Canone di locazione ridotto per l’immobile adibito a Caserma dei Carabinieri (Corte di Cassazione, Sezione III Civile, Sentenza 4 gennaio 2023, n. 163).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele Gaetano Antonio – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. ROSSELLO Carmelo Carlo – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 10947/2019R.G. proposto da

Ministero dell’Interno, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici domiciliano ope legis in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;

–ricorrente–

contro

(OMISSIS) Giovanna e (OMISSIS) Maria;

–intimati–

avverso la sentenza della Corte d’appello di Cagliari n. 824/2018, depositata il 28 settembre 2018.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 21dicembre 2022 dal Consigliere Dott. Emilio Iannello.

FATTI DI CAUSA

1. Nel 1998 Alma (OMISSIS) concesse in locazione al Ministero dell’Interno un proprio immobile per essere adibito a caserma dei Carabinieri.

A seguito di regolare disdetta la locazione cessò di produrre i propri effetti a decorrere dal 16 aprile 2004.

Nondimeno il Ministero continuò a detenere l’immobile.

Giovanna e Maria (OMISSIS), aventi causa della originaria locatrice, lo convennero in giudizio, nel 2013, avanti il Tribunale di Cagliari, per la condanna al pagamento della indennità di occupazione.

In corso di causa le attrici produssero un verbale di conciliazione da loro stipulato con l’Amministrazione il 7 marzo 2011, e precisarono che le somme richieste si riferivano agli anni a decorrere dal 2011.

2. Con sentenza n. 728 del 2017 il Tribunale accolse la domanda e liquidò il danno, in base al valore locativo dell’immobile, pari ad € 30.000 per anno:

a) in tale intera misura per il periodo compreso tra il 2011 e il primo semestre del 2014 (al lordo degli acconti la cui corresponsione dava atto essere stata dimostrata dall’amministrazione convenuta e doversi, dunque, da quell’import o detrarre per gli anni 2011 e 2012);

b) in quella stessa misura, ridotta però del 15%, dal 1° luglio 2014 e per gli anni seguenti, 2015 e 2016, in applicazione dell’art. 3, comma 4, d.l. 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, come modificato dall’art. 24, comma 4, lett. a), d.l. 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89.

3. Con sentenza n. 824/2018, depositata il 28 settembre 2018, la Corte d’appello di Cagliari ha confermato tale decisione, rigettando, per quanto in questa sede interessa, il primo motivo del gravame interposto dal Ministero che lamentava l’erronea individuazione della data di decorrenza della riduzione prevista dalla norma citata , sull’assunto che questa dovesse ritenersi fissata al 7 luglio 2012, data di entrata in vigore del d.l. n. 95 del 2012.

Al riguardo la Corte territoriale, prendendo in esame l’ultimo inciso della disposizione citata (a mente del quale «Analoga riduzione si applica anche agli utilizzi in essere in assenza di titolo alla data di entrata in vigore del presente decreto»), ha osservato che tale norma «individua solo temporalmente quali siano le categorie delle situazioni di utilizzo senza titolo soggette alla riduzione, ma non fissa per le stesse una decorrenza di tale riduzione diversa da quella prevista per i rapporti locativi».

Ha soggiunto che «interpretando la norma nei termini assunti dalla appellante, si verrebbe a creare una differente e del tutto ingiustificata disparità di trattamento tra le occupazioni senza titolo ed i rapporti locativi, giacché per questi ultimi la riduzione opera dal 1° luglio 2014, mentre invece per le occupazioni senza alcun titolo la disposizione in esame introdurrebbe una riduzione anticipata di due anni, applicando quindi un trattamento più sfavorevole ai proprietari di beni illegittimamente occupati, già danneggiati dalla condotta della Pubblica Amministrazione».

4. Avverso tale sentenza il Ministero dell’Interno propone ricorso per cassazione affidato ad un solo motivo.

Le intimate non svolgono difese nella presente sede.

È stata quindi fissata l’odierna udienza pubblica, della quale è stata data rituale comunicazione alle parti.

Il P.M. ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Si dà preliminarmente atto che per la decisione del presente ricorso, fissato per la trattazione in pubblica udienza, questa Corte ha proceduto in camera di consiglio, senza l’intervento del procuratore generale e dei difensori delle parti, ai sensi dell’art. 23, comma 8-bis, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, in combinato disposto con l’art. 16, comma 1, d.l. 30 dicembre 2021, n. 228 (che ne ha prorogato l’applicazione alla data del 31 dicembre 2022), non avendo alcuna delle parti né il Procuratore Generale fatto richiesta di trattazione orale.

2. Con l’unico motivo di ricorso il Ministero dell’interno denuncia, con riferimento all’art. 360, comma primo, num. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 4, d.l. 6luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135.

Sostiene che — considerate anche le finalità di contenimento della spesa pubblica perseguite dalla norma, a prescindere (come rimarcato da Cass. n. 6389 del 2018) dalla natura della fonte della disponibilità fattuale del bene, e trattandosi nella specie di occupazione di fatto già in corso alla data di entrata in vigore del d.l. n. 95 del 2012 — la riduzione era senz’altro applicabile dal momento della entrata in vigore della norma (secondo la regola generale), visto che non è indicata una diversa – e differita – decorrenza.

3. La censura è fondata.

La disposizione richiamata [nella versione conseguente alla modifica apportata dalla legge di conversione 7 agosto 2012, n. 135, e, successivamente, dall’art. 24, comma 4, lett. a) , d.l. 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89] così recita: «Ai fini del contenimento della spesa pubblica, con riferimento ai contratti di locazione passiva aventi ad oggetto immobili a uso istituzionale stipulati dalle Amministrazioni centrali, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonché dalle Autorità indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob) i canoni di locazione sono ridotti a decorrere dal 1° luglio 2014 della misura del 15 per cento di quanto attualmente corrisposto.

A decorrere dalla data dell’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto la riduzione di cui al periodo precedente si applica comunque ai contratti di locazione scaduti o rinnovati dopo tale data.

La riduzione del canone di locazione si inserisce automaticamente nei contratti in corso ai sensi dell’articolo 1339 c.c., anche in deroga alle eventuali clausole difformi apposte dalle parti, salvo il diritto di recesso del locatore.

Analoga riduzione si applica anche agli utilizzi in essere in assenza di titolo alla data di entrata in vigore del presente decreto».

Come pure evidenziato dal P.M. nelle sue conclusioni scritte, all’interno della previsione sono considerate tre diverse ipotesi, ad ognuna delle quali è dedicato un ben distinto periodo del testo.

A) La prima riguarda «i contratti di locazione passiva aventi ad oggetto immobili a uso istituzionale stipulati dalle Amministrazioni centrali, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonché dalle Autorità indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob)».

Ad essa è dedicato il primo periodo della disposizione, il quale però non offre alcun’altra specificazione.

Dal raffronto con gli altri successivi periodi, dei quali appresso si dirà, appare necessario in negativo ritagliare per essa una definizione degli estremi temporali che la possa da esse distinguere.

È dunque logico ritenere che la previsione riguardi contratti di locazione che, pur ovviamente stipulati anteriormente all’entrata in vigore del d.l. (ché altrimenti non avrebbe senso la previsione di una riduzione del canone ope legis, questa presupponendo l’esistenza di un canone già in precedenza concordato), al momento dell’entrata in vigore della legge di conversione non siano ancora scaduti .

Per tali ipotesi la decorrenza della riduzione d’imperio è chiaramente e univocamente fissata al 1° luglio 2014.

B) La seconda ipotesi riguarda i contratti di locazione « scaduti o rinnovati dopo la data dell’entrata in vigore della legge di conversione del d.l. 6 luglio 2012, n. 95 » : ad essi, dice la norma, si applica «comunque» la riduzione di cui al periodo precedente , con decorrenza da tale data (ossia da quella di entrata in vigore della legge di conversione del d.l. 6 luglio 2012, n. 95). La selezione di tale ipotesi intermedia è di tipo alternativo: si deve trattare:

b1) o di contratti «scaduti» dopo l’entrata in vigore della legge di conversione;

b2) o di contratti «rinnovati» dopo tale data.

La norma non è altrimenti interpretabile se non nel senso che con essa si è voluto escludere che la postergazione (dettata dal primo periodo) della riduzione del 15% potesse valere anche per i contratti scaduti dopo l’entrata in vigore della legge di conversione ma prima del termine di operatività fissato nel primo periodo, indipendentemente dal fatto che a tale scadenza essi fossero stati o meno rinnovati.

In assenza di tale esclusione, invero, per tali contratti la riduzione non avrebbe potuto operare per tutti i canoni maturati dalla data di conversione del decreto fino alla predetta decorrenza e, dunque, sarebbe rimasta priva di effetti pratici.

La norma invece risulterebbe contraddittoria e antinomica con la previsione del primo periodo se riferita ai contratti scaduti dopo il termine di decorrenza ivi fissato.

È necessario notare, anche ai fini di quanto appresso sarà detto, che la previsione non era contenuta nella originaria formulazione del d.l. ma è stata inserita in sede di conversione; sede nella quale – è altresì interessante notare — sono state operate altre due modifiche: la prima rappresentata dallo spostamento di due anni (dal 1° gennaio 2013 al 1° gennaio 2015) della decorrenza della riduzione per la prima ipotesi di cui s’è detto (contratti in corso e non scaduti alla data di decorrenza della riduzione fissata per la prima ipotesi); la seconda rappresentata dalla sostituzione, nel terzo periodo del comma, ora divenuto quarto, su cui appresso si tornerà, della frase «alla data di entrata in vigore delle presenti disposizioni» con la frase «alla data di entrata in vigore del presente decreto».

C) La terza ipotesi attiene proprio all’ipotesi qui considerata: si tratta del caso di detenzione sine titulo da parte della pubblica amministrazione (la norma appare univoca in tal senso, nel riferirsi testualmente agli «utilizzi in essere in assenza di titolo»). Per essa la norma prevede l’applicazione di «analoga riduzione».

4. Sulla scorta di tale ricognizione può ora passarsi allo scrutinio della specifica questione posta dal ricorso in esame, che attiene al significato da attribuire a detta ultima disposizione, quanto in particolare alla data di decorrenza della «analoga riduzione» che essa dice doversi applicare «agli utilizzi in essere in assenza di titolo».

Un’ultima notazione ricognitiva, tuttavia, ancora si impone preliminarmente ed è data dall’avvertimento che il quadro normativo descritto non ha successivamente subito ulteriori significative modifiche, ai fini che qui interessano, fatta eccezione per quella introdotta dall’art. 24, comma 4, lettera a), d.l. 24 aprile 2014, n. 66, convertito con modificazioni dalla legge 23 giugno 2014, n. 89 e consistita nella fissazione al «1° luglio 2014» degli effetti della riduzione prevista dal primo periodo dell’art. 3, comma 4, d.l. n. 95 del 2012 per i contratti in corso (così anticipando la decorrenza invece fissata al 1° gennaio 2015 nel testo originario come modificato dalla legge di conversione).

5. Orbene, la norma in scrutinio («Analoga riduzione si applica anche agli utilizzi in essere in assenza di titolo alla data di entrata in vigore del presente decreto») si presta, sul piano dell’analisi logica del testo, a una possibile duplice lettura, a seconda che l’inciso «alla data di entrata in vigore del presente decreto» lo si intenda complemento di tempo correlato solo alla incidentale «utilizzi in essere» ovvero anche alla frase principale «analoga riduzione si applica».

Una serie di convergenti argomenti conducono a preferire il secondo corno dell’alternativa.

5.1. Correlato alla locuzione «utilizzi in essere», l’inciso temporale predetto non avrebbe nessuna utilità selettiva.

È ovvio, infatti , che la norma, non avendo efficacia retroattiva, non può che riferirsi alle occupazioni esistenti alla data della sua entrata in vigore.

Trattandosi però di stabilire, specie alla luce dello slittamento temporale previsto per le altre ipotesi prima considerate dalla stessa norma, se la riduzione prevista si debba applicare sin da subito dalla entrata in vigore della norma o piuttosto da data successiva, la lettura qui ipotizzata lascerebbe priva di appiglio testuale proprio un aspetto cui invece il legislatore ha mostrato di dedicare particolare attenzione.

5.2. Salvo a non voler utilizzare a detto scopo l’aggettivo «analoga» (utilizzato nel sintagma «analoga riduzione»), come propone il P.M. nelle sue conclusioni, collegando la disposizione a quella che la precede e recuperando in tal modo, anche per le occupazioni sine titulo, la stessa decorrenza temporale prevista per i contratti scaduti tra la data di entrata in vigore della legge di conversione e la data di decorrenza fissata per i contratti in corso. È questa però interpretazione che non persuade per almeno due motivi.

5.2.1. Anzitutto perché legge il lemma «analoga» in rapporto alla declinazione temporale della riduzione, il che rende oscura la scelta redazionale dal momento che occorre stabilire, visto che la disciplina al riguardo è diversificata nelle due precedenti ipotesi, a quale delle due l’analogia è riferita.

Ambiguità che invece non sussiste se il termine è inteso come riferito solo all’entità della riduzione (15%), la quale è identica in entrambe le precedenti ipotesi.

5.2.2. In secondo luogo perché l’opzione accolta dal P.M. — secondo cui il termine varrebbe a richiamare la disciplina temporale prevista per la seconda ipotesi (contratti scaduti dopo l’entrata in vigore della legge di conversione) — è giustificata sulla base di una supposta identità di situazioni disciplinate (rispettivamente dal secondo e dal quarto periodo della norma) che , in realtà, per quanto detto, non sussiste, né potrebbe sussistere a meno di non ritenere i due periodi frutto di una del tutto inutile ripetizione.

La seconda ipotesi, invero, riferisce la riduzione pur sempre ai canoni pattuiti dalle parti (e non alle indennità da occupazione sine titulo, sia pure protratta dopo la scadenza di un precedente rapporto, ai sensi dell’art. 1591 cod. civ.), differenziandosi dalla prima solo perché relativi, i canoni, a rapport i contrattuali bensì in essere al momento dell’entrata in vigore del d.l. e anche della successiva legge di conversione ma tuttavia scaduti (non importa se poi rinnovati o meno) prima del 1° luglio 2014: canoni, dunque, cui per tal motivo la riduzione dettata dal primo periodo non sarebbe stata applicabile.

Nessuna «analogia» dunque può predicarsi tra questa ipotesi e quella poi prevista nel terzo periodo che riguarda chiaramente le occupazioni sine titulo già come tali esistenti al momento dell’entrata in vigore del d.l..

6. Argomento decisivo verso la seconda esegesi (a favore della tesi, cioè, secondo cui il periodo in esame intende dettare una disciplina immediatamente applicabile alla data di emanazione del decreto legge senza alcuna postergazione di efficacia) si rivela però la considerazione diacronica dell’itinerario legislativo che ha condotto all’attuale formulazione della norma.

6.1. Il testo originario dell’art. 3, comma, d.l. n. 95 del 2012, prevedeva solo due ipotesi:

a) la prima era contenuta nel primo periodo ed era riferita ai contratti di locazione passiva non scaduti (s’intende alla data di entrata in vigore del d.l. medesimo)e prevedeva per essi la riduzione dei canoni del 15% con decorrenza dal 1° gennaio 2013;

b) la seconda era contenuta nel secondo periodo, il quale era del seguente testuale tenore: « Analoga riduzione si applica anche agli utilizzi in essere in assenza di titolo alla data di entrata in vigore delle presenti disposizioni».

Già questa sola constatazione indebolisce la proposta esegetica del P.M.: il sintagma nominale «analoga riduzione» esisteva nel tessuto normativo prima della introduzione della nuova ipotesi intermedia di cui s’è detto; il criterio esegetico proposto avrebbe dovuto allora condurre a ritenere applicabile alla riduzione prevista per le occupazioni senza titolo, prevista da norma in sé poi rimasta sostanzialmente immutata (salvo quanto si dirà), la stessa postergata decorrenza prevista nel primo periodo per i contratti in corso.

6.2. In sede di conversione (legge 7 agosto 2012, n. 135, entrata in vigore il 15 agosto 2012), come già s’è evidenziato, sono state apportate tre modifiche:

— la decorrenza della riduzione dei canoni nella prima ipotesi è fissata non più al 1° gennaio 2013 ma al 1° gennaio 2015;

— è introdotta, con un nuovo periodo inserito tra i precedenti primo e secondo, che diventa quarto, una seconda ipotesi: quella dei contratti di locazione bensì in corso alla data di entrata in vigore del d.l. ma scaduti dopo la legge di conversione e prima della postergata data di efficacia di cui al primo periodo, ai quali si prevede che la riduzione debba applicarsi «comunque» (ossia, anche se scaduti prima del 1° gennaio 2015, siano stati o meno rinnovati) e che lo siano a decorrere dall’entrata in vigore della legge medesima;

— è infine sostituito, nell’originario secondo periodo (diventato quarto) relativo alle occupazioni senza titolo, l’inciso finale «alla data di entrata in vigore delle presenti disposizioni», con la diversa locuzione «alla data di entrata in vigore del presente decreto».

Ora, non può sfuggire che, considerata isolatamente, quest’ultima modifica appare davvero incomprensibile e priva di senso, non vedendosi alcuna differente portata normativa tra la prima versione e la seconda.

Il senso appare però chiaro ed evidente ove la si legga insieme con le altre modifiche apportate nello stesso contesto della legge di conversione.

Esso sta proprio nell’evidenziare, insieme alla configurazione di tre ben distinte ipotesi, anche un correlato triplice scalettamento cronologico della efficacia delle disposizioni a ciascuna di esse riferite.

In tale scalettamento il legislatore ha inteso ben evidenziare tre diversi termini:

— il primo (non a caso ulteriormente spostato nel tempo proprio per rendere più netta la diversificazione temporale) è fissato al 1° gennaio 2015 (è irrilevante che poi sia stato di poco anticipato al 1° luglio 2014 con il d.l. n. 66 del 2014) e vale per la riduzione dei canoni nei contratti ancora in corso a quella data;

— il secondo è fissato alla data di entrata in vigore della legge di conversione (15 agosto 2012) e segna la diversa decorrenza della riduzione per i canoni relativi a contratti che, in corso alla data di entrata in vigore del d.l. n. 95 del 2012, siano scaduti anteriormente al 1° luglio 2014 ma dopo l’entrata in vigore della legge di conversione: contratti cioè che siano scaduti (non importa se poi rinnovati o meno) tra il 15 agosto 2012 e il 1° luglio 2014; per tali contratti saranno dunque ridotti del 15% i canoni maturati dopo il 15 agosto 2012;

— il terzo termine è infine fissato al 7 luglio 2012, ossia alla data stessa di entrata in vigore del d.l. n. 95 del 2012 e segna la decorrenza della riduzione (sempre nella stessa percentuale del 15%) delle indennità dovute per le illegittime occupazioni «in essere».

In tale più articolata classificazione delle ipotesi normate, ben si comprende perché il legislatore abbia avvertito l’esigenza di precisare che la decorrenza della riduzione dell’indennità nella terza ipotesi è da intendersi fissata alla data di entrata in vigore non «delle presenti disposizioni» ma «del presente decreto», atteso che il primo termine, in un contesto che faceva anche riferimento alla entrata in vigore della legge di conversione, rimaneva inevitabilmente ambiguo.

La sostituzione, dunque, assume un doppio significato chiarificatore:

— il primo è che, appunto, quell’inciso finale del terzo periodo va inteso come volto a definire la data di decorrenza della riduzione prevista per l’ipotesi considerata e non (o non solo) come destinato a identificare temporalmente a quali occupazioni esso intenda far riferimento;

— il secondo è che detta data di decorrenza va individuata, a differenza della ipotesi prima considerata (quella dei contratti scaduti), non nella data di entrata in vigore della legge di conversione ma in quella di entrata in vigore del decreto legge.

7. Resta da dire che l’interpretazione qui accolta sfugge a sospetti di illegittimità costituzionale per contrasto con il principio di uguaglianza.

La diversificazione del termine di decorrenza della riduzione — quest’ultima già in sé giustificata dalle esigenze di contenimento della spesa pubblica (come ampiamente evidenziato da Cass. n. 6389 del 2018 e anche da Cass. n. 29330 del 2019) — appare invero ragionevolmente calibrata rispetto alla diversità delle situazioni considerate che certamente rende giustificata un a maggiore graduazione nel tempo dell’intervento in situazioni in cui si tratti di incidere sull’autonomia contrattuale delle parti, rispetto a situazioni diverse in cui, in difetto di valido rapporto contrattuale, si tratti solo di ponderare l’importo risarcitorio dovuto al proprietario privato, sine titulo, del godimento del bene.

8. In accoglimento del ricorso la sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio al giudice a quo il quale, nel riesaminare la causa per quanto ad esso devoluto, dovrà applicare il seguente principio di diritto:

«La riduzione del 15%, dettata dell’art. 3, comma 4, d.l. 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, come modificato dall’art. 24, comma 4, lett. a), d.l. 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, per le indennità dovute per l’utilizzo a fini istituzionali di immobili, in assenza di titolo, da parte delle Amministrazioni centrali, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonché dalle Autorità indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob), si applica con decorrenza dalla data di entrata in vigore del decreto legge n. 95 del 2012».

Al giudice di rinvio va anche demandato il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza in relazione; rinvia la causa ad altra Sezione della Corte d’appello di Cagliari, comunque in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche al regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della Corte di cassazione, il giorno 21 dicembre 2022.

Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.