzino, gli edifici, i manufatti rurali e i terreni siti nei Comuni di (OMISSIS) e (OMISSIS).

Conseguentemente, il criterio del locus rei sitae e della inderogabilità della competenza territoriale risultava comunque evidentemente operante, sia ritenendo applicabile la competenza per materia della sezione agraria per il principio di conversione ed unificazione dei contratti agrari come sancito dall’art. 27 della legge 3.5.1982, n. 203 e prevalente la funzione del fondo rustico, sia escludendola, perché in ogni caso non era (OMISSIS) il luogo dove era «posto l’immobile o l’azienda»; certamente, infine, per lo stesso legislatore non è invece rilevante il luogo della sede legale dell’impresa esercitata con l’azienda affittata.

Ciò posto, era altrettanto evidente, in forza dell’art. 28 cod.proc.civ. che l’inderogabilità della competenza territoriale inerisce, nei casi dell’art. 21, alla stessa funzione del giudice, nel senso che l’osservanza della regola della competenza è ritenuta dal legislatore condizione imprescindibile per un corretto funzionamento della giustizia.

In tal senso, non può essere rilevante, al fine di escludere la contestata responsabilità disciplinare ex art. 28 legge notarile, che le controversie insorte nel corso del contratto di affitto fossero – siano – o non devolute alla competenza funzionale della Sezione agraria, perché in ogni caso questa competenza funzionale deve essere ulteriormente ritagliata con l’individuazione della competenza per territorio; in conseguenza, resta comunque l’illegittimità della deroga contenuta nella clausola per cui è giudizio disciplinare, sia in caso di competenza della Sezione agraria che di devoluzione al Tribunale in composizione ordinaria.

Ugualmente, non è rilevante che l’incompetenza per territorio inderogabile debba essere eccepita, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta tempestivamente depositata e non sia rilevabile d’ufficio dopo la prima udienza ex art.183 cod.proc.civ.: con le sue argomentazioni, il ricorrente ha infondatamente sovrapposto la nullità della clausola di deroga alla competenza come sancita espressamente dal codice di procedura civile al II comma dell’art. 447 bis con il meccanismo predisposto dall’art.38 dello stesso codice, per cui sussiste una preclusione temporale all’eccezione di parte e al rilievo d’ufficio della violazione della norma sulla competenza.

L’art. 38, invero, è stato dettato all’unico scopo di assicurare una rapida individuazione del giudice competente a conoscere la controversia e, quindi, la stabilità di questa individuazione, per scongiurare inutile dispendio di attività processuale.

La norma processuale invocata dal ricorrente serve, pertanto, soltanto a raccordare i criteri di riparto della competenza che attuano la garanzia del giudice naturale precostituito per legge con l’esigenza di assicurare l’efficienza e la celerità della procedura, a tutela del diritto ad un rimedio effettivo: la decadenza dall’eccezione e la preclusione temporale al rilievo d’ufficio non mutano, però, la natura inderogabile della competenza territoriale funzionale né legittimano a posteriori la clausola che la deroghi in violazione del divieto stabilito per legge.

A ciò deve aggiungersi, come puntualizzato dalla Corte territoriale in conformità a giurisprudenza consolidata, che scopo specifico dell’art. 28 della legge notarile è quello di assicurare che il notaio svolga la sua funzione propria di realizzare l’incontro della volontà delle parti con l’ordinamento giuridico poiché «deve ridurre la volontà della parte a volontà dell’ordinamento» e ricevere una clausola non conforme a norma imperativa già tradisce questa funzione: la regolarità della condotta del notaio, a fini disciplinari, deve essere perciò verificata in riferimento al momento della stipula dell’atto perché le valutazioni di validità dell’atto a cui il notaio è tenuto devono essere da lui effettuate con un giudizio ex ante; in tal senso, la ricezione dell’atto stesso segna il momento di consumazione istantanea dell’illecito sul quale non possono spiegare efficacia sanante o estintiva della punibilità eventuali rimedi predisposti dal legislatore per risolvere le disfunzioni conseguenti alla violazione di norma imperativa (cfr. Cass. Sez. 2, n. 21828 del 2019; Sez. 3, n. 21493 del 07/11/2005).

In altri termini, non possono costituire cause esimenti eventuali rimedi predisposti dal legislatore al diverso fine di assicurare il buon funzionamento del sistema processuale anche in ipotesi di violazione delle norme che lo regolano.

3. Il ricorso è perciò respinto.

Nulla va statuito sulle spese, atteso che il Ministero intimato non ha svolto difese, depositando soltanto un atto di costituzione finalizzato alla eventuale partecipazione all’udienza di discussione, ex art. 370 comma I cod. proc. civ..

Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

P. Q. M.

La Corte rigetta il ricorso.

Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1-bis, del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, in data 12 ottobre 2022.

Depositato in cancelleria il 13 giugno 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.