REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SECONDA SEZIONE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Rosa Maria DI VIRGILIO – Presidente
Mario BERTUZZI – Consigliere
Linalisa CAVALLINO – Consigliere
Stefano OLIVA – Consigliere
Cesare TRAPUZZANO – Rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 27994/2020) proposto da:
(omissis) Immobiliare S.r.l. (C.F.: 0(omissis)7), in persona del suo legale rappresentante pro – tempore , rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, dall’Avv. (omissis) (omissis), elettivamente domiciliata in Roma, via (omissis) n. 5, presso lo studio dell’Avv. (omissis) (omissis);
-ricorrente-
contro
(omissis) (omissis) (C.F.: (omissis)), rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dall’Avv. (omissis) (omissis) (omissis), elettivamente domiciliata in Roma, viale (omissis) (omissis) n. 113, presso lo studio dell’Avv. (omissis) (omissis);
-controricorrente-
avverso la sentenza della Corte d’appello di Lecce n. 717/2020, pubblicata il 21 luglio 2020, notificata a mezzo PEC il 27 luglio 2020;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25 giugno 2024 dal Consigliere relatore dott. Cesare Trapuzzano;
vistele conclusioni rassegnate nella memoria depositata dal P.M. ex art. 378, primo comma, c.p.c., in persona del Sostituto Procuratore generale dott. Aldo Ceniccola, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
conclusioni ribadite nel corso dell’udienza pubblica; lette le memorie illustrative depositate nell’interesse delle parti, ai sensi dell’art. 378, secondo comma, c.p.c.;
richiamata la precedente ordinanza interlocutoria n. 40811/2021, depositata il 20 dicembre 2021, all’esito dell’adunanza camerale non partecipata del 22 settembre 2021, che ha rimesso la causa all’udienza pubblica;
sentiti, in sede di discussione orale all’udienza pubblica, l’Avv. (omissis) (omissis) – per delega dell’Avv. (omissis) (omissis) – per la ricorrente e l’Avv. (omissis) (omissis) (omissis) per la controricorrente.
FATTI DI CAUSA
1.– La (omissis) Immobiliare S.r.l. conveniva, davanti al Tribunale di Brindisi, (omissis) (omissis), chiedendo il trasferimento in suo favore ex art. 2932 c.c. della nuda proprietà del locale al piano terra, sito in (omissis) (omissis), con accesso da via (omissis) n. 49 e via (omissis) nn. 39 e 41, inserito in catasto al foglio n. 130, particella n. 390, subalterno n. 7, e del locale al piano terra, sito in (omissis) (omissis), con accesso da via (omissis) nn. 33, 35 e 37, inserito in catasto al foglio n. 130, particella n. 390, subalterno n. 6, in forza del contratto preliminare di vendita stipulato tra le parti con scrittura privata del 25 febbraio 2009, per il prezzo di euro 200.000,00, già corrisposto e quietanzato con un primo acconto in data 4 maggio 2009 e con il versamento del saldo in data 3 giugno 2009. Rimaneva contumace (omissis) (omissis).
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 1138/2011, depositata il 14 settembre 2011, accoglieva la domanda di esecuzione in forma specifica del contratto preliminare e, per l’effetto, disponeva il trasferimento della nuda proprietà degli immobili emarginati.
2.– Con atto di citazione notificato il 17 novembre 2017, proponeva appello avverso tale pronuncia (omissis) (omissis), la quale lamentava la nullità della notificazione della citazione introduttiva del giudizio di primo grado e della relativa sentenza conclusiva. In specie, deduceva che non aveva mai ricevuto la notifica dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, avvenuta nelle mani del portiere all’indirizzo di via (omissis) n. 148 in (omissis), che non era né il luogo della sua residenza, né il luogo corrispondente al suo domicilio, né costituiva un luogo al quale fosse altrimenti ricollegabile.
Aggiungeva che non aveva mai ricevuto neanche la notifica della sentenza di primo grado, né la notifica del precetto per il pagamento delle spese di lite poste a suo carico.
Nel merito, sosteneva che non aveva mai sottoscritto il preliminare, che non aveva mai avuto contatti con la (omissis) e che non aveva mai ricevuto somme, né l’invito a recarsi presso un notaio per la stipula del definitivo.
Per l’effetto, disconosceva ora per allora qualsivoglia sottoscrizione o quietanza di pagamento – dichiarazione reiterata anche a seguito della produzione degli originali –.
Rilevava poi che dagli atti di causa risultava che il contratto preliminare era stato sottoscritto anche dal di lei fratello (omissis) (omissis), il quale, sempre dalla lettura degli atti, aveva promesso di vendere e aveva venduto anche altri due beni di cui aveva la nuda proprietà.
Eccepiva ancora l’incompetenza territoriale del Tribunale di Brindisi, poiché i beni immobili erano ubicati in (omissis) (omissis), nonché l’arbitraria trascrizione della sentenza.
Esponeva, inoltre, che aveva acquistato, con atto pubblico del 29 novembre 2002, dal fratello (omissis) (omissis) la nuda proprietà dei beni oggetto di causa, con usufrutto in favore della madre, e che aveva appreso, in via del tutto casuale, il 19 ottobre 2017 che non era più titolare della nuda proprietà dei beni, in quanto trasferita in favore della società appellata, come riscontrato all’esito della visura storica degli immobili richiesta presso la conservatoria dei registri immobiliari.
Si costituiva nel giudizio di impugnazione all’udienza fissata in citazione del 15 marzo 2018 la (omissis) Immobiliare S.r.l., la quale instava per la declaratoria di inammissibilità dell’appello ovvero per il suo rigetto, depositando il fascicolo di primo grado, contenente l’originale degli atti, tra cui anche il preliminare.
Confutava, per l’effetto, la ricostruzione dell’appellante, contestando che la notifica della citazione introduttiva del giudizio di primo grado fosse nulla, in quanto effettuata presso lo studio professionale di (omissis) (omissis), quale domicilio eletto nel contratto preliminare.
Chiedeva, conseguentemente al disconoscimento effettuato dall’appellante, la verificazione delle sottoscrizioni disconosciute, contro cui l’appellante non si opponeva.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Lecce, con la sentenza di cui in epigrafe, accoglieva l’appello e, per l’effetto, dichiarava la nullità della sentenza di primo grado e rimetteva le parti davanti al Tribunale di Taranto, autorizzando l’annotazione della sentenza d’appello a margine della trascrizione della sentenza di primo grado.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede:
a) che, sebbene la società appellata si fosse costituita tardivamente, la produzione del fascicolo di primo grado era ammissibile, trattandosi di atti già acquisiti al processo e prodotti in osservanza delle preclusioni istruttorie previste per il giudizio di primo grado;
b) che dall’esame degli atti risultava che la notifica della citazione introduttiva del giudizio di prime cure era avvenuta presso l’indirizzo di via Gimma n. 148, mediante consegna al portiere, quale domicilio eletto nel contratto preliminare;
c) che era incontestato che tale indirizzo corrispondesse alla sede dello studio professionale del fratello della (omissis), indirizzo presso cui era stato recapitato anche l’invito a presentarsi presso il notaio per la stipula del definitivo;
d) che, a fronte delle contestazioni dell’appellante, la quale aveva negato ogni collegamento con il suddetto indirizzo, era onere del notificante provare la regolarità della notifica e segnatamente, rispetto al disconoscimento delle sottoscrizioni di cui al preliminare, era onere dell’appellato formulare regolare istanza di verificazione al fine di consentire l’utilizzabilità del documento e, in specie, del riferimento alla elezione di domicilio in esso contenuta;
e) che l’istanza di verificazione era inammissibile in quanto tardiva, avendo natura di atto istruttorio e dovendo essere inoltrata nel termine previsto per la formulazione delle richieste istruttorie, mentre nel caso in esame l’appellato si era costituito tardivamente;
f) che, in conseguenza del disconoscimento, l’elezione di domicilio non aveva alcun effetto verso l’appellante ai fini della validità della notifica.
3.– Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, la (omissis) Immobiliare S.r.l.
Ha resistito, con controricorso, l’intimata (omissis) (omissis).
Con ordinanza interlocutoria n. 40811/2021, depositata il 20 dicembre 2021, all’esito dell’adunanza camerale non partecipata del 22 settembre 2021, la causa è stata rimessa all’udienza pubblica.
Il Pubblico Ministero ha depositato memoria ex art. 378, primo comma, c.p.c., in cui ha rassegnato le conclusioni trascritte in epigrafe.
All’esito, le parti hanno depositato memorie illustrative, ai sensi dell’art. 378, secondo comma, c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.– Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 343, primo comma, e 346 c.p.c., per avere la Corte di merito ritenuto l’inammissibilità dell’istanza di verificazione, in quanto tardiva, essendosi l’appellato costituito oltre i termini prescritti per la proposizione dell’appello incidentale.
Osserva l’istante che non sarebbe stata esclusa la tempestività dell’istanza di verificazione, effettuata dall’appellato con la costituzione alla prima udienza, dinanzi ad un disconoscimento operato per la prima volta dall’appellante con l’atto introduttivo del gravame.
E ciò a fronte della produzione, dichiarata ammissibile dalla stessa Corte d’appello, del documento disconosciuto, contenuto nel fascicolo di primo grado depositato dall’appellato unitamente alla sua costituzione. Con l’effetto che non vi sarebbe stata alcuna novità della prova e viceversa vi sarebbe stata la ritualità della contestuale istanza di verificazione, non essendo prescritto alcun divieto dall’art. 345 c.p.c. ai fini della proposizione di detta istanza.
2.– Con il secondo motivo la ricorrente prospetta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 216 c.p.c., per avere la Corte territoriale dichiarato la tardività dell’istanza di verificazione sulla scorta del rilievo secondo cui, avendo detta istanza natura di atto istruttorio, avrebbe dovuto essere avanzata nel termine previsto per la formulazione delle richieste istruttorie, conclusione che avrebbe avuto senso per il giudizio di primo grado ma non per quello di appello.
Obietta l’istante che il disconoscimento della scrittura privata – avvenuto in precedenza “al buio”, ossia senza prendere atto del documento – si era compiuto e definito solo alla prima udienza di “comparizione”, poiché in quella sede, visionati i documenti, parte appellante aveva per la prima volta, a ragion veduta, confermato il disconoscimento delle sottoscrizioni. Non sarebbe stato dunque necessario che la verificazione fosse stata proposta entro 20 giorni prima dell’udienza di “comparizione”, essendo sufficiente la sua proposizione alla prima udienza o alla prima risposta successiva al disconoscimento.
3.– Con il terzo motivo la ricorrente contesta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 345, terzo comma, c.p.c., per avere la Corte distrettuale prospettato l’inammissibilità dell’istanza di verificazione avvenuta con la comparsa di costituzione dell’appellato all’udienza di prima “comparizione”, alla stregua della inammissibilità della produzione di nuove prove in appello, senza tenere conto del fatto che il disconoscimento di controparte era stato compiuto per la prima volta con l’atto introduttivo del gravame e confermato all’udienza di prima “comparizione”, a seguito dell’acquisita conoscenza della scrittura privata contenuta nel fascicolo di parte del giudizio di primo grado, nonché del relativo originale prodotto dell’appellato nel fascicolo di parte di secondo grado, acquisizione nel giudizio di gravame dichiarata ammissibile, non trattandosi di documento nuovo.
Espone la ricorrente che l’istanza di verificazione della scrittura privata non avrebbe potuto considerarsi quale istanza istruttoria soggetta alle normali preclusioni probatorie, in quanto rientrante in un procedimento strumentale rispetto alla conferma di validità di una prova, consistente in un documento già prodotto nel primo grado di giudizio ed ammesso nel giudizio d’appello. Con la conseguenza che si sarebbe trattato di istanza proposta nella prima difesa utile, sganciata dal termine di costituzione per la proposizione dell’appello incidentale.
4.– I motivi – che possono essere scrutinati congiuntamente, in quanto avvinti da evidenti ragioni di connessione di ordine logico e giuridico – sono fondati nei termini che seguono.
4.1.– Si premette che la parte rimasta contumace in primo grado può disconoscere con l’atto di appello, ai sensi ed agli effetti degli artt. 214 e ss. c.p.c., la scrittura privata contro tale parte prodotta nella precedente fase del giudizio ed utilizzata dalla sentenza impugnata ai fini della decisione (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 13145 del 14/05/2021; Sez. 3, Sentenza n. 13384 del 22/06/2005; Sez. 2, Sentenza n. 2965 del 29/03/1999; Sez. 1, Sentenza n. 4615 del 18/05/1996; Sez. 1, Sentenza n. 495 del 22/01/1980; Sez. 1, Sentenza n. 1142 del 30/03/1976; Sez. 3, Sentenza n. 3452 del 20/10/1975).
In ragione del principio di non dispersione (o di acquisizione) della prova nel giudizio di gravame (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 7923 del 23/03/2024; Sez. 3, Ordinanza n. 10202 del 17/04/2023; Sez. U, Sentenza n. 4835 del 16/02/2023), il disconoscimento ha avuto ad oggetto un documento già prodotto nel giudizio di prime cure (e posto a fondamento della decisione impugnata del Tribunale), dovendo il fatto storico in esso rappresentato considerarsi dimostrato nel processo indipendentemente dalla sua rinnovata produzione in appello.
Non si è trattato, dunque, di un disconoscimento preventivo, che peraltro, anche allorché riguardi una scrittura privata non ancora depositata in giudizio, è idoneo ad impedire il riconoscimento tacito, ai fini degli artt. 214 e 215 c.p.c., quando vi sia certezza del riferimento ad una scrittura determinata e conosciuta dalle parti e la stessa rappresenti un elemento probatorio rilevante nell’economia della controversia (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6890 del 11/03/2021; Sez. 5, Sentenza n. 16232 del 19/08/2004; in senso contrario Cass. Sez. L, Ordinanza n. 15113 del 03/06/2019; Sez. 2, Sentenza n. 3431 del 03/04/1998).
Dalle argomentazioni che precedono discende, rispetto al caso di specie, che già il disconoscimento avvenuto con l’atto introduttivo dell’appello era idoneo a produrre gli effetti regolati dagli artt. 214 e 215 c.p.c. (e dunque a precludere l’utilizzabilità, a fini probatori, del documento disconosciuto, fatto salvo l’esito favorevole dell’istanza di verificazione), avendo avuto la sua reiterazione alla prima udienza di trattazione del gravame (udienza entro cui si è costituito l’appellato, producendo il documento) una valenza meramente confermativa di un disconoscimento in sé perfetto e già avvenuto.
4.2.– Quanto all’istanza di verificazione giudiziale dell’autenticità di una scrittura privata prodotta in giudizio e tempestivamente disconosciuta, essa deve essere ordinariamente proposta nel termine perentorio previsto per le deduzioni istruttorie (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 16915 del 02/08/2011; Sez. 3, Sentenza n. 2411 del 07/02/2005).
E ciò con precipuo riguardo al giudizio di prime cure. Sicché, ai sensi dell’art. 345 c.p.c., non è ammissibile la proposizione per la prima volta in appello di una istanza di verificazione di scrittura privata prodotta in primo grado e disconosciuta in quella sede ex art. 214 stesso codice (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 27218 del 07/10/2021; Sez. L, Sentenza n. 7993 del 30/03/2018; Sez. 2, Sentenza n. 23450 del 19/12/2012; Sez. 6-2, Ordinanza n. 10748 del 27/06/2012; Sez. 2, Sentenza n. 30550 del 30/12/2011; Sez. 2, Sentenza n. 26943 del 11/11/2008; Sez. 3, Sentenza n. 19067 del 05/09/2006; Sez. 3, Sentenza n. 2411 del 07/02/2005).
Orbene, in tema di procedimento incidentale di verificazione di scrittura privata disconosciuta ex art. 216, primo comma, c.p.c., la relativa istanza non può essere formulata in via preventiva, in quanto la validità di prova legale della scrittura va acquisita al perfezionarsi di una fattispecie articolata ed integrata, secondo una rigida scansione dei tempi processuali, dal disconoscimento della scrittura e dal comportamento dell’altra parte che attivi il procedimento di verificazione che si concluda per la stessa positivamente (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 4566 del 14/02/2023; Sez. U, Sentenza n. 3086 del 01/02/2022; Sez. 2, Ordinanza n. 17902 del 06/07/2018; Sez. L, Sentenza n. 7993 del 30/03/2018).
Senonché nella fattispecie il disconoscimento è ritualmente avvenuto per la prima volta con l’atto introduttivo dell’appello (posto che l’appellante era contumace asseritamente “involontaria” nel giudizio di prime cure e non aveva avuto modo di prendere atto del preliminare prodotto in giudizio e posto a fondamento della domanda di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c., se non all’esito della conoscenza della sentenza del Tribunale impugnata).
Ne discende che l’istanza di verificazione ben poteva essere proposta nel giudizio di gravame nella prima difesa utile successiva all’avvenuto disconoscimento, nel rispetto del principio di parità delle armi tra le parti, con la costituzione dell’appellato.
A fronte di siffatto disconoscimento non era necessario che la comparsa di costituzione e risposta contenente l’istanza di verificazione, quale prima difesa utile dell’appellato, successiva alla proposizione del gravame (con il quale era stato effettuato il disconoscimento), fosse depositata, ai sensi dell’art. 343 c.p.c., a pena di decadenza, entro il termine prescritto per la proposizione dell’appello incidentale (ossia 20 giorni prima dell’udienza di comparizione fissata nell’atto di citazione).
E tanto perché l’istanza di verificazione non può essere equiparata alla proposizione di un gravame incidentale, avendo piuttosto un rilievo (interinale) strumentale rispetto al disconoscimento operato dalla controparte, allo scopo di consentire l’utilizzazione a fini decisori del documento disconosciuto.
Essa più precisamente ha natura e finalità di carattere istruttorio, essendo preordinata alla utilizzazione della prova documentale (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1549 del 28/01/2004), e non già confutativa delle ragioni espresse dalla sentenza di primo grado.
Al disconoscimento è pertanto tempestivamente seguita l’istanza incidentale di verificazione, proposta con la comparsa di risposta depositata dall’appellato alla prima udienza del giudizio d’appello indicata in citazione.
Ed invero, valorizzando la sua finalità istruttoria, sopravvenuta al disconoscimento operato solo con la citazione introduttiva dell’impugnazione, la facoltà di richiedere nuovi mezzi di prova e di produrre nuovi documenti in appello (nei casi eccezionali previsti) è ammessa dall’art. 345, terzo comma, c.p.c. purché essa avvenga non nel corso del giudizio di secondo grado, ma in sede di costituzione, come prescritto, a pena di decadenza, dal codice di rito e così trovando applicazione il disposto degli artt.163 e 166 c.p.c. (vigenti ratione temporis), richiamati dagli artt. 342, primo comma e 347, primo comma, c.p.c. (vigenti ratione temporis), tenuto conto dell’esigenza di concentrare le attività assertive e probatorie nella fase iniziale del procedimento, a meno che la formazione documentale da esibire non sia successiva (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 35862 del 22/12/2023; Sez. 2, Sentenza n. 35188 del 15/12/2023; Sez. 2, Sentenza n. 20448 del 17/07/2023; Sez. 1, Ordinanza n. 18586 del 30/06/2023; Sez. 2, Sentenza n. 6460 del 06/03/2019; Sez. 1, Ordinanza n. 4195 del 21/02/2018; Sez. 2, Sentenza n. 12687 del 19/05/2017; Sez. 6-3, Ordinanza n. 4553 del 22/02/2017; Sez. 1, Sentenza n. 10515 del 20/05/2016; Sez. 1, Sentenza n. 11510 del 23/05/2014; Sez. 3, Sentenza n. 5524 del 05/04/2012; Sez. 3, Sentenza n. 27906 del 21/12/2011; Sez. 1, Sentenza n. 12731 del 10/06/2011; Sez. 5, Sentenza n. 6528 del 02/04/2004).
Ebbene, ai sensi dell’art. 167, secondo e terzo comma, c.p.c. (vigente ratione temporis), le richieste istruttorie non debbono essere formulate a pena di decadenza nella comparsa di risposta depositata 20 giorni prima dell’udienza fissata in citazione (tale decadenza è prevista per le sole domande riconvenzionali, eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio e chiamate di terzo). È sufficiente, invece, che esse (ove ammissibili in sede di gravame) siano avanzate con l’atto di costituzione in appello, non essendovi la facoltà del giudice d’appello di assegnare un ulteriore termine, dopo la costituzione delle parti, per l’indicazione di nuovi mezzi di prova o per la produzione di documenti.
Sicché incide, ai fini della decadenza, soltanto la necessità di richiedere le prove ammissibili in appello unitamente all’atto di appello – allorché a richiederle sia l’appellante – ovvero unitamente all’atto di costituzione dell’appellato che sia stato depositato entro la prima udienza – allorché a richiederle sia l’appellato – (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 19390 del 03/08/2017; Sez. 2, Sentenza n. 12481 del 19/07/2012; contra Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 5995 del 04/03/2020; Sez. 1, Sentenza n. 5463 del 16/04/2002).
Non vi è infatti alcuna prescrizione che imponga, a pena di decadenza, la costituzione almeno 20 giorni prima dell’udienza ai fini della formulazione delle richieste istruttorie ammissibili in appello.
In questa prospettiva, attraverso tali istanze, non viene ampliato l’oggetto del giudizio, sicché non opera la preclusione prevista per la proposizione dell’appello incidentale (Cass. Sez. U, Sentenza n. 7940 del 21/03/2019, riferita alla riproposizione in appello di domande ed eccezioni non esaminate nel giudizio di primo grado).
Se, come è stato affermato anche in dottrina, non vi è motivo per discostarsi in grado di appello dalla struttura processuale del giudizio di primo grado (vigente ratione temporis), salvi gli adattamenti imposti dalla clausola di compatibilità ex art. 359 c.p.c., l’unica preclusione per l’appellato, anteriore all’udienza di prima comparizione, è quella per proporre appello incidentale (ex art. 343 c.p.c.).
Le altre decadenze sono successive e si collocano in coincidenza con la costituzione dell’appellato, che può avvenire anche all’udienza ai sensi dell’art. 171, secondo comma, c.p.c. vigente ratione temporis. In questi termini detta istanza non può, per l’effetto, ritenersi tardiva.
5.– In conseguenza delle considerazioni esposte, il ricorso deve essere accolto, nei sensi di cui in motivazione.
La sentenza impugnata va, dunque, cassata, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Lecce, in diversa composizione, che deciderà uniformandosi al seguente principio di diritto e tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche alla pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.
“In tema di sub-procedimento incidentale di verificazione della scrittura privata disconosciuta, ove il disconoscimento della scrittura sia avvenuto, a cura della parte rimasta contumace nel giudizio di primo grado, con l’atto introduttivo dell’appello, è tempestiva l’istanza di verificazione proposta dalla parte appellata nella comparsa di costituzione nel giudizio di gravame depositata entro la prima udienza, non essendo richiesto che tale istanza, avente natura e finalità di carattere istruttorio, sia avanzata nel termine previsto per l’interposizione dell’appello incidentale“.
P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione
accoglie il ricorso, nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Lecce, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, in data 25 giugno 2024.
Depositato in Cancelleria l’11 luglio 2024.