REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SETTIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SARNO Giulio – Presidente
Dott. VILLONI Orlando – Consigliere
Dott. GIORDANO Emilia Anna – Consigliere
Dott. SCORDAMAGLIE Irene – Consigliere
Dott. MENGONI Enrico – Rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
BRANCATO DANIELE nato a OMISSIS il xx/xx/xxxx;
KAMBERA ALFRED nato a OMISSIS il xx/xx/xxxx;
avverso la sentenza del 04/07/2019 della CORTE APPELLO di BOLOGNA;
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Enrico MENGONI;
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 4/7/2019, la Corte di appello di Bologna confermava la pronuncia emessa l’8/10/2018 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Ravenna, con la quale Daniele Brancato, Erald Alidervichi, Bledar Danaj e Alfred Kaberaj erano stati giudicati colpevoli (tutti) del delitto di cui agli artt. 110 cod. pen., 73, comma 4, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 e (il solo Brancato) del reato di cui all’art. 337 cod. pen., ed erano stati condannati alle pene di cui al dispositivo.
2. Propongono distinto ricorso per cassazione Brancato e Kamberaj, a mezzo del proprio difensore, chiedendo l’annullamento della decisione.
2.1 Brancato lamenta la mancata verifica, da parte della Corte, della eventuale esistenza di una causa di non punibilità di cui all’art. 129 cod. proc. pen.;
2.2. Kamberaj, per contro, contesta la violazione dell’art. 192, comma 2, cod. proc. pen., con vizio motivazionale, per aver la sentenza confermato la condanna in forza di elementi indiziari privi dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, ed in assenza di prove effettive.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. I ricorsi risultano manifestamente infondati.
Al riguardo, occorre innanzitutto ribadire che il controllo del Giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia l’oggettiva tenuta sotto il profilo logico-argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le varie, Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, Musso, Rv. 265482; Sez. 3, n. 12110 del 19/3/2009, Campanella, n. 12110, Rv. 243247).
In tal modo individuato il perimetro di giudizio proprio della Suprema Corte, osserva allora il Collegio che le censure mosse dai ricorrenti al provvedimento impugnato si evidenziano come inammissibili; ed invero, dietro la parvenza di una violazione di legge o di un vizio motivazionale, gli stessi di fatto tendono ad ottenere in questa sede una nuova ed alternativa lettura delle medesime emergenze istruttorie già esaminate dai Giudici di merito, sollecitandone una valutazione diversa e più favorevole. Il che, come riportato, non è consentito.
4. Le doglianze, inoltre, non considerano che la Corte di appello pronunciandosi proprio sulle questioni qui riprodotte – ha steso una motivazione del tutto congrua, fondata su oggettive risultanze dibattimentali e non manifestamente illogica; come tale, quindi, non censurabile.
La sentenza, in particolare, ha sottolineato: – quanto a Barbato, l’evidenza della responsabilità nel trasporto dello stupefacente e nella successiva resistenza a pubblico ufficiale, essendo risultato il soggetto alla guida del furgone e colui che, alla vista dei miliari, aveva cercato di fuggire, venendo quindi preso dopo una breve fuga ed una colluttazione con gli stessi operanti.
Un’evidenza tale che il ricorso, lungi dal contestare il portato motivazionale della sentenza, in nessun passo richiamata, si limita a censurare la mancata verifica di una causa di non punibilità di cui all’art. 129 cod. proc. pen., che neppure lo stesso atto riesce ad individuare;
– quanto a Kamberaj, che lo stesso era stato riconosciuto con certezza dal miliare che lo aveva inseguito, individuandone non solo molti dati fisici (risultati poi diversi, quanto ad altezza, in misura molto modesta), ma anche il vestiario, connotato da una marca impressa con caratteri molto vistosi.
Ancora, il ricorrente – unitamente ad altri due connazionali – era stato poi trovato in un luogo non lontano dall’intervento dei Carabinieri, seduto ad un bar con vestiti e scarpe sporche di fango misto a sabbia, nonché totalmente bagnati fino alla vita; aveva alloggiato, con gli altri, nello stesso albergo del Brancato, provenendo da Brindisi, peraltro spostandosi in orari compatibili con quelli del correo; i tre non avevano alcun legame con i luoghi in cui erano stati trovati; gli stessi avevano reso versioni contrastanti sulle ragioni per cui si erano separati dopo l’arrivo in Italia, sulle ragioni di un presunto alterco con una prostituta, sul luogo ove questa li avrebbe lasciati a piedi; ancora, gli stessi non avevano saputo fornire alcuna spiegazione delle condizioni in cui si trovavano, invece ben compatibili con un’attività svolta su una barca per scaricare lo stupefacente poi sequestrato sul furgone, come da più che congrua motivazione sul punto.
5. I ricorsi, pertanto, debbono essere dichiarati inammissibili.
6. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen. ed a carico di ciascun ricorrente, l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di euro 3.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 10 gennaio 2020.
Depositato in Cancelleria il 26 febbraio 2020.