REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI SALVO Emanuele – Presidente
Dott. CIAMPI Francesco Maria – Consigliere
Dott. CAPPELLO Gabriella – Consigliere
Dott. TALERICO Palma – Consigliere
Dott. BELLINI Ugo – Rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) FILIPPO nato a (OMISSIS) il 17/06/19xx;
avverso la sentenza del 22/03/2019 della CORTE APPELLO di CATANIA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. UGO BELLINI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. PASQUALE FIMIANI che ha concluso chiedendo pronunciarsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di Appello di Catania ha confermato la decisione del Tribunale di Catania che aveva riconosciuto (OMISSIS) Filippo colpevole del reato di omicidio colposo ai danni di (OMISSIS) Antonino, trasportato dal veicolo da esso condotto, che era venuto in collisione con veicolo proveniente dall’opposta direzione di marcia condotto da (OMISSIS) Angela, lungo la Strada Statale 417 Catania/Gela.
2. Conformemente alla decisione di primo grado il giudice di appello, alla stregua degli elementi acquisiti, interpretati sulla base di perizia cinematica fatta eseguire dal primo giudice, aveva ravvisato profili di responsabilità per colpa nei confronti di entrambi i conducenti, per avere tenuto una velocità eccessiva e comunque inadeguata rispetto all’ora notturna e alla presenza di una curva a visuale solo parzialmente libera e per avere entrambi marciato nei pressi del centro della carreggiata e pertanto in violazione della disposizione che imponeva loro, proprio per evitare interferenze nella marcia, di tenere la destra delle rispettive semicarreggiate.
Al contempo escludeva la cooperazione colposa nel reato ma evidenziava come l’evento fosse il risultato di condotte colpose autonome e indipendenti, sebbene sinergiche nella determinazione dell’evento.
Per tale ragione escludeva l’applicabilità dell’art. 114 cod.pen. ed il riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod.pen. in ragione della gravità dell’offesa e di una condotta di guida caratterizzata dall’elevato grado della colpa.
3. Avverso la suddetta pronuncia ha proposto ricorso per cassazione la difesa del (OMISSIS) articolando un unico, articolato motivo di ricorso con il quale si deduce violazione di legge, inosservanza di regole processuali, violazione dei criteri di valutazione della prova e omessa valutazione di argomenti difensivi, nonché travisamento della prova e violazione di legge in relazione alla mancata correlazione tra accusa e sentenza, e difetto di motivazione anche in relazione alla dosimetria della pena.
Nel ribadire le censure già espresse nei motivi di appello; evidenziava come il giudice di appello avesse omesso di coniugare correttamente le emergenze processuali con particolare riferimento agli accertamenti compiuti dai verbalizzanti sul luogo del sinistro, da cui era emersa una traccia di incisione sull’asfalto, che attestava inequivocabilmente lo sconfinamento del veicolo condotto dalla coimputata (OMISSIS) all’interno della corsia di pertinenza del ricorrente, nonché alle valutazioni del C.T.P. (OMISSIS) che pure aveva ravvisato una notevole sproporzione tra le velocità dei due mezzi coinvolti nel sinistro ravvisando un eccesso di velocità solo a carico della (OMISSIS).
Evidenziava ancora la mancata correlazione tra quanto contestato in imputazione e quanto ritenuto in sentenza quali profili di colpa in capo al (OMISSIS), ravvisando altresì l’assenza di relazione causale tra l’asserita marcia in zona prossima alla mezzeria stradale contestata al ricorrente e l’evento dannoso, realizzatosi a causa dello sconfinamento del mezzo della (OMISSIS).
Ribadiva altresì le censure già sviluppate in appello in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod.pen. e della circostanza attenuante del contributo di minima importanza nella causazione del sinistro.
RITENUTO IN DIRITTO
1. Va rilevata la manifesta infondatezza del motivo di ricorso con cui si assume violazione di legge e vizio motivazionale in relazione a tutti i profili di addebito per colpa ascritti al (OMISSIS), alla sussistenza del rapporto eziologico tra condotta di questi e l’evento ed alla mancata correlazione tra accusa e sentenza. Invero compito del giudice di legittimità, allo stato della normativa vigente, è quello di accertare (oltre che la presenza fisica della motivazione) la coerenza logica delle argomentazioni poste dal giudice di merito a sostegno della propria decisione, non già quello di stabilire se la stessa proponga la migliore ricostruzione dei fatti.
Neppure il giudice di legittimità è tenuto a condividerne la giustificazione, dovendo invece egli limitarsi a verificare se questa sia coerente con una valutazione di logicità giuridica della fattispecie nell’ambito di una plausibile opinabilità di apprezzamento; ciò in quanto l’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) non consente alla Corte di Cassazione una diversa lettura dei dati processuali o una diversa interpretazione delle prove (ex pluribus: Cass. n. 12496/99, 2.12.03 n. 4842, Rv 229369, n. 24201/06); pertanto non può integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali.
È stato affermato„ in particolare, che la illogicità della motivazione, censurabile a norma del citato art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), è quella evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile “ictu oculi“, dovendo il sindacato demandato alla Corte di Cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata (Cass. SU 24.9.2003, n. 47289 Petrella, Rv.226074).
2. Orbene, alla stregua di tali principi, deve prendersi atto del fatto che la sentenza impugnata non presenta alcuno dei vizi dedotti dalla difesa ricorrente, atteso che l’articolata valutazione, da parte dei giudici di merito, degli elementi probatori acquisiti, rende ampio conto delle ragioni che hanno indotto gli stessi giudici a ritenere la responsabilità del ricorrente e le censure proposte finiscono sostanzialmente per riproporre argomenti già esposti in sede di appello, che tuttavia risultano ampiamente vagliati e correttamente disattesi dalla Corte territoriale la quale ha ribadito, in accordo agli esiti peritali e a quelli dichiarativi, che, a prescindere dall’esistenza e dalla misura dello sconfinamento operato dal veicolo della (OMISSIS), la condotta di guida del (OMISSIS), improntata ad una velocità eccessiva ed inadeguata in ragione della presenza di una curva a visuale non libera e al fatto di marciare spostato verso il centro strada in coincidenza con l’incrocio con altro veicolo, costituì elemento eziologico concorrente alla determinazione dell’evento in ragione dei principi in materia di equivalenza causale e di auto-responsabilità che governano gli obblighi degli utenti della strada nella circolazione (sez.4, 6.12.2017, Bonfrisco, Rv.272223).
3. Neppure è ravvisabile una immutazione in sentenza di quanto rappresentato nell’originaria imputazione, nella quale ricorre il riferimento tanto ad una condotta di guida improntata a velocità eccessiva e comunque inadeguata alle circostanze di tempo, di luogo e alle caratteristiche del tratto stradale (curvilineo), quanto al pericolo costituito da una marcia in prossimità della mezzeria trattandosi di condotta di guida che si espone a prevedibili interferenze, per fatto pure ascrivibile a titolo di colpa al conducente proveniente dall’opposta direzione di marcia.
4. Pertanto del tutto correttamente il giudice di appello, nel riconoscere la inosservanza, da parte del (OMISSIS), di specifiche regole cautelari, ha poi ritenuto la relazione causale tra la condotta di guida da questi tenuta e, l’evento, con la conseguenza che la prospettazione difensiva del ricorrente si risolve in una alternativa ed ipotetica ricostruzione del sinistro la quale, oltre al carattere della manifesta infondatezza, riveste altresì quello della irrilevanza, atteso che l’obbligo del rispetto delle regole relative alla velocità e alla mano da tenere risultano appunto funzionali a evitare interferenze e collisioni nella marcia dei veicoli.
La motivazione pertanto si presenta logica e congruamente espressa, risulta coerente espressione degli elementi acquisiti nei giudizi di merito e non si presta a censure di illogicità dinanzi a questo giudice di legittimità, censure che peraltro non si confrontano con la struttura argomentativa della sentenza impugnata ma si limitano a reiterare alternative dinamiche e a sostenere la rilevanza causale del mancato rispetto di regole cautelari poste in capo ad altri soggetti, argomenti sui quali entrambe le decisioni di merito si sono soffermate con motivazione resistente e non più sindacabile.
5. Inammissibile è anche il secondo motivo di ricorso.
Invero il giudice di appello ha escluso la causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod.pen. con costrutto motivazionale assolutamente resistente alle censure, meramente ripropositive dell’imputato.
La gravità del danno e dell’offesa, la inosservanza di plurime disposizioni del codice della strada, unitamente al grado della colpa depongono per l’esclusione del beneficio. Il giudice di appello ha poi escluso che si verta in ipotesi di cooperazione colposa nel determinismo del sinistro, di talchè risulta inapplicabile la circostanza attenuante di cui all’art. 114 cod.pen.
Il trattamento sanzionatorio risulta modulato sulla base dei minimi edittali e correttamente il giudice di appello ha ritenuto di non doverlo ulteriormente ridurre.
Quanto alle circostanze attenuanti generiche il ricorso non considera che il giudice di primo grado aveva riconosciuto il suddetto beneficio con giudizio di equivalenza rispetto alla circostanza aggravante della inosservanza della disciplina relativa alla circolazione stradale, né sul punto il ricorso si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, né viene contestata la logicità del giudizio di bilanciamento tra circostanze operata dal giudice del merito.
5.1 Sul punto la Corte di legittimità ha più volte precisato che la determinazione della pena tra il minimo ed il massimo edittale rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito ed è insindacabile nei casi in cui la pena sia applicata in misura media e, ancor più, se prossima al minimo, anche nel caso in cui il giudicante si sia limitato a richiamare criteri di adeguatezza, di equità e simili, nei quali sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. (così sez. 4, n. 21294, Serratore, rv. 256197; conf. sez. 2, n. 28852 dell’8.5.2013, Taurasi e altro, rv. 256464; sez. 3, n. 10095 del 10.1.2013, Monterosso, rv. 255153), potendo altrimenti essere sufficienti a dare conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. le espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come pure il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere (così sez. 2, n. 36245 del 26.6.2009, Denaro, rv. 245596).
6. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile e alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, non ricorrendo ipotesi di esenzione da responsabilità al riguardo, consegue altresì l’onere del versamento della somma indicata in dispositivo in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 20/05/2021.
Depositato in Cancelleria il 27 agosto 2021.