Spese condominiali: la Cassazione fa il punto sulla ripartizione delle spese del terrazzo e ascensore (Corte di Cassazione, Sezione VI Civile, Sentenza 22 novembre 2021, n. 35957).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SESTA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Rel. Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso R.G. 18638-2019 e sul ricorso R.G n. 29204/2019 proposti da:

(OMISSIS) RENATO, (OMISSIS) MARCO, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA G. (OMISSIS), 4, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI (OMISSIS), rappresentati e difesi dagli avvocati ALBERTO (OMISSIS), MARCO (OMISSIS);

– ricorrenti –

contro

CONDOMINIO VIA PODGORA 12 MILANO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2004/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 10/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/10/2021 dal Consigliere, Dott. ANTONIO SCARPA.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

I. Marco (OMISSIS) e Renato (OMISSIS) hanno proposto ricorso R.G. 18638/2019 articolato in due motivi (il secondo dei quali suddiviso in quattro distinte censure) avverso la sentenza 10 maggio 2017, n. 2004/2017, resa dalla Corte d’Appello di Milano.

L’intimato Condominio di via Podgora 12, Milano, non ha svolto attività difensive.

Marco (OMISSIS) e Renato (OMISSIS) hanno altresì proposto ricorso R.G. n. 29204/2019, articolato in un unico motivo, contro la sentenza n. 2714/2019 della Corte d’appello di Milano, depositata il 19 giugno 2019, che ha rigettato la domanda di revocazione contro la sentenza n. 2004/2017.

L’intimato Condominio di via Podgora 12, Milano, non ha svolto attività difensive.

II. Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso RG 18638-2019 potesse essere dichiarato manifestamente fondato nel primo motivo e inammissibile nel secondo motivo, e che il ricorso R.G. n. 29204/2019 potesse essere dichiarato inammissibile, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375, comma 1, nn. 1 e 5), c.p.c., il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

Il ricorrente ha presentato memoria.

III. Con la sentenza 10 maggio 2017, n. 2004/2017, la Corte d’appello di Milano ha accolto il gravame avanzato in via principale dal Condominio di via Podgora 12 contro la sentenza resa in primo grado il 10 marzo 2014 dal Tribunale di Milano, rigettando così l’impugnazione ex art. 1137 c.c. spiegata da Marco (OMISSIS) e Renato (OMISSIS) avverso la deliberazione assembleare 14 settembre 2009 quanto al punto 2 dell’ordine del giorno (ripartizione tra tutti i condomini dei civici A e B delle spese di riparazione della terrazza di proprietà (OMISSIS)).

La Corte di Milano ha altresì respinto l’appello incidentale di Marco (OMISSIS) e Renato (OMISSIS) inerente all’impugnazione del punto 3 all’ordine del giorno dell’impugnata delibera (rivestimento in legno delle porte degli ascensori).

La Corte d’appello ha sostenuto che la terrazza oggetto dei lavori di manutenzione svolgesse funzione di copertura del corpo B dell’edificio condominiale, nel quale è ubicato l’ex alloggio del portiere, di proprietà condominiale, attualmente adibito a studio legale, e ciò giustificasse l’obbligo di partecipare alla spesa, nei limiti di due terzi di cui all’art. 1126 c.c., in capo a tutti condomini.

I giudici di secondo grado hanno poi escluso che il rivestimento con pannelli in legno delle porte dell’ascensore costituisse un’innovazione, cui applicare la disciplina degli artt. 1120 e 1121 c.c.

Avverso tale sentenza è stato proposto ricorso per cassazione contraddistinto dal numero R.G. 18638/2019.

La medesima pronuncia è stata altresì oggetto di domanda istanza di revocazione proposta innanzi alla Corte d’Appello di Milano da Marco (OMISSIS) e Renato (OMISSIS), che con tale impugnazione denunciavano l’errore di fatto ex art. 395 co. 1 n. 4) c.p.c.

Disposta inizialmente la sospensione ex art. 398 co. 4 c.p.c., la Corte d’appello con la sentenza n. 2714/2019 ha poi rigettato l’istanza, sull’assunto che l’errore di fatto denunciato dagli attori in revocazione – relativo all’omessa considerazione del fatto che la ripartizione delle spese fosse stata eseguita sulla base dei millesimi relativi alle unità abitative di proprietà esclusiva e non in proporzione della quota a ciascuno spettante sui locali già adibiti ad alloggio del portiere e facenti capo al condominio – dovesse in verità considerarsi errore di giudizio incensurabile col mezzo di cui all’articolo 395 c.p.c., ciò anche in ragione del fatto che il piano di riparto allegato alla delibera costituì punto controverso sul quale la Corte ebbe a pronunciare.

IV. I due ricorsi, l’uno per cassazione contro la decisione di appello e l’altro contro la sentenza che ha deciso l’impugnazione per revocazione avverso la prima, vanno riuniti giacché la connessione esistente tra le due pronunce può giustificare l’applicazione analogica dell’art. 335 c.p.c.

Tale riunione, pur non espressamente prevista dal codice di rito, discende dalla connessione esistente tra le due pronunce, poiché sul ricorso per cassazione proposto contro la sentenza revocanda può risultare determinante la pronuncia di cassazione riguardante la sentenza resa in sede di revocazione (Cass., sez. 2, 22/02/2016, n. 3397; Cass., sez. 3, 22/05/2015, n. 10534).

V. Si impone pregiudizialmente l’esame del ricorso R.G. n. 29204/2019 spiegato avverso la sentenza n. 2714/2019 della Corte d’appello di Milano, depositata il 19 giugno 2019, che ha deciso l’impugnazione per revocazione avverso la prima sentenza.

L’unico motivo del ricorso R.G. 29204/2019 denuncia la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’articolo 395 co. 1 n. 4) c.p.c.

I ricorrenti lamentano che, pur avendo la Corte d’Appello correttamente rilevato che i condòmini del civico A avrebbero dovuto partecipare alla spesa solo limitatamente alla quota spettante ai medesimi sui locali già adibiti ad alloggio del portiere ed in comproprietà tra tutti i condòmini, non avrebbe tuttavia rilevato l’errore-svista, rilevante ex art. 395 co.1 n. 4) c.p.c., nel quale era incorsa la medesima Corte nella sentenza oggetto di istanza di revocazione, allorché aveva ritenuto legittima la ripartizione effettuata sulla base dei millesimi inerenti alle unità abitative di proprietà esclusiva.

Il motivo non supera lo scrutinio ex art. 360-bis, n. 1, c.p.c. ed è perciò inammissibile.

Deve ribadirsi in questa sede il principio per cui l’errore di fatto rilevante ai fini della revocazione della sentenza presuppone l’esistenza di un contrasto fra due rappresentazioni dello stesso oggetto, risultanti l’una dalla sentenza impugnata e l’altra dagli atti processuali.

Tale errore non potrà che concretarsi in un errore percettivo (una “svista”) che abbia indotto il giudice a ritenere esistente un fatto la cui inesistenza emerge incontestabilmente ed ictu oculi dagli atti di causa o che, al contrario, lo abbia indotto a ritenere inesistente un fatto la cui esistenza, parimenti, emerge incontestabilmente ed ictu oculi dagli atti di causa.

Il fatto erroneamente percepito deve altresì connotarsi del carattere della decisività, nel senso che la corretta percezione del medesimo avrebbe comportato un esito diverso della decisione (ex multis Cass. sez. 6 – 2, 10/06/2021, n.16439; Cass. Sez. U 23/01/2009, n. 1666; Cass. sez. 2, 24/03/ 2014, n. 6881).

L’istanza di revocazione avanzata dai ricorrenti, invece, auspicava una diversa valutazione di un documento (il piano di riparto allegato alla delibera) in ragione della sua incompatibilità con quanto asserito nella medesima pronuncia a proposito dei criteri di partecipazione alla spesa per il rifacimento del lastrico solare da parte dei condòmini le cui unità abitative non risultano col medesimo in rapporto di verticalità.

Non esiste, all’evidenza, l’errore di fatto previsto dall’art. 395, n. 4, c.p.c., idoneo a costituire motivo di revocazione, in quanto l’errore prospettato cade su un punto controverso della causa ed attiene a un’inesatta valutazione delle risultanze processuali (tra le tante, Cass. Sez. 5, 22/10/2019, n. 26890).

VI. Stante l’inammissibilità del ricorso RG 29204/2019 deve, dunque, procedersi all’analisi del ricorso RG 18638/2019.

VI.1. Il primo motivo del ricorso denuncia la falsa applicazione degli articoli 1123 e 1126 c.c., nonché la nullità della sentenza per violazione dell’art. 115 c.p.c.

I ricorrenti censurano la sentenza d’appello nella parte in cui ha ritenuto correttamente ripartita la spesa per il rifacimento e la riparazione del lastrico solare insistente sul civico B dell’edificio, sull’assunto che all’interno dello stabile B vi fosse un appartamento, in precedenza adibito ad alloggio del portiere e, successivamente, concesso in locazione dal Condominio, in comproprietà tra tutti i condòmini (civico A e civico B), tra i quali peraltro vengono ripartiti i canoni.

Da tale circostanza la Corte d’appello ha tratto la conclusione per cui anche i condòmini del civico A, in quanto comproprietari di un’unità immobiliare sita nell’edificio o nella parte di edificio servita dal lastrico solare, sono tenuti a partecipare alla spesa ex art. 1126 c.c., in proporzione alla quota di comproprietà che i medesimi hanno sull’appartamento di proprietà condominiale.

Deducono, tuttavia, i ricorrenti che la Corte territoriale non si sarebbe avveduta del fatto che tale ripartizione fu effettuata non secondo la regola suddetta, ma in base ai millesimi facenti capo a ciascuno dei condòmini di ambedue i civici in relazione alle unità abitative di proprietà esclusiva.

Questo motivo è fondato.

Come da questa Corte più volte precisato, l’art. 1126 c.c., obbligando a partecipare alla spesa relativa alle riparazioni del lastrico solare di uso esclusivo, nella misura di due terzi, “tutti i condomini dell’edificio o della parte di questo a cui il lastrico solare serve”, si riferisce a coloro ai quali appartengono unità immobiliari di proprietà individuale comprese nella proiezione verticale del manufatto da riparare o ricostruire, alle quali, pertanto, esso funge da copertura, con esclusione dei condomini ai cui appartamenti il lastrico stesso non sia sovrapposto (cfr. Cass. Sez. 2, 28/08/2020, n.18045; Cass. Sez. 6 – 2, 10/05/2017, n. 11484; Cass. Sez. 2, 04/06/2001, n. 7472; Cass. Sez. 2, 15/04/1994, n. 3542; Cass. Sez. 2, 16/07/1976, n. 2821 del Cass. Sez. 2, 29/01/1974, n. 244).

L’obbligo di partecipare alla ripartizione dei cennati due terzi della spesa non deriva, quindi, dalla sola, generica, qualità di partecipante del condominio, ma dall’essere proprietario di un’unità immobiliare compresa nella colonna d’aria sottostante alla terrazza o al lastrico oggetto della riparazione.

Del resto, è pressoché inevitabile che la terrazza a livello o il lastrico di uso esclusivo coprano altresì una o più parti che siano comuni a tutti i condomini, e non solo quelli della rispettiva ala del fabbricato, come, ad esempio, il suolo su cui sorge l’edificio, la facciata, le fondazioni, ma se bastasse ciò per chiamare a concorrere alle spese del bene di copertura tutti i condomini, l’art. 1126 c.c. non avrebbe alcuna pratica applicazione.

Anche, ad esempio, per le scale o per gli impianti destinati a servire “una parte dell’intero fabbricato”, il terzo comma dell’art. 1123 c.c. prevede che le spese restino a carico del solo gruppo dei condomini (e, cioè, dei proprietari degli appartamenti siti nell’edificio) che ne trae utilità: altrimenti, poiché le scale o gli impianti di una parte soltanto del fabbricato sono pure mezzi che danno utilità a parti comuni a tutti i condomini (come il tetto, il cortile unico, la facciata, ecc.), identicamente tutti i condomini dovrebbero sostenere le spese nelle ipotesi di cosiddetto “condominio parziale”.

Va pertanto enunciato il seguente principio:

allorché l’alloggio del portiere non sia più destinato ad uso condominiale, si applica ad esso la disciplina della comunione in generale (cfr. Cass. Sez. 3, 29/06/1979, n. 3690) e i partecipanti alla comunione devono perciò contribuire alle spese necessarie per la conservazione ed il godimento del bene, ivi comprese quelle, come nella fattispecie per cui è causa, occorrenti per la riparazione del lastrico solare che ad esso funge da copertura, ai sensi dell’art. 1126 c.c., in proporzione al solo valore millesimale dell’unità sita nella colonna sottostante al lastrico.

VI.2. Il secondo motivo del ricorso RG 18638/2019, contenente censure plurime, allega la violazione degli artt. 1120 co. 1 e 1136 co. 5 c.c.; la nullità della sentenza per violazione dell’articolo 112 c.p.c.; l’omesso esame di un fatto decisivo, ex art. 360 co. 1 n.5 c.p.c.; la violazione e falsa applicazione dell’art. 1121 c.c.

Con riferimento a quanto statuito dalla sentenza di appello in ordine alla legittimità della deliberazione assembleare con cui si era deciso di rivestire con pannelli in legno le porte degli ascensori, sulla scorta del fatto che tale opera non costituisse un’innovazione, i ricorrenti sostengono, invece, che tale rivestimento ligneo, comportando una diversa composizione materiale delle cose comuni e non presentando il carattere di necessarietà tipico delle innovazioni, deve considerarsi pienamente rientrante nel concetto di innovazione ex art. 1120 c.c., di talché si rende necessaria la maggioranza di cui all’art. 1136 co. 5 c.c.

La censura lamenta inoltre che la pronuncia impugnata avrebbe preso in considerazione, escludendolo, solo il carattere voluttuario dell’opera e non anche, come l’art. 1121 c.c. avrebbe imposto, il profilo della gravosità della spesa in relazione alle condizioni e all’importanza dell’edificio.

Il secondo motivo presenta diffusi profili di inammissibilità e non supera lo scrutinio ex art. 360-bis, n. 1, c.p.c.

La Corte d’appello di Milano ha negato carattere di innovazione all’opera di rivestimento ligneo delle porte degli ascensori non trattandosi di “opera nuova di modifica della cosa comune che ne alteri l’entità o la destinazione originaria” (pag.7).

In tal senso, non sono configurabili né il vizio di omessa pronuncia né quello di omesso esame di fatto decisivo, supponendo il primo un difetto di attività da parte del giudice in ordine ad una domanda od un’eccezione introdotta in causa, ed il secondo il difetto di attività su una circostanza di fatto che, ove valutata, avrebbe comportato una diversa decisione su uno dei fatti costitutivi della domanda o su un’eccezione.

Costituisce, inoltre, orientamento consolidato di questa Corte quello secondo il quale deve considerarsi “innovazione”, agli effetti dell’art. 1120 c.c., non qualsiasi mutamento o modificazione della cosa comune, ma solamente quella modificazione materiale che ne alteri l’entità sostanziale o ne muti la destinazione originaria (senza peraltro che ricorra la speciale previsione di cui all’art. 1117 ter c.c., introdotta dalla legge n. 220 del 2012).

Pare evidente che la sostituzione del rivestimento delle porte degli ascensori condominiali costituisce intervento che mira semmai a rendere più comodo il godimento della cosa comune, ma ne lascia immutate la consistenza e la destinazione, sicché non può definirsi innovazione nel senso suddetto.

In ogni caso, lo stabilire se un’opera integri o meno gli estremi dell’innovazione prevista dall’art. 1120 c.c. costituisce un’indagine di fatto, insindacabile in se di legittimità se sostenuta, come nella specie, da corretta e congrua motivazione (Cass. Sez. 2, 20/08/1986, n. 5101; Cass. Sez. 2, 05/11/2002, n. 15460).

Una volta escluso che l’intervento sia un’innovazione ex art.1120 c.c., tanto meno viene in gioco l’art. 1121 c.c., che riguarda la sottospecie delle innovazioni voluttuarie o gravose, per le quali è eccezionalmente consentito al singolo condomino, ai sensi dell’art. 1121 c.c., di sottrarsi alla relativa spesa (essendo voluttuarie quelle innovazioni, intese ontologicamente nella nozione di cui all’art. 1120 c.c., che sono peraltro prive di oggettiva utilità, ed essendo invece gravose le innovazioni caratterizzate da una notevole onerosità: Cass. Sez. 2, 20/04/2021, n. 10371).

VII. Deve, pertanto, dichiararsi inammissibile il ricorso RG 29204/2019, accogliersi il primo motivo e dichiararsi inammissibile il secondo motivo del ricorso RG 18638/2019, con conseguenti cassazione della sentenza n. 2004/2017 del 10 maggio 2017, nei limiti della censura accolta, e rinvio alla Corte d’appello di Milano che, in diversa composizione, sottoporrà la causa a nuovo esame e si uniformerà all’enunciato principio, provvedendo altresì a liquidare le spese del presente giudizio di cassazione.

VIII. Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione RG 29204/2019 dichiarata inammissibile.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso iscritto al RG 29204/2019, accoglie il primo motivo del ricorso e dichiara inammissibile il secondo motivo del ricorso iscritto al RG 18638/2019, cassa la sentenza impugnata n. 2004/2017 nei limiti della censura accolta, e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Milano in diversa composizione.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso iscritto al RG 29204/2019, a norma del comma 1-bisdello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma,  nella camera di consiglio della 6° Sezione civile, della Corte suprema di cassazione, il 12 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria, addì 22 novembre 2021.

SENTENZA – copia non ufficiale -.