Crollo ponte Morandi: legittimo lo stop ai lavori per i tecnici coinvolti (Corte di Cassazione, Sezione V Penale, Sentenza 23 luglio 2020, n. 22053).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PALLA Stefano – Presidente

Dott. MAZZITELLI Caterina – Consigliere

Dott. MICHELI Paolo – Rel. Consigliere

Dott. BRANCACCIO Matilde – Consigliere

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto nell’interesse di:

Vastola Luigi, nato a Sarno il 10/07/1980;

avverso l’ordinanza emessa il 18/10/2019 dal Tribunale di Genova;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.ssa Olga Mignolo, la quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avv. Egidio Albanese, il quale ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso e l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. Il 18/10/2019, con dispositivo depositato in pari data, il Tribunale di Genova ha rigettato un atto di appello presentato ex art. 310 cod. proc. pen. nell’interesse di Luigi Vastola, a carico del quale era stata applicata una misura interdittiva, per anni 1, in forza di un precedente provvedimento emesso in data 01/08/2019 dal Gip del medesimo Tribunale.

La misura de qua riguarda la sospensione dall’esercizio di un pubblico servizio, con interdizione allo svolgimento di qualsiasi attività inerente allo stesso, nonché il divieto temporaneo di esercitare attività professionali – analoghe a quelle in atto – in favore di soggetti pubblici o privati, in materia di sicurezza nella circolazione stradale e dei trasporti; l’attività in questione, cui era correlata la qualità pubblicistica attribuita al Vastola, era quella relativa al compimento di operazioni di sorveglianza delle “opere d’arte” della rete autostradale in concessione.

Tali operazioni risultavano demandate dalla società concessionaria ASPI ad una propria controllata (SPEA Engineering s.p.a.), contrattualmente obbligata in forza di precedenti convenzioni per le incombenze di manutenzione, ispezione, vigilanza e controllo, con esiti da riversare in periodici rapporti ispettivi e relazioni: l’ingegner Vastola, in particolare, aveva svolto quelle attività come responsabile operativo presso la direzione dell’ottavo tronco ASPI.

Gli addebiti mossi all’indagato erano tre, tutti riferiti ad attività di verifica sul viadotto “Paolillo” (situato lungo la “A16”, in territorio del comune di Cerignola): le indagini, invece, erano state conseguenti ad approfondimenti sullo stato dei controlli della rete autostradale all’esito dei tragici fatti del crollo del viadotto “Polcevera” di Genova, noto come “ponte Morandi”.

Secondo l’assunto accusatorio, che portava a contestazioni di reato ex artt. 110 e 479 cod. pen., il Vastola aveva concorso nell’attestare il falso, a novembre del 2018, “omettendo elementi rilevanti per la valutazione della sicurezza strutturale e per il mantenimento della circolazione stradale” nel corpo di una relazione indicata con la sigla SVECND/510008/5ORV/IT11/006, dove non era stato segnalato che gli accertamenti compiuti avevano appurato che “la realizzazione del viadotto era avvenuta in modo difforme dal progetto esecutivo e dalle relazioni di calcolo a questo allegate e dalla contabilità finale dei lavori”: la relazione anzidetta, curata da altri tecnici ma su sollecitazione (anche) del Vastola, doveva pertanto intendersi descrittiva di una situazione che non rappresentava il reale stato delle cose, mentre i documenti richiamati “nulla potevano garantire in ordine alla sicurezza statica del manufatto” [capo 1E)].

Identiche condotte si erano poi verificate all’atto di due relazioni successive, la prima indicata come RSVE 0066 revisione O, intervenuta nello stesso mese di novembre [capo 2E)], e l’altra del mese successivo [relazione RSVE 0069, capo 3E)].

Evidenziata, sia in esito agli accertamenti compiuti sulle caratteristiche del viadotto che in base alle risultanze di attività di intercettazione, la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, il Tribunale si soffermava tra l’altro sulla contestata attribuzione della veste di pubblico ufficiale all’ing. Vastola ed ai suoi presunti concorrenti nei reati sopra evidenziati, osservando come detta qualifica andasse «certamente confermata […], attesa la normativa di riferimento ed il tipo di attività svolta dagli indagati nell’espletamento dei compiti di ispezione e di sorveglianza sulle autostrade in concessione».

A riguardo, si legge nel corpo dell’ordinanza che «gli atti oggetto dei capi di imputazione costituiscono espressione dell’attività di sorveglianza disciplinata da norme di diritto pubblico di livello primario, come il codice della strada (artt. 1 e 14), o di dettaglio, come la circolare del Ministero dei lavori pubblici sull’attività di sorveglianza delle strade (n. 67635 del 19/07/1967), nonché dalla concessione con la quale lo Stato ha affidato beni ed attività al concessionario».

In tale quadro di riferimento normativo, secondo il Tribunale, «i rapporti attestanti le operazioni di controllo accertano e cristallizzano quanto eseguito e verificato dal concessionario e sono funzionali anche alle attività di controllo ispettivo nei confronti del concessionario, di cui lo Stato è titolare.

In virtù di tale potere ispettivo, del resto, lo Stato-concedente ha la possibilità anche di irrogare sanzioni per inottemperanze del concessionario, fino a disporne la decadenza […].

Si tratta pertanto di rapporti di ispezione, proprio come quelli oggetto dell’imputazione, che hanno una funzione di prova degli avvenuti controlli periodici e dell’esito degli stessi, e che costituiscono, nell’ambito delle funzioni pubbliche delegate, espressione di poteri certificativi tali da dovere qualificare come pubblico ufficiale il soggetto che ne è dotato, il quale il tal modo partecipa alla formazione della volontà della pubblica amministrazione per le attività dalla stessa affidate.

Analogamente, i rapporti redatti da ASPI per il tramite di SPEA nell’esercizio di tale potere certificativo, in virtù dei poteri-doveri connessi all’attività in concessione, sono certamente da considerare, ai fini penalistici, atti pubblici e non già semplici “informazioni” che il concedente può chiedere al concessionario […]: atti pubblici, per di più, determinanti ai fini dell’individuazione delle misure da adottare per assicurare la sicurezza statica delle strutture destinate al pubblico transito.

Le dette attività, infatti, non sono privatizzate solo perché vengono poste in essere da soggetti privati, ma conservano la loro natura di attività amministrativa in senso obiettivo, avendo la funzione di assicurare la protezione dell’interesse pubblico, affidata istituzionalmente all’ente concedente ed esclusivamente per il tramite della concessione trasferita dal concedente al concessionario».

2. Propone ricorso per cassazione il difensore di fiducia del Vastola, sostenendo di avere fondatamente contestato, dinanzi al Tribunale adito ex art. 310 del codice di rito, la competenza della A.G. di Genova (le condotte criminose, infatti, sarebbero state realizzate nei circondari di Bari o Foggia), l’attribuzione della qualifica di pubblico ufficiale agli indagati (al più, da considerare incaricati di pubblico servizio), nonché la ravvisabilità di gravi indizi di colpevolezza e di esigenze cautelari concrete ed attuali nei confronti dell’odierno ricorrente.

Le argomentazioni dei giudici di merito, reiettive delle istanze della difesa, vengono qui censurate esclusivamente con riguardo al punto della ritenuta sussistenza della qualifica pubblicistica anzidetta.

Nell’interesse del Vastola, in particolare, si fa rilevare che «ai sensi dell’art. 357, secondo comma, cod. pen. […], è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi».

Ne deriva che «una determinata attività può essere qualificata in termini di pubblica funzione solo al ricorrere di due condizioni, e cioè nell’ipotesi in cui sia disciplinata da norme (di rango primario) di natura pubblicistica e sia, al contempo, caratterizzata dalla spendita dei poteri tipici della pubblica amministrazione».

Tanto precisato, la tesi difensiva è che l’attività di vigilanza sulle “opere d’arte” autostradali «non è assimilabile all’attività ispettiva o di vigilanza svolta dal concedente nell’esercizio delle sue prerogative pubbliche, né può ritenersi esplicazione di poteri “affidati” da questo al concessionario e, quindi, riconducibile ad una pubblica funzione»: come dimostrerebbe la semplice lettura della convenzione stipulata, si tratterebbe invece di compiti espletati in adempimento di obblighi di carattere contrattuale e privatistico, data la natura di “concessione-contratto” dell’atto presupposto.

Perciò, chi presieda allo svolgimento di tali incombenze, squisitamente tecniche, non spende munus pubblicistici e non ne deve essere titolare, limitandosi ad assolvere obblighi informativi verso il concedente attraverso resoconti o report aventi cadenza periodica.

Quei resoconti, del resto, «non sono contemplati o prescritti da una norma di rango primario di natura pubblicistica, quindi, sotto questo profilo, si incorrerebbe in un’insuperabile violazione del principio di legalità in materia penale, che non consente dilatazioni del perimetro dell’illecito in assenza di un riferimento normativo.

Per contro, l’attività ispettiva propriamente detta sulla gestione della rete autostradale coinvolge diversi soggetti pubblici, i quali assolvono tale compito nell’esercizio dei poteri loro propri ed in modo totalmente disgiunto ed autonomo rispetto alle informazioni o i report ricevuti dal concessionario».

A riguardo, la difesa del Vastola segnala che «il potere di vigilanza dell’ente concedente si esplica mediante un iter procedimentale- amministrativo che non dipende dall’attività di report o, più in generale, di segnalazione dell’ente concessionario. Si tratta di attività distinte, che non si inseriscono nella medesima sequenza procedimentale».

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso non può trovare accoglimento.

Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, «a norma dell’art. 357, secondo comma, cod. pen., la qualifica di pubblico ufficiale deve essere riconosciuta a quei soggetti che, pubblici dipendenti o semplici privati, quale che sia la loro posizione soggettiva, possono e debbono, nell’ambito di una potestà regolata dal diritto pubblico, formare e manifestare la volontà della p.a., oppure esercitare, anche indipendentemente da formali investiture, poteri autoritativi, deliberativi o certificativi, disgiuntamente e non cumulativamente considerati» (Cass., Sez. V, n. 7120/1999 del 22/12/1998, Di Sante, Rv 212558).

Nel caso oggi in esame, va innanzi tutto chiarito che le relazioni indicate come false (sulla materialità degli addebiti, così come sulla riferibilità degli stessi al Vastola, la difesa non formula motivi di ricorso) risultano atti formati dalla società SPEA Engineering, vale a dire dal soggetto privato al quale ASPI aveva affidato l’attività di sorveglianza e manutenzione connessa alla concessione di cui era titolare; parimenti preliminare è il rilievo che un atto descrittivo di operazioni di controllo sulle caratteristiche di un viadotto, in particolare sulla conformità della realizzazione dello stesso agli elaborati progettuali, ove fosse stato compiuto direttamente da personale tecnico dell’ente concedente, avrebbe pacifica valenza pubblicistica, non foss’altro in virtù della portata probatoria e certificativa da attribuire all’atto medesimo.

L’osservazione appena formulata rende evidente che la natura di quell’attività di controllo – da svolgere anche al fine di garantire l’interesse pubblico alla sicurezza dei trasporti sulla rete autostradale – non può venire a mutare, a seconda del soggetto che sia chiamato a darvi corso: e gli esiti delle indagini curate nel presente procedimento, come compendiati nell’ordinanza impugnata, sembrano evidenziare che quelle relazioni di SPEA venivano trasmesse ad ASPI senza che fossero necessari atti ulteriori da parte del concessionario (in ipotesi, sulla correttezza delle verifiche effettuate dalla controllata).

In sostanza, ASPI non riceveva informazioni o report destinate ad essere rivalutate o sindacate, né era tenuta a fare proprie le relazioni in questione riproducendone il contenuto in atti autonomi: ciò che proveniva da SPEA era rimesso ad ASPI e, senza che il concessionario fosse chiamato a fare alcunché di diverso ed ulteriore, inoltrato al Ministero.

Analogamente, l’ente pubblico – ferma restando la possibilità di nuovi accertamenti ove fossero emerse eventuali ragioni di doverosità od opportunità – ben poteva limitarsi a prendere atto di quelle verifiche per come relazionate, indipendentemente dalla circostanza che vi avesse provveduto il concessionario in prima persona, ovvero fossero state compiute da altri sulla base di rapporti privatistici fra ASPI e terzi soggetti.

La qualità di pubblico ufficiale, pertanto, deve essere comunque riconosciuta a chi dia corso ad attività di ispezione e vigilanza sulle “opere d’arte” autostradali, destinate ad essere rappresentate all’ente da cui dipende la regolamentazione (e la tutela della sicurezza) dei trasporti: e ciò vale sia per il concessionario, sia per il privato a cui il concessionario ritenga di affidare il disbrigo delle predette incombenze.

Non a caso, già anni addietro si era affermato che «rivestono la qualità di pubblici ufficiali il presidente del consiglio di amministrazione e il direttore dei lavori di una società concessionaria dell’ANAS per la cura della viabilità autostradale […] in relazione all’attività connessa alla procedura per l’assegnazione degli appalti, alle procedure espropriative e ai controlli circa l’esecuzione dei lavori.

Infatti, a seguito di detto rapporto di concessione, l’ANAS – che è un ente istituito e disciplinato con leggi dello Stato dirette al mantenimento e allo sviluppo della rete di pubblica viabilità, soggetto alla direzione e al controllo del Ministero dei lavori pubblici e ai conseguenti atti autoritativi – ha trasferito a detta società alcune sue attribuzioni di rilevanza pubblica, quali la programmazione e la esecuzione dei necessari lavori e delle connesse attività» (Cass., Sez. VI, n. 5116 del 19/01/1998, Pancheri, Rv 211707).

Identica veste è stata più di recente attribuita al «dipendente del concessionario Equitalia sud s.p.a. addetto ai rapporti con gli enti, al quale sono assegnati compiti istruttori e preparatori funzionali a dare un impulso determinante ai fini della adozione di provvedimenti finalizzati all’utile esercizio dell’attività di riscossione dei tributi nei confronti di tali soggetti, in quanto il medesimo, attraverso l’attività svolta, partecipa alla formazione e manifestazione della volontà dell’ente di appartenenza» (Cass., Sez. VI, n. 43820 del 23/09/2014, Fedele, Rv 260710).

Da ultimo, si è ritenuto pubblico ufficiale anche il «soggetto al quale, in forza di contratto privatistico di collaborazione coordinata e continuativa, sia affidato un incarico di consulenza e supporto alla direzione sanitaria regionale, attesto che tale attività, sebbene connotata da rilevanza meramente endoprocedimentale, implica la partecipazione alla formazione della volontà dell’ente ed all’attuazione dei suoi fini istituzionali» (Cass., Sez. VI, n. 17972/2019 del 31/10/2018, Passerino, Rv 275675).

In senso contrario, la difesa del Vastola invoca invece un precedente di questa Sezione secondo cui «in tema di falsità documentale, ai fini dell’individuazione della qualifica di pubblico ufficiale, occorre avere riguardo non tanto al rapporto di dipendenza tra il soggetto e la p.a., quanto ai caratteri propri dell’attività in concreto esercitata dal soggetto ed oggettivamente considerata.

Ne deriva che non riveste la qualifica di pubblico ufficiale il soggetto privato chiamato dall’ente pubblico a svolgere un’attività, che, pur potendo produrre effetti nell’ambito dell’interesse pubblico perseguito dall’ente, resti circoscritta nell’area dei rapporti di diritto civile che disciplinano le prestazioni eseguite dai privati in favore delle pubbliche amministrazioni» (Cass., Sez. V, n. 29377 del 08/02/2013, Bliznakoff, Rv 256943).

Si tratta, tuttavia, di principi che non possono valere a superare l’indirizzo interpretativo qui ribadito, atteso che – come già la massima rende evidente – la pronuncia riguarda attività immanenti ad un mero rapporto privatistico fra un ente (in particolare, un’amministrazione provinciale) ed il soggetto che a questo si relazioni: il caso riguardava infatti la falsificazione della firma di un architetto su alcuni progetti, ma nell’ambito di una semplice – e così espressamente definita in motivazione – “attività di consulenza commissionata dall’ente pubblico ad un professionista privato”.

E’ necessario infine ricordare come già il Gip del Tribunale di Genova, rigettando una istanza presentata ex art. 299 del codice di rito con un provvedimento adottato il 23/09/2019 avesse ravvisato in capo agli indagati «la potestà certificativa che contraddistingue il pubblico ufficiale a prescindere dai caratteri dell’ente nell’ambito del quale egli svolge le proprie funzioni, e che di per sé implica la manifestazione della volontà pubblica».

In quel medesimo atto, il primo giudice aveva sottolineato come fosse stata la stessa difesa, nell’illustrare una eccezione di incompetenza per territorio, a riferirsi ad una “attività certificativa che sostanzia la figura professionale coinvolta” e che “impone la veridicità delle attestazioni provenienti dal soggetto qualificato”.

2. Il rigetto del ricorso comporta la condanna del Vastola al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il giorno 8 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il giorno 23 luglio 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.