LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
LINA RUBINO – Presidente –
PASQUALE GIANNITI – Rel. Consigliere –
ROBERTO DE SIMONE – Consigliere –
PASQUALINA ANNA PIERA CONDELLO – Rel. Consigliere –
STEFANO GUIZZI GIAIME – Consigliere –
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21093/2023 R.G. proposto da:
(OMISSIS) (OMISSIS) rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) (OMISSIS) presso l’indirizzo di posta elettronica del quale é domiciliato per legge;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI BISCEGLIE, nella persona del legale rappresentante in atti indicato, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) (OMISSIS) presso l’indirizzo di posta elettronica certificata del quale é domiciliato per legge;
– controricorrente –
avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di TRANI n. 1291/2021, depositata il 05/07/2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/04/2025 dal Consigliere dr.ssa CONDELLO PASQUALINA ANNA PIERA.
FATTI DI CAUSA
1. (omissis) (omissis) ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza n. 1291/21, del 5 luglio 2021, del Tribunale di Trani, che, in riforma della sentenza n. 250/2020 del Giudice di pace di Bisceglie, ha rigettato la domanda risarcitoria dallo stesso proposta nei confronti del COMUNE DI BISCEGLIE.
1.1. Riferisce, in punto di fatto, l’odierno ricorrente che in data 11 luglio 2018, alle ore 20,15 circa, mentre stava percorrendo a piedi (omissis) del predetto Comune, scendendo dal marciapiede per attraversare la strada, era caduto a terra a causa di una buca presente sul manto stradale, non visibile, ed aveva riportato lesioni, consistenti in “frattura composta perone distale sinistro”.
Aveva adito l’autorità giudiziaria convenendo l’Ente municipale e, all’esito del giudizio, il Giudice di pace aveva accolto la domanda, riconducendola nell’ambito di applicazione dell’art. 2043 cod. civ. e liquidando il danno ai sensi dell’art. 139 D.Lgs. n. 209/2005.
1.2. Siffatta decisione veniva riformata dal Tribunale di Trani, il quale, accogliendo l’appello incidentale interposto dall’Ente comunale e respingendo quello principale del danneggiato, rigettava la domanda risarcitoria, condannando il danneggiato al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio.
2. Ha resistito all’avversaria impugnazione, con controricorso, il COMUNE DI BISCEGLIE.
3. Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis.1. cod. proc civ., in prossimità della quale entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente, deve darsi atto che il controricorso è stato tardivamente notificato in data 14 marzo 2022 e, quindi, successivamente allo spirare del termine previsto dall’art. 370 cod. proc. civ., nella formulazione ratione temporis applicabile, scaduto in data 13 novembre 2021, essendo stato il ricorso per cassazione notificato il 4 ottobre 2021, cosicché ne va dichiarata l’inammissibilità.
2. Con il primo motivo, denunziando la violazione dell’art. 2051 cod. civ., il ricorrente lamenta che il Tribunale di Trani, pur correttamente richiamando il criterio di imputazione di cui all’art. 2051 cod. civ., ha poi erroneamente ritenuto che la responsabilità del Comune potesse essere configurata soltanto a fronte del concreto riscontro di una insidia, così ponendo a carico del danneggiato l’onere di provare la non visibilità del pericolo e la non prevedibilità dell’evento dannoso, in tal modo discostandosi dall’orientamento della giurisprudenza di legittimità che ha precisato che l’onere probatorio gravante sul danneggiato si sostanzia nella duplice dimostrazione dell’esistenza (ed entità del danno) e della sua derivazione dalla cosa, restando a carico del custode l’onere di dimostrare la ricorrenza del fortuito.
3. Con il secondo motivo, deducendo “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.”, il ricorrente attinge la motivazione della decisione gravata nella parte in cui il giudice d’appello afferma che il danneggiato avrebbe dovuto tenere un comportamento più diligente, evidenziando che la motivazione, sul punto, si basa esclusivamente sull’unica fotografia tardivamente prodotta dal COMUNE DI BISCEGLIE in allegato alla comparsa conclusionale di primo grado, raffigurante un luogo diverso da quello in cui si è verificato il sinistro, come poteva facilmente evincersi dal raffronto con le altre fotografie acquisite agli atti di causa.
4. Il primo motivo è infondato.
4.1. Prendendo le mosse dalla natura oggettiva della responsabilità del custode e dalla distinzione tra caso fortuito e fatto del danneggiato o del terzo, questa Corte, anche con recenti pronunce (cfr. Cass., sez. 3, 23/05/2023, n. 14228, in motivazione), ha riaffermato che il requisito legale “della rilevanza causale del fatto del danneggiato è la colpa, intesa come oggettiva inosservanza del comportamento di normale cautela correlato alla situazione di rischio percepibile con l’ordinaria diligenza”, e ciò perché, mentre, al pari della concausa naturale, il fatto non colposo del danneggiato non incide sull’evento di danno sul piano della causalità materiale, al contrario il fatto colposo comporta la riduzione del risarcimento sul piano della causalità giuridica, “secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate”.
Si è spiegato che “presupposti della responsabilità per i danni da cose in custodia, ai sensi dell’art. 2051 cod. civ., sono la derivazione del danno dalla cosa e la custodia”, elementi costitutivi della fattispecie di responsabilità speciale, ex art. 2051 cod. civ., che devono essere provati dal danneggiato (Cass., sez. 3, 07/09/2023, n. 26142; Cass., sez. 3, 08/07/2024, n. 18518); e che incombe, invece, sul custode “la prova (liberatoria) della sussistenza del “caso fortuito”, quale fatto (impeditivo del diritto al risarcimento) che esclude la derivazione del danno dalla cosa custodita”, da intendersi quale “fatto diverso dal fatto della cosa, estraneo alla relazione custodiale, che assorbe in sé l’efficienza causale dell’evento dannoso, escludendo che esso possa reputarsi cagionato dalla res” (così, Cass., n. 26142/2023, cit.).
Già con le decisioni nn. 2477-2483, rese pubbliche in data 1 febbraio 2018, si è avuto modo di precisare che: “In tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione – anche ufficiosa – dell’art. 1227, primo comma, cod. civ., richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost., sicché, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro”.
Tale orientamento ha ricevuto una definitiva conferma dalle Sezioni Unite di questa Corte che, con la decisione n. 20943 del 30/06/2022, seguita anche da Cass. n. 11152 del 2023, hanno ribadito che “La responsabilità di cui all’art. 2051 cod. civ. ha carattere oggettivo, e non presunto, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell’attore del nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno, mentre sul custode grava l’onere della prova liberatoria del caso fortuito, senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode”.
Con le ulteriori precisazioni (punti 8.4. e ss. della sentenza 20943/2022) che:
– “la deduzione di omissioni, violazioni di obblighi di legge di regole tecniche o di criteri di comune prudenza da parte del custode rileva ai fini della sola fattispecie dell’art. 2043 cod. civ., salvo che la deduzione non sia diretta soltanto a dimostrare lo stato della cosa e la sua capacità di recare danno, a sostenere allegazione e prova del rapporto causale tra quella e l’evento dannoso”;
– “il caso fortuito, rappresentato da fatto naturale o del terzo, è connotato da imprevedibilità ed inevitabilità, da intendersi però da un punto di vista oggettivo e della regolarità causale (o della causalità adeguata), senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode”;
– il caso fortuito, rappresentato dalla condotta del danneggiato, è connotato dall’esclusiva efficienza causale nella produzione dell’evento; a tal fine, la condotta del danneggiato che entri in interazione con la cosa si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione anche ufficiosa dell’art. 1227, primo comma, cod. civ., e deve essere valutata tenendo anche conto del dovere generale di ragionevole cautela riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost.;
– “quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte dello stesso danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando lo stesso comportamento, benché astrattamente prevedibile, sia da escludere come evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale”.
Tali principi sono stati ulteriormente ribaditi dalla giurisprudenza di questa Corte, la quale li ha compendiati statuendo che la responsabilità ex art. 2051 cod. civ. ha natura oggettiva – in quanto si fonda unicamente sulla dimostrazione del nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno, non già su una presunzione di colpa del custode – e può essere esclusa o dalla prova del caso fortuito (che appartiene alla categoria dei fatti giuridici), senza intermediazione di alcun elemento soggettivo, oppure dalla dimostrazione della rilevanza causale, esclusiva o concorrente, alla produzione del danno delle condotte del danneggiato o di un terzo (rientranti nella categoria dei fatti umani), caratterizzate, rispettivamente, la prima dalla colpa ex art. 1227 cod. civ. (bastando la colpa del leso: Cass., sez. 3, 20/07/2023, n. 21675; Cass., sez. 3, 24/01/2024, n. 2376) o, indefettibilmente, la seconda dalle oggettive imprevedibilità e non prevenibilità rispetto all’evento pregiudizievole.
Tanto comporta che la prova liberatoria che il custode è onerato di dare, nell’ipotesi in cui il danneggiato abbia dimostrato il nesso di causalità tra la cosa in custodia e l’evento dannoso, non può avere ad oggetto l’assenza di colpa, ma piuttosto la sussistenza di un fatto (fortuito in senso stretto) o di un atto (del danneggiato o del terzo) che si pone esso stesso in relazione causale con l’evento di danno, caratterizzandosi, ai sensi dell’art. 41, secondo comma, primo periodo, cod. pen., come causa esclusiva di tale evento (così, in motivazione, Cass., n. 26142/2023, cit.; Cass., n. 18518/2024, cit.).
Si è in tal modo confermato che la condotta del danneggiato, “nella motivata valutazione del giudice del merito, può assumere un rilievo causale meramente concorrente (cosicché vi sarà una percentuale di danno ascrivibile al fatto del danneggiato e una percentuale ascrivibile al fatto della cosa, e dunque imputabile al custode di essa), ma anche un’efficienza causale esclusiva, ove, per il grado della colpa e il rilievo delle conseguenze, si ponga come causa assorbente del danno, sicché ne sia del tutto esclusa la derivazione dalla cosa”, fermo restando, però, che nel “formulare il giudizio di concorrenza o di esclusività causale del fatto del danneggiato, il giudice del merito deve dunque tenere conto solo del parametro oggettivo delle conseguenze e del parametro della colpa”, mentre “non occorre che il contegno del danneggiato, oltre che oggettivamente colposo, nel senso appena sopra precisato, sia anche abnorme, eccezionale, imprevedibile e inevitabile” (così, Cass., sez. 3, n. 14228 del 2023, cit.), in conformità ai principi espressi dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 20943/2022.
4.2. Va pure rammentato che il fatto colposo del danneggiato ai sensi dell’art. 1227, primo comma, cod. civ. è rilevabile anche d’ufficio se risultino prospettati gli elementi di fatto da cui esso sia ricavabile (ex aliis, Cass. 10/05/2018, n. 11258; Cass. 19/07/2018, n. 19218) e che l’apprezzamento della condotta del danneggiato, ai fini del concorso di colpa, integra un giudizio di fatto che, come tale, si sottrae al sindacato di legittimità se sorretto da adeguata motivazione (tra le tante, Cass., sez. 3, 17/01/2020, n. 842; Cass., sez. 3, 17/09/2024, n. 24920; in particolare, tra i soli vizi rilevanti in questa sede va annoverata l’apparenza della motivazione per manifesta fallacia o falsità delle premesse od intrinseca incongruità o inconciliabile contraddittorietà degli argomenti, secondo Cass., sez. 3, 05/07/2017, n. 16502/17).
Rientra, infatti, nell’insindacabile giudizio del giudice del merito la valutazione del grado di inosservanza del modello di comportamento diligente (da cui dipende la gravità della colpa del danneggiato) e dell’entità delle conseguenze ascrivibili al suo comportamento.
5. Nel caso di specie, la Corte territoriale ha espresso un giudizio di fatto sulla rilevanza causale del fatto del danneggiato nel pieno rispetto dei principi giuridici che ne costituiscono il fondamento.
Essa, infatti, con valutazione debitamente motivata e quindi insindacabile, ha accertato che:
i) il sinistro si è verificato quando la visibilità era ancora buona, come dichiarato dallo stesso odierno ricorrente in sede di interrogatorio formale;
ii) la buca era collocata nello spazio compreso tra due autovetture parcheggiate, lungo il marciapiede dal quale è sceso il (omissis) (omissis);
iii) la sede stradale nelle vicinanze non era in buono stato; dall’insieme di tali circostanze ha poi desunto che il danneggiato, ove avesse tenuto un comportamento più diligente e avesse fatto maggiore attenzione al momento dell’attraversamento, soprattutto utilizzando l’attraversamento pedonale sito a pochi passi dal luogo del sinistro, avrebbe sicuramente raggiunto il versante opposto in completa sicurezza;
iv) ha, pertanto, ritenuto che la buca, a causa della quale il danneggiato ha affermato di essere rovinato a terra, era visibile ed evitabile, sicché il (omissis) (omissis), ove avesse improntato il suo comportamento alla normale cautela correlata con la situazione di rischio percepibile con l’ordinaria diligenza, avrebbe potuto agevolmente scorgerla e altrettanto agevolmente evitarla senza alcun disagio, se solo avesse optato per il percorso meno impervio.
Secondo la ricostruzione operata dal Tribunale, la caduta e le conseguenti lesioni riportate, pertanto, non erano in alcun modo ascrivibili al fatto della cosa (e, dunque, imputabili a responsabilità del custode), ai sensi dell’art. 2051 cod. civ, ma dovevano essere causalmente ricondotte, in via esclusiva, al comportamento incauto del danneggiato, con esclusione di ulteriori fattori causali.
Avuto riguardo alle motivate e incensurabili valutazioni di fatto del giudice d’appello e alla correttezza dei loro presupposti di diritto, il motivo in esame non può che essere rigettato.
6. Inammissibile è, invece, il secondo motivo.
Prescindendo da ogni valutazione in merito alla contestata violazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., nella formulazione antecedente alla modifica introdotta dall’art. 54, primo comma, lett. b), del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni nella legge 7 agosto 2012, n. 134, che limita l’impugnazione alla sola ipotesi di “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, è sufficiente rilevare che il Tribunale, diversamente da quanto sostiene il ricorrente, non ha basato le ragioni della decisione su una sola fotografia asseritamente prodotta dal COMUNE DI BISCEGLIE, alla quale non fa espresso riferimento, ma ha piuttosto valorizzato le dichiarazioni rese dallo stesso (omissis) (omissis) in sede di interrogatorio formale e valutato tutta la “documentazione in atti” (v. pag. 6 della motivazione).
Il ricorrente, oltre a non precisare, nel rispetto dell’art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ. quale sia la fotografia alla quale fa riferimento, con la doglianza prospettata tende, nella sostanza, a contrapporre alla ricostruzione della vicenda fattuale operata dal Tribunale una differente valutazione delle risultanze istruttorie, preclusa in sede di legittimità, qualora, come nel caso de quo, la motivazione resa dal giudice di merito sia esaustiva e scevra da vizi logici.
Invero, il ricorrente per cassazione non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, in quanto, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione del giudice di merito, a cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. Sez. 5, 22/11/2023, n. 32505; Cass., sez. 2, 23/04/2024, n. 10927).
7. Alla inammissibilità ed infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso.
Nulla deve disporsi in merito alle spese del presente giudizio di legittimità, in ragione della rilevata tardività del controricorso, dovendosi qui richiamare il consolidato orientamento di questa Corte secondo cui, nell’ambito del procedimento camerale di cui all’art. 380-bis.1 cod. proc. civ., l’inammissibilità del controricorso tardivo rende inammissibili anche le memorie depositate dalla parte intimata ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., in quanto, divenuta la regola la trattazione camerale e quella in udienza pubblica l’eccezione, deve trovare comunque applicazione la preclusione dell’art. 370 cod. proc. civ., di cui la parte inosservante delle regole del rito non può che subire le conseguenze pregiudizievoli, salvo il parziale recupero delle difese orali nel caso in cui sia fissata udienza di discussione, con la conseguenza che venuta a mancare tale udienza nessuna attività difensiva è più consentita (Cass., sez. L, 29/10/2020, n. 23921; Cass., sez. 3, 11/02/2022, n. 4428).
8. Infine, per la natura della causa petendi, va di ufficio disposta l’omissione, in caso di diffusione del presente provvedimento, delle generalità e degli altri dati identificativi del ricorrente, ai sensi dell’art. 52 del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Dispone che, ai sensi dell’art. 52 del D.Lgs. 30 giugno 2003, 196 del 2003, in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse generalità ed altri dati identificativi del ricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio del merito dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile, il 15 aprile 2025.
Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2025.