Truffa agli anziani: severità estrema per evitare la reiterazione (Corte di Cassazione, Sezione II Penale, Sentenza 16 marzo 2021, n. 10176).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIOTALLEVI Giovanni – Presidente –

Dott. MESSINI D’AGOSTINI Piero – Rel. Consigliere –

Dott. DE SANTIS Anna Maria – Consigliere –

Dott. SGADARI Giuseppe – Consigliere –

Dott. COSCIONI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sui ricorsi proposti da:

(OMISSIS) STEFANO nato il 15/12/19xx a (OMISSIS);

(OMISSIS) MATTIA nato il 02/05/19xx a (OMISSIS);

(OMISSIS) ALESSANDRO nato il 14/09/19xx a (OMISSIS);

(OMISSIS) ROMINA nato il 10/08/19xx a (OMISSIS);

(OMISSIS) NICOLA nato il 24/08/19xx a (OMISSIS);

avverso l’ordinanza del 17/07/2020 del TRIBUNALE DI TRENTO;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Piero MESSINI D’AGOSTINI;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Luca TAMPIERI, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza emessa in data 17/7/2020 il Tribunale di Trento, accogliendo parzialmente l’appello presentato dal Pubblico Ministero contro l’ordinanza con la quale il G.i.p. dello stesso Tribunale aveva respinto la richiesta di applicazione di misure cautelari custodiali nei confronti di Alessandro DE (OMISSIS), Stefano (OMISSIS), Romina (OMISSIS), Nicola (OMISSIS) e Mattia (OMISSIS), disponeva la misura della custodia in carcere per il primo indagato e quella degli arresti domiciliari per gli altri quattro.

De (OMISSIS) è sottoposto a indagini per indebito utilizzo di carte bancomat e per una numerosa serie di truffe, aggravate in ragione della minorata difesa delle anziane vittime, due delle quali commesse in concorso con Stefano (OMISSIS); agli altri tre indagati, invece, è contestata la consumazione, in concorso tra loro, di una unica truffa, con la medesima aggravante.

2. Hanno proposto ricorso Alessandro DE (OMISSIS), Stefano (OMISSIS), Romina (OMISSIS), Nicola (OMISSIS) e Mattia (OMISSIS), a mezzo dei rispettivi difensori di fiducia, chiedendo l’annullamento dell’ordinanza.

3. Con tre distinti atti il difensore di Stefano (OMISSIS), Nicola (OMISSIS) e Mattia (OMISSIS) lamenta vizio motivazionale in ordine alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari, considerato soprattutto il decorso del tempo, nonché alla mancata applicazione di una misura meno afflittiva di quella degli arresti domiciliari.

Per il solo (OMISSIS) – per la posizione del quale il Tribunale, applicata la misura cautelare, ha dichiarato l’incompetenza territoriale dell’A.G. di Trento e disposto la trasmissione degli atti al giudice competente – la difesa ha censurato la motivazione dell’ordinanza anche in ordine alla sussistenza dell’urgenza di soddisfare taluna delle esigenze cautelari (art. 291, comma 2, cod. proc. pen.).

4. Il difensore di Alessandro DE (OMISSIS) ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza per “inosservanza ed erronea applicazione della legge” Il ricorrente è soggetto tossicodipendente che, non essendo nel pieno delle capacità mentali, non era in grado di ideare e realizzare truffe; egli agiva esclusivamente quale “testa di legno” della ditta (OMISSIS) (OMISSIS); anche qualora avesse utilizzato i proventi delle vendite dei dispositivi, effettuate da terze persone, li avrebbe “sicuramente dilapidati nell’acquisto di sostanze stupefacenti”.

Non sussiste alcuna esigenza cautelare: quanto al pericolo di recidiva, l’indagato non ha mai esercitato funzioni attive nell’azienda, che egli intende chiudere, essendosi all’uopo già recato da un commercialista.

5. Il difensore di Romina (OMISSIS) ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza per manifesta illogicità della motivazione in ordine a tre distinti profili.

5.1. Con il primo motivo, con il quale si deduce anche la violazione della legge penale, in relazione all’art. 110 cod. pen., la difesa osserva che le quattro circostanze indicate dal Tribunale hanno valenza neutra, costituendo elementi di mero sospetto, inidonei a dimostrare la conoscenza delle operazioni illecite in capo all’indagata, il cui ruolo di concorrente nel reato commesso da (OMISSIS) e (OMISSIS) è stato “aprioristicamente postulato, attribuito in via pressoché automatica, senza essere suffragato da apprezzabili dati concreti”.

5.2. Con il secondo motivo la ricorrente sostiene la insussistenza dell’attualità del pericolo, considerati il tempo trascorso dal fatto, risalente alla primavera del 2018, la mancanza di una specifica occasione per delinquere, l’irrilevanza di datati precedenti di polizia a fronte del dato della incensuratezza ed il successivo svolgimento di attività lavorativa lecita.

5.3. Con l’ultimo motivo si lamenta il vizio motivazionale in ordine alla scelta della misura degli arresti domiciliari, non avendo il Tribunale considerato che una misura meno afflittiva sarebbe stata adeguata e idonea a salvaguardare le esigenze cautelari.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi presentati nell’interesse di Stefano (OMISSIS), Nicola (OMISSIS) e Mattia (OMISSIS) sono inammissibili perché presentati tardivamente.

I ricorsi di Alessandro DE (OMISSIS) e Romina (OMISSIS) sono inammissibili perché proposti con motivi generici (il primo), non consentiti (il secondo) e comunque privi di ogni fondamento.

2. Ricorsi di Stefano (OMISSIS), Nicola (OMISSIS) e Mattia (OMISSIS).

2.1. E’ noto che, avuto riguardo alle questioni di natura processuale, la Corte di cassazione è giudice anche del fatto e, per risolvere la relativa questione, può accedere all’esame diretto degli atti processuali (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092 nonché, da ultimo, Sez. U, n. 24591 del 16/07/2020, Filardo, Rv. 280027, in motivazione).

Risulta dal fascicolo che l’ordinanza impugnata è stata notificata agli indagati e ai loro difensori il 20 luglio 2020.I ricorsi per cassazione dei tre indagati sono stati depositati il 29 luglio 2020 presso la cancelleria del Tribunale di Brescia e sono pervenuti a quella del Tribunale di Trento il 4 agosto 2020.

2.2. Dispone l’art. 311, comma 3, cod. proc. pen., in tema di ricorso per cassazione avverso le decisioni emesse a norma degli artt. 309 e 310 del codice di rito, che «il ricorso è depositato nella cancelleria del giudice che ha emesso la decisione», senza il richiamo «alle forme previste dagli artt. 582 e 583», previsto invece per le impugnazioni avanti il Tribunale del riesame, anche in sede di appello (artt. 309, comma 4, e 310, comma 2, cod. proc. pen.), per le quali soltanto, dunque, è consentito alle parti private ed ai difensori la presentazione «anche nella cancelleria del tribunale o del giudice di pace del luogo in cui si trovano, se tale luogo è diverso da quello in cui fu emesso il provvedimento».

La giurisprudenza di legittimità, già da epoca risalente, è costante nel ritenere che le specifiche modalità fissate dall’art. 311, comma 3, cod. proc. pen. per la presentazione del ricorso per cassazione costituiscano evidente deroga alle norme che regolano in via generale la presentazione dell’impugnazione.

Ne consegue che il ricorso per cassazione avverso la decisione del tribunale della libertà deve essere presentato nella cancelleria dello stesso tribunale, con esclusione, anche per la parte, di qualsiasi soluzione alternativa (Sez. 3, n. 14774 del 05/03/2020, Maniero Rv. 278776; Sez. 2, n. 3261 del 30/11/2018, dep. 2019, Bossi, Rv. 274894; Sez. 6, n. 29477 del 23/03/2017, Di Giorgi, Rv. 270559; Sez. 1, n. 6912 del 14/10/2011, dep. 2012, Nardo, Rv. 252072; Sez. 2, n. 2056 del 20/03/1991, Crisalli, Rv. 187164; Sez. 6, n. 3539 del 06/12/1990, Messora, Rv. 187018).

Le pronunce più recenti, emesse specificamente in tema di ricorso ex art. 311, comma 3, cod. proc. pen., hanno peraltro evidenziato che la presentazione dell’impugnazione presso la cancelleria di un giudice diverso da quello che ha emesso il provvedimento cautelare non è radicalmente inammissibile.

Il ricorso, infatti, va ritenuto ammissibile – come affermato anche dalla costante giurisprudenza di legittimità, avuto riguardo alla disciplina generale dettata per il giudizio di cognizione – qualora esso sia tempestivamente pervenuto alla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato: «la data di presentazione rilevante ai fini della tempestività – salvo i casi espressamente previsti ex artt. 582 e 583 c.p.p. – è quella in cui l’atto perviene all’ufficio competente a riceverlo, sicché è a carico dell’impugnante il rischio che l’impugnazione, presentata ad un ufficio diverso da quello indicato dalla legge, sia dichiarata inammissibile per tardività» (così Sez. 1, n. 3695 del 22/12/2010, dep. 2011, Vago, Rv. 249552; in senso conforme v. Sez. 5, n.42401 del 22/09/2009, Ferrigno, Rv. 245391; Sez. F, n. 35125 del 19/08/2008, Milazzo Rv. 240668; Sez. 4, n. 30060 del 20/06/2006, Naritelli, Rv. 235178).

Le Sezioni unite, con una recentissima pronunzia, hanno recepito l’orientamento espresso dalla giurisprudenza del tutto prevalente, affermando il seguente principio di diritto: «il ricorso cautelare per cassazione avverso la decisione del tribunale del riesame o, in caso di ricorso immediato, del giudice che ha emesso la misura, deve essere presentato esclusivamente presso la cancelleria del tribunale che ha emesso la decisione o, nel caso indicato dall’art. 311 c.p.p., comma 2, del giudice che ha emesso l’ordinanza, ponendosi a carico del ricorrente il rischio che l’impugnazione, presentata ad un ufficio diverso da quello indicato dalla legge, sia dichiarata inammissibile per tardività, in quanto la data di presentazione rilevante ai fini della tempestività è quella in cui l’atto perviene all’ufficio competente a riceverlo» (Sez. U, n. 1626 del 24/08/2020, dep. 2021, Bottari, Rv. 280167).

Nella stessa sentenza si è altresì precisato che, «nel caso di presentazione del ricorso ad una cancelleria diversa da quella del giudice a quo, non può essere invocato, né in alcun modo rileva, l’obbligo di tempestiva trasmissione degli atti alla cancelleria del giudice competente.

Tale obbligo è, infatti, previsto dall’art. 582 c.p.p., comma 2, sul presupposto che sia consentita la ‘presentazione dell’impugnazione ad una cancelleria diversa da quella del giudice a quo.

Pertanto, non può trovare applicazione nel caso di specie in quanto, a differenza dell’art. 309 c.p.p., comma 4, manca nell’art. 311 c.p.p., come detto in precedenza, il richiamo all’art. 582 cit., comma 2 ed al suo contenuto.

Il ricorrente, nel caso in cui gli atti pervengano alla cancelleria del giudice a quo oltre il termine di dieci giorni, non potrà, quindi, eccepire la tempestività della presentazione avvenuta nella cancelleria del giudice incompetente né dolersi del ritardo o dell’errore nella trasmissione.

Ne consegue che né la cancelleria erroneamente compulsata potrà rispondere dell’eventuale ritardo o dell’errore nella trasmissione, né l’amministrazione potrà essere onerata delle spese necessarie per la trasmissione medesima.

Diversamente, si finirebbe per vanificare la previsione dell’art. 311 c.p.p., comma 3, che individua nella cancelleria del giudice a quo l’unico luogo per il deposito del ricorso così escludendo ogni forma alternativa di presentazione».

2.3. Nel caso di specie, i ricorsi sono stati depositati il 29 luglio 2020 presso un giudice diverso da quello che emise il provvedimento e sono pervenuti alla cancelleria del Tribunale di Trento il 4 agosto 2020, cinque giorni dopo la scadenza del termine previsto dall’art. 311, comma 1, del codice di rito.

3. Ricorso di Alessandro DE (OMISSIS).

3.1. Il ricorso si connota per la estrema genericità, poiché la difesa non si è affatto confrontata con le ampie e puntuali argomentazioni dell’ordinanza impugnata, incorrendo così nel vizio di genericità del ricorso, sotto il profilo del difetto di “specificità estrinseca” (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, Rv. 268822; in senso conforme cfr., ad es., Sez. 3, n. 12727 del 21/02/2019, Jallow, Rv. 275841; Sez. 2, n. 5253 del 15/01/2019, C., Rv. 275522; Sez. 2, n. 52617 del 13/11/2018, Di Schiena, Rv. 271373-02; Sez. 5, n. 34504 del 25/5/2018, Cricca, Rv. 273778; da ultimo v. Sez. U, n. 24591 del 16/07/2020, Filardo, Rv. 280027, in motivazione).

Attesa la comune ratio fondata sul necessario rispetto dei requisiti di specificità di cui all’art. 581 lett. c), c.p.p., tali principi valgono anche con riferimento al ricorso avverso provvedimenti del tribunale del riesame (Sez. 3, n. 13744 del 24/02/2016, Schiorlin, Rv. 266782; Sez. 4, n. 12995 del 05/02/2016, Uda, Rv. 266295; Sez. 2, n. 13951 del 05/02/2014, Caruso, Rv. 259704; Sez. 6, n. 32227 del 16/07/2010, T., Rv. 248037); pertanto è «inammissibile il ricorso per cassazione avverso il provvedimento del tribunale del riesame i cui motivi rinviino genericamente alle censure articolate nel precedente atto di gravame senza indicarne il contenuto nell’atto di impugnazione, in quanto anche nella materia cautelare è necessario che il ricorso rispetti i necessari requisiti di specificità stabiliti dall’art. 581, lett. c), cod. proc. pen., al fine di consentire l’autonoma individuazione delle questioni che si assumono irrisolte e sulle quali si sollecita il sindacato di legittimità» (così, da ultimo, Sez. 6, n. 11008 del 11/02/2020, Bocciero, Rv. 278716).

In ordine alle varie truffe poste materialmente in essere da (OMISSIS) e (OMISSIS), il Tribunale ha ritenuto dimostrata la piena consapevolezza in capo al ricorrente del corrispettivo pagato dalle anziane persone offese per l’acquisto dei dispositivi di sicurezza forniti dalla ditta della quale egli era titolare nonché della manifesta enorme sproporzione tra il prezzo ed il valore dei beni, alla luce di una serie di circostanze in gran parte documentali, del tutto obliterate nel ricorso.

Apoditticamente la difesa ha sostenuto che De (OMISSIS) era una “testa di legno” nella ditta e un tossicodipendente senza “piene capacità mentali”: la prima circostanza è priva di ogni riscontro, mentre la seconda – ha logicamente ritenuto il Tribunale – non può essere certo desunta dalla richiesta di “presa in carico” formulata al SERT, peraltro successivamente alla fissazione dell’udienza.

E’ poi sin troppo evidente che, nel caso in cui davvero il ricorrente avesse utilizzato i proventi delle truffe, versati sul proprio conto corrente, per acquistare sostanze stupefacenti, la illiceità penale e la gravità delle condotte contestate non verrebbero certo meno.

3.2. In ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari e, segnatamente, del pericolo di reiterazione di reati della stessa specie, il Tribunale ha evidenziato la pluralità e le modalità delle truffe, realizzate in danno di vittime molto anziane, nonché la personalità estremamente negativa del ricorrente, desumibile sia dai suoi gravi precedenti penali (per tentata estorsione, furto in abitazione e porto d’armi) sia dai precedenti giudiziari specifici, anche per fatti successivi a quelli di cui si tratta, pacificamente utilizzabili ai fini del giudizio sul pericolo di reiterazione del reato (Sez. 1, n. 51030 del 06/06/2017, El Tayeb, Rv. 271405; Sez. 3, n. 24123 del 21/07/2016, dep, 2017, Giliberti, Rv. 270509; Sez. 6, n. 45934 del 22/10/2015, Perricciolo, Rv. 265069; da ultimo v. Sez. 2, n. 5272 del 15/10/2020, dep. 2021, Tito, non mass.).

Con logica motivazione l’ordinanza impugnata ha affermato l’inconsistenza della circostanza, richiamata anche nel ricorso, relativa all’appuntamento con il commercialista “al fine di chiudere la ditta”, anche in questo caso successivo alla fissazione dell’udienza avanti il Tribunale.

Peraltro, neppure la effettiva chiusura della ditta scongiurerebbe il pericolo ravvisato dal Tribunale con adeguate argomentazioni: i delitti “della stessa specie” di cui all’art. 274, comma 1 lett. c), cod. proc. pen. sono non solo quelli che offendono il medesimo bene giuridico, ma anche le fattispecie criminose che, pur non previste dalla stessa disposizione di legge, presentano “uguaglianza di natura” in relazione al bene tutelato e alle modalità esecutive (Sez. 6, n. 47887 del 25/09/2019, I., Rv. 277392; Sez. 5, n. 52301 del 14/07/2016, Petroni, Rv. 268444).

4. Ricorso di Romina (OMISSIS).

4.1. Quanto alla gravità indiziaria, il ruolo di concorrente nel reato commesso da (OMISSIS) e (OMISSIS) non è stato affatto affermato in assenza di “apprezzabili dati concreti”, tali essendo, per contro, quelli specificamente indicati nell’ordinanza impugnata (pag. 25), dalla valenza tutt’altro che neutra, a partire dal dato estremamente significativo costituito dall’accredito sul conto corrente intestato alla ricorrente della rilevante somma sottratta all’anziana vittima (quasi 7.000 euro, a fronte della fornitura di dispositivi del complessivo valore di 90 euro) dai due sedicenti tecnici del gas, in possesso di documenti e del lettore POS loro fornito dalla ditta individuale della stessa (OMISSIS).

La difesa ha proposto un motivo non consentito, in quanto, secondo la costante giurisprudenza di legittimità, la insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen. è rilevabile in Cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge o in mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato: il controllo di legittimità non può riguardare né la ricostruzione dei fatti né l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori, per cui non sono consentite le censure che si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal Tribunale, pur investendo formalmente la motivazione (Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, Paviglianiti, Rv. 270628; Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, Di Iasi, Rv. 269884; Sez. 3, n. 20575 del 08/03/2016, Berlingeri, Rv. 266939; Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, Contarini, Rv. 261400; Sez. 6, n. 11194 del 08/03/2012, Lupo, Rv. 252178; da ultimo v. Sez. 5, n. 6373 del 08/01/2021, Scariano, non mass.).

Alla Corte di legittimità, dunque, spetta «il compito di verificare se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione, riguardante la valutazione degli elementi indizianti, rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie, nella peculiare prospettiva dei procedimenti incidentali de libertate» (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828).

Il criterio che deve guidare il giudizio in ordine alla gravità indiziaria è quello “della qualificata probabilità di colpevolezza (ex plurimis v. Sez. 3, n. 17527 del 11/01/2019, Inegbedion, Rv. 275699; Sez. 2, n. 22968 del 08/03/2017, Carrubba, Rv. 270172; Sez. 4, n. 6660 del 24/01/2017, Pugiotto, Rv. 269179; Sez. 4, n. 53369 del 09/11/2016, Jovanovic, Rv. 268683; Sez. 4, n. 22345 del 15/05/2014, Francavilla, Rv. 261963).

Da ultimo questa Corte ha ribadito che la valutazione allo stato degli atti in ordine alla “colpevolezza” dell’indagato, per essere idonea a integrare il presupposto per l’adozione di un provvedimento de libertate, deve condurre non all’unica ricostruzione dei fatti che induca ad uno scrutinio di responsabilità dell’incolpato al di là di ogni ragionevole dubbio, bensì ad un apprezzamento in termini prognostici che, come tale, è ontologicamente compatibile con possibili ricostruzioni alternative, anche se fondate sugli stessi elementi (Sez. 3, n. 676 del 27/11/2020, dep. 2021, C., non mass.).

4.2. In ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari, il Tribunale ha osservato che il pericolo di recidiva è desumibile dalla gravità della truffa in concreto realizzata con “particolare callidità” nonché dai precedenti giudiziari e di polizia dell’indagata, arrestata per un furto in abitazione e segnalata per analoga condotta truffaldina commessa “mediante lo stratagemma del falso tecnico del gas” (pag. 27).

Il Tribunale ha correttamente ravvisato il requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato, che sussiste, – secondo la prevalente giurisprudenza di legittimità, condivisa dal Collegio – «a prescindere dalla positiva ricognizione di effettive ed immediate opportunità di ricadute a portata di mano dell’inquisito, essendo necessario e sufficiente formulare un giudizio prognostico che sulla base dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., si riconnetta alla realtà emergente dagli atti del procedimento ed alle valutazioni della persistente pericolosità che è dato trarne, dovendosi effettuare una previsione correlata alla situazione esistenziale e socio ambientale in cui verrà a trovarsi l’indagato, nell’ipotesi in cui venga meno lo stato di detenzione» (così Sez. 2, n. 44946 del 13/09/2016, Draghici, Rv. 267965; in senso conforme cfr., ad es., Sez. 1, n. 14840 del 22/01/2020, Oliverio, Rv. 279122; Sez. 6, n. 434 del 05/12/2019, Nardi, Rv. 278214; Sez. 5, n. 11250 del 19/11/2018, dep. 2019, Avolio, Rv. 277242; Sez. 4, n. 47837 del 04/10/2018, C., Rv. 273994; Sez. 5, n. 33004 del 03/05/2017, Cimieri, Rv. 271216; Sez. 2, n. 11511 del 14/12/2016, Verga, dep. 2017, Rv. 269684).

L’ordinanza impugnata, con fondamento, ha anche evidenziato che il tempo trascorso dal fatto ed il parziale mutamento dell’oggetto sociale della ditta della ricorrente non sono dati da soli rilevanti ai fini della esclusione del pericolo di recidiva specifica, a proposito del quale si rimanda al principio in precedenza richiamato (sub 3.2.).

4.3. In ordine alla scelta della misura cautelare, l’art. 275 cod. proc. pen., nell’attribuire al giudice ampi poteri discrezionali, impone di valutare se la misura che intende adottare sia idonea a soddisfare le specifiche esigenze cautelari rilevate nel caso concreto.

La formulazione del giudizio di adeguatezza e proporzionalità della misura alle esigenze che si intende salvaguardare è incensurabile in sede di legittimità, se sorretta da motivazione adeguata e immune da vizi logici e giuridici, come quella ravvisabile nel caso di specie, con la quale, sulla base della particolare abilità dimostrata nella commissione del reato e della negativa personalità della ricorrente, è stata evidenziata la propensione di quest’ultima a perpetuare condotte delittuose, “che, per di più, rappresentano la principale fonte del suo sostentamento” (pag. 27).

5. Alla inammissibilità delle impugnazioni, segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro duemila ciascuno, così equitativamente fissata.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila in favore della Cassa delle ammende.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.

Così deciso il 2 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 marzo 2021.

SENTENZA – copia non ufficiale -.