Sottrae monili d’oro in casa della fidanzata per poi rivenderli al compra oro: è solo furto con abuso di ospitalità (Corte di Cassazione, Sezione V Penale, Sentenza 25 ottobre 2022, n. 40307).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SABEONE Gerardo – Presidente –

Dott. CAPUTO Angelo – Consigliere –

Dott. CIRILLO Pierangelo – Rel. Consigliere –

Dott. BIFULCO Daniela – Consigliere –

Dott. CARUSILLO Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) VINCENZO nato a DESIO il 18/12/19xx;

avverso la sentenza del 30/06/2021 della CORTE APPELLO di MILANO;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. PIERANGELO CIRILLO;

letta la requisitoria a firma del Sostituto Procuratore generale, Dott. FERDINANDO LIGNOLA, che ha chiesto di annullare con rinvio la sentenza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa in data 19 dicembre 2019, il Tribunale di Monza aveva condannato (OMISSIS) Vincenzo alla pena di un anno, quattro mesi e ventisei giorni di reclusione ed euro 620,00 di multa, in ordine al reato di cui agli artt. 81 e 648 cod. pen., per la ricettazione di svariati monili in oro.

La pronuncia di primo grado è stata riformata, a seguito di impugnazione dell’imputato, dalla Corte di appello di Milano che, con la sentenza impugnata, emessa il 30 giugno 2021, previa riqualificazione del fatto nel reato di furto continuato in abitazione, ha rideterminato la pena in dieci mesi di reclusione e 400,00 euro di multa.

La Corte territoriale ha riqualificato il fatto poiché dagli atti emergeva che i beni erano stati sottratti all’interno della abitazione della persona offesa, senza alcuna effrazione.

Tale circostanza l’ha indotta a ritenere che il furto era stato commesso da una persona che aveva libero accesso all’abitazione, tra le quali vi era proprio l’imputato, fidanzato della figlia della vittima, che era proprio la persona che aveva direttamente venduto i gioielli rubati al titolare del negozio ove erano stati rinvenuti.

Lui stesso, d’altronde, con dichiarazione scritta del 16 aprile 2019, aveva chiesto scusa alla persona offesa, ammettendo che, per un breve periodo della propria vita, aveva commesso piccoli furti, il cui provento aveva destinato all’acquisto di sostanze stupefacenti.

2. Contro la sentenza della Corte di appello di Milano, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del suo difensore di fiducia.

2.1 Con un primo motivo, deduce l’inosservanza della legge penale, l’erronea applicazione di norme processuali e il vizio di motivazione, in relazione agli artt. 597 e 656 cod. proc. pen. e 81 e 133 cod. pen.

Sostiene che la Corte di appello, riqualificando il reato da ricettazione in furto in abitazione, avrebbe violato il divieto di reformatio in peius, atteso che il reato previsto dall’art. 624-bis cod. pen., a differenza di quello previsto dall’art. 648 cod. pen., è ostativo al riconoscimento del beneficio della sospensione dell’esecuzione della pena.

La riforma della sentenza di primo grado sarebbe stata peggiorativa per l’imputato anche sotto il profilo sanzionatorio, sebbene la pena complessivamente inflitta era stata ridotta.

Sotto tale profilo, evidenzia che il Tribunale di Monza, per i reati posti in continuazione, aveva determinato un aumento della pena detentiva pari a ventotto giorni, mentre, invece, la Corte di appello l’aveva determinata in tre mesi.

2.2 Con un secondo motivo, deduce l’inosservanza della legge penale e il vizio di motivazione, in relazione agli artt. 624-bis e 648 cod. pen.

Sostiene che la Corte di appello sarebbe caduta in evidente errore ritenendo integrata la fattispecie di cui all’art. 624-bis cod. pen., poiché mancherebbe il nesso finalistico tra l’introduzione nell’abitazione e l’impossessamento del bene altrui, necessario per integrare il reato in questione.

Al riguardo, evidenzia che, secondo la ricostruzione dei fatti operata dalla Corte territoriale, la frequentazione dell’abitazione della persona offesa da parte dell’imputato non era strumentale alla commissione dei furti, ma si inquadrava nell’ambito della relazione sentimentale tra quest’ultimo e la figlia della vittima.

3. Il Procuratore generale, nelle sue conclusioni scritte, ha chiesto, previa riqualificazione del fatto nel reato di cui agli artt. 624 e 61 n. 11 cod. pen., di annullare la sentenza con rinvio, per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La sentenza impugnata, limitatamente al trattamento sanzionatorio, deve essere annullata con rinvio.

1.1. Il secondo motivo di ricorso è fondato.

Al riguardo deve essere ricordato che <<non è configurabile il reato di furto in abitazione qualora sussista un nesso meramente occasionale tra l’ingresso nell’abitazione e l’impossessamento della cosa mobile, integrato dallo sfruttamento di un’occasione propizia; in tal caso, invece, sussistono gli estremi costitutivi della fattispecie di furto aggravato dall’abuso di ospitalità, ex art. 624 e 61, comma 1, n. 11 cod. pen.>> (Sez. 5, n. 21293 del 01/04/2014, Licordari, Rv. 260226).

Il nuovo testo dell’art. 624-bis cod. pen., novellato dall’art. 2, comma 2, della legge n. 128 del 2001, pur ampliando l’area della punibilità in riferimento ai luoghi di commissione del reato, invero, non ha innovato in ordine alla strumentalità dell’introduzione nell’edificio, quale mezzo al fine di commettere il reato, nesso già preteso dalla previgente normativa (art. 625, comma 1, n. 1, cod. pen.).

Nel caso in esame – risultando dalla stessa ricostruzione dei fatti operata dalla Corte di appello che la frequentazione dell’abitazione della persona offesa non era strumentale alla commissione dei furti, ma era legata alla relazione sentimentale tra l’imputato e la figlia della vittima – appare palese che manchi il nesso finalistico tra l’introduzione nell’abitazione e l’impossessamento del bene altrui e sussista invece l’aggravante dell’abuso di ospitalità.

Il fatto, pertanto, va riqualificato come furto aggravato dall’abuso di ospitalità, ai sensi degli artt. 624 e 61 n. 11 cod. pen.

Va evidenziato che l’applicazione di tale aggravante avviene nel pieno rispetto del principio del contraddittorio, atteso che proprio ad essa hanno fatto riferimento sia il ricorrente (pagine 9 e 10 del ricorso) che il Procuratore generale nella propria requisitoria scritta.

La sentenza impugnata, conseguentemente, limitatamente al trattamento sanzionatorio, deve essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Milano.

Resta pienamente assorbito il primo motivo di ricorso, con il quale la parte ha lamentato la riconduzione del fatto alla fattispecie di cui all’art. 624-bis cod. pen. con le correlate conseguenze in termini di trattamento sanzionatorio e di esecuzione della pena.

P.Q.M.

Riqualificato il fatto ai sensi degli artt. 624 e 625 n. 11 cod. pen., annulla la sentenza impugnata, limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Milano.

Così deciso il 22/06/2022.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.