REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUARTA SEZIONE PENALE
Composta da
PATRIZIA PICCIALLI – Presidente –
LUCIA VIGNALE
ALESSANDRO RANALDI
LOREDANA MICCICHÉ – Relatore –
DAVIDE LAURO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(omissis) (omissis) nato a (omissis) il xx/xx/19xx;
avverso la sentenza del 09/09/2024 della CORTE APPELLO di NIESSINA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa LOREDANA MICCICHÉ;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott.ssa SABRINA PASSAFIUML che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso
RITENUTOIN FATTO
1. La Corte di Appello di Messina ha confermato la condanna a mesi cinque di arresto ed euro mille di ammenda pronunciata dal Tribunale di Messina nei confronti di (omissis) (omissis) in ordine al reato di cui all’art. all’art. 187, comma 8, CdS.
Il (omissis) I’11 marzo 2022, veniva fermato dalla Polizia per un controllo su strada mentre era alla guida di un’autovettura di sua proprietà, sprovvisto della patente di guida. Richiesto cli recarsi presso l’Ospedale di (omissis) per sottoporsi ai necessari accertamenti tossicologici, rifiutava di essere accompagnato in ospedale per essere sottoposto ad accertamenti.
2. Ricorre per cassazione l’imputato a mezzo del difensore di fiducia.
3. Con il primo motivo, lamenta vizio di cui all’art. 606, primo comma, lett. e). La Corte territoriale aveva erroneamente ritenuto sussistente il reato senza tenere conto del fatto gli operanti erano sprovvisti degli apparecchi portatili. In base alla procedure previste dalla norma di cui all’art. 187 CdS, solo l’esito positivo degli accertamenti eseguiti mediante apparecchi portatili avrebbe consentito l’accompagnamento presso la struttura sanitaria. Nessun accertamento era stato effettuato dagli operanti né risultavano elementi tali da far sospettare l’assunzione di stupefacenti. Il comportamento del (omissis) infatti, confermava la mancanza di sintomi tipici dello stato di alterazione, posto che egli si era messo a disposizione degli agenti, mostrandosi collaborativo con le forze dell’ordine, né la perquisizione eseguita nell’autovettura aveva rivelato la presenza di stupefacenti. Inoltre, segnali di deambulazione insicura e di difficoltà di espressione erano dovuti al fatto che l’imputato è claudicante ed affetto da balbuzie.
4. Con il secondo motivo lamenta vizio di motivazione in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche. La Corte territoriale non aveva valorizzato il comportamento collaborativo dell’imputato nonché il fatto che i precedenti penali da cui era gravato erano risalenti nel tempo.
5. Con il terzo motivo deduce vizio di motivazione relativamente al diniego del beneficio della sospensione condizionale della pena. Il reato contravvenzionale contestato non poteva essere avere rilevanza prognostica nel giudizio relativo al pericolo di recidivanza dell’imputato, che aveva usufruito del beneficio per un anno e sei mesi riguarda ad una precedente condanna, rientrando quindi nei limiti previsti dall’art. 164 cod. pen. .
6. Il Procuratore generale ha concluso per la inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato.
2. Quanto al primo motivo, è sufficiente riportare il chiaro testo dell’art. 187 CdS, che testualmente prevede (comma 2-bis: “Quando gli accertamenti di cui al comma 2 (ossia gli accertamenti compiuti con le apparecchiature portatili, ndr) forniscono esito positivo ovvero quando si ha altrimenti ragionevole motivo di ritenere che il conducente del veicolo si trovi sotto l’effetto conseguente all’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, i conducenti, nel rispetto della riservatezza personale e senza pregiudizio per l’integrità fisica, possono essere sottoposti ad accertamenti clinico-tossicologici e strumentali ovvero analitici su campioni di mucosa del cavo orale prelevati a cura di personale sanitario ausiliario delle forze di polizia. Nei casi previsti dal comma 2-bis, qualora non sia possibile effettuare il prelievo a cura del personale sanitario ausiliario delle forze di polizia ovvero qualora il conducente rifiuti di sottoporsi a tale prelievo, gli agenti di polizia stradale di cui all’articolo 12, commi 1 e 2, fatti salvi gli ulteriori obblighi previsti dalla legge, accompagnano il conducente presso strutture sanitarie fisse o mobili afferenti ai suddetti organi di polizia stradale ovvero presso le strutture sanitarie pubbliche o presso quelle accreditate o comunque a tali fini equiparate, per il prelievo di campioni di liquidi biologici ai fini dell’effettuazione degli esami necessari ad accertare la presenza di sostanze stupefacenti o psicotrope”.
La piana lettura della norma conduce, senza possibilità di equivoci, a ritenere che l’accompagnamento presso una struttura sanitaria può essere disposto non solo in caso di esito positivo degli accertamenti eseguiti con le apparecchiature portatili, ma anche “quando si ha altrimenti ragionevole motivo di ritenere che il conducente del veicolo si trovi sotto l’effetto conseguente nell’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope”.
Sul punto, la Corte territoriale, unitamente al Tribunale, fa specifico e puntuale riferimento alla sintomatologia presentata dall’imputato al momento del controllo (difficoltà di espressioni verbali e deambulazione insicura), costituente elemento potenzialmente rivelatore di uno stato di alterazione da stupefacenti. Sul punto, il ricorrente ha dedotto nel ricorso di essere balbuziente e zoppo, senza però indicare se detta circostanza sia stata allegata e provata nel giudizio di merito, di talchè non può essere lamentato alcun difetto di motivazione in ordine a elementi di cui non è neppure stata rappresentata la rituale acquisizione e dimostrazione in giudizio.
3. La sentenza impugnata ha fatto dunque corretta applicazione del consolidato il principio secondo cui il reato di rifiuto di sottoporsi ad accertamenti sanitari sull’eventuale stato di alterazione psicofisica derivante dall’uso di sostanze stupefacenti è configurabile nel caso in cui sussista il ragionevole motivo di ritenere che il conducente sia sotto l’effetto delle predette sostanze e gli operanti abbiano acquisito elementi utili per motivare l’obbligo di sottoporsi ad analisi di laboratorio (Sez. n. 40471 del 13 settembre 2023, n.m., Sez. 4 – , n. 24914 del 19/Cl2/2019, Russo, Rv. 276363 — 01; Sez. 4, n. 12197 del 11/01/2017, Taglialatela, Rv. 269394 — 01).
4. Quanto al secondo e al terzo motivo, va ricordato che costituisce approdo consolidato della giurisprudenza di questa Corte il principio per cui il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell’art. 62-bis, disposta con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non è più sufficiente il solo stato di incensuratezza dell’imputato (Sez. 4 – n. 32872 del 08/06/2022, Rv.:283489- 01;Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, Rv. 270986 – 01; Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014 Rv. 260610 — 01, cfr. anche Sez. 3 – n. 1913 del 20/12/2018, Rv. 275509 — 03).
La Corte di appello, in conformità all’indirizzo consolidato, non ha concesso le circostanze attenuanti generiche rilevando la assenza di elementi positivi valorizzabili a tal fine, a fronte del precedente penale specifico e degli altri precedenti penali per detenzione e cessione di stupefacenti e violazione degli obblighi di assistenza familiare da cui risulta gravato l’imputato. Quanto al diniego della sospensione condizionale della pena, la Corte territoriale han reso motivazione esaustiva, congrua e non manifestamente illogica, elencando i plurimi precedenti penali dell’imputato, ostativi ad una prognosi positiva in ordine alla astensione dal commettere ulteriori reati.
5. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 4 dicembre 2024
Il Consigliere estensore Il Presidente
Loredana Micciché Patrizia Picciallli
Depositato in Cancelleria, oggi 23 dicembre 2024
Il Funzionario Giudiziario
Dott.ssa Irene Caliendo