Scatta l’abbandono di animali per il cane lasciato sotto il sole e strozzato dalla catena (Corte di Cassazione, Sezione III Penale, Sentenza 22 ottobre 2024, n. 38792).

1REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

TERZA SEZIONE PENALE

Composta da:

Dott. DONATELLA GALTERIO – Presidente –

Dott. GIOVANNI LIBERATI – Consigliere –

Dott. VITTORIO PAZIENZA – Consigliere –

Dott. MARIA BEATRICE MAGRO – Relatore –

Dott. VALERIA BOVE – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS) nato il xx/xx/19xx;

avverso la sentenza del 06/02/2023 del TRIBUNALE di PRATO;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa MARIA BEATRICE MAGRO;

letta la requisitoria. del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. LUIGI CUOMO che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio la sentenza impugnata, perché il reato è estinto per prescrizione.

Ricorso definito ex. art. 23 comma 8 D.L. 137/2020.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 06/02/2023, il Tribunale di Prato ha condannato (omissis) (omissis) per il reato di cui all’art. 727 cod. pen., perchè deteneva un cane di razza Rottweiler in condizioni incompatibili con la sua natura e produttive di gravi sofferenze e in precarie condizioni di igiene, e precisamente, legato ad una corda corta e fissa, in pieno sole, così da provocargli uno strozzamento.

2.1. L’imputato deduce, con il primo motivo di ricorso, violazione di legge e vizio della motivazione, avendo il giudice di merito indicato nel dispositivo della sentenza impugnata una pena illegale.

Il Tribunale di Prato ha irrogato la pena di mesi dieci di reclusione ed euro 300 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali e alla condanna al risarcimento del danno in favore della parte civile, da liquidarsi in separata sede, assegnando a titolo di provvisionale immediatamente esecutiva la somma di euro 7.000,00.

Tuttavia, evidenzia il ricorrente, il reato in contestazione è una contravvenzione punita con la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda. Pertanto, il giudice a quo non avrebbe potuto statuire l’applicazione della pena congiunta della reclusione e della multa, che costituisce specie diversa da quella prevista dall’art. 727 cod. pen.

2.2. Inoltre, con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente evidenzia l’evidente discrasia tra la motivazione .della sentenza e il dispositivo in ordine alle statuizioni civili, posto che nella motivazione il giudice quantificava i danni in euro 3000, mentre nel dispositivo dichiarava di condannare l’imputato al risarcimento del danno da liquidarsi in separata sede.

Nel dispositivo, l’imputato è condannato al pagamento di una provvisionale quantificata in euro 7000 di cui non si fa menzione nella parte motiva della sentenza, pari al doppio della misura del risarcimento del danno quantificata in motivazione.

2.3. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta il diniego del riconoscimento del richiesto beneficio della sospensione condizionale della pena che il giudice ha argomentato in ragione della gravità della condotta, senza valutare lo stato di incensuratezza né effettuare una valutazione prognostica in ordine alla reiterazione del reato.

3. Il Procuratore generale presso questa Corte, con requisitoria scritta, ha chiesto l’annullamento senza rinvio, essendo il reato estinto per prescrizione.

4. La parte civile costituita E.N.P.A. Ente Nazionale Protezione Animali ODV, ha depositato conclusioni scritte e nota spese.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il Collegio ritiene di aderire all’insegnamento secondo il quale, in caso di contrasto tra dispositivo e motivazione della sentenza, la regola della prevalenza del dispositivo, in quanto immediata espressione della volontà decisoria del giudice, non è assoluta, ma va contemperata, tenendo conto del caso specifico, con la valutazione degli elementi tratti dalla motivazione, che conserva la sua funzione di spiegazione e chiarimento delle ragioni della decisione e che, pertanto, ben può contenere elementi certi e logici che facciano ritenere errato il dispositivo o parte di esso (Sez. 3, n. 3969 del 25/09/2018, Rv. 275690 – 01; Sez. 6, n. 24157 del 01/03/2018, Rv. 273269 – 01; Sez. 2, n. 13904 del 09/03/2016, Rv. 266660 – 01; Sez. 2, n. 23343 del 01/03/2016, Rv. 267082 – 01; Sez. 4, n. 43419 del 29/09/2015, Rv. 264909).

Invero, laddove nel dispositivo ricorra un errore materiale obiettivamente riconoscibile, il contrasto con la motivazione è meramente apparente, con la conseguenza che è consentito fare riferimento a quest’ultima per determinare l’effettiva portata del dispositivo, individuare l’errore che lo affligge ed eliminarne gli effetti, giacché essa, permettendo di ricostruire chiaramente ed inequivocabilmente la volontà del giudice, conserva la sua funzione di spiegazione e chiarimento delle ragioni fondanti la decisione.

Inoltre, si ribadisce il principio della prevalenza del dispositivo letto in udienza rispetto a quello inerente alla sentenza intesa come documento, secondo il quale il contrasto tra il dispositivo letto in udienza e il dispositivo scritto in calce alla motivazione non determina alcuna nullità, prevalendo il dispositivo della sentenza letto in udienza, che, ove contenga statuizioni incomplete, può essere anche integrato (Sez.4, n. 10588 de114/02/2006, Rv. 233539; Sez.3, n. 125 del 19/11/2008, Rv. 242258; Sez.1, n. 19765 del 01/12/2023, Rv. 286398).

Nel caso di specie, risulta dal dispositivo letto in udienza in data 06/02/2023, che il giudice ha dichiarato l’imputato colpevole e lo ha condannato alla pena di euro 5000,00 di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali, nonché al risarcimento dei danni verso la parte civile, liquidati in euro 3000,00, nonché al pagamento delle spese di costituzione e difesa della parte civile che si liquidano in euro 2500,00 oltre accessori.

Visto l’art. 540 cod. proc. pen., ha dichiarato la provvisoria esecuzione delle disposizioni civili. Il dispositivo letto in udienza è quindi perfettamente conforme alla motivazione della sentenza, ove, come indicato dal medesimo ricorrente, il giudice ha indicato la pena pecuniaria di euro 5000 e ha quantificato i danni subiti dalla parte civile in euro 3000,00.

Quanto all’errore consistente nella indicazione nel dispositivo inserito nella sentenza – documento di una pena diversa da quella risultante dal dispositivo letto in udienza, trattasi di mero errore materiale, emendabile ex art. 130 cod. proc. pen. ad opera dello stesso giudice a quo.

Nel caso in disamina, infatti, il giudice a quo, con ordinanza del 04/09/2023, ha corretto l’errore materiale, eliminando il refuso contenuto nel dispositivo “mesi dieci di reclusione ed euro 300 di ammenda” ed eliminando l’espressione “da liquidarsi in separata sede assegnando pertanto alla parte civile a titolo di provvisionale immediatamente esecutiva la somma di euro 7000″ ed inserendo l’espressione corretta” che si liquidano in euro 3000,00″.

2. La seconda doglianza è manifestamente infondata.

La concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena si basa sulla formulazione di un giudizio prognostico in ordine alla presunzione di astensione, da parte del colpevole, dalla commissione di ulteriori reati, da effettuarsi sulla base dei parametri indicati dall’art. 133 cod. pen. (Sez. 1, n. 410 del 25/09/2003, Rv. 226618).

Il giudice a quo ha effettuato tale giudizio prognostico con motivazione congrua ed esente da vizi logico – giuridici, valorizzando la gravità della condotta, che nella sentenza impugnata è descritta nella detenzione sotto il sole di un cane di grossa taglia, con una pesante catena al collo, priva di moschettoni rotanti, attorcigliata al collo, tanto da essere impossibilitato a muoversi e a raggiungere un riparo e con la ciotola dell’acqua vuota.

3. Il ricorso, dunque, deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, ravvisandosi profili di colpa.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile che liquida in complessivi euro 1500 oltre accessori di legge.

Così deciso all’adunanza del 27 maggio 2024

Il Consigliere estensore                                                                                        Il Presidente

Maria Beatrice Magro                                                                                      Donatella Galterio

Depositato in Cancelleria, oggi 22 ottobre 2024.

SENTENZA