Se il danno alla vettura usata si verifica dopo sei mesi dall’acquisto, spetta al compratore provare l’eventuale vizio occulto (Corte di Cassazione, Sezione II Civile, Sentenza 15 settembre 2022, n. 27177).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. POLETTI Dianora – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28900-2017 proposto da:

(OMISSIS) AUTOMOBILI DI STEFANO (OMISSIS) C S.A.S., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. GIUSEPPE (OMISSIS) e domiciliato presso la cancelleria della Corte di Cassazione

-ricorrente-

contro

(OMISSIS) ANNALISA, rappresentata e difesa dall’avv. ALESSANDRA (OMISSIS) e domiciliata presso la cancelleria della Corte di Cassazione

-controricorrente-

avverso la sentenza n. 3956/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 15/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/06/2022 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione ritualmente notificato (OMISSIS) Annalisa conveniva in giudizio la società (OMISSIS) Automobili s.a.s. di Stefano (OMISSIS) C. innanzi il Tribunale di Busto Arsizio, per sentirla condannare al risarcimento del danno derivante da un difetto riscontrato nella vettura usata che l’attrice aveva acquistato dalla convenuta.

In particolare, la (OMISSIS) fondava la propria domanda sulla garanzia di conformità del bene prevista dal D.Lgs. n. 206 del 2005.

Nella resistenza della società convenuta, il Tribunale, con sentenza n. 86 del 2014, rigettava la domanda.

Interponeva appello avverso detta decisione la (OMISSIS) e la Corte di Appello di Milano, con la sentenza impugnata, n. 3956/2017, accoglieva il gravame, condannando la società appellata al risarcimento del danno.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione la società (OMISSIS) Automobili s.a.s. di Stefano (OMISSIS) C., affidandosi ad un unico motivo.

Resiste con controricorso (OMISSIS) Annalisa.

In prossimità dell’adunanza camerale, la parte controricorrente ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo, la società ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 129-132 del D.Lgs. n. 206 del 2005, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente ricostruito il fatto e non avrebbe tenuto conto della relazione tecnica integrativa del 15.10.2013, resa dal C.T.U. in udienza, riportata testualmente a pag. 6 del ricorso, dalla quale emerge che la rottura della parte del motore (pistoncino idraulico tendicatena) alla quale, secondo la (OMISSIS), doveva essere ricondotta la causa del danno, era avvenuta contemporaneamente alla rottura del motore, e non prima.

Ciò dimostrerebbe, secondo la ricorrente, l’assenza del vizio al momento della consegna della vettura.

La censura è fondata.

La Corte di Appello afferma (cfr. pag. 4 della sentenza impugnata) dapprima che il danno è stato causato dal malfunzionamento del pistoncino idraulico tendicatena, e poi che detto pistoncino era funzionante al momento dell’acquisto.

Sul punto, va osservato che l’art. 129 del codice del consumo recita, ai primi due commi:

“1. Il venditore ha l’obbligo di consegnare al consumatore beni conformi al contratto di vendita.

2. Si presume che i beni di consumo siano conformi al contratto se, ove pertinenti, coesistono le seguenti circostanze:

a) sono idonei all’uso al quale servono abitualmente beni dello stesso tipo;

b) sono conformi alla descrizione fatta dal venditore e possiedono le qualità del bene che il venditore ha presentato al consumatore come campione o modello;

c) presentano la qualità e le prestazioni abituali di un bene dello stesso tipo, che il consumatore può ragionevolmente aspettarsi, tenuto conto della natura del bene e, se del caso, delle dichiarazioni pubbliche sulle caratteristiche specifiche dei beni fatte al riguardo dal venditore, dal produttore o dal suo agente o rappresentante, in particolare nella pubblicità o sull’etichettatura;

d) sono altresì idonei all’uso particolare voluto dal consumatore e che sia stato da questi portato a conoscenza del venditore al momento della conclusione del contratto e che il venditore abbia accettato anche per fatti concludenti”.

Sulla base dell’affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, che alla data della consegna il motore ed il pistoncino non presentavano malfunzionamenti, va ritenuta operante la presunzione di conformità di cui al secondo comma dell’articolo in esame.

L’art. 130 del codice del consumo, da parte sua, recita testualmente:

1. Il venditore è responsabile nei confronti del consumatore per qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna del bene.

2. In caso di difetto di conformità, il consumatore ha diritto al ripristino, senza spese, della conformità del bene mediante riparazione o sostituzione, a norma dei commi 3, 4, 5 e 6, ovvero ad una riduzione adeguata del prezzo o alla risoluzione del contratto, conformemente ai commi 7, 8 e 9.

3. Il consumatore può chiedere, a sua scelta, al venditore di riparare il bene o di sostituirlo, senza spese in entrambi i casi, salvo che il rimedio richiesto sia oggettivamente impossibile o eccessivamente oneroso rispetto all’altro.

4. Ai fini di cui al comma 3 è da considerare eccessivamente oneroso uno dei due rimedi se impone al venditore spese irragionevoli in confronto all’altro, tenendo conto:

a) del valore che il bene avrebbe se non vi fosse difetto di conformità;

b) dell’entità del difetto di conformità;

c) dell’eventualità che il rimedio alternativo possa essere esperito senza notevoli inconvenienti per il consumatore.

5. Le riparazioni o le sostituzioni devono essere effettuate entro un congruo termine dalla richiesta e non devono arrecare notevoli inconvenienti al consumatore, tenendo conto della natura del bene e dello scopo per il quale il consumatore ha acquistato il bene.

6. Le spese di cui ai commi 2 e 3 si riferiscono ai costi indispensabili per rendere conformi i beni, in particolare modo con riferimento alle spese effettuate per la spedizione, per la mano d’opera e per i materiali.

7. Il consumatore può richiedere, a sua scelta, una congrua riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto ove ricorra una delle seguenti situazioni:

a) la riparazione e la sostituzione sono impossibili o eccessivamente onerose;

b) il venditore non ha provveduto alla riparazione o alla sostituzione del bene entro il termine congruo di cui al comma 5;

c) la sostituzione o la riparazione precedentemente effettuata ha arrecato notevoli inconvenienti al consumatore.

8. Nel determinare l’importo della riduzione o la somma da restituire si tiene conto dell’uso del bene.

9. Dopo la denuncia del difetto di conformità, il venditore può offrire al consumatore qualsiasi altro rimedio disponibile, con i seguenti effetti:

a) qualora il consumatore abbia già richiesto uno specifico rimedio, il venditore resta obbligato ad attuarlo, con le necessarie conseguenze in ordine alla decorrenza del termine congruo di cui al comma 5, salvo accettazione da parte del consumatore del rimedio alternativo proposto;

b) qualora il consumatore non abbia già richiesto uno specifico rimedio, il consumatore deve accettare la proposta o respingerla scegliendo un altro rimedio ai sensi del presente articolo.

10. Un difetto di conformità di lieve entità per il quale non è stato possibile o è eccessivamente oneroso esperire i rimedi della riparazione o della sostituzione, non dà diritto alla risoluzione del contratto” L’art. 130 del codice del consumo, dunque, afferma che il diritto del consumatore sussiste quando il difetto del bene era presente (o poteva essere presunto in applicazione del criterio di cui al precedente art. 129) al momento della consegna; in tal caso, comunque, il consumatore non ha diritto alla risoluzione immediata del contratto, né al risarcimento per equivalente, ma deve seguire la procedura prevista dalla norma in esame, che assicura un contemperamento tra le opposte esigenze, del consumatore, da un lato, e del produttore / rivenditore, dall’altro lato.

Ai fini dei termini per la denuncia, l’art. 132 del codice del consumo prevede che:

“1. Il venditore è responsabile, a norma dell’articolo130, quando il difetto di conformità si manifesta entro il termine di due anni dalla consegna del bene.

2. Il consumatore decade dai diritti previsti dall’articolo 130, comma 2, se non denuncia al venditore il difetto di conformità entro il termine di due mesi dalla data in cui ha scoperto il difetto. La denuncia non è necessaria se il venditore ha riconosciuto l’esistenza del difetto o lo ha occultato.

3. Salvo prova contraria, si presume che i difetti di conformità che si manifestano entro sei mesi dalla consegna del bene esistessero già a tale data, a meno che tale ipotesi sia incompatibile con la natura del bene o con la natura del difetto di conformità.

4. L’azione diretta a far valere i difetti non dolosamente occultati dal venditore si prescrive, in ogni caso, nel termine di ventisei mesi dalla consegna del bene; il consumatore, che sia convenuto per l’esecuzione del contratto, può tuttavia far valere sempre i diritti di cui all’articolo 130, comma 2, purché il difetto di conformità sia stato denunciato entro due mesi dalla scoperta e prima della scadenza del termine di cui al periodo precedente”.

Nel caso di specie, la Corte di Appello ha affermato che erano trascorsi oltre sei mesi dalla consegna della vettura (cfr. pag. 3 della sentenza impugnata).

Di conseguenza, non poteva scattare la presunzione di preesistenza del difetto alla data della consegna, di cui al terzo comma dell’art. 132 in commento.

La (OMISSIS), dunque, avrebbe dovuto fornire la prova dell’esistenza del vizio alla data della consegna del bene.

Detta prova, tuttavia, è esclusa dalla stessa ricostruzione del fatto contenuta nella sentenza impugnata, poiché il giudice di merito afferma che, al momento della consegna, la vettura era funzionante.

Né è possibile configurare, in base al contenuto della decisione impugnata, una responsabilità per vizio occulto: la Corte territoriale, infatti, si limita ad affermare, al riguardo, che “E’ chiaro che al momento dell’acquisto il motore e il pistoncino funzionavano, visto che trattavasi di vizio occulto consistente in un grave difetto di costruzione del pistoncino per cui il bene non è risultato conforme al contratto ed ai criteri di cui all’art. 129 del Codice del Consumo” (cfr. pag. 4 della sentenza impugnata).

Secondo il ragionamento logico seguito dal giudice di merito, dunque, ogni difetto che si manifesta entro il termine di cui al primo comma dell’art. 132 (due anni dalla consegna del bene) costituisce, per il solo fatto che esso non fosse apparente al momento della consegna, un vizio occulto.

In tal modo, la responsabilità che il codice del consumo pone a carico del venditore viene trasformata, di fatto, in responsabilità oggettiva, in spregio alla ratio della legge, che è, piuttosto, la ricerca di un punto di equilibrio tra le contrapposte esigenze, del consumatore, da un lato, e del produttore / rivenditore, dall’altro lato.

Per poter qualificare un vizio come occulto, dunque, occorre fornire la prova che esso, pur non essendo apparente al momento della consegna, esisteva tuttavia a tale data: dimostrazione che, nella specie, è mancata, poiché la stessa Corte di Appello afferma che, alla consegna, il veicolo era regolarmente funzionante.

A ciò va aggiunto che il chiarimento reso dal C.T.U. all’udienza del 15.10.2013, sul quale si concentra il motivo di ricorso, non risulta esser stato considerato dal giudice di merito. E tale omissione è potenzialmente decisiva, posto che, in occasione di quel chiarimento, l’ausiliario aveva affermato che il pistoncino era funzionante alla consegna.

In definitiva, il motive merita di essere accolto, tanto sotto il profilo del vizio di violazione di legge, non avendo la Corte di merito applicato in modo corretto le disposizioni del codice del consumo, quanto sotto il profilo dell’omesso esame di fatto decisivo, sostanzialmente denunciato nella censura in esame, pur in assenza di esplicito riferimento al vizio di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c.

La sentenza impugnata va conseguentemente cassata e la causa rinviata alla Corte di Appello di Milano, in differente composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Il giudice del rinvio si atterrà al seguente principio di diritto:

In materia di vendita di beni destinati al consumo, qualora il difetto di conformità si manifesti oltre il termine di sei mesi dalla consegna, previsto dall’art. 132, terzo comma, del D.Lgs. n. 206 del 2005, spetta all’acquirente dimostrare, con gli ordinari mezzi di prova, che il vizio esisteva già al momento della consegna o che esso era stato occultato dal venditore. Di conseguenza, ove sia accertato che al momento della consegna il bene era regolarmente funzionante, la responsabilità del venditore può essere configurata a condizione che sia dimostrato l’occultamento di un vizio”.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Milano, in differente composizione, la quale si atterrà al principio di diritto esposto in motivazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, della Corte Suprema di cassazione, in data 27 giugno 2022.

Depositato in Cancelleria, oggi 15 settembre 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.