Assegno postdatato incassato quando l’istituto ha revocato l’autorizzazione: legittima la sanzione (Corte di Cassazione, Sezione II Civile, Sentenza 22 novembre 2021, n. 35947).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BELLINI Ubaldo – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 8658 – 2017 R.G. proposto da:

(OMISSIS) CLAUDIO – c.f. LD(OMISSIS)7N – elettivamente domiciliato in Roma, al viale G. (OMISSIS), n. 11, presso lo studio dell’avvocato Gabriele (OMISSIS) che disgiuntamente e congiuntamente all’avvocato Stefano (OMISSIS) lo rappresenta e difende in virtù di procura speciale in calce al ricorso.

RICORRENTE

contro

MINISTERO dell’INTERNO – PREFETTURA – UFFICIO TERRITORIALE del GOVERNO di BERGAMO, in persona del Prefetto pro tempore.

INTIMATO

avverso la sentenza n. 2898/2016 del Tribunale di Bergamo;

udita la relazione nella camera di consiglio del 27 aprile 2021 del consigliere Dott. Luigi Abete,

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. Con ordinanza in data 30.5.2014 la Prefettura di Bergamo, per l’illecito amministrativo di cui all’art. 1 della legge n. 386/1990 ovvero in dipendenza dell’emissione di tre assegni in data successiva alla revoca dell’autorizzazione delle banche trattarie, ingiungeva a Claudio (OMISSIS), in qualità di traente, ed alla “Euroser” s.r.I., in qualità di obbligata in solido, il pagamento della sanzione pecuniaria di euro 3.096,00, oltre spese di notifica, nonché irrogava a Claudio (OMISSIS) la sanzione accessoria del divieto di emettere assegni per complessivi 72 mesi.

2. Con ricorso ex art. 22 della legge n. 689/1981 al Giudice di Pace di Bergamo Claudio (OMISSIS) proponeva opposizione.

Esponeva che gli assegni erano stati emessi “a garanzia”, “postdatati”, in epoca antecedente a quella desumibile dalle date figuranti sui titoli e dunque in epoca antecedente a quella in cui la “Banca di Credito Cooperativa di Sorisole e di Lepreno” e la “Banca Popolare di Bergamo” avevano provveduto a revocare le autorizzazioni.

Esponeva quindi che al momento dell’emissione dei titoli non avrebbe potuto avere consapevolezza della successiva revoca delle autorizzazioni da parte degli istituti di credito trattari.

Esponeva che il conto corrente da cui erano stati tratti gli assegni, era intestato in via esclusiva alla “Euroser” s.r.I., società per la quale aveva agito in veste di legale rappresentante, società nei cui confronti, semmai, avrebbe dovuto esser rivolta la pretesa sanzionatoria.

Esponeva che in epoca di poco successiva all’emissione “a garanzia” degli assegni la “Euroser” s.r.l. era stata ammessa alla procedura di concordato preventivo, sicché qualsivoglia pagamento non poteva che sottostare alle regole della procedura concorsuale.

Chiedeva annullarsi l’ordinanza – ingiunzione.

3. Con sentenza n. 375/2015 il giudice di pace rigettava l’opposizione.

4. Proponeva appello Claudio (OMISSIS).

Resisteva il Ministero dell’Interno, Prefettura di Bergamo.

5. Con sentenza n. 2898/2016 il Tribunale di Bergamo rigettava il gravame e compensava le spese del grado.

Dava atto previamente il tribunale che, contrariamente all’assunto dell’appellante, la Prefettura si era costituita in prime cure, come si desumeva dal timbro apposto dalla cancelleria del giudice di pace, riproducente la data del “4 febbraio 2015” e rinvenibile nel fascicolo di primo grado.

Evidenziava poi che l’emissione di assegni “a garanzia”, “postdatati”, non aveva alcuna valenza esimente, siccome l’assegno ha da esser completo pur della data all’atto della sua emissione.

Evidenziava che del resto lo stesso appellante aveva rappresentato che la “Euroser” s.r.l. era in crisi di liquidità, sicché, a fortiori, si era assunto il rischio correlato all’emissione di assegni “postdatati”, portati all’incasso in assenza di provvista o di autorizzazione.

Evidenziava inoltre che dalla documentazione agli atti si evinceva che Claudio (OMISSIS) aveva veste di legale rappresentante della “Euroser” s.r.I., allorché gli assegni erano stati effettivamente emessi; che di conseguenza il comportamento illecito si era perfezionato all’atto dell’emissione dei titoli “postdatati” e la responsabilità per nulla poteva essere ascritta alla persona fisica che successivamente aveva assunto la veste di legale rappresentante della “Euroser” ovvero al commissario giudiziale del concordato preventivo cui successivamente la “Euroser” era stata ammessa.

6. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso Claudio (OMISSIS); ne ha chiesto sulla scorta di quattro motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione anche in ordine alle spese.

Il Ministero dell’Interno – Prefettura U.T.G. di Bergamo non ha svolto difese.

7. Il ricorrente ha depositato memoria.

8. Con il primo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 10 co., n. 4 e n. 5, cod. proc. civ. la violazione degli artt. 24 e 111 Cost. e degli artt. 115 e 132, n. 4, cod. proc. civ.

Deduce che, contrariamente all’assunto del tribunale, la Prefettura di Bergamo non si è ritualmente costituita in primo grado.

Deduce che la Prefettura ha, sì, trasmesso via p.e.c. all’ufficio del giudice di pace le proprie note, ma su siffatte note non è stato apposto il rituale “timbro di depositato” e tali note non sono state inserite nel fascicolo d’ufficio.

Deduce quindi che ne è scaturita la lesione del principio del contraddittorio.

Deduce altresì che il giudice di primo grado avrebbe dovuto porre a fondamento della decisione i fatti addotti, siccome non contestati dalla Prefettura non costituita ritualmente.

9. Il primo motivo di ricorso è privo di fondamento e va respinto.

10. E’ sufficiente il rinvio all’insegnamento di questa Corte a tenor del quale la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione; ne consegue che è inammissibile l’impugnazione con la quale si lamenti un mero vizio del processo, senza prospettare anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione di merito (cfr. Cass. 18.12.2014, n. 26831; Cass. 9.8.2017, n. 19759; Cass. 23.2.2010, n. 4340).

11. Su tale scorta non può non rimarcarsi che del tutto generica è la lesione del diritto di difesa che il ricorrente prospetta, allorché in dipendenza dell’omesso inserimento delle note della Prefettura nel fascicolo d’ufficio – deduce, sic et simpliciter, che “la lettura della comparsa avversaria di cui al primo grado di giudizio, avrebbe consentito (…) di comprendere agevolmente e completamente le ragioni difensive della Prefettura” (così ricorso, pag. 5; così memoria, pag. 3).

D’altra parte, seppur la Prefettura di Bergamo fosse stata, così come assume il ricorrente, da dichiarar contumace in primo grado, di certo, a fronte della legittima determinazione della controparte di non costituirsi dinanzi al giudice di pace, Claudio (OMISSIS) non avrebbe avuto, a rigore, né comparsa avversaria da leggere né motivo per dolersi del fatto che gli è risultata “del tutto sconosciuta la posizione dell’ente a seguito della notifica del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado” (così ricorso, pag. 5; così memoria, pag. 3).

12. Neppure merita seguito il rilievo veicolato in fine dal primo mezzo.

Invero, seppur la Prefettura di Bergamo fosse stata da dichiarar contumace in prime cure, avrebbe esplicato valenza l’insegnamento di questa Corte secondo cui la contumacia integra un comportamento neutrale cui non può essere attribuita valenza confessoria e comunque non contestativa dei fatti allegati dalla controparte, che resta onerata della relativa prova (cfr. Cass. sez. lav. 21.11.2014, n. 24885; Cass. sez. lav. 14.1.2015, n. 461, secondo cui il principio di non contestazione presuppone un comportamento concludente della parte costituita; Cass. 23.6.2009, n. 14623, secondo cui l’esclusione dei fatti non contestati dal “thema probandum” non può ravvisarsi in caso di contumacia del convenuto, in quanto la non negazione fondata sulla volontà della parte non può presumersi per il solo fatto del non essersi la stessa costituita in giudizio, non essendovi un onere in tal senso argomentabile dal sistema).

13. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione dell’art. 31, 2° co., del r.d. n. 1736/1933, dell’art. 8 della legge n. 386/1990, degli artt. 168, 173, e 216, 30 co., I.fall. e del principio della par condicio creditorum in pendenza di concordato preventivo.

Deduce che il tribunale non ha tenuto conto che l’ordinanza – ingiunzione lo indicava quale persona fisica e non quale legale rappresentante dell’ “Euroser” s.r.I., che gli assegni erano stati tratti dal conto corrente della “Euroser” s.r.I., che aveva emesso gli assegni in qualità di legale rappresentante della “Euroser” s.r.l.

Deduce che il tribunale non ha tenuto conto che la “postdatazione” non inficia in alcun modo l’assegno.

14. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. la violazione del precedente giudiziale, del principio dell’eguale trattamento di casi simili, del principio della certezza del diritto.

Deduce che la motivazione dell’impugnato dictum è contraddittoria, siccome il tribunale non ha tenuto conto di ben quattro – e per giunta di una quinta – decisioni a sè favorevoli, assunte dagli uffici giudiziari di Bergamo in casi del tutto analoghi, relativi ad ordinanze – ingiunzioni emesse a suo carico.

15. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 4, cod. proc. civ. la nullità della sentenza per difetto di motivazione. Deduce che la motivazione è inesistente, “apparente” ed insufficiente.

16. Il secondo motivo, il terzo motivo ed il quarto motivo di ricorso sono strettamente connessi; se ne giustifica perciò la disamina contestuale; i medesimi motivi sono comunque privi di fondamento e da respingere.

17. Con precipuo riferimento al quarto motivo si rimarca che, contrariamente all’assunto del ricorrente, l’impugnato dictum per nulla difetta della motivazione: la motivazione vi è ed è esaustiva e congrua.

Più esattamente il tribunale lombardo, così come si è premesso, ha compiutamente ed intellegibilmente esplicitato il proprio iter argomentativo.

Del tutto ingiustificata è pertanto la denuncia di motivazione “apparente” (che ricorre allorquando il giudice di merito non procede ad una approfondita disamina logico – giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito: cfr. Cass. 21.7.2006, n. 16672).

Del tutto ingiustificata è in pari tempo la denuncia di insufficienza e contraddittorietà della motivazione.

Tanto, ben vero, a prescindere da un duplice rilievo.

Ossia dal rilievo per cui l’insufficienza della motivazione non è annoverabile tra le figure di “anomalia motivazionale” rilevanti alla luce della pronuncia n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte.

Ossia dal rilievo per cui nel vigore del nuovo testo dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. – al di là dell’ipotesi del “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, insussistente nel caso de quo – non è più configurabile il vizio di contraddittoria motivazione della sentenza, atteso che la norma suddetta attribuisce valenza solo all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, non potendo neppure ritenersi che il vizio di contraddittoria motivazione sopravviva come ipotesi di nullità della sentenza ai sensi del n. 4 del medesimo art. 360 cod. proc. civ. (cfr. Cass. (ord.) 6.7.2015, n. 13928).

18. Con precipuo riferimento, del pari, al quarto motivo il ricorrente non ha margine per prospettare un presunto incongruo esame della documentazione prodotta.

Difatti il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ., né in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132, n. 4, cod. proc. civ. – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892).

19. Con precipuo riferimento al terzo motivo si rimarca che nessun vincolo era ed è atto a scaturire nella specie da più o meno coeve decisioni assunte in casi analoghi dal Tribunale e dall’Ufficio del Giudice di Pace di Bergamo.

Invero, affinché il giudicato sostanziale formatosi in un giudizio operi all’interno di altro giudizio instaurato successivamente, è necessario che tra la precedente causa e quella in atto vi sia, oltre che identità di parti e di “petitum“, anche di “causa petendi“, ai fini della cui individuazione rilevano non tanto le ragioni giuridiche enunciate dalla parte a fondamento della pretesa avanzata in giudizio, bensì l’insieme delle circostanze di fatto che la parte stessa pone a base della propria richiesta (cfr. Cass. sez. lav. (ord.) 25.6.2018, n. 16688).

Evidentemente, in questi termini, la “causa petendi” del giudizio de quo agitur è senz’altro diversa dalle “causae petendi” dei giudizi analiticamente richiamati dal ricorrente: è lo stesso Claudio Aldeghi che riferisce che gli ulteriori giudizi hanno avuto ad oggetto ulteriori ordinanze – ingiunzioni, concernenti ulteriori assegni (cfr. ricorso, pag. 8; cfr. memoria, pagg. 6 – 7).

Ovviamente il precedente giurisprudenziale non rientra tra le fonti del diritto e, pertanto, non è vincolante per il giudice (cfr. Cass. sez. un. 3.5.2019, n. 11747).

Viepiù che nella fattispecie, nel solco – appunto – della pronuncia delle sezioni unite testé menzionata, il dictum del Tribunale di Bergamo è senza dubbio frutto di una scelta interpretativa consapevole e riconoscibile come tale ed appieno comprensibile alla stregua della motivazione all’uopo assunta.

20. Con precipuo riferimento al secondo motivo si rimarca che il Tribunale di Bergamo ha senz’altro tenuto conto delle circostanze di fatto della cui pretesa omessa considerazione il ricorrente si duole.

21. In ogni caso, indiscutibilmente, Claudio (OMISSIS) è stato sanzionato per aver emesso assegni successivamente alla revoca delle autorizzazioni in veste di legale rappresentante della “Euroser” s.r.l.

Cosicché non ha precipua valenza che l’ordinanza ingiunzione non ne specificasse la qualità.

D’altronde, il tribunale ha precisato, nel quadro della previsione del 3° co. dell’art. 6 della legge n. 689/1981, che autore dell’illecito amministrativo di cui all’art. 1 della legge n. 386/1990 può essere unicamente la persona fisica che ha commesso il fatto, sicché gli enti e le società per le quali la persona fisica ha operato in veste di legale rappresentante, sono responsabili in solido esclusivamente al fine di garantire il pagamento della sanzione pecuniaria.

22. Al contempo questa Corte non può che ribadire il proprio insegnamento.

Ossia l’insegnamento secondo cui colui che emette un assegno bancario privo della data di emissione, valevole come da promessa di pagamento, con l’intesa che il prenditore possa utilizzare il documento come titolo di credito in epoca successiva apponendovi data e luogo di emissione, si assume la responsabilità (quanto meno a titolo di dolo eventuale) della eventuale attribuzione al medesimo documento delle caratteristiche dell’assegno bancario, e pertanto può rispondere dell’illecito amministrativo previsto dall’art. 1 della legge n. 386 del 1990 (come sostituito dall’art. 28 del dec. Igs. n. 507 del 1999) se, al momento dell’utilizzazione del titolo, non vi sia l’autorizzazione ad emetterlo (cfr. Cass. 20.6.2007, n. 14322; Cass. (ord.) 22.9.2020, n. 19797, secondo cui chi emette un assegno bancario privo della data di emissione accetta il rischio che, al momento del riempimento del documento e della sua utilizzazione come assegno, il titolo risulti privo di autorizzazione, sicché risponde dell’illecito previsto dall’art. 1 della legge n. 386 del 1990 se al momento dell’utilizzazione del titolo non vi sia autorizzazione ad emetterlo).

23. In questi termini non può che rimarcarsi ulteriormente quanto segue.

Per un verso, è da condividere in toto il rilievo del tribunale secondo cui “ogni qualvolta si rilascino a terzi titoli senza data o con data successiva ci si espone consapevolmente al rischio che alla data poi scritta sulla cartula non vi sia (…) provvista sul c/c o sia venuta meno l’autorizzazione” (così sentenza d’appello, pag. 7).

Per altro verso, a nulla rileva che gli assegni sono stati portati all’incasso allorquando il ricorrente non aveva più veste di legale rappresentante della “Euroser” s.r.l. (cfr. ricorso, pag. 7) e che, per effetto dell’ammissione della “Euroser” s.r.l. alla procedura di concordato preventivo, non era più possibile procedere al pagamento degli assegni, siccome ne sarebbe scaturita violazione della par condicio creditorum (cfr. ricorso, pag. 8).

Evidentemente, chi emette un assegno bancario privo della data di emissione accetta altresì il rischio che, al momento del riempimento del documento e della sua utilizzazione come assegno, il pagamento risulti precluso in dipendenza dell’operatività delle regole della “concorsualità”, correlate alla sottoposizione ovvero all’ammissione del debitore ad una procedura concorsuale.

24. La Prefettura U.T.G. di Bergamo non ha svolto difese. Nonostante il rigetto del ricorso nessuna statuizione in tema di spese va perciò assunta.

25. Ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater, d.p.r. 30.5.2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1° co. bis, d.p.r. cit., se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso;

ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater, d.p.r. n. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1° co. bis, d.p.r. cit., se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della II sez. civ. della Corte Suprema di Cassazione, il 27 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 novembre 2021.

SENTENZA – copia non ufficiale -.