REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IMPERIALI Luciano – Presidente –
Dott. MESSINI D’AGOSTINO Piero – Consigliere –
Dott. DE SANTIS Anna Maria – Consigliere –
Dott. PACILLI Giuseppina Anna Rosaria – Rel. Consigliere –
Dott. COSCIONI Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CAVALIERE FRANCESCO, nato a Castrovillari il 16.6.1985;
avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di Catanzaro del 14/15 novembre 2019;
visti gli atti, l’ordinanza e il ricorso;
udita nell’udienza camerale del 24.7.2020 la relazione fatta dal Consigliere Dott. Giuseppina Anna Rosaria Pacilli;
preso atto che si è in presenza di un ricorso con trattazione in camera di consiglio senza l’intervento del Procuratore generale e del difensore del ricorrente, con contraddittorio scritto ex art. 83, comma 12 ter, d.l. n. 18/2020, inserito dalla legge di conversione n. 27/2020;
letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale in persona del Dott. Felicetta Marinelli, che ha chiesto di dichiarare l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa il 14/15 novembre 2019 il Tribunale del riesame di Catanzaro ha confermato l’ordinanza emessa il 31 ottobre 2019 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Castrovillari, con cui a CAVALIERE FRANCESCO è stata applicata la misura cautelare della custodia in carcere per i delitti di cui:
– artt. 56, 629 c.p. (capo A);
– art. 648 c.p. ai danni di imprenditori del territorio di Castrovillari;
– nonché per il reato di cui all’art. 23 L. 110/1975 (capo G).
Avverso l’anzidetta ordinanza del Tribunale del riesame l’indagato, a mezzo di difensore, ha proposto ricorso per cassazione, deducendo i seguenti motivi:
1) violazione di legge in relazione all’errata qualificazione delle fattispecie contestate come estorsione e tentata estorsione e non come concorso nei reati di danneggiamento, non avendo gli imprenditori locali dichiarato di aver subito minacce da parte di soggetti notoriamente inseriti in pericolosi gruppi criminali;
2) mancanza di motivazione sulla censura formulata nella memoria depositata all’udienza svolta dinanzi al Tribunale del riesame, con cui era stato evidenziato – per quanto concerne Cavaliere – che nella richiesta di fermo non era stato formulato alcun addebito circa i reati di cui agli artt. 23 L. n. 110/1975, 703, 635 e 648 c.p. mentre tale addebito era stato elevato dal giudice per le indagini preliminari nell’ordinanza di applicazione della misura cautelare ed era stato collocato temporalmente alla data del 29 ottobre 2019, quando era già stata formulata la richiesta di fermo da parte della Procura.
Nessuna risposta sarebbe stata formulata neanche in ordine alla censura relativa all’idoneità della misura degli arresti domiciliari, essendo i fatti avvenuti a Castrovillari mentre gli indagati sarebbero residenti a Cassano allo Ionio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
1.1 Il primo motivo è privo di specificità.
Il Tribunale del riesame, con argomentazioni immuni da vizi sindacabili in questa sede, ha ritenuto che vi erano state azioni intimidatorie, che avevano preceduto le richieste ingiuste ed erano finalizzate a generare nelle vittime la fondata percezione di una situazione di grave pericolo e la consapevolezza dell’esistenza di un gruppo criminale attivo sul territorio, al quale doversi sottomettere.
Le anzidette richieste, come è stato desunto dalle intercettazioni delle conversazioni dei correi (cfr., ad es., quella tra l’indagato Abbruzzese Francesco e la fidanzata Genisi Elvira), non erano state solo programmate ma erano state anche effettivamente realizzate.
Del tutto corretta è, quindi, la qualificazione dei fatti come tentata estorsione, avendo gli agenti compiuto atti idonei e diretti in modo inequivoco a conseguire l’ingiusto profitto, per i quali, come questa Corte ha già puntualizzato (Sez. 5, n. 18981 del 22/2/2017, Rv. 269931), rilevano non solo gli atti esecutivi veri e propri, ma anche quegli atti che, pur classificabili come preparatori, facciano fondatamente ritenere che l’agente, avendo definitivamente approntato il piano criminoso in ogni dettaglio, abbia iniziato ad attuarlo, che l’azione abbia la significativa probabilità di conseguire l’obiettivo programmato e che il delitto sarà commesso, salvo il verificarsi di eventi non prevedibili indipendenti dalla volontà del reo.
Quanto all’episodio ai danni di Lavagna Pasquale, il Tribunale ha correttamente ritenuto consumata l’estorsione, essendo stato conseguito anche l’ingiusto profitto, rappresentato dalla somma di euro 4.000,00, mai versata e relativa al noleggio di un veicolo.
1.2 Il secondo motivo è, in parte, privo di specificità e, in parte, non consentito.
Deve rilevarsi, infatti, che il Tribunale del riesame ha dato già risposta adeguata e corretta al rilievo, contenuto nella memoria depositata dinanzi al Tribunale del riesame, concernente il coindagato Cavaliere Francesco.
A tal riguardo ha affermato che il capo G) non risultava inserito nel fermo poiché tale provvedimento era stato eseguito il 29 ottobre 2019.
Poiché il fatto contestato al suddetto capo di imputazione è avvenuto nella notte tra il 28 e il 29 ottobre 2019, esso è stato inserito nella successiva richiesta di convalida; ragione per cui non era fondato il rilievo difensivo.
Quanto alla censura relativa alla scelta della misura applicata al ricorrente deve ricordarsi che l’art. 275 c.p.p., nell’indicare i criteri in forza dei quali il giudice di merito deve scegliere la misura idonea a soddisfare le esigenze cautelari, gli attribuisce, nell’ambito di detti criteri, poteri discrezionali assai estesi nella scelta di quella ritenuta adeguata a soddisfare le esigenze cautelari e proporzionata al fatto concreto, con la conseguenza che la relativa determinazione è incensurabile in sede di legittimità se sorretta da idonea motivazione, immune da vizi logico-giuridici.
Tale è la motivazione del Tribunale del riesame, che ha ritenuto idonea la sola misura cautelare della custodia in carcere, avendo valorizzato sia la spregiudicatezza dimostrata dall’indagato, peraltro con pendenze giudiziarie e precedenti penali, nel porre in essere gravi atti intimidatori, in breve tempo, contro numerosi esercizi commerciali, sia l’inidoneità di qualsivoglia misura cautelare, diversa da quella custodiale, a impedire al ricorrente “di inserirsi nuovamente nel medesimo contesto territoriale nel quale ha trovato occasione per delinquere”.
1.3 Alla luce di quanto precede va dichiarata l’inammissibilità del ricorso proposto, cui consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché – apparendo evidente dal contenuto dei motivi che egli ha proposto il ricorso determinando le cause di inammissibilità per colpa (Corte cost., sentenza 13 giugno 2000, n. 186) e tenuto conto dell’entità di detta colpa – della somma di euro duemila in favore della Cassa delle Ammende a titolo di sanzione pecuniaria.
2. La cancelleria è onerata degli adempimenti di cui all’art. 94, co. 1 ter, disp. att. c.p.p.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, co. 1 ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, udienza camerale del 24 luglio 2020.
Depositato in Cancelleria il giorno 11 agosto 2020.