Riforma Cartabia: i chiarimenti sulla procedibilità del furto aggravato (Corte di Cassazione, Sezione I Penale, Sentenza 25 ottobre 2024, n. 39266).

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

PRIMA SEZIONE PENALE

Composta da:

Dott. GIACOMO ROCCHI – Presidente –

Dott. DOMENICO FIORDALISI – Consigliere –

Dott. BARBARA CALASELICE – Relatrice –

Dott. MARCO MARIA MONACO – Consigliere –

Dott. VINCENZO GALATI – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE DELL REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI TRANI

nel procedimento a carico di:

(omissis) (omissis) nato a (omissis) il xx/xx/19xx;

avverso l’ordinanza del 20/03/2024 del Tribunale di Trani;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa BARBARA CALASELICE;

letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott.ssa Francesca Costantini, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale di Trani, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha revocato la sentenza n. 2848/15, emessa in data 9 dicembre 2019, divenuta definitiva in data 26 giugno 2020, nei confronti di (omissis) (omissis), con la quale il predetto è stato condannato alla pena di mesi otto di reclusione ed euro duecento di multa, per il reato di cui agli artt. 624, 625 n. 2 e 5, 61 n. 5 cod. pen.

Ha rilevato il Giudice dell’esecuzione che la Corte di appello di Bari, con sentenza del 13 giugno 2023, aveva dichiarato non doversi procedere nei confronti del coimputato impugnante, (omissis) (omissis), perché l’azione penale non doveva essere proseguita per difetto di querela.

L’ordinanza impugnata reputa il fenomeno processuale dell’estensione dell’impugnazione in favore del coimputato non impugnante operante anche nel caso di specie, richiamando l’art. 587 cod. proc. pen., nonché giurisprudenza di legittimità secondo la quale il richiamato istituto opera di diritto, come rimedio straordinario, al verificarsi di un evento consistente nel riconoscimento, in sede di gravame, di un motivo non esclusivamente personale, dedotto dall’imputato impugnante, idoneo a revocare il giudicato in favore del non impugnante, rendendo quest’ultimo partecipe del beneficio conseguito dal coimputato (citando Sez. 1, n. 9929 del 18 febbraio 2020).

2. Propone tempestivo ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trani deducendo con un unico, articolato, motivo, inosservanza o erronea applicazione di legge processuale e di altre norme (artt. 587, 601, 648 cod. proc. pen.).

La declaratoria di improcedibilità per difetto di querela è stata adottata dalla Corte di appello, nei confronti del coimputato, in conseguenza del mutato regime di procedibilità derivante dall’entrata in vigore della legge n. 150 del 2022.

Nel caso di specie, tuttavia, non ricorre abolizione del reato o declaratoria di incostituzionalità della norma incriminatrice oppure nella parte relativa al trattamento penale, secondo la previsione di cui all’art. 30, comma 4, legge n. 87 del 1953, né il caso di cui all’art. 2, comma terzo, cod. pen. Dunque, non si è verificato alcuna delle fattispecie nelle quali si può superare il principio di intangibilità del giudicato.

Il ricorrente richiama Sez. U n. 40150 del 21/06/2018, Salatino, nonché i precedenti a sezioni semplici Rv. 273552, e Sez. 2, n. 17603 del 21/01/2019, oltre ai contenuti della relazione del Massimario di questa Corte di cassazione sul tema dell’applicabilità del nuovo regime di procedibilità a querela per determinati reati a seguito dell’entrata in vigore della cd. Riforma Cartabia.

Si confuta anche (cfr. p. 3 del ricorso) la pronuncia Sez. 1, n. 9929 del 2020 richiamata dal provvedimento impugnato e quella n. 34927 del 2023, osservando, per quest’ultima, che si trattava del diverso caso relativo a un giudizio di cognizione nel corso del quale era intervenuta la remissione di querela con declaratoria di improcedibilità per i coimputati accettanti e l’inammissibilità per tardività dell’appello relativa al coimputato non impugnante.

3. Il Sostituto Procuratore generale, Dott.ssa Francesca Costantini, ha concluso con requisitoria scritta chiedendo l’annullamento senza rinvio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito indicate.

1.1. Va premesso che il d.lgs. n. 150 del 2002 (cd. “Riforma Cartabia”) ha modificato la procedibilità d’ufficio di alcune fattispecie di reato (sia delitti che contravvenzioni) specificamente individuate dall’art. 2 del decreto citato, strutturato in un unico, complesso comma; tra queste, anche i reati di furto aggravato ex art. 625 cod. pen. In proposito, l’art. 2, comma 1, lett. i), del d. Igs. 10 ottobre 2022, n. 150 ha così sostituito l’art. 624, comma terzo, cod. pen.: «Il delitto è punibile a querela della persona offesa. Si procede, tuttavia, d’ufficio se la persona offesa è incapace, per età o per infermità, ovvero se ricorre taluna delle circostanze di cui all’art. 625, n. 7, salvo che il fatto sia commesso su cose esposte alla pubblica fede, e n. 7-bis)».

Dunque, si osserva che la condotta di furto aggravato ascritta al condannato (artt. 624 e 625, n. 2 e 5, 61 n. 5 cod. pen.) è divenuta procedibile a querela per effetto di una norma applicabile a decorrere dal 30 dicembre 2022.

In relazione ai fatti commessi prima dell’entrata in vigore della modifica legislativa, l’art. 85 dello stesso decreto ha stabilito che «Per i reati perseguibili a querela della persona offesa in base alle disposizioni del presente decreto, commessi prima della data di entrata in vigore dello stesso, il termine per la presentazione della querela decorre dalla predetta data, se la persona offesa ha avuto in precedenza notizia del fatto costituente reato».

In seguito alla conversione in legge del d.I. di differimento dell’entrata in vigore della riforma — il d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv. dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 — sono stati eliminati gli oneri di informazione della persona offesa a carico della autorità giudiziaria, mutuati da precedenti, analoghe novelle (legge n. 689 del 1981 e d.lgs. n. 36 del 2018) e già previsti dall’art. 85, comma 2, del citato d.lgs. n. 150 del 2022, nella versione non entrata in vigore per effetto del differimento (art. 6 d. I. n. 162 del 2022).

Tale disposizione è stata espunta dalla norma transitoria fissata nel citato art. 85, sicché, attualmente, la presentazione della querela per il reato già procedibile d’ufficio è onere “spontaneo” della persona offesa, che manifesta così la volontà che si proceda o si continui a procedere.

1.2. Ciò posto, il Collegio osserva che, nella specie si tratta di fatto commesso prima della cd. Riforma Cartabia, giudicato con condanna divenuta definitiva prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo citato, con declaratoria di improcedibilità per sopravvenuta carenza di querela in relazione a coimputato impugnante, pronuncia che il Giudice dell’esecuzione ha esteso, quale effetto favorevole ex art. 587 cod. proc. pen., al coimputato non appellante.

2. Tanto premesso, si osserva che il ricorso è fondato, posto che si deve richiamare, quale precedente in termini, Sez. 1, n. 1628 del 03/12/2019, dep. 2020, Rv. 277925 – 01 secondo il quale non costituisce causa di revoca della sentenza di condanna, ai sensi dell’art. 673 cod. proc. pen., una modifica legislativa per effetto della quale un reato, procedibile d’ufficio, divenga procedibile a querela, in caso di mancata proposizione di questa, atteso che il regime di procedibilità non è elemento costitutivo della fattispecie e, conseguentemente, la sopravvenuta previsione della procedibilità a querela è inidonea a determinare un fenomeno di aboliti criminis (il precedente si riferisce a fattispecie relativa al delitto di appropriazione indebita aggravato ex art. 61 n. 11, cod. pen., divenuto procedibile a querela a seguito del d. Igs. del 10 aprile 2018, n. 36).

Peraltro, si deve rilevare che, in occasione dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 36 del 10 aprile 2018, questa Corte, nella sua più autorevole composizione, aveva già affermato che, in tema di condizioni di procedibilità, con riferimento ai reati divenuti perseguitili a querela, per effetto di discipline normative sopravvenute e ai giudizi pendenti in sede di legittimità, l’inammissibilità del ricorso esclude che debba darsi alla persona offesa l’avviso previsto per l’eventuale esercizio del diritto di querela (Sez. U, n. 40150 del 21/6/2018, Salatino, Rv. 273551).

All’esito di un’analisi della giurisprudenza di legittimità che ha costruito, nel corso degli anni, il paradigma del rapporto tra inammissibilità e giudicato sostanziale, indicando, progressivamente, le eccezioni alla regola del formarsi di quest’ultimo invalicabile passaggio decisorio (cfr. Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, dep. 2001, D L, Rv. 217266; Sez. U, n. 23428 del 22/3/2005, Bracale, Rv. 231164; Sez. U, n. 33040 del 26/2/2015, Jazouli, Rv. 264207; Sez. U, n. 46653 del 26/6/2015, Della Fazia, Rv. 265111) le Sezioni Unite, con la pronuncia citata, hanno chiarito che:

a) deve escludersi che la sopravvenienza della procedibilità a querela e, ancor prima, la procedura finalizzata all’eventuale accertamento dell’improcedibilità per mancanza di querela a seguito dell’esito negativo della informativa data alla persona offesa (secondo il meccanismo transitorio per il “recupero” eventuale della potestà della parte privata di richiedere l’esercizio dell’azione penale previsto dalla novella del 2018), possano essere ritenute idonee ad operare come ipotesi di abolitio criminis;

b) la sopravvenuta eventualità della improcedibilità, dovuta all’abbandono del regime di perseguimento di ufficio del reato, non opera come la richiamata ipotesi abrogativa, la quale è destinata a essere rilevata anche in sede esecutiva, mediante la revoca della sentenza ai sensi dell’art. 673 cod. proc. pen.

È da escludere, infatti, sottolineano le Sez. U, ricorrente Salatino, che il giudice dell’esecuzione possa revocare la condanna rilevando la mancata integrazione del presupposto di procedibilità, giungendo alla conclusione dell’applicazione retroattiva dei soli mutamenti favorevoli (sostituzione del regime della procedibilità di ufficio con quello della procedibilità a querela), senza, tuttavia, che possa valere la ben più pregnante regola della cedevolezza del giudicato.

La pronuncia delle Sezioni Unite citata, da ultimo, indica anche la necessaria differenza da riconoscersi al caso della remissione di querela, rispetto a quello della sopravvenuta improcedibilità per mancanza di querela per effetto di una norma successiva, come accade anche per le modifiche apportate dal d. Igs. n. 150 del 2022.

In tema di condizioni di procedibilità, con riferimento ai reati divenuti perseguibili a querela per effetto del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 e ai giudizi pendenti in sede di legittimità si è, così, affermato il condivisibile principio che, va in questa sede ribadito, secondo cui va escluso che la sopravvenienza della procedibilità a querela, per effetto della cd. Riforma Cartabia, sia idonea ad operare come un’ipotesi di abolitio criminis, capace di prevalere sull’inammissibilità del ricorso e di incidere sul cd. giudicato sostanziale (Sez. 1, n. 12187 del 15/11/2023, dep. 2024; Sez. 4, n. 49513 del 15/11/2023, Pagano, Rv. 285468; Sez. 4, n. 49499 del 15/11/2023, Platon, Rv. 285467; Sez. 5, n. 5223 del 17/1/2023, Colombo, Rv. 284176).

2.1. Inoltre, si deve notare che, pacificamente, è da escludersi l’operatività dell’art. 587 cod. proc. pen. quando la causa estintiva del reato per il coimputato si sia fondata su ragione non esclusivamente personale.

Va invero condiviso il principio secondo il quale l’estensione dell’impugnazione in favore del coimputato non impugnante, così come disciplinata dall’art. 587 cod. proc. pen., opera come rimedio straordinario, che, al verificarsi dell’evento consistente nel riconoscimento, in sede di giudizio conclusivo sul gravame, del motivo non esclusivamente personale dedotto dal coimputato diligente, è idoneo a revocare il giudicato in favore del soggetto non impugnante, rendendolo partecipe del beneficio conseguito dal coimputato. Detto principio non può attenere al caso al vaglio per le ragioni sin qui esposte e anche perché, nei confronti dell’odierno impugnante, il giudicato si è formato prima della modifica legislativa sulla procedibilità (come rilevato da Sez. U, n. 3391 del 26/10/2017, dep. 2018, Visconti, Rv. 271539 – 01 in tema di prescrizione).

In questo caso, peraltro, nessun motivo formulato dal coimputato appellante è stato accolto. In effetti, l’art. 587 cod. proc. pen. presuppone l’accoglimento di un motivo di impugnazione non esclusivamente personale proposto da un coimputato: in questo senso deve intendersi l’espressione secondo cui “l’impugnazione .. giova anche agli altri imputati”.

In tema di impugnazioni, l’effetto estensivo previsto dall’art. 587 cod. proc. pen. può verificarsi solo a seguito dell’accoglimento del gravame di un coimputato non fondato su motivi esclusivamente personali, sicché non può essere invocato in relazione ad appello che la Corte territoriale non abbia vagliato nel merito (Sez. 5, n. 27412 del 17/02/2023, Rv. 284809 – 01, in questo caso a causa del decesso del coimputato intervenuto nel corso del giudizio). L’effetto estensivo di cui all’art. 587 cod. proc. pen. riguarda questioni o situazioni oggettive concernenti il processo, sostanzialmente uguali (“comuni”) per tutti gli imputati coinvolti.

Diverso è il caso della prescrizione del reato, il cui verificarsi nel corso del processo dipende da scelte individuali (sul rito o inerenti alla proposizione di mezzi di impugnazione) ed è legato anche alle situazioni personali degli imputati (si pensi alla presenza della recidiva solo per alcuni di essi).

Il decorso del termine di prescrizione si sostanzia nella relazione tra un imputato, il reato da lui commesso e il tempo trascorso, relazione che cessa definitivamente e perde ogni ragion d’essere quando nei confronti dell’imputato sia intervenuta sentenza irrevocabile.

Ne deriva che dalla applicazione della prescrizione nei confronti di concorrenti nello stesso reato possono derivare giudicati diversi ma non per questo contraddittori, scaturenti dal fluire del tempo e da vicende del processo frutto di scelte personali, senza che ricorrano le condizioni né le finalità dell’effetto estensivo dell’impugnazione ex art. 587, comma 1, cod. proc. pen.

In altre parole, l’effetto estensivo della pronuncia di prescrizione non può riguardare chi ha rinunciato ad avvalersi dello “scorrere del tempo”; l’opzione del coimputato impugnante di protrarre il procedimento configura una scelta processuale “esclusivamente personale” non collegata a vizio di procedura nel comune procedimento ovvero al merito della comune accusa.

Solo quando l’effetto estensivo della prescrizione si sia verificato prima del passaggio in giudicato della sentenza nei confronti del coimputato non impugnante si può sostenere che la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione operi in suo favore.

In tal caso, infatti, non è intervenuta la cesura della sentenza irrevocabile che segna il limite di ogni possibile computo del tempo di prescrizione e la relazione tra imputazione e tempo di prescrizione è ancora in atto per il coimputato non impugnante.

Ne discende che su una tale situazione possono utilmente riverberarsi gli effetti di una impugnazione altrui che porti ad una declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, in quanto “in tale ipotesi la causa estintiva appare oggettiva (e quindi non esclusivamente personale) poiché svincolata rispetto alla scelta processuale del singolo coimputato non impugnante” (Sez. 5, n. 15623 del 27/01/2016, Di Martino, Rv. 266551 …

2.2. Da ultimo, osserva questo Collegio che in alcuna parte dell’istanza presentata al Giudice dell’esecuzione dal condannato si specifica che anche nei confronti del ricorrente non è stata sporta denuncia/querela, né che questa carenza sia stata integrata, in qualche modo, in sede di cognizione, nella vigenza del nuovo d. Igs. n. 150 del 2022 (cfr. istanza depositata in data 8 marzo 2024).

3. Si impone, quindi, l’annullamento senza rinvio dell’impugnata ordinanza.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata. Si comunichi al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trani.

Così deciso, il 20 settembre 2024.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2024.

SENTENZA – copia non ufficiale -.