REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
GIACOMO TRAVAGLINO – Presidente –
CHIARA GRAZIOSI – Consigliere –
CRISTIANO VALLE – Consigliere –
STEFANIA TASSONE – Consigliere –
MARILENA GORGONI – Consigliere Rel. –
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8922/2022 R.G. proposto da:
(omissis) (omissis), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA (omissis) (omissis) 72, presso lo studio dell’avvocato (omissis) (omissis) che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE E DEL TERRITORIO e MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro p.t., domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che li rappresenta e difende;
-controricorrenti-
nonché contro
BPER BANCA S.P.A.(già BANCA POPOLARE DELL’EMILIA ROMAGNA SOC. COOP. e prima ancora BANCA DELLA CAMPANIA S.p.A.);
-intimata-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 6449/2021 depositata il 02/10/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/09/2024 dal Consigliere dott.ssa MARILENA GORGONI.
FATTI DI CAUSA
(omissis) (omissis) citava, dinanzi al Tribunale di Roma, il Conservatore dei Registri Immobiliari di Roma, l’Agenzia del Territorio di Roma e il Ministero dell’Economia e delle Finanze, perché fossero dichiarati responsabili, anche in solido, di aver cagionato tutti i danni subiti in conseguenza dell’omissione e/o del ritardo negli adempimenti di legge da parte del Conservatore, conseguenti alla presentazione, in data 24/12/1996, della nota di trascrizione dell’atto con cui il 18 dicembre 1996 aveva acquistato da (omissis) (omissis) l’immobile sito in Roma, alla Via (omissis) (omissis) n. 3.
A tal fine rappresentava che:
i) in data 5/11/1997 la Banca Popolare dell’Irpinia S.p.A. aveva, dapprima, iscritto sull’immobile un’ipoteca giudiziale ai danni dell’alienante, per l’importo di lire 250.000.000, e, successivamente, in data 18/12/1998, aveva trascritto un atto di pignoramento, al quale era seguita l’istanza di vendita nell’ambito della procedura esecutiva, assunta al N.R.E. 103877 del Tribunale di Roma, G.E., persistendo l’inadempimento del (omissis);
ii) l’opposizione di terzo all’esecuzione, che era stata costretta a proporre, era stata rigettata, con sentenza n. 22399/06, perché, pur essendo anteriore all’iscrizione ipotecaria ed all’avvio della espropriazione, l’atto di vendita risultava annotato da parte della conservatoria solo nel settembre 2003 e quindi non era opponibile alla banca procedente. La sentenza precisava che «qualora per errore della conservatoria, la trascrizione, ancorché la nota fosse stata correttamente redatta, sia stata riportata nei succitati registri a carico di persona diversa dall’alienante dell’immobile e quindi imputata in un diverso conto individuale, o non sia stata ritualmente annotata, la ricerca da parte del titolo reso pubblico può risultare infruttuosa … con conseguente responsabilità del Conservatore dei registri immobiliari (nei limiti di cui all’art. 232 bis, disp. att. cod. civ., ovvero del Ministero dell’Economia ex art. 6 legge n. 22 del 1983), per i danni eventualmente subiti dal terzo»;
iii) al fine di scongiurare l’ulteriore aggravamento dei danni che sarebbero derivati dalla vendita giudiziale dell’immobile, si era vista costretta a saldare i debiti intervenuti nella menzionata procedura esecutiva;
iv) aveva subito danni per euro 138.544,76, cioè per i crediti alla cui soddisfazione era risultato vincolato l’immobile acquistato o per la diversa somma da accertare in corso di casa, cui andava aggiunto l’importo di euro 5.000,00, per le spese legali sostenute per l’opposizione all’esecuzione.
Oltre a contestare la legittimazione passiva del Ministero dell’Economia e delle Finanze, i convenuti negavano ogni rilevanza dell’errore della conservatoria e chiedevano di essere autorizzati ad agire in manleva sia nei confronti dell’alienante sia nei confronti del creditore procedente, all’epoca dei fatti la Banca della Campania S.p.A., la quale, costituitasi, contestava la fondatezza di ogni addebito nei suoi confronti, documentando che la compravendita risultava repertoriata su base nominativa per la prima volta nel settembre 2003 e con un numero di repertazione molto alto (12921/12) che indicava che la repertazione era stata eseguita con grave ritardo.
Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 2506/2015, negava la legittimazione passiva del Ministero dell’Economia e delle Finanze, perché, in virtù del disposto dell’art. 57 d.lgs. n. 300/99, riteneva realizzata una successione a titolo particolare dell’Agenzia del Territorio nei poteri e nei rapporti giuridici strumentali all’adempimento dei compiti in precedenza esercitati dai Dipartimenti del Territorio del Ministero, rigettava le domande attoree e dichiarava assorbita la domanda di manleva nei confronti della Banca della Campania S.p.A.
La Corte d’appello di Roma, con la pronuncia n. 6449/2021 depositata in data 2/10/2021, ha respinto l’appello principale proposto dalla (omissis) ed ha accolto quello incidentale dell’Agenzia del Territorio di Roma – Ufficio Provinciale di Roma e del Ministero dell’Economia e delle Finanze.
In particolare, ha ritenuto che «L’erronea annotazione del nome del venditore dell’immobile (omissis) (omissis), invece indicato come “(omissis)” intervenuta esclusivamente nella rubrica o “registro dei cognomi” non inficiava la validità della trascrizione», essendo incontestata l’esattezza della nota di trascrizione in data 24.12.1996 di cui alla formalità nr. 46215 presentata dalla Bianchi, l’unica avente efficacia di pubblicità, alla quale avrebbe dovuto far riferimento la banca creditrice, la quale invece si era limitata a consultare il “registro accessorio” di intavolazione secondo il criterio nominativo (ove era effettivamente presente l’errore)».
Ha escluso, pertanto, la responsabilità del conservatore per i danni asseritamente conseguenti alla procedura esecutiva avviata dalla banca; procedura che, peraltro, essendo stata instaurata nei confronti del (omissis), ha escluso avesse prodotto alcun danno nella sfera giuridica dell’appellante principale.
Ha confermato il difetto di legittimazione passiva del Ministero appellato, atteso che l’art. 57 del d.lgs. n. 300/1999: «non pone riserve od eccezioni quanto ai rapporti ed alle obbligazioni trasferite, non consente invero di ritenere che azioni giudiziali promosse successivamente possano apprezzarsi come correttamente individuata in capo all’Amministrazione centrale la titolarità passiva di qualsivoglia rapporto obbligatorio già di spettanza del relativo dipartimento, neppur nascente da responsabilità aquiliana, e che permanga quindi in capo alla stessa la titolarità passiva in rapporti obbligatori pur asseritamente sorti da fatti anteriori».
Ha, infine, ritenuto corretta la distribuzione delle spese giudiziali operata con la sentenza di primo grado, confermando la debenza da parte della (omissis), risultata soccombente, delle spese per la chiamata del creditore procedente.
Avverso detta sentenza della corte di merito propone oggi ricorso per cassazione (omissis) (omissis), affidandosi a cinque motivi.
L’Agenzia delle Entrate e del Territorio e il Ministero dell’Economia e delle Finanze resistono con controricorso.
Nessuna attività difensiva risulta svolta in questa sede da BPER Banca S.p.A., già Banca Popolare dell’Emilia soc.coop. e prima ancora Banca della Campania S.p.A.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 bis 1 cod.proc.civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1) Con il primo motivo rubricato «Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2664; 2665; 2698, 2679 cod.civ.; 2043 cod.civ.; 232 bis disp. att. cod.civ.; ex art. 360, n. 3, cod.proc.civ.», la ricorrente lamenta che la Corte d’Appello di Roma abbia escluso la sussistenza del danno solo perché la trascrizione era “valida”, cioè la registrazione da parte del conservatore era avvenuta secondo la nota presentata dall’interessata nel “registro generale”, ritenendo irrilevante a fini risarcitori l’errore sicuramente presente nel registro accessorio dei nominativi.
Essendo il sistema della trascrizione organizzato su base personale, il giudice a quo avrebbe dovuto applicare il principio enunciato da Cass. n. 11135/2000, a mente del quale «l’invalidità della trascrizione, che non sia ricollegabile all’invalidità del titolo, all’inidoneità di esso o della copia esibita, può dipendere da vizi della nota oppure da vizi attinenti al procedimento attraverso il quale viene attuata la pubblicità. Tale ultimo tipo di invalidità va individuato in tutte quelle irregolarità che sono destinate a rendere infruttuose eventuali ricerche del titolo reso pubblico.
Ora poiché la trascrizione sui registri immobiliari è informata al criterio della ricerca per nome (“rubrica dei cognomi” sulla “tavola alfabetica” del soggetto a cui si riferisce), essendo le modalità pratiche di attuazione della pubblicità immobiliare impiantate su base personale, che consente di effettuare le visure delle note di trascrizione solo sulla base degli esatti di dati di identificazione delle persone, qualora per errore della conservatoria, la trascrizione, ancorché la nota sia stata correttamente redatta, venga repertoriata a carico di altra persona, diversa dall’effettivo alienante dell’immobile, e quindi imputata in un diverso conto individuale, può in conseguenza comportare […] l’infruttuosità della ricerca del titolo reso pubblico, e perciò rendere invalida la trascrizione stessa».
Lo stesso principio sarebbe stato confermato da Cass. n. 7680/2019, secondo cui «non può discorrersi di una trascrizione valida nel caso in cui l’atto, come è avvenuto nel caso di specie, sia stato annotato nel conto di altra persona: in tale ipotesi, il terzo non è in grado di conoscere – secondo gli ordinari criteri di tenuta dei registri immobiliari e di ricerca della condizione dei beni immobili in relazione al loro regime di circolazione – l’esistenza di tale atto» e sarebbe stato in piena sintonia con la conclusione della sentenza di primo grado e della sentenza, passata in giudicato resa dal giudice dell’esecuzione, la quale, come anticipato, pronunciandosi proprio sull’opposizione di terzo aveva dichiarato l’inopponibilità dell’acquisto da questa effettuato nei confronti della banca procedente, ma aveva precisato che: «il regime delle trascrizioni immobiliari è finalizzato a garantire l’opponibilità a terzi degli atti trascritti … e che la disciplina della trascrizione sui registri immobiliari è informata al criterio della ricerca per nome del soggetto cui si riferisce, sicché qualora per errore della Conservatoria, la trascrizione, ancorché la nota fosse stata correttamente redatta, sia stata riportata nei succitati registri a carico di persona diversa dall’alienante dell’immobile e quindi imputata in un diverso conto individuale, o non sia stata ritualmente annotata, la ricerca da parte del titolo reso pubblico può risultare infruttuosa … con conseguente responsabilità del Conservatore dei registri immobiliari (nei limiti di cui all’art. 232 bis, disp. att. cod. civ., ovvero del Ministero dell’Economia ex art. 6 legge n. 22 del 1983), per i danni eventualmente subiti dal terzo».
La ricorrente precisa di essere consapevole della sussistenza di un altro orientamento di legittimità contrastante che ritiene irrilevanti i registri accessori ai fini della “validità” della trascrizione; orientamento che contesta, perché:
i) oblitera il contenuto dell’art. 2679 cod.civ. laddove impone che il Conservatore debba tenere gli altri registri che sono ordinati dalla legge, fra i quali rientrano i registri accessori;
ii) trascura il profilo attinente agli “strumenti di ricerca” propri del nostro sistema di pubblicità, organizzati su base personale, preordinati a consentire il reperimento della nota di trascrizione;
iii) imputa al terzo in buona fede un onore insostenibile, non potendo contare sul registro dei cognomi (o tavola alfabetica) e dovendo quindi verificare, ad una ad una, le migliaia di trascrizioni giornalmente operate;
iv) contrasta con la giurisprudenza di legittimità che nega rilevanza alla eventuale qualifica professionale del terzo che consulta i registri immobiliari, qualora l’errore, derivato da una condotta negligente del Conservatore, abbia reso impossibile l’individuazione dell’iscrizione/trascrizione con l’uso dell’ordinaria diligenza professionale, come tipicamente avviene quanto il mancato aggiornamento del registro particolare si esplichi in relazione ad un lasso di tempo non trascurabile, non potendo pretendersi che detto soggetto consulti milioni di formalità (Cass. 28/2/2012, n. 16549).
In aggiunta, anche ammettendo la “validità” della trascrizione, la Corte d’Appello avrebbe erroneamente escluso l’estraneità della conservatoria alla produzione del danno lamentato, contraddicendo la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui «a prescindere dall’eventuale invalidità della trascrizione […] non possono ritenersi irrilevanti, sotto il profilo della responsabilità, tutte quelle irregolarità che sono destinate a rendere infruttuose eventuali ricerche del titolo reso pubblico».
Gli interrogativi che il motivo pone sono tre:
i) se la trascrizione fosse “valida”: il concetto di validità già impiegato dalla sentenza impugnata nonché dalla giurisprudenza di legittimità evocata deve intendersi usato impropriamente ed intendersi riferito all’idoneità della trascrizione di svolgere la funzione di cui all’art. 2644 cod.civ., cioè di produrre gli effetti della pubblicità dichiarativa che gli sono, di norma, propri; la trascrizione è, infatti, un mezzo legale di pubblicità, posto a tutela della circolazione dei beni immobili, volto a dirimere i conflitti rispetto ai terzi aventi causa; la validità riferita alla trascrizione effettuata ha nulla a che vedere con la validità degli atti negoziali né incide sulla validità dell’atto trascritto o da trascrivere, sanandone l’eventuale invalidità (ex plurimis cfr. Cass.14/11/ 2016, n. 23127), indica solo – si ribadisce impropriamente – il perfezionamento del’iter che rende l’atto opponibile a terzi;
ii) se ritenutala “valida”, nel senso precisato, residuasse una responsabilità a carico del conservatore;
iii) se tale responsabilità avesse provocato un danno risarcibile.
Al primo ed al secondo interrogativo può darsi risposta affermativa.
Colgono, infatti, nel segno le argomentazioni della ricorrente e, pertanto, deve osservarsi che: – la trascrizione conforme alla nota di trascrizione assolve alle funzioni pubblicitarie che le sono attribuite: infatti, costituisce ius receptumche «per stabilire se ed in quali limiti un determinato atto o una domanda giudiziale trascritti siano opponibili ai terzi, occorre aver riguardo esclusivamente al contenuto della nota di trascrizione, dovendo le indicazioni riportate nella nota stessa consentire di individuare senza possibilità di equivoci e di incertezze gli estremi essenziali del negozio ed i beni ai quali esso si riferisce, o il soggetto nei cui confronti la domanda sia rivolta (Cass. 05/07/2000, n. 8964); – il conservatore è tenuto, ai sensi dell’articolo 2678 cod.civ., come sostituito dall’articolo 10 della legge 52/85, a tenere un registro generale d’ordine in cui giornalmente deve annotare, secondo l’ordine di presentazione, ogni titolo che gli sia stato trasmesso ai fini della trascrizione, dell’iscrizione o dell’annotazione.
A norma del successivo articolo 2679 cc., come sostituito dall’articolo 11 della medesima legge 52/85, oltre al registro generale il conservatore deve tenere, nei modi di cui all’articolo 2664 cod.civ., i registri particolari per le trascrizioni, per le iscrizioni e per le annotazioni nonché gli ulteriori registri c.d. accessori (tra i quali quelli dei creditori e dei debitori che hanno, però, soltanto il compito di facilitare le ricerche mentre sotto il profilo pubblicitario hanno soltanto natura, per l’appunto, accessoria).
Prima delle modifiche operate dalla legge 52/85 si riteneva che per il perfezionamento delle formalità, fosse necessaria la trascrizione nei registri particolari, mentre, successivamente all’entrata in vigore del suddetto dato normativo, la trasformazione dei registri particolari in altrettante raccolte di note rende preferibile la tesi della sufficienza della registrazione nel registro generale per il perfezionamento delle suddette formalità; – non possono ritenersi irrilevanti, sotto il profilo della responsabilità, tutte quelle irregolarità che sono destinate a rendere infruttuose eventuali ricerche del titolo reso pubblico.
Poiché la trascrizione sui registri immobiliari è informata al criterio della ricerca per nome (“rubrica dei cognomi” sulla “tavola alfabetica”) del soggetto a cui ai riferisce, essendo le modalità pratiche di attuazione della pubblicità immobiliare impiantate su base personale che consente di effettuare le visure delle note di trascrizione solo sulla base degli esatti dati di identificazione delle persone, qualora, per errore della conservatoria, la trascrizione, ancorché la nota sia stata correttamente redatta, venga registrata a carico di altra persona diversa dall’effettivo alienante dell’immobile, e quindi imputata in un diverso, conto individuale, ciò può in conseguenza comportare per il terzo in buona fede (che non ha l’onere di esaminare altri atti o documenti ovvero il Registro Generale d’ordine) l’infruttuosità della ricerca del titolo reso pubblico; -tale evenienza, quindi, non esonera da responsabilità il comportamento del conservatore, sia pure nei limiti di cui all’art. 232 bis, disp. att. cod.civ., ovvero del Ministero a norma dell’art. 6 l. n. 22/1983 (secondo cui: “Il Ministero delle finanze è responsabile dei danni cagionati. anche senza dolo o colpa grave, dal conservatore dei registri immobiliari dopo il 24 novembre 1973”).
Infatti, l’art. 2679, 2° comma, cod.civ. statuendo che il conservatore deve tenere gli altri registri che sono ordinati dalla legge, tra cui, ai sensi del r.d. n. 2130/1874, anche la tavola alfabetica e la rubrica dei cognomi, pone a carico del conservatore un obbligo di corretta tenuta di tali registri, con la conseguenza che, se tanto non avviene, il soggetto che ha subito un danno da tale comportamento deve essere risarcito.
Il terzo interrogativo richiede un più dettagliato esame della sentenza impugnata, perché alla responsabilità del conservatore può conseguire la condanna dello stesso al risarcimento del danno solo se la parte che si asserisca danneggiata lo alleghi e lo provi (cfr. Cass. n. 115183/2004 con specifico riguardo a tale profilo).
Ora, la Corte territoriale là dove ha escluso la responsabilità del conservatore, è certamente errata, ma per essere cassata deve risultare che il giudice a quo si sia anche pronunciato negativamente sulla sussistenza di un danno risarcibile, con una statuizione che resiste alle censure della ricorrente.
Sul punto la Corte d’Appello (p. 7 della sentenza) ha ritenuto l’errore del conservatore «irrilevante sotto il profilo del lamentato danno ingiusto» ed ha aggiunto «Sicché ove pure parte attrice avesse effettivamente subito e provato un danno, in conseguenza di tale condotta, tale pregiudizio (per l’avvio della procedura esecutiva da parte del terzo) non potrebbe essere ascritto alla responsabilità del convenuto e trovare risarcimento da parte di questi, né dunque da parte dell’Agenzia territoriale.
D’altra parte risulta che la procedura esecutiva è stata instaurata nei confronti del (omissis), effettivo dante causa dell’odierna appellante, con la conseguenza che l’errore denunciato non ha prodotto alcun pregiudizio in capo a quest’ultima».
Sulla scorta dei principi di diritto enunciati, la sentenza, nella parte in cui afferma che quand’anche l’odierna ricorrente avesse dimostrato di avere subito un danno, esso non avrebbe potuto essere ascritto alla responsabilità del conservatore, è certamente erronea e va cassata.
A ciò deve aggiungersi che non costituisce ratio decidendi ulteriore quella in cui la Corte d’Appello ha affermato che la ricorrente non aveva subito alcun danno perché la procedura esecutiva era stata avviata nei confronti del (omissis); si tratta, infatti, di un’affermazione svolta ad abundantiam e pertanto non costituente una ratio decidendi della sentenza, non avendo essa spiegato alcuna influenza sul dispositivo della stessa ed essendo improduttiva di effetti giuridici.
Non contenendo un accertamento di fatto negativo sulla sussistenza o insussistenza del danno lamentato dalla ricorrente, la sentenza impugnata va cassata per aver escluso in iure la responsabilità del conservatore.
2) Con il secondo motivo, in via alternativa, la ricorrente deduce la «Violazione degli artt. 115 e 116 cod.proc.civ.
Omesso esame di un fatto decisivo e controverso ex art. 360, co. 5, cod.proc.civ.», rappresentato dalla circostanza che nell’ambito della procedura esecutiva instaurata dalla Banca sul bene di cui alla nota di trascrizione del 24.12.1996, era risultata soccombente con sentenza passata in giudicato.
La Corte territoriale ha escluso il risarcimento del danno anche in ragione del fatto che la procedura esecutiva era stata instaurata nei confronti del (omissis) e che di conseguenza non aveva prodotto alcun pregiudizio a suo carico.
3) Con il terzo motivo, anch’esso definito alternativo, è denunciata la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 cod.proc.civ. e dell’art. 111 Cost., ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 4 cod.proc.civ.
La tesi è la seguente: ove non ricorra il vizio di omesso esame di un fatto decisivo rappresentato dall’essere risultata soccombente, con sentenza passata in giudicato, nel giudizio di opposizione di terzo, avendo il giudice dell’esecuzione accertato che l’errore compiuto dalla Conservatoria era tale da inficiare la validità della trascrizione compiuta e, dunque, la sua inopponibilità alla Banca creditrice procedente, la sentenza impugnata risulterebbe allora nulla per motivazione apparente, non cogliendosi il percorso logico che ha indotto il giudice a quo a ritenere che, essendo la procedura esecutiva avviata nei confronti del (omissis), non gliene era derivato alcun pregiudizio.
4) Il secondo ed il terzo motivo sono assorbiti dall’accoglimento del primo.
5) Con il quarto motivo la ricorrente prospetta la falsa applicazione dell’art. 57 d.lgs. n. 300/1999, ex art. 360, 1° comma, n. 3 cod.proc.civ., per avere il giudice a quo ritenuto che detta disposizione: «non pone riserve od eccezioni quanto ai rapporti ed alle obbligazioni trasferite, non consente invero di ritenere correttamente individuata in capo all’Amministrazione centrale la titolarità passiva di qualsivoglia rapporto obbligatorio già di spettanza del relativo dipartimento, neppur nascente da responsabilità aquiliana, e che permanga quindi in capo alla stessa la titolarità passiva in rapporti obbligatori pur asseritamente sorti da fatti anteriori e tale è del resto la portata attribuita alla norma da giurisprudenza di legittimità già richiamata dal giudice di prime cure – cui si intende dare seguito – ove ha affermato senza porre specificazioni, come non possa disconoscersi l’avvenuto trasferimento con l’indicata decorrenza della titolarità dei rapporti e delle obbligazioni già di pertinenza dei singoli dipartimento (cfr. per tale interpretazione C. Cass. nr 6628/2008)» (pag. 5 della sentenza impugnata).
La ricorrente contesta l’applicazione che il giudice a quo ha fatto dell’art. 57 d.lgs. n. 300/1999, che ha istituto le Agenzia fiscali, attribuendo loro la gestione della generalità delle funzioni in precedenza esercitate dai dipartimenti e dagli uffici del Ministero delle Finanze, perché avrebbe evocato principi di diritto non pertinenti, in quanto Cass. n. 6628/2008 riguardava una fattispecie di rifiuto del Conservatore di provvedere alla trascrizione di uno degli atti indicati nell’art. 2657 cod.civ., ossia esattamente un rapporto attinente una funzione originariamente di competenza ministeriale ed oggetto di trasferimento all’Agenzia del Territorio (oggi Agenzia delle Entrate).
Il motivo è infondato.
L’art. 57 del D.lgs. 30 luglio 1999 n. 300 ha previsto la istituzione delle Agenzie fiscali per la gestione delle funzioni già esercitate dai vari dipartimenti e di quelle connesse svolte da altri uffici del Ministero delle finanze.
Testualmente, il citato articolo, al comma 1, dispone che: “Per la gestione delle funzioni esercitate dai dipartimenti delle entrate, delle dogane, del territorio e di quelle connesse svolte da altri uffici del Ministero sono istituite l’agenzia delle entrate, l’agenzia delle dogane, l’agenzia del territorio e l’agenzia del demanio, di seguito denominate agenzie fiscali. Alle agenzie fiscali sono trasferiti i relativi rapporti giuridici, poteri e competenze che vengono esercitate secondo la disciplina dell’organizzazione interna di ciascuna agenzia”. Il successivo art. 73, comma 4, ha attribuito al Ministro delle finanze il compito di stabilire le date a decorrere dalle quali le funzioni svolte dal Ministero dovevano essere trasferite alle agenzie.
Con decreto ministeriale 28 dicembre 2000, è stato stabilito che le Agenzie fiscali dovessero iniziare ad operare dal 1° gennaio 2001 (art. 1), subentrando, da tale data, nella titolarità dei rapporti giuridici già di pertinenza dei dipartimenti (art. 3, comma 1, lett. c).
In forza dell’art. 61, comma 1, del D.lgs. n. 300/1999, le Agenzie fiscali hanno personalità giuridica di diritto pubblico e autonomia regolamentare, amministrativa, patrimoniale, organizzativa, contabile e finanziaria e, quindi, quali autonomi soggetti di diritto, possono stare in giudizio nelle controversie instaurate successivamente alla loro costituzione a mezzo del direttore che ne ha la rappresentanza, avvalendosi, eventualmente, del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, ai sensi dell’art. 43 R.D. 30 ottobre 1933 n. 1611.
Con riguardo alle liti già pendenti alla data del 1° gennaio 2001, è consentita con il ricorso la vocatio in ius
(a) del Ministero dell’economia e delle finanze, nel caso in cui il giudizio di secondo grado si sia svolto nei confronti di un suo ufficio periferico;
(b) dell’Agenzia fiscale unitamente al Ministero dell’economia e delle finanze, tranne che in appello a detto dicastero non sia già subentrato il nuovo ente;
(c) dell’Agenzia fiscale (Cass. 12/08/2004, n. 15643).
Trasposti i suddetti principi nel nuovo assetto dell’Amministrazione finanziaria, deve conseguentemente affermarsi che la ricorrente avrebbe dovuto chiamare in giudizio esclusivamente l’Agenzia del territorio di Roma, essendo stata la controversia attivata in data 26 luglio 2010 e che quindi il giudice a quo non sia affatto incorso in errore negando la legittimazione passiva del Ministero dell’Economia e delle Finanze.
6) Con il quinto motivo la ricorrente si duole della violazione degli artt. 91 e ss. cod.proc.civ., ex art. 360, 1° comma, n. 4 cod.proc.civ., perché la Corte Territoriale non avrebbe considerato che la chiamata del terzo da parte dei convenuti era stata arbitraria e che quindi le spese non potevano semplicemente seguire il principio di soccombenza.
Il motivo è assorbito dall’accoglimento del primo motivo di ricorso.
7) Per le ragioni esposte, va accolto il primo motivo, va rigettato il quarto, vanno dichiarati assorbiti il secondo, il terzo e il quinto.
8) La sentenza va dunque cassata in relazione al motivo accolto con rinvio alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà a liquidare anche le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo, rigetta il quarto dichiara assorbiti il secondo, il terzo e il quinto.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto con rinvio alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche a liquidare le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso, nella camera di consiglio del 30/09/2024, dalla Terza Sezione civile della Corte di Cassazione.
Depositato in Cancelleria il 28 novembre 2024.