L’omesso avviso sulla possibilità di avvalersi della mediazione rende nullo il contratto con il difensore? (Corte di Cassazione, Sezione II Civile, Sentenza 7 dicembre 2022, n. 35971)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SECONDA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FALASCHI Milena – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Rel. Consigliere –

Dott. MARCHEIS Chiara Besso – Consigliere –

Dott. TRAPUZZANO Cesare – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 25317/2017 R.G. proposto da

(OMISSIS) SALVATORE PALMIRO, rappresentato e difeso in proprio, elettivamente domiciliato in Roma, Via (OMISSIS) 72, presso l’avv. Fabio (OMISSIS)

–RICORRENTE–

contro

CONDOMINIO (OMISSIS) DI VIA (OMISSIS) 10 DI CERNUSCO SUL NAVIGLIO, in persona dell’amministratore p.t..

-INTIMATO-

avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano n. 1507/2017, depositata in data 10.4.2017.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 24.10.2022 dal Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato.

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. Con sentenza n. 1507/2017, la Corte distrettuale, confermando la sentenza di primo grado, ha riconosciuto all’avv. Salvatore Palmiro (OMISSIS) un indennizzo ex art. 2041 c.c., pari ad € 1990, ridotto ad € 490,00 in considerazione dell’anticipo già percepito, per aver difeso il Condominio (OMISSIS) di Cernusco sul Naviglio in un procedimento per accertamento tecnico preventivo, avente ad oggetto vizi costruttivi dell’edificio condominiale e la quantificazione del danno, e nel successivo giudizio di merito.

Anche il giudice distrettuale ha ritenuto che la mancata allegazione all’atto introduttivo del giudizio dell’informativa, in forma scritta, resa alla parte assistita circa la possibilità di avvalersi della procedura di mediazione civile ex art. 4, comma 3 , del d.lgs. 28/2010, fosse causa di annullamento del contratto d’opera professionale anche se detto adempimento non aveva avuto conseguenze sul piano processuale, e che, inoltre, al difensore spettasse solo un indennizzo a titolo di ingiustificato arricchimento, che già il tribunale aveva liquidato in base all’attività effettivamente svolta (stesura, notifica e iscrizione a ruolo di un atto di citazione), in applicazione del D.M. 55/2014.

Per la cassazione della sentenza, l’avv. Salvatore (OMISSIS) propone ricorso in tre motivi.

Il Condominio è rimasto intimato.

2. Il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 112 c.p.c., per aver la Corte d’appello emesso due distinte pronunce, depositate lo stesso giorno, la prima delle quali non si riferiva alle parti in causa e esaminava questioni del tutto estranee al presente giudizio.

Il motivo è infondato.

La Corte d’appello ha depositato, in pari data, due diverse pronunce, aventi il medesimo numero di ruolo generale, la prima delle quali aveva ad oggetto una richiesta di compensi per attività di mediazione o di geometra tra parti diverse da quelle di causa (cfr. pag. 3).

Probabilmente avvedutosi dell’errore, il giudice distrettuale ha depositato una seconda sentenza – oggetto del presente ricorso – rinnovando integralmente la decisione.

La pronuncia impugnata in questa sede non è inficiata dai vizi della decisione emessa per prima.

L’inesistenza giuridica, o nullità radicale, di un provvedimento giurisdizionale avente contenuto decisorio emesso nei confronti delle parti del giudizio, ma con motivazione e dispositivo relativi a diversa causa concernente altri soggetti, comporta, per l’incompiuto esercizio della giurisdizione, che il giudice cui è apparentemente da attribuire la sentenza inesistente possa procedere alla sua rinnovazione, emanando un valido atto conclusivo del giudizio (Cass. 40883/2021; Cass. 32405/2019; Cass. 6162/2014; Cass. 30067/2011; Cass. 27428/2009).

Ferma, quindi, la validità della seconda decisione, qui impugnata, il vizio di quella emessa per prima può esser fatto autonomamente valere, in ogni tempo, mediante un’azione di accertamento negativo (“actio nullitatis“) o con i normali mezzi di impugnazione, sempre che sussista un interesse della parte all’espressa rimozione della decisione viziata (Cass. 3010/2022; Cass. 27428/2009).

3. Il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 4, comma terzo, d.lgs. 28/2010, per aver la Corte ritenuto annullabile il contratto professionale per il mancato avvertimento, rivolto alla parte, della possibilità di esperire la mediazione.

Si deduce che – al momento della proposizione del giudizio di merito, in data 22.6.2013 – la norma che prescrive l’obbligatorietà della mediazione non era in vigore, essendo stata dapprima prevista dall’art. 5, comma primo, d.lgs. 21.3.2010, n. 28, dichiarato incostituzionale con sentenza n. 272/2012, e quindi reintrodotta con d.l. 69/2013, con effetto dal 22.6.2013.

Il mandato professionale aveva, inoltre, ad oggetto anche un procedimento di accertamento tecnico preventivo, non sottoposto all’obbligo di mediazione e l’inosservanza della norma non aveva determinato l’improcedibilità della domande in alcuna delle cause in cui il ricorrente aveva esercitato la difesa.

Il motivo è infondato.

L’originaria formulazione dell’art. 5, comma primo, d.lgs. 28/2010 prevedeva che chiunque intendesse esercitare in giudizio un’azione relativa alle controversie ivi indicate era tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione, a pena di improcedibilità della domanda.

La Corte costituzionale, con la pronuncia 6 dicembre 2012 n. 272, ha dichiarato l’illegittimità della norma per eccesso di delega, nonché – “in via consequenziale” – dell’art. 4, comma 3, limitatamente al secondo periodo (ove prevedeva che l’avvocato informasse l’assistito dei casi in cui l’esperimento del procedimento di mediazione era condizione di procedibilità della domanda giudiziale”) e al sesto periodo (limitatamente alla frase “se non provvede ai sensi dell’art. 5, comma 1”; cfr., in motivazione, Cass.31852/2019).

Successivamente la mediazione è stata resa nuovamente obbligatoria, per le controversie ivi indicate, con il nuovo comma 1 bis dell’art. 5 d.lgs. 28/2010, introdotto dall’ art. 84, comma primo, lettera b) d.l. 69/2013.

La disposizione nulla ha però innovato riguardo all’obbligo dell’avvocato di informare il cliente della facoltà di ricorrere alla mediazione e di beneficiare delle agevolazioni fiscali, già previsto dal citato art. 4 ed in vigore sin dal 20.3.2010.

E’ peraltro indubbio che la Corte di merito, avendo rilevato la mancanza dell’informativa rivolta al cliente della possibilità di avvalersi della mediazione, abbia dichiarato l’annullamento del contratto con riferimento alla mediazione facoltativa; è allora irrilevante stabilire se i giudizi patrocinati dal ricorrente fossero o meno sottoposti all’onere di mediazione obbligatoria o che nessuna delle domande sia stata dichiarata improcedibile per violazione dell’art. 5, comma primo, d.lgs. 28/2010.

Quanto, infine alla sussistenza dell’informativa nella procura sottoscritta dalla resistente, la circostanza di fatto, semplicemente enunciata, è in contrasto con le conclusioni della sentenza, che ha ritenuto inadempiuto l’obbligo di cui al citato art. 4, considerato peraltro il documento contenente l’informativa non può identificarsi con la procura “ad litem“, dalla quale si distingue per oggetto e funzione (Cass. 13886/2016).

3. Il terzo motivo denuncia la violazione del D.M. 55/2014, lamentando che la pronuncia, nel liquidare i compensi, abbia applicato retroattivamente le previsioni del decreto, benché l’attività difensiva si fosse esaurita prima della loro entrata in vigore.

Il motivo non merita accoglimento.

Sebbene il ricorrente affermi che l’attività si era esaurita nel marzo 2014, si evince dalla sentenza che la revoca del mandato – e quindi la cessazione del rapporto professionale – era intervenuta il 4.4.2014, nel pieno regime del D.M. 55/2014, entrato in vigore il giorno precedente (ossia il 3.4.2014; cfr. sentenza, pag. 2).

Il citato decreto disciplina, peraltro, i compensi dell’avvocato per le prestazioni professionali (art. 1) e non è direttamente invocabile per monetizzare l’utilità ricavata dal l’amministrazione per l’opera prestata dal professionista, dopo che il contratto di incarico era stato annullato.

L’eventuale impiego dei criteri tabellari era in funzione della mera liquidazione equitativa dell’ammontare dell’indennizzo ex art. 2041 c.c., non configurandosi – neppure in astratto – un contrasto con il regime intertemporale fissato dall’art. 28 del decreto (secondo cui le relative disposizioni si applicano alle liquidazioni successive alla sua entrata in vigore).

Le deduzioni del ricorrente in merito all’incongruità delle somme liquidate appaiono –infine – motivatamente disattese dalla Corte di merito, evidenziando che l’attività si era esaurita nella sola stesura, notifica e iscrizione a ruolo della citazione, con apprezzamento di merito, logicamente motivato.

Il ricorso è quindi respinto.

Nulla sulle spese, non avendo il Condominio svolto difese.

Si dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1- bis dello stesso art. 13, se dovuto.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art.13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, il giorno 24 ottobre 2022.

Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.