Si mettono a pescare in zona vietata e scoperti si danno alla fuga col barchino. Condannati per il reato contro la sicurezza marittima (Corte di Cassazione, Sezione III Penale, Sentenza 28 giugno 2023, n. 28033).

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

TERZA SEZIONE PENALE

Composta da:

Dott. Giulio Sarno                                      – Presidente –

Dott. Emanuela Gai                                   – Rel. Consigliere –

Dott. Alessio Scarcella                              – Consigliere –

Dott. Ubalda Macrì                                   – Consigliere –

Dott. Maria Beatrice Magro                    – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sui ricorsi proposti da:

(OMISSIS) (OMISSIS) nato a (OMISSIS); il xx/xx/19xx;

(OMISSIS) (OMISSIS) nato a (OMISSIS) il xx/xx/19xx;

avverso la sentenza del 02/05/2022 della Corte d’appello di Cagliari

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Emanuela Gai;

letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. Luigi Giordano, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso, letta la memoria di replica, in data 19 maggio 2023, del difensore che ha insistito nell’accoglimento del ricorso in applicazione della modifica legislativa dell’art. 131 bis cod.pen. a seguito della riforma Cartabia.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’impugnata sentenza, il Tribunale di Cagliari ha condannato gli imputati, alla pena di € 400,00 di ammenda, perché ritenuti responsabili del reato di cui agli artt. 110 pen. e 1231 cod. nav. perché, in concorso tra loro, intercettati mentre stavano svolgendo attività di pesca nello specchio d’acqua, antistante l’idrovora (omissis) interdetto alla navigazione per ragioni di sicurezza, alla balneazione e alle immersioni, di cui all’ordinanza della (omissis), si davano alla fuga. In: (omissis).

2. Avverso la sentenza di condanna hanno presentato ricorsi gli imputati, a mezzo del difensore di fiducia, e ne hanno chiesto l’annullamento deducendo un unico motivo di ricorso di violazione di legge in relazione alla mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis pen.

Secondo i ricorrenti il Tribunale avrebbe escluso l’applicazione della speciale causa di non punibilità sulla scorta dell’asserita pericolosità degli imputati che si davano alla fuga costringendo gli operanti all’inseguimento.

Il Giudice del merito avrebbe valorizzato, ai fini dell’esclusione della causa di non punibilità, una condotta successiva alla commissione del reato che rappresenterebbe un post factum del tutto neutro e ininfluente rispetto al grado di offensività della condotta costituita dal mero permanere in area interdetta alla navigazione per ragioni di sicurezza e in violazione del principio affermato dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui, per la valutazione della causa di non punibilità ex art. 131 bis cod.pen., rilevano unicamente i criteri di cui all’art. 133 comma 1 cod.pen.

3. Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta con cui ha chiesto l’inammissibilità dei ricorsi.

Il difensore ha depositato conclusioni in replica alla requisitoria del Procuratore generale chiedendo l’accoglimento del ricorso sul rilievo per cui con la riforma c.d. Caratabia l’ambito di applicazione della speciale causa di non punibilità è più ampio in quanto rilevano anche le condotte successive.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. I ricorsi non mostrano ragioni di fondatezza sulla base delle seguenti ragioni.

5. Va rammentato che l’art. 1231 cod. , norma penale in bianco, è volto a sanzionare, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, la condotta di chi viola una disposizione di legge o un regolamento o un provvedimento dell’autorità competente in materia di sicurezza della navigazione, e che pertanto trattasi di norma diretta a recepire sotto l’aspetto precettivo ogni disposizione che sia ritenuta dal legislatore ovvero dalle autorità amministrative competenti rilevante in subiecta materia (Sez. 1, n. 18305 del 13/01/2011, Muia, Rv. 250219).

Secondo l’accertamento in punto di fatto non qui rivisitabile, gli imputati erano stati sorpresi a praticare la pesca in zona ove è vietata la navigazione, l’immersione e la balneazione per ragioni di sicurezza (zona antistante l’idrovora della (omissis) in (omissis) in forza di ordinanza della Capitaneria (omissis) e sono stati condannati per il reato contestato di cui all’art. 1231 cod. nav. che punisce, appunto, la condotta di violazione di una disposizione di legge o un regolamento o un provvedimento dell’autorità competente in materia di sicurezza della navigazione.

La causa di non punibilità ai sensi dell’art. 131 bis cod.pen. è stata esclusa in ragione della pericolosità della condotta degli imputati che, all’atto del controllo mentre si trovavano in zona interdetta alla navigazione per ragioni di sicurezza, si davano alla fuga.

6. La difesa contesta la decisione assunta sotto il profilo della violazione di legge in quanto avrebbe dato rilievo negativo alla condotta susseguente e, da ultimo nelle conclusioni scritte, in violazione di legge tenuto conto della possibilità di valutare la condotta susseguente, a seguito della novella legislativa per effetto della riforma c.d. Cartabia.

7. Entrambi i profili di censura risultano infondati.

Occorre prendere le mosse dai principi affermati dalle Sezioni Tushaj che hanno affermato che il fatto particolarmente tenue richiede, congiuntamente e non alternativamente, come si desume dal tenore letterale del citato articolo, una valutazione della particolare tenuità dell’offesa e la non abitualità del comportamento.

Quanto al primo requisito – particolare tenuità dell’offesa- si articola, a sua volta, in due “indici-requisiti”, che sono la modalità della condotta e l’esiguità del danno o del pericolo, da valutarsi sulla base dei criteri indicati dall’art. 133 cod.pen. (natura, specie, mezzi, oggetto, tempo, luogo ed ogni altra modalità dell’azione, gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato intensità del dolo o grado della colpa). Al giudice, pertanto, spetta di rilevare se, sulla base dei due “indici-requisiti” della modalità della condotta e dell’esiguità del danno e del pericolo, valutati secondo i criteri direttivi di cui all’art. 133 cod.pen., comma 1, sussista la particolare tenuità dell’offesa e, poi, che con questo, coesista quello della non abitualità del comportamento.

Come osservato dalle Sezioni Unite di questa Corte, il giudizio sulla tenuità del fatto richiede una valutazione complessa, che ha ad oggetto le modalità della condotta e l’esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’art. 133, primo comma, cod. pen, richiedendosi una equilibrata considerazione di tutte le peculiarità della fattispecie concreta e non solo di quelle che attengono all’entità dell’aggressione del bene giuridico protetto (Sez. U, n. 13681 del 25/2/2016, Tushaj, Rv. 266590).

Si richiede, in breve, una equilibrata considerazione di tutte le peculiarità della fattispecie concreta e non solo di quelle che attengono all’entità dell’aggressione del bene giuridico protetto, tanto sul fondamentale rilievo che il disvalore penale del fatto, per assegnare allo stesso l’attributo della particolare tenuità, dipende dalla concreta manifestazione del reato, che ne segna perciò il disvalore.

Nel pervenire a tale conclusione, le Sezioni Unite Tushaj hanno ritenuto illuminante il riferimento testuale, contenuto nell’articolo 131-bis del codice penale, alle modalità della condotta, segno che la nuova normativa non si interessa tanto della condotta tipica, bensì ha riguardo alle forme di estrinsecazione del comportamento, anche in considerazione delle componenti soggettive della condotta stessa, al fine di valutarne complessivamente la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla legge e conseguentemente il bisogno di pena.

In altri termini, ai fini dell’applicazione della causa di non punibilità, occorre avere riguardo, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite Tushaj, al fatto storico, alla situazione reale ed irripetibile costituita da tutti gli elementi di fatto concretamente realizzati dall’agente perché non è in questione la conformità del fatto al tipo (la causa di non punibilità presuppone l’esistenza di un fatto conforme al tipo ed offensivo ma il cui grado di offesa sia particolarmente tenue tanto da non richiedere necessità di pena), bensì l’entità del suo complessivo disvalore e questo spiega il riferimento alla connotazione storica della condotta nella sua componente oggettiva e soggettiva.

8. Ciò premesso, la censura non coglie nel segno in quanto, sotto un primo profilo, non considera, da cui l’infondatezza della dedotta violazione di legge, che il fatto storico concretamente realizzato dagli imputati, ed accertato dal giudice del merito, e non qui neppure contestato, è quello di avere violato le disposizioni in materia di sicurezza marittima che interdicono la navigazione dello specchio d’acqua antistante la raffineria (omissis), per avere, non solo compiuto attività di pesca ed immersione, ma anche per essersi dati alla fuga, nel contesto della perdurante violazione alle disposizioni amministrative sulla sicurezza della navigazione, una volta fermati per il controllo. La fuga posta in essere dagli imputati costituisce una modalità della condotta concretamente realizzata nel compimento della violazione di cui all’art. 1231 cod. nav. che connota in termini negativi il giudizio di tenuità dell’offesa e del pericolo.

Dunque, non è fondata la censura svolta nel ricorso per cassazione, di violazione di legge con riferimento all’art. 133 comma 1 cod.pen., per avere dato rilievo, ai fini dell’esclusione della causa di non punibilità del fatto della particolare tenuità dell’offesa, della condotta susseguente identificata nella fuga, estranea ai parametri di cui al primo comma dell’art. 133 cod.pen., ante modifica legislativa di cui al d.l. n. 150 del 2022, per la valutazione dei presupposti di applicazione, essendo stata valutata la fuga quale modalità pericolosa della condotta di violazione delle disposizioni in materia di sicurezza della navigazione (e non dunque condotta susseguente).

9. Infine, l’esclusione della particolare tenuità dell’offesa in ragione del comportamento pericoloso assunto dai ricorrenti nel contesto della commissione del reato, le cui modalità esecutive rivelavano l’oggettiva pericolosità della condotta e l’assenza di tenuità dell’offesa, giudizio espresso ai sensi dell’art. 133 comma 1 pen., priva di rilevanza applicativa, nel caso concreto, la valutazione dell’incidenza nel giudizio di tenuità dell’offesa, nella novella apportata all’art. 131 bis cod.pen., ad opera del Decreto legislativo attuativo n. 150 del 2022, entrato in vigore lo scorso 30 dicembre, con cui sono state formalmente inserite, al primo comma dell’art. 131-bis, cod. pen., le parole «anche in considerazione della condotta susseguente al reato».

10. Conclusivamente ricorsi vanno rigettati e ricorrenti condannati al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 24/05/2023.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2023.

SENTENZA