Condanna per il rapinatore con la mascherina: irrilevante la sua obbligatorietà (Corte di Cassazione, Sezione II Penale, Sentenza 14 novembre 2022, n. 43228).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IMPERIALI Luciano – Presidente –

Dott. TUTINELLI Vincenzo – Consigliere –

Dott. DI PISA Fabio – Consigliere –

Dott. CIANFROCCA Pierluigi – Rel. Consigliere –

Dott. CERSOSIMO Emanuele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto nell’interesse di:

(OMISSIS) Fabio, nato a Torino il 6.9.19xx;

contro la sentenza del GUP di Genova del 6.6.2022;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere dott. Pierluigi Cianfrocca;

FATTO E DIRITTO

1. Con sentenza del 18.5.2022 il GIP di Torino ha applicato a Fabio (OMISSIS), su richiesta dell’imputato ed il consenso del PM, la pena di anni 2, mesi 2 e giorni 20 di reclusione ed Euro 800 di multa in relazione ai fatti di rapina aggravata a lui ascritti, con condanna al pagamento delle spese processuali e di custodia cautelare in carcere.

2. l’imputato ricorre per cassazione tramite il difensore lamentando l’errata qualificazione del fatto relativamente alla aggravante di cui all’art. 628 comma 3 n. 1) cod. pen., con conseguente nullità della sentenza: rileva che la identificazione dell’imputato quale responsabile del gesto predatorio che ha dato luogo alla imputazione era intervenuta sulla sola scorta delle immagini estrapolate dal circuito di videosorveglianza installato all’interno della farmacia; segnala l’erroneità della decisione che ha ritenuto la aggravante del “travisamento” per avere l’imputato indossato la mascherina chirurgica tuttavia in quel periodo obbligatoria per legge.

3. Il ricorso è inammissibile perché articolato su censure non consentite in questa sede alla luce di quanto, oggi, espressamente disposto dall’art. 448, comma 2bis cod. proc. pen., inserito dalla legge 23 giugno 2017 n. 103 di cui la giurisprudenza ha preso atto in ormai numerose e conformi decisioni (cfr., tra queste, Cass. Pen., 5, 4.6.2018 n. 28.604, in motivazione; Cass. Pen., 2, 11.1.2018 n. 4.727, Oboroceanu; cfr., ancora, Cass. Pen., 6, 8.1.2018 n. 3.110, Piacente).

Il PM e l’imputato possono proporre ricorso per cassazione contro la sentenza di applicazione della pena solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza; ne consegue che il vizio dedotto, inerente alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, alla quantificazione della pena ed alla comparazione delle circostanza non rientra tra i casi per i quali è ammesso il ricorso per cassazione (cfr., tra le tante: Sez. 4, sentenza 5 giugno 2018, n.38235).

In definitiva, la sentenza del giudice di merito che applichi la pena su richiesta delle parti, escludendo che ricorra una delle ipotesi di proscioglimento di cui all’art. 129 cod. proc. pen., può essere oggetto di controllo di legittimità, sotto il profilo del vizio di motivazione, soltanto se dal testo della sentenza impugnata appaia evidente la sussistenza di una delle cause di non punibilità di cui all’art. 129, circostanza chiaramente assente ed anzi nemmeno dedotta nel caso di specie (cfr., Cass. Pen., 6, 11.9.2017 n. 56.976, Sejderas; Cass. Pen., 2, 6.10.2015 n. 41.785, Ayari; Cass. Pen., 5, 25.6.2013 n. 31.250, Fede; Cass. Pen., 2, 17.11.2011 n. 2.012, Alba).

Ad ogni buon conto, questa Corte ha già avuto modo di chiarire che in tema di rapina, ricorrono gli estremi dell’aggravante del travisamento, ai sensi dell’art. 628, comma terzo, n. 1), cod. pen., nel caso in cui l’agente indossi una mascherina, non rilevando, in contrario, che l’uso della stessa sia prescritto dalla normativa di contrasto alla pandemia da Covid-19, atteso che la parziale copertura del volto mediante la mascherina è funzionale al compimento dell’azione delittuosa, rendendo difficoltoso il riconoscimento del responsabile (cfr., in tal senso, Sez. 2 -, Sentenza n. 1712 del 03/11/2021 Ud. (dep. 17/01/2022), Perfetti Fabio, Rv. 282517 – 01).

4. L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., della somma di Euro 3.000 in favore della Cassa delle Ammende non ravvisandosi ragione alcuna d’esonero.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 29.9.2022.

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.