Vizi della cosa venduta e decorrenza del termine breve per l’azione di garanzia (Corte di Cassazione, Sezione II Civile, Sentenza 16 marzo 2023, n. 7675).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

Dott. CAPONI Remo – Consigliere –

Dott. POLETTI Dianora – Consigliere –

Dott. PIRARI Valeria – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 23127/2018 R.G. proposto da

(OMISSIS) s.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. (OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliata in Roma, via (OMISSIS) n. 1, presso lo studio dell’avv. (OMISSIS) (OMISSIS);

– ricorrente –

e

FALLIMENTO (OMISSIS) s.r.l., rappresentato e difeso dall’avv. (OMISSIS) (OMISSIS) ed elettivamente domiciliato in Roma, via (OMISSIS) n. 20, presso lo studio dell’avv. (OMISSIS) (OMISSIS);

– controricorrente-

Avverso la sentenza n. 891 emessa dalla Corte d’Appello di Bari il 21/5/2018 e notificata via PEC il 29/6/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/01/2023 dalla dott.ssa Valeria Pirari;

Rilevato che:

Con atto di citazione notificato in data 9 aprile 2009, la (OMISSIS) s.r.l. convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Trani, sezione distaccata di Barletta, la (OMISSIS) s.r.l., proponendo opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 106 del 2 marzo 2009, col quale le era stato ingiunto il pagamento della somma di € 83.156,82, oltre a interessi e spese, a saldo di sei fatture relative al 2008, emesse per forniture di granulo di polietilene rigenerato, parte a bassa densità e parte ad alta densità.

Al riguardo, dopo avere esposto di aver posto in lavorazione il materiale dal mese di ottobre 2008, di averne rilevato la difettosità con lettere del 21 ottobre 2008 e del 31 ottobre 2008, contestando alla fornitrice i relativi vizi, e di aver attivato a.t.p. dinanzi al Tribunale di Bari, in difetto di riscontro, chiese che il decreto ingiuntivo venisse revocato e, in via riconvenzionale, che il contratto venisse risolto, con condanna della convenuta alle spese per la restituzione del materiale rimasto inutilizzato, per l’a.t.p. e per il giudizio di merito.

Costituitosi in giudizio, il Fallimento (OMISSIS) eccepì l’improcedibilità della domanda riconvenzionale di condanna, per essere competente sulla stessa il giudice del fallimento ex artt. 52 e 93 L.F., disconobbe e contestò la copia della relazione per a.t.p., eccependone, in subordine, la nullità e l’infondatezza, ed eccepì la decadenza dalla garanzia per vizi ex artt. 1495 e 1511 cod. civ. per inosservanza del termine di otto giorni dalla consegna, contenuto sui documenti di trasporto allegati, e, in subordine, la decadenza ex art. 1495 cod. civ., non essendovi prova della tempestività dell’asserita denuncia rispetto la data in cui si affermava avvenuta la scoperta dei lamentati vizi.

Chiese quindi che venisse dichiarata l’improcedibilità della domanda di condanna della curatela e il rigetto dell’opposizione, con conferma del decreto ingiuntivo e condanna dell’opponente al pagamento della somma ingiunta.

Con sentenza n. 260 del 3 novembre 2011, il Tribunale di Trani rigettò l’opposizione, in quanto ritenne che l’opponente fosse decaduta dalla garanzia per vizi ex art. 1495 cod. civ., non essendo stata data la prova che la relativa denuncia fosse stata portata a conoscenza della venditrice. Impugnata la predetta sentenza dalla (OMISSIS) s.r.l. e costituitosi il Fallimento (OMISSIS), eccependo la violazione dell’art. 345 cod. proc. civ. in ragione della novità dei fatti allegati e dei documenti prodotti, la Corte d’Appello di Bari rigettò l’appello e condannò l’appellante al pagamento delle spese del grado, sostenendo che, ferma restando l’avvenuta comunicazione della contestazione sui vizi con le missive del 21 e 31 ottobre 2008, non era stato provato che la lavorazione delle merci, consegnate il 29/8/2008, fosse effettivamente avvenuta il 20/8/2008 e che, dunque, la denuncia fosse tempestiva.

Contro la predetta sentenza la (OMISSIS) s.r.l. propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi, illustrati anche con memoria.

Si difende con controricorso, illustrato anche con memoria, il Fallimento (OMISSIS) s.r.l..

Considerato che:

Col primo motivo di ricorso, la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 1495 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per avere la Corte d’appello ritenuto la stessa decaduta dalla garanzia per i vizi, reputati non apparenti e dunque occulti, della merce acquistata, in ragione della mancata dimostrazione di aver effettivamente posto in lavorazione il prodotto negli otto giorni ex art. 1495, primo comma, cod. civ., che avevano preceduto l’invio delle due raccomandate di contestazione, supponendo che le date di lavorazione, di cui non era stata fornita la prova certa, fossero indicative della scoperta del vizio, rispetto al termine di decadenza.

I giudici di merito non avevano, invece, considerato che il momento della scoperta dei vizi era successivo rispetto alla messa in lavorazione della merce acquistata dalla (OMISSIS) – dalla quale era emerso il solo fenomeno della inidoneità alla vendita del prodotto finito realizzato con essa, ma non anche le cause – e andava fatto coincidere con la conclusione del procedimento di accertamento tecnico preventivo svolto tra le parti e avviato, su sua iniziativa, il 4/11/2008, che aveva reso certa la cattiva qualità del polietilene utilizzato, mentre le due missive del mese di ottobre del 2008 avevano avuto una mera finalità partecipativa al venditore dei suoi sospetti basati sulla semplice osservazione dei fenomeni del prodotto finito, per come questo appariva, potendo la certezza obiettiva, in capo ad essa, dell’entità e dell’efficienza causale della difettosità del prodotto scaturire solo da un accertamento specialistico, che, infatti, fu affidato dal giudice ad un centro specializzato dell’Università di Torino.

La ricorrente ha, poi, contestato le obiezioni mosse dalla controparte all’utilizzo della relazione di consulenza tecnica, sia quella afferente al disconoscimento della conformità della copia prodotta all’originale, in quanto generica e priva di indicazioni sugli aspetti per i quali sussisteva la dedotta differenza, sia quella riguardante l’inidoneità probatoria della stessa, benché acquisita all’esito dell’instaurazione del contraddittorio con la controparte.

Infine, la ricorrente ha evidenziato come le due missive dell’ottobre 2008, ancorché da essa qualificate come diffide, non avessero detta natura, essendo state inviate prima che si acquisisse certezza dei vizi della merca acquistata, e come lo svolgimento del procedimento per a.t.p. nel contraddittorio delle parti rendeva superflua una qualsiasi ulteriore denuncia dei vizi.

Col secondo motivo, la ricorrente lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., per avere i giudici di merito del tutto omesso di valutare il fatto storico relativo allo svolgimento inter partes del procedimento per accertamento tecnico preventivo e alla relativa perizia, da cui era conseguita la certezza obiettiva dei vizi del polietilene vendutole, benché evidenziato nella parte descrittiva della sentenza, nell’atto di opposizione a decreto ingiuntivo e nell’atto di appello, oltreché menzionato dalla controparte nella comparsa di costituzione dei due gradi di merito, e benché decisivo per il giudizio, in quanto idoneo a conferire carattere di certezza obiettiva all’esistenza dei vizi occulti della merce acquistata e a dimostrare la tempestività della

Col terzo motivo si lamenta la nullità della sentenza per vizio di motivazione e violazione dell’art. 132, n. 4, cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., per avere i giudici di merito ancorato apoditticamente il momento della scoperta dei vizi del materiale acquistato dalla (OMISSIS) alla data in cui lo stesso era stato posto in lavorazione, nonostante sapessero dello svolgimento e della conclusione del procedimento di accertamento tecnico preventivo, come risultante dalla stessa sentenza, e per aver omesso di indicare le ragioni per le quali alle raccomandate del 21 ottobre 2008 e del 31 ottobre 2008 era stata attribuita la natura di atto giuridico in senso stretto e, quindi, la qualifica di denuncia ex articolo 1495 c., benché, al fine di valutare la tempestività della denuncia, fossero tenuti a valutare il momento dell’acquisizione di idonei accertamenti tecnici, in assenza di «convincenti elementi contrari anteriori», nella specie non evidenziati in sentenza.

I tre motivi, da trattare congiuntamente in ragione della stretta connessione, sono infondati.

Vanno, preliminarmente, rigettati i rilievi di inammissibilità del motivo, sollevati dal controricorrente e fondati sul dedotto difetto di autosufficienza, dovuto alla mancata descrizione del contenuto delle due missive del 21 e del 31 ottobre 2008 poste a fondamento della decisione, sulla finalità perseguita di ottenere una revisione del ragionamento decisorio, stante la mancata indicazione delle affermazioni contenute in sentenza asseritamente contrastanti con le norme regolatrici della fattispecie, sulla novità della questione riferita agli esiti della a.t.p., essendo stata la conoscenza dei vizi ancorata, nei gradi di merito, alla sola lavorazione delle merci acquistate, e sulla sostanziale rinuncia a far valere i contenuti della relazione peritale derivante dalla mancata riproposizione delle istanze istruttorie in fase di precisazione delle conclusioni nei due gradi di merito.

In proposito, giova ricordare come i motivi contenuti nel ricorso introduttivo del giudizio di cassazione, in quanto rimedio a critica vincolata, debbano avere, a pena di inammissibilità, i caratteri di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata (Cass. Sez. 6 – 1, 24/02/2020, n. 4905) e contenere in sé tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e a permettere, altresì, la valutazione della fondatezza di tali ragioni (Cass., Sez. 5, 15/07/2015, n. 14784).

In particolare, il n. 4 del primo comma dell’art. 366 cod. proc. civ. impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge (o eventualmente il principio di diritto) di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa (in tal senso, Cass., Sez. U., 28/10/2020, n. 23745; Cass. Sez. 6 – 1, 24/02/2020, n. 4905), né consentendosi altrimenti ad essa di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione in assenza di indicazioni su quali siano state le modalità e sotto quale profilo essa sia stata realizzata (Cass., Sez. 3, 28/10/2002, n. 15177; Cass., Sez. 2, 26/01/2004, n. 1317; Cass., Sez. 6 – 5, 15/01/2015, n. 635; Cass. Sez. 3, 11/7/2014, n. 15882, Cass. Sez. 3, 2/4/2014, n. 7692).

Il n. 6 dell’art. 366 cod. proc. civ., invece, impone di indicare specificamente gli atti processuali e i documenti sui quali il ricorso si fonda (vedi Cass., Sez. 5, 18/11/2015, n. 23575; Cass., Sez. 5, 15/01/2019, n. 777), mediante la riproduzione diretta o indiretta del contenuto che sorregge la censura, precisando, in quest’ultimo caso, la parte del documento cui quest’ultima corrisponde (Cass., Sez. 5, 15/07/2015, n. 14784; Cass., Sez. 6-1, 27/07/2017, n. 18679) e i dati necessari all’individuazione della sua collocazione quanto al momento della produzione nei gradi dei giudizi di merito (vedi Cass., Sez. 5, 18/11/2015, n. 23575; Cass., Sez. 5, 15/01/2019, n. 777).

Nella specie, appare evidente come la ricorrente abbia adeguatamente descritto, da una parte, i principi di diritto violati dalla pronuncia impugnata, allorché ha segnalato il contrasto tra il rilievo dato dai giudici alle due missive di segnalazione dei vizi della merce acquistata e l’interpretazione offerta in sede di legittimità dell’art. 1495 cod. civ., dall’altra, il contenuto del documento asseritamente dirimente al fine di decidere la tempestività della denunzia, costituito dagli esiti dell’ a.t.p., mentre non assume rilevanza il contenuto delle citate missive, atteso che la doglianza verte sulla prova da prendere in considerazione al fine di dimostrare il momento in cui la scoperta del vizio aveva avuto carattere di certezza e non sul contenuto della denuncia.

La questione afferente all’a.t.p. non può neppure dirsi nuova, essendo stata la relazione peritale richiamata in entrambi i gradi del giudizio, e neppure rinunciata, risultando dalla sentenza impugnata che l’appellante aveva reiterato, in sede di gravame, la richiesta di acquisizione dei relativi atti (pg. 4 della sentenza).

Ciò detto, si osserva come le doglianze espresse nei tre motivi affrontino, sotto i diversi profili della violazione di legge, dell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e del difetto di motivazione, la medesima problematica afferente al concetto di «scoperta» del vizio della merce acquistata, quale fattore propedeutico all’individuazione della data di decorrenza del termine di decadenza di cui all’art. 1495 cod. civ., che i giudici di merito hanno individuato nell’attività di lavorazione cui la merce era stata sottoposta, traendo spunto, al riguardo, proprio dalle deduzioni difensive della ricorrente, che ad essa aveva fatto riferimento. In proposito, occorre innanzitutto chiarire come, ai fini della decorrenza del termine breve di otto giorni previsto dall’art. 1495 cod. civ. per l’azione di garanzia dei vizi della cosa venduta, il dies a quo coincida con il giorno di ricevimento della merce soltanto per il vizio apparente, mentre per gli altri vizi, ossia per quelli non rilevabili attraverso un rapido e sommario esame del bene, utilizzando una diligenza inferiore a quella ordinaria, decorre dal momento dell’effettiva scoperta degli stessi (Cass., Sez. 2, 03/08/1994, n. 7202), che si ha quando il compratore ne abbia acquistato certezza obiettiva e completa (e non dalla data in cui i vizi avrebbero potuto essere astrattamente conosciuti) (vedi Cass., Sez. 2, 16/3/2011, n. 6169), sicché, ove la scoperta del vizio avvenga gradatamente ed in tempi diversi e successivi, in modo da riverberarsi sulla consapevolezza della sua entità, occorre far riferimento al momento in cui si sia completata la relativa scoperta (Cass., Sez. 2, 27/5/2016, n. 11046; Sez. 6-2, 20/12/2021, n. 40814).

Ciò significa che, alla stregua dell’interpretazione data dalla giurisprudenza di legittimità alla predetta disposizione, detto termine inizia a decorrere non già in concomitanza con l’insorgere d’un sospetto o dubbio della sussistenza di vizi, bensì solo dal momento dell’acquisita oggettiva e completa certezza di essa (Cass., Sez. 2, 8/5/1998, n. 4657; Cass., Sez. 2, 30/1/1995, n. 1082, Cass.; Sez. 2, 3/2/1994 n. 7202), tale essendo quella che attiene al collegamento causale di essi con l’attività espletata e non alla loro gravità (Cass., Sez. 2, 14/11/2012, n. 19922, non massimata).

Se è vero che, come sostenuto da questa Corte, la certezza, nel caso si proceda ad accertamento tecnico preventivo, può dirsi raggiunta soltanto all’esito dello stesso, non potendosi porre a carico del danneggiato l’onere di proporre, senza la dovuta prudenza, azioni generiche a carattere esplorativo o comunque suscettibili di rivelarsi infondate (Cass., Sez. 2, 14/11/2012, n. 19922, non massimata), e che, in tal caso, il termine di decadenza inizierà a decorrere dal momento della comunicazione di cancelleria del relativo esito (e non dalla data di deposito della relazione, della quale non può presumersi che le parti abbiano avuto notizia prima della comunicazione della cancelleria, in tal senso Cass., Sez. 2, 8/7/1995, n. 7541; anche Cass., Sez. 2, 23/05/2000, n. 6735), è altrettanto vero che il ricorso a tale accertamento non necessariamente impone al giudice di ravvisare sempre e comunque nel suo esito il dies a quo del termine di decadenza dell’azione, potendo il suo convincimento essere anche tratto da elementi contrari anteriori ad esso (in tal senso Cass., Sez. 2, 14/11/2012, n. 19922, non massimata, cit.), a maggior ragione se riferibili, come nella specie, alla posizione di imprenditore esperto nel settore merceologico specifico dell’acquirente, che lo ponga nella condizione di eseguire gli esami necessari ad addivenire alla scoperta del vizio della merce acquistata, equiparandosi in tal caso la possibilità di accertamento della condizione della stessa alla riconoscibilità dei vizi apparenti (Cass., Sez. 2, 3/8/1994, n. 7202).

Compete, infatti, al giudice di merito accertare se la conoscenza dei vizi e della loro consistenza fosse stata tale da consentire una loro consapevole denunzia prima ed una non azzardata iniziativa giudiziale poi, anche in epoca precedente allo svolgimento dell’accertamento tecnico, pur senza l’ulteriore supporto del parere d’un perito (cfr. Cass., Sez. 2, 9/3/1999, n. 1993; Cass., Sez. 2, 14/11/2012, n. 19922, non massimata).

Nella specie, la Corte d’Appello ha esaminato il compendio probatorio acquisito tenendo conto delle stesse deduzioni dell’acquirente, il quale, pur avendo evidenziato di avere avviato il procedimento per accertamento tecnico preventivo, aveva dedotto di avere verificato la difettosità del polietilene rigenerato, a bassa e alta intensità, acquistato nei mesi di luglio e agosto del 2008 in occasione della sua lavorazione e di averne dato comunicazione all’alienante con le missive del 20 e del 29 ottobre 2008, e rilevando come nessuna prova fosse stata fornita a dimostrazione delle date in cui questa attività era stata posta in essere e come le deduzioni istruttorie sul punto fossero state rigettate senza che l’acquirente le reiterasse in sede di precisazione delle conclusioni.

Non può allora la ricorrente dolersi dell’indirizzo interpretativo intrapreso dai giudici di merito, essendo stato lo stesso indotto dalle stesse sue deduzioni difensive, che avevano incentrato la problematica della decadenza proprio su quelle lavorazioni e sulla susseguente comunicazione all’alienante, mediante raccomandate, della riscontrata presenza di vizi, di cui, peraltro, la stessa non ha neppure chiarito, in ricorso, quale fosse il contenuto, neppure in forma riassuntiva, benché la ratio decidendi fosse concentrata su di esse.

Deve allora ritenersi che le censure, proposte sotto angoli prospettici diversi, non soltanto mescolino e sovrappongano mezzi d’impugnazione eterogenei, che, facendo riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ., si pongono in reciproca posizione di incompatibilità (la violazione di legge presuppone, infatti, come accertati elementi di fatto sui quali si deve decidere la stessa, mentre col vizio di motivazione si intende rimettere in discussione proprio quegli elementi di fatto), ma tendano ad ottenere un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice, tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia di fatto, certamente estranea alla natura e ai fini del giudizio di cassazione (Cass., Sez. U., 25/10/2013, n. 24148). Ne consegue l’infondatezza delle censure.

In conclusione, dichiarata l’infondatezza dei motivi, il ricorso deve essere rigettato.

Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza e devono esser poste a carico della ricorrente.

P.Q.M.

rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, 23/1/2023.

Depositato in Cancelleria il 16 marzo 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.