REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUCIA TRIA – Presidente –
Dott. CATERINA MAROTTA – Consigliere –
Dott. IRENE TRICOMI – Consigliere –
Dott. ROBERTO BELLÉ – Rel. – Consigliere –
Dott. NICOLA DE MARINIS – Consigliere –
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19453/2024 R.G. proposto da:
(OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS), rappresentati e difesi dagli Avv.ti (OMISSIS) (OMISSIS) e (OMISSIS) (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA CULTURA, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO
– controricorrente –
– ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 1525/2024 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 4.4.2024, R.G.N. 2405/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/2/2025 dal Consigliere Dott. ROBERTO BELLÉ;
RILEVATO CHE
1. la Corte d’Appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Torre Annunziata, nel confermare l’accoglimento della domanda con la quale i lavoratori meglio indicati in epigrafe, addetti ai servizi di vigilanza presso il Palazzo Reale di Caserta, avevano chiesto il riconoscimento del diritto al pagamento del lavoro straordinario svolto fino al 31.12.2017, ha invece rigettato la domanda di pagamento delle differenze retributive per il lavoro straordinario svolto in giorni festivi;
la Corte d’Appello, quanto allo straordinario nei giorni feriali, riteneva che esso fosse provato sulla base dell’inserimento di esso in banca ore e dovesse aversi per autorizzato sulla base dell’ordine di servizio che aveva organizzato il servizio in modo da rendere necessario lo svolgimento di quelle ore eccedenti la misura ordinaria;
altrettanto – assume la Corte territoriale – non poteva invece dirsi per il lavoro straordinario svolto nei giorni festivi, rispetto al quale mancava la prova di una specifica autorizzazione;
2. i lavoratori hanno proposto ricorso per cassazione con quattro motivi, cui il Ministero della Cultura ha opposto difese con controricorso, contenente anche ricorso incidentale, è in atti memoria dei ricorrenti principali;
CONSIDERATO CHE
1. il primo motivo di ricorso adduce la nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 437 e 416 c.p.c. (art. 360 n.4 c.p.c.) e con esso si sostiene che erroneamente la Corte territoriale avrebbe valorizzato la distinzione operata dal Ministero con l’atto di appello tra autorizzazione al lavoro straordinario tout court rispetto all’autorizzazione al lavoro straordinario festivo, così avallando l’introduzione di una nuova eccezione, visto che nessuna distinzione in proposito era contenuta nelle difese di primo grado della parte convenuta;
il motivo è infondato, in quanto la questione poi valorizzata in sede di appello, ovverosia la distinzione tra lavoro straordinario feriale e lavoro festivo, anche straordinario, attiene al diritto azionato e non integra un’eccezione in senso stretto;
pertanto, del tutto ritualmente la Corte territoriale ha affrontato quello specifico aspetto, rispetto al quale quanto addotto dal Ministero attiene all’ambito delle mere difese sui fatti costitutivi del diritto azionato ex adverso, poi sviluppate con l’atto di impugnazione in appello e non ad eccezioni in senso stretto delle quali si possa ipotizzare la tardiva introduzione nel processo;
2. il secondo motivo è rubricato con riferimento alla nullità della sentenza e dl procedimento per violazione degli artt. 115, 116 e 416 c.p.c. e dell’art. 132 n. 4 c.p.c. (art. 360 n. 4 c.p.c.) e con esso si assume che, essendo mancata la contestazione del fatto consistente nell’essenzialità e l’obbligatorietà del servizio e del lavoro festivo, ciò comportasse l’autorizzazione al lavoro in tali giorni, che dunque doveva considerarsi circostanza da espungere dall’ambito degli accertamenti di causa;
anche tale motivo è infondato;
vale in proposito il principio per cui l’onere di contestazione per la parte attiene alle circostanze di fatto e non anche alla loro componente valutativa (Cass. 21 dicembre 2017, n. 30744; Cass. 5 marzo 2020, n. 6172);
il fatto storico qui consiste nello svolgimento del lavoro nei giorni festivi ed in ipotesi nell’esistenza di un’autorizzazione esplicita al lavoro, anche straordinario, in quegli stessi giorni;
il desumere invece implicitamente l’autorizzazione allo straordinario dall’essenzialità od obbligatorietà del lavoro festivo è – per quanto la distinzione sia sottile – deduzione logica che rientra nell’ambito delle valutazioni istruttorie e dunque estranea all’ambito della non contestazione dei fatti storici;
pertanto, il motivo non coglie nel segno, in quanto l’accertamento dell’esistenza o meno di un’autorizzazione implicitamente desumibile dall’accaduto – consistendo in un giudizio – non è in sé profilo suscettibile di valorizzazione sul mero piano della non contestazione; ciò fermo restando che quell’autorizzazione implicita o comunque il ricorrere dei presupposti per il pagamento rivendicato, può essere desunta dal complessivo esame dei dati istruttori, ma questo è profilo diverso, non interessato dal motivo e da riscontrare sulla base degli elementi di causa, ivi compresa la non contestazione – quella sì riguardanti fatti storici – dello svolgimento del lavoro nei giorni festivi, su cui si va a dire immediatamente di seguito;
3. il terzo motivo adduce ancora la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonché degli artt. 1375 e 2697 c.c., degli artt. 36 e 111 della Costituzione (art. 360 n. 3 c.p.c.), oltre ad omesso esame di fatto decisivo, nella parte in cui non si è tenuto conto che le prestazioni festive sono state svolte non insciente o prohibente domino;
il motivo è fondato;
la Corte territoriale non mette in discussione che vi sia stato svolgimento del lavoro nei giorni festivi, ma ritiene che manchi la specifica autorizzazione datoriale rispetto ad esso, che soltanto consentirebbe la remunerazione, anche sotto il profilo dello straordinario;
in tal modo, richiedendosi evidentemente un’autorizzazione formale – ed essendo evidente che i lavoratori di certo non sono andati in servizio nei giorni festivi di loro iniziativa – non possono dirsi osservati i principi recentemente consolidatisi nella giurisprudenza di questa S.C.;
Cass. 27 luglio 2022, n. 23506, in ambito di pubblico impiego privatizzato, ha infatti precisato che l’autorizzazione al lavoro straordinario esprime il concetto per cui «non è remunerabile il prolungamento della prestazione di lavoro frutto di libera determinazione del singolo dipendente e non strettamente collegato a esigenze di servizio preventivamente vagliate, sul piano della necessità ed utilità per la P.A., dal dirigente responsabile», precisandosi altresì che il diritto al compenso per il lavoro straordinario svolto, che presuppone la previa autorizzazione dell’amministrazione, spetta al lavoratore anche laddove la richiesta autorizzazione risulti illegittima e/o contraria a disposizioni del contratto collettivo;
il concetto è stato ulteriormente ribadito da Cass. 23 giugno 2023, n. 18063, nel senso che per autorizzazione si intende il fatto che le prestazioni non siano svolte insciente o prohibente domino, ma con il consenso del medesimo;
consenso alle prestazioni che può anche essere implicito e che, una volta esistente, integra gli estremi per il necessario pagamento del lavoro straordinario;
si tratta di principi che valgono per ogni tipo di straordinario e dunque anche per quanto del lavoro svolto in giornata festiva sia da considerare straordinario, giornaliero o settimanale;
3.1. ciò comporta la cassazione della sentenza impugnata, perché il lavoro svolto nei giorni festivi va valutato sotto il profilo dell’autorizzazione implicita datoriale, che in sé giustifica il riconoscimento dello straordinario, senza necessità di ulteriori atti formali;
il giudice del rinvio valuterà quindi la pretesa, apprezzando, previo ogni eventuale e necessario accertamento, se il lavoro svolto abbia in concreto integrato una tipologia di straordinario, secondo la disciplina della contrattazione collettiva (v., senza pretesa di esaustività, art. 26 CCNL di comparto del 16 febbraio 1999 e normativa ivi richiamata) ed attribuendo quindi le differenze retributive in ipotesi maturate quali previste dalla medesima contrattazione;
4. resta assorbito il quarto motivo, con cui si adducono ragioni analoghe a quelle sviluppate con il terzo motivo, ma con particolare riferimento al significato da attribuire all’ordine di servizio n. 18 del 2014 e sotto il profilo del difetto assoluto di motivazione e/o di motivazione apparente;
5. il motivo di ricorso incidentale – formulato dal Ministero con riferimento alla domanda accolta riguardante lo straordinario feriale – denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 25 e 27 del CCNL di comparto, dell’art. 2697 c.c. e si incentra altresì sulla valenza probatoria dell’ordine di servizio n. 18 del 2014;
il motivo, articolato richiamando varie norme della contrattazione collettiva di comparto, evidenzia come l’inserimento delle ore nello strumento meramente contabile della “banca delle ore” non implica in sé la possibilità di remunerare il lavoro straordinario, la quale richiede che esso sia stato debitamente autorizzato, non potendosi nel caso di specie neanche ritenere l’esistenza di un’autorizzazione implicita;
il motivo è inammissibile;
premesso che, rispetto alla valenza dell’autorizzazione implicita, valgono i principi sopra richiamati al punto 3, la valutazione dell’ordine di servizio sui turni e gli orari da osservare come forma di autorizzazione allo svolgimento dei corrispondenti straordinari attiene al merito e non può essere scalfita – al di là della sua evidente plausibilità, non vedendosi come si possa negare un tale carattere alla predisposizione degli orari operata dal datore di lavoro al fine di garantire la prestazione del servizio – dalle generiche e contrarie affermazioni contenute nel motivo;
vale quindi il principio per cui la deduzione di difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato attribuiti agli elementi delibati si risolve in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione. (Cass., S.U., 27 dicembre 2019, n. 34476; Cass., S.U., 25 ottobre 2013, n. 24148; ora anche Cass. 22 novembre 2023, n. 32505);
6. in definitiva, va accolto il terzo motivo del ricorso principale, assorbito il quarto e rigettati i primi due, mentre va dichiarato inammissibile il ricorso incidentale; in ragione di ciò la causa va rinviata alla medesima Corte d’Appello, la quale, in diversa composizione, farà applicazione dei principi sopra enucleati.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo del ricorso principale, rigettati i primi due ed assorbito il quarto;
dichiara inammissibile il ricorso incidentale.
Cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Napoli, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Quarta Civile il giorno 18/02/2025
Depositato in Cancelleria il 21 maggio 2025.