Autovelox: non basta il certificato di messa in opera, serve la verifica della taratura (Corte di Cassazione, Sezione II Civile, Sentenza 3 giugno 2020, n. 10464).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5259-2017 proposto da:

VOLPINI Mauro, rappresentato e difeso dall’avvocato Adalberto PALESTINI;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI CIVITA D’ANTINO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 803/2016 del TRIBUNALE di 2019 AVEZZANO, depositata il 15/07/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/10/2019 dal Consigliere Dott. Giuseppe DE MARZO.

FATTI DI CAUSA

1. Per quanto ancora rileva, con sentenza depositata il 15 luglio 2016 il Tribunale di Avezzano:

a) ha rigettato la querela di falso proposta da Mauro Volpini contro il verbale di accertamento di violazione n. 375/X/08 emesso dal Comando di Polizia Municipale del Comune di Civita d’Antino;

b) ha accolto l’appello proposto dal Comune e, in riforma della decisione di primo grado, ha dichiarato la validità dell’indicato verbale di accertamento.

2. Per quanto ancora rileva, il Tribunale ha osservato:

a) con riferimento alla querela di falso proposta, che la presenza di visibili cartelli di segnalazione degli strumenti di rilevamento della velocità e la visibilità di siffatti strumenti e degli agenti accertatori erano state confermata dai testi addotti dal Comune, che dovevano reputarsi più attendibili di quelli citati dal Volpini;

b) che, in definitiva, doveva ritenersi che le modalità di segnalazione della postazione di controllo della velocità erano rispondenti ai requisiti indicati dal legislatore, al fine di informare preventivamente gli utenti della sua esistenza;

c) che dal verbale di accertamento emergeva che la Polizia municipale si era avvalsa dello strumento elettronico omologato modello Velomatic 512, che consente di accertare l’infrazione commessa solo a transito avvenuto del veicolo trasgressore;

d) che nessuna previsione impone di indicare nel verbale di accertamento i risultati della taratura dell’apparecchio utilizzato per il rilevamento della velocità, anche in considerazione della irrilevanza della taratura rispetto alla correttezza del rilevamento;

e) che la funzionalità dell’apparecchiatura poteva dirsi provata alla luce del certificato di messa in opera e controllo.

3. Avverso tale sentenza il Volpini ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

L’intimato Comune non ha svolto attività difensiva.

Il ricorrente ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione degli artt. 3 e 24 Cost. per avere il Tribunale, dopo avere disposto la precisazione delle conclusioni limitatamente al procedimento incidentale per querela di falso, con sospensione del giudizio di merito sino alla definizione del procedimento principale, deciso la causa anche nel merito dell’opposizione.

2. Con il secondo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione della I. 11 agosto 1991, n. 273; del decreto del Ministro delle Infrastrutture del 16 maggio 2005, art. 4 e delle norme internazionali che prescrivono la taratura periodica degli apparecchi di rilevamento della velocità; nonché, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omessa o contraddittoria motivazione.

Il ricorrente richiama la sentenza 18 giugno 2015, n. 113 della Corte costituzionale che ha dichiarato illegittimo l’art. 45, sesto comma, cod. strad., nella parte in cui non prevedeva che tutte le apparecchiature impiegate nell’accertamento delle violazioni dei limiti di velocità fossero sottoposte a verifica periodica.

3. Deve procedersi, stante la sua priorità sul piano logico giuridico, e in ossequio al principio fondato sulla necessità di ricercare e indicare la “ragione più liquida” (Cass., Sez. Un., 18 novembre 2015, n. 23542; Cass., Sez. Un., 8 maggio 2014, n. 9936), all’esame del secondo motivo di ricorso, che è fondato.

Già, Cass. 16 maggio 2016, n. 9972, ebbe a rilevare che, per effetto della ricordata sentenza n. 113 del 2015 della Corte costituzionale, che ha effetto retroattivo ed è quindi applicabile ai giudizi pendenti, deve ritenersi che l’articolo 45, sesto comma, cod. strad. prescriva la verifica periodica della funzionalità degli autovelox e la loro taratura.

La sentenza impugnata ha ritenuto, come detto, irrilevante la taratura rispetto alla correttezza del rilevamento, facendo erroneamente riferimento alla sufficienza, ai fini della funzionalità , del certificato di messa in opera e di controllo (per l’insufficienza delle certificazioni di omologazione e conformità (v. Cass. 15 luglio 2016, n. 14543).

Qualora venga contestata l’affidabilità dell’apparecchio di misurazione della velocità, pertanto, il giudice è tenuto ad accertare se l’apparecchio sia stato o meno sottoposto alle suddette verifiche di funzionalità e taratura (v., di recente, Cass. 3 ottobre 2019, n. 24757).

4. Con il terzo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione del decreto 15 agosto 2007, della circolare 3 agosto 2007 del Ministero dell’Interno, dell’art. 4 del d.l. 20 giugno 2002, n. 121, conv. con I. 1 agosto 2002, n. 168, criticando la valutazione operata dal Tribunale, con riferimento alla attendibilità dei testi ascoltati ai fini della decisione della querela di falso.

La doglianza è inammissibile.

Cass. 21 febbraio 2012, n. 2525 ha, infatti, chiarito, in coerenza con alcuni precedenti di legittimità (tra cui Cass. 13 aprile 1999, n. 3625, ricordata anche dal ricorrente), che, qualora la querela di falso venga proposta, come nel caso di specie, nel giudizio davanti al Tribunale in sede di appello avverso sentenza del giudice di pace, il Tribunale stesso può provvedere su entrambi i processi con unica sentenza, come giudice di primo grado sulla questione di falso e come giudice di secondo grado sull’appello avverso la sentenza del giudice di pace; ne consegue che le statuizioni del tribunale, nella duplice funzione, determinano l’autonomia dei mezzi di impugnazione, nel senso che la prima statuizione deve essere impugnata con l’appello e la seconda con il ricorso per cassazione.

Ora, il Volpini ha appunto dedotto di avere proposto appello contro la decisione della querela di falso ed è in quella sede che sussiste il suo interesse a criticare le valutazioni espresse dal Tribunale, quanto alla attendibilità dei testimoni.

5. Alla stregua dei superiori rilievi, in relazione al disposto accoglimento del secondo motivo, la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra sezione del Tribunale di Avezzano, cui viene demandata anche la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il secondo motivo di ricorso, con assorbimento del primo;

dichiara inammissibile il terzo motivo;

in relazione al disposto accoglimento, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione del Tribunale di Avezzano cui viene demandata anche la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 11 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 giugno 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.