Telefonate e visite a raffica in Comune per chiedere una casa popolare: condannato per molestie (Corte di Cassazione, Sezione I Penale, Sentenza 18 luglio 2022, n. 27898).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOGINI Stefano – Presidente –

Dott. COSTANZO Angelo – Consigliere –

Dott. VILLONI Orlando – Consigliere –

Dott. GIORDANO Emilia Anna – Consigliere –

Dott. FILOCAMO Fulvio – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) MARIO MAURIZIO nato a GRAMMICHELE il 14/03/19xx;

avverso la sentenza del 23/06/2020 del TRIBUNALE di CAMPOBASSO;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. FULVIO FILOCAMO;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott.ssa FRANCA ZACCO che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del Tribunale di Campobasso, emessa il 23 giugno 2020, Mario Maurizio (OMISSIS) è stato condannato per il reato di cui agli artt. 81 e 660 cod. pen. a 500 euro di ammenda per aver molestato il Sindaco con numerose telefonate, appostamenti e continue visite in Comune al fine di ottenere l’assegnazione di una casa popolare.

2. Avverso detto provvedimento l’imputato ricorre, tramite il difensore di fiducia, chiedendone l’annullamento con rinvio, ponendo a base dell’impugnazione quattro motivi.

2.1. Con il primo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione risultante dal testo della sentenza impugnata in relazione all’integrazione del reato contestato sotto il profilo sia oggettivo che soggettivo.

2.2. Con il secondo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen. l’inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, nonché il difetto di motivazione in relazione agli artt. 163, 164 e 167 e 178 e sg. cod. pen. sull’applicata sospensione condizionale della pena che, non richiesta, limiterebbe la possibilità di richiedere la riabilitazione dovendosi così attendere due anni per l’estinzione del reato e, poi, altri tre anni per richiedere la riabilitazione.

2.3. Con il terzo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen. l’inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 175 cod. pen., nonché l’omissione o carenza della motivazione risultante dal testo della sentenza impugnata sulla mancata concessione dell’ulteriore beneficio della non menzione sul certificato penale.

2.4. Con il quarto motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen. l’inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 131-bis cod. pen., nonché la carenza della motivazione risultante dal testo della sentenza.

Con memoria successiva si insiste per l’accoglimento dei motivi di ricorso.

3. Il Procuratore generale ha chiesto che venga rigettato il ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. I motivi dedotti sono complessivamente infondati.

4.1. Il primo motivo risulta generico rispetto alla contestata motivazione, con la quale non si confronta. Infatti, come correttamente indicato nella sentenza impugnata, rispetto ai fatti contestati è certamente applicabile il principio di diritto, espresso da Sez. F, n. 45315 del 27/08/2019, Manassero, Rv. 277291 – 01, secondo cui “ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 660 cod. pen., è necessaria una effettiva e significativa intrusione nell’altrui sfera personale che assurga al rango di “molestia o disturbo” ingenerato dall’attività di comunicazione in sé considerata e a prescindere dal suo contenuto”, come dettagliatamente riportato dagli elementi di prova testimoniali riportati nel provvedimento impugnato.

4.2. Il secondo motivo, che si basa su considerazioni di mera opportunità sulla tempistica ritenuta necessaria per richiedere la riabilitazione, è manifestamente infondato.

La giurisprudenza ha anche di recente ribadito che “è ammissibile l’impugnazione proposta dall’imputato avverso una sentenza di condanna a pena pecuniaria che sia stata condizionalmente sospesa senza sua richiesta, qualora l’impugnazione concerna interessi giuridicamente apprezzabili poiché correlati alla funzione stessa della sospensione condizionale, consistente nella “individualizzazione” della pena e nella sua finalizzazione alla reintegrazione sociale del condannato, e non si risolva nella prospettazione di motivi di mera opportunità, come quello di riservare il beneficio per eventuali condanne a pene più gravi” (Cass. Sez. 3, n. 17384 del 28/01/2021, Bianco, Rv. 281539 – 01).

4.3. Il terzo motivo, sulla lamentata violazione di legge e vizio di motivazione per la mancata concessione del beneficio della non menzione di cui all’art. 175 cod. pen., non è consentito in questa sede.

Infatti, non risulta che detto beneficio sia stato richiesto dall’imputato nel giudizio di merito, quindi, va qui ribadito il principio di diritto secondo cui “la mancata concessione “ex officio” della sospensione condizionale della pena o della non menzione della condanna non è deducibile con il ricorso per cassazione da parte dell’imputato che non abbia richiesto tali benefici nel corso del giudizio di merito” (Sez. 3, n. 28690 del 09/02/2017, Rochira, Rv. 270587 – 01).

4.4. Il quarto motivo, relativo alla violazione di legge e vizio di motivazione per la mancata applicazione d’ufficio della causa di non punibilità ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen., nonostante fosse contestata la reiterazione della condotta di cui all’art. 81, comma secondo, cod. pen., risulta manifestamente infondato, infatti, “la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non può trovare applicazione in relazione al reato di molestia ex art. 660 cod. pen. nel caso di reiterazione della condotta tipica, senza necessità di esplicita motivazione sul punto” (Sez. 1, n. 1523 del 05/11/2018, dep. 2019, Morreale, Rv. 274794 – 01).

5. Dalle considerazioni esposte deriva il rigetto del ricorso e la condanna alle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in data 2 marzo 2022.

Depositato in Cancelleria il 18 luglio 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.