Condominio, non esclusa la responsabilità per la scivolata sul pavimento umido (Corte di Cassazione, Sezione VI Civile, Sentenza 18 febbraio 2020, n. 4129).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SESTA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21471-2018 proposto da:

DELRIO PASQUALE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OVIDIO 20, presso lo studio dell’avvocato MONICA ARANZANU, rappresentato e difeso dall’avvocato EDOARDO MORETTE;

– ricorrente –

contro

MARRAZZU PATRIZIA titolare dell’Impresa di pulizie OASI, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIOSUE’ BORSI 4, presso lo studio dell’avvocato FEDERICA SCAFARELLI, rappresentata e difesa dagli avvocati LILIANA PINTUS, ISABELLA CASTIGLIA;

– controricorrente –

contro

CONDOMINIO VIA MAZZINI 120 ALGHERO, in persona dell’Amministratore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PIAN SACCOCCIA 6, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO DI MATO, rappresentato e difeso dall’avvocato GIULIO SALVATORE IGNAZIO SPANU;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 242/2018 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI SEZIONE DISTACCATA di SASSARI, depositata il 01/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 07/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLA PELLECCHIA.

Rilevato che:

1. Nel 2006, Pasquale Delrio conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di Sassari Sezione distaccata di Alghero, l’impresa di pulizie l’Oasi di Patrizia Marrazzu ed il Condominio di Via Mazzini n. 120, in persona del suo amministratore pro-tempore, per sentirli condannare al risarcimento ex art. 2051, di tutti i danni subiti, alternativamente o in solido tra di loro.

Assumeva che in data 16 febbraio 2005, alle ore 8.15 circa, uscendo dall’appartamento della zia scivolava nell’androne dello stabile a causa del pavimento bagnato che era stato appena lavato dall’impresa addetta alle pulizie, procurandosi la frattura di tibia e perone.

Si costituiva in giudizio Patrizia Marrazzu, titolare dell’impresa, ed il Condominio di via Mazzini n. 120, contestando la domanda, eccependo prima la inverosimile ricostruzione dei fatti, ed in ogni caso l’assenza di responsabilità degli stessi, essendo il fatto imputabile alla condotta disattenta del danneggiato.

Con sentenza n. 70/12, il Tribunale accoglieva la domanda di Pasquale Derio, ritenendo Patrizia Marrazzu e il Condominio Via Mazzini n. 120 responsabili ex art. 2051 c.c., la prima per aver eseguito il lavaggio delle scale e il secondo quale custode del vano scala dello stabile, condannandoli in solido al pagamento in favore del danneggiato di Euro 16.011,00 oltre accessori, nonché alla refusione delle spese legali.

Avverso la predetta sentenza, proponeva appello Patrizia Marrazzu, chiedendone la totale riforma.

Si costituivano in giudizio Pasquale Delrio e il Condominio.

2. La Corte d’appello di Cagliari con sentenza n. 247 del 4 giugno 2018, in accoglimento dell’appello riformava la sentenza di primo grado e rigettava le domande proposte dal Delrio e lo condannava a rifondere al Condominio e a Patrizia Marrazzu le spese di lite sostenute, oltre le spese accessorie.

La Corte, pur confermando la ricostruzione dei fatti operata dal giudice di prime cure, giungeva ad una diversa decisione, poiché venivano applicati diversi principi giurisprudenziali, di valorizzazione dei concetti di pericolosità intrinseca della res, di prevedibilità dell’evento dannoso e di dovere di cautela da parte del soggetto che entra in contatto con la cosa.

Pertanto, riteneva fosse onere del danneggiato dare la prova specifica del nesso causale tra danno ed evento implicante la prova della sussistenza di una pericolosità intrinseca dei luoghi tale da rendere inevitabile l’evento, che nel caso di specie, alla luce degli elementi probatori evidenziati, era mancata.

3. Avverso tale pronuncia, Pasquale Delrio ricorre per Cassazione sulla base di 5 motivi.

Il Condominio di Via Mazzini n.120 e Patrizia Marrazzu, titolare dell’impresa di pulizie Oasi, resistono con controricorsi autonomi.

4. È stata depositata in cancelleria ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., e regolarmente notificata ai difensori delle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza, la proposta di inammissibilità del ricorso.

Considerato che:

5. Con il primo motivo di ricorso, parte ricorrente lamenta l’ “Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 co. 1 n. 5 in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c.;

Violazione o falsa applicazione di una norma processuale ex art. 360 co. 1 in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c.”.

La Corte non avrebbe esaminato la circostanza del pavimento bagnato non segnalato, decisiva ai fini del giudizio in quanto in connessione eziologica rispetto all’evento.

5.1. Inoltre, l’omesso riconoscimento del nesso causale tra la caduta, il danno e la responsabilità del custode, avrebbe trovato il suo presupposto in una prova ignorata dalla Corte, e cioè, che il Delrio non era condomino dello stabile e, quindi, non poteva conoscere né lo stato dei luoghi né che vi fosse un’impresa che effettuasse le pulizie né tantomeno gli orari e i giorni in cui tali pulizie venissero effettuate.

Pertanto al Delrio, estraneo al palazzo, la Corte d’appello non avrebbe dovuto applicare il criterio della prevedibilità dell’evento.

6. Con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente si duole “dell’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 co. 1, n. 5 in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c.”.

La Corte avrebbe errato là dove nella motivazione della sentenza non ha escluso la sussistenza del nesso causale solo perché non v’erano testi che avessero assistito alle modalità della caduta.

Sarebbe dovuta pervenire, invece, ad una diversa conclusione sulla scorta dell’apprezzamento di fatti idonei ad ingenerare presunzioni, così da ricostruire il fatto ignoto (causa della caduta) da quello noto (pavimento bagnato, assenza di segnaletica, vittima non abitante del palazzo) alla luce delle nozioni di fatto di comune esperienza, che integrano una regola di giudizio.

6.1. Con il terzo motivo di ricorso, parte ricorrente denuncia “l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360, co. 1, n. 5 c.p.c. in relazione agli artt.115 e 116 c.p.c.”.

La Corte avrebbe, inoltre, omesso di considerare una prova documentale acquista con memoria ex art. 184 c.pc., che avrebbe dimostrato la non piena visibilità dello stato dei luoghi.

6.2. Con il quarto motivo, parte ricorrente lamenta la “Violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 c.c. ex art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c.”.

Il giudice di appello non avrebbe applicato correttamente i principi della costante giurisprudenza in tema di responsabilità da cose in custodia.

In particolare, avrebbe errato nel far ricadere l’onere della “intrinseca pericolosità dei luoghi tale da rendere inevitabile l’evento” sul danneggiato/attore anzichè sul convenuto.

Quest’ultimo avrebbe dovuto dare prova del verificarsi di un evento estraneo (consistente nel comportamento del danneggiato) da ritenersi idoneo a configurare il caso fortuito e, quindi, interrompere il nesso eziologico.

I giudici, quindi, avrebbero errato nell’invertire l’onus probandi, pretendendo, ai fini della dimostrazione del nesso causale, anche la prova della inevitabilità dell’evento.

6.3. Con il quinto motivo, parte ricorrente si duole della “Violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 c.c. ex art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c.”.

Il ricorrente ritiene che la sentenza non avrebbe rispettato i criteri di cui all’art. 2051, nella parte in cui individua i presupposti necessari perché possa dirsi integrato il nesso causale tra la cosa e il danno, in particolare quando assume che “nel pavimento non vi era presenza di detersivo né abbondante acqua essendo già stata completata la pulizia”.

7. Il secondo e terzo motivo possono essere esaminati congiuntamente e sono inammissibili perché inerenti al giudizio di fatto e sono diretti ad ottenere un riesame del merito dei fatti oggetto di giudizio.

Rientra nei poteri del Giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, attività limitata dall’obbligo di esplicazione delle ragioni di fatto e di diritto poste a fondamento della sua decisione.

Al giudice di legittimità non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa ma il solo controllo, sotto il profilo logico- formale, della motivazione, e censurarla laddove la stessa risulti graficamente assente, ovvero incoerente sul piano fattuale o più strettamente giuridico.

Tanto premesso, non è dato rinvenire vizi logico-giuridici nell’iter argomentativo posto a fondamento della decisione di seconde cure.

7.1. Per quanto riguarda il primo, quarto e quinto motivo, da valutare unitariamente sono manifestamente fondati.

Il giudice del merito ha errato perché nel caso in esame ha ritenuto la sussistenza di un comportamento colposo della vittima che, pur potendo verificare in condizioni di normale visibilità che il pavimento appariva in condizioni di percepibile scivolosità, non aveva prestato la normale diligenza e la dovuta attenzione alla situazione dei luoghi.

Orbene è vero che in tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione – anche ufficiosa – dell’art. 1227, comma 1, c.c., richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost., sicché, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che Io stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro. E quindi quanto più la situazione di pericolo è prevedibile, tanto più il danneggiato ha l’obbligo dell’adozione di cautele (Cass. 2480/18).

Ma nel caso di specie, proprio perché non vi era presenza abbondante di acqua, come accertato dal giudice, ma vi era l’umidità successiva al lavaggio, la situazione di pericolo era meno prevedibile, sicché l’efficienza causale del comportamento del danneggiato acquista minore rilievo.

In conclusione il giudice di merito dovrà valutare alla stregua del principio di cui a Cass. 2480/18 la fattispecie, ed alla stregua di tale principio valutare se vi è caso fortuito, concorso colposo del danneggiato ex 1227 primo comma o esclusione di rilevanza causale della condotta del danneggiato.

8. Pertanto la Corte accoglie il primo, quarto e quinto motivo, dichiara inammissibile il secondo e terzo motivo, cassa la sentenza impugnata come in motivazione, e rinvia la causa alla Corte di Appello di Cagliari, in diversa composizione, anche per le spese di questo giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo, quarto e quinto motivo, dichiara inammissibile il secondo e terzo motivo, cassa la sentenza impugnata come in motivazione, e rinvia la causa alla Corte di Appello di Cagliari, in diversa composizione, anche per le spese di questo giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Sesta Civile della Corte Suprema di Cassazione in data 7 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.