REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUINTA SEZIONE PENALE
Composta da:
Dott. MARIA VESSICHELLI – Presidente –
Dott. ANDREINA OCCHIPINTI – Consigliere –
Dott. MICHELE ROMANO – Consigliere –
Dott. FRANCESCO CANANZI – Consigliere –
Dott. ELISABETTA MARIA MOROSINI – Relatore –
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(omissis) (omissis) (omissis) nato a (omissis) (omissis) il xx/xx/19xx;
avverso l’ordinanza del 26/03/2024 del Giudice per le indagini preliminari de Tribunale di Venezia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere Dr.ssa Elisabetta Maria Morosini;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dr.ssa Cinzia Parasporo, che ha chiesto di annullare senza rinvio l’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza impugnata il Giudice per le indagini preliminar del Tribunale di Venezia, all’esito di camera di consiglio fissata a seguito di opposLione dell’indagato, ha disposto, ai sensi dell’art. 411, comma 1-bis, cod. proc pen., l’archiviazione, per particolare tenuità del fatto, del procedimento incardinato a carico (omissis) (omissis) (omissis), sottoposto a indagine in ordine al delitto ci cui all’art. 595 cod. pen.
Il procedimento aveva preso le mosse dalla querela di (omissis) (omissis), la cui reputazione sarebbe stata lesa da alcune espressioni profferite da (omissis) (omissis) (omissis) nel corso della seduta del Consiglio regionale del Veneto del 12 febbraio 2019 che riguardava “la relazione finale in esecuzione del mandato conferito alla Commissione d’inchiesta sui gravi fatti riguardanti il sistema bancario in Veneto”.
Il consigliere regionale avrebbe svolto un intervento nel quale — dopo aver evocato “i fatti del Mose e il malaffare collegato” — ricordava altre “situazioni poco chiare” e parlava di: “movimenti che riguardano non solo questa realtà, ma altri flussi strani di risorse che transitano per il Lichtenstein, Lussemburgo e per dove si muove con grande destrezza qualcuno che normalmente è conoscenza per avere abbigliamento non sempre consono (che non si veste bene) e che su Malta agisce attraverso delle finanziarie per favorire questi strani intrecci”.
Il riferimento alla persona offesa sarebbe stato immediatamente percepibile per il gioco di parole con il suo cognome ((omissis)) e perché lo stesso ha trasferito i suoi interessi professionali a Malta dove si occupa di investimenti immobiliari e operazioni finanziarie.
2. Avverso l’indicata ordinanza ricorre l’indagato, tramite il difensore, proponendo un unico motivo con il quale deduce la violazione della prerogativa della insindacabilità, accordata ai consiglieri regionali dall’art. 122,Cirybrna iCI secondo cui i consiglieri regionali non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni.
Lamenta che il giudice avrebbe escluso l’operatività della norma costituzionale con argomenti non condivisibili: l’indagato avrebbe espresso considerazioni 5 fatti non pertinenti alla materia trattata nella seduta del consiglio. Invece il giudice avrebbe dovuto limitarsi a verificare che il consigliere stava esercitando le proprie funzioni all’interno dell’organo rappresentativo regionale, commentando l’attività di controllo e vigilanza della commissione di inchiesta.
3. Il difensore della persona offesa ha trasmesso una memoria di replica alla requisitoria scritta del Procuratore generale.
Deduce che l’indagato avrebbe strumentalizzato, consapevolmente o inconsapevolmente, la garanzia riconosciuta dall’ordinamento, per compiere un gratuito attacco personale, che nulla aveva a che vedere né con la funzione svolta, né con il contesto di riferimento. Difatti il tema della seduta del consiglio riguardava la relazione finale della Commissione d’inchiesta sul sistema bancario in Veneto e già il riferimento, nell’intervento di (omissis), al “malaffare del sistema Mose” era ultroneo rispetto al tema, ma l’aggiunta di presunti passaggi di nero da e verso paradisi fiscali erano del tutto disancorato dall’oggetto della runione assembleare e mirava solo a colpire (omissis) (omissis).
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
2. È preliminare stabilire se l’ordinanza di archiviazione per la particolare tenuità del fatto sia o meno impugnabile con ricorso per cassazione.
2.1. Come insegna la Corte costituzionale «il fatto particolarmente lieve, cui fa riferimento l’art. 131-bis cod. pen., è comunque un fatto offensivo, che costituisce reato e che il legislatore preferisce non punire, sia per riaffermare la natura di extrema ratio della pena e agevolare la “rieducazione del condannato”, sia per contenere il gravoso carico di contenzioso penale gravante sulla giurisdizione» (Corte Cost. ord. n. 279 del 2017).
Nel medesimo senso si sono espresse le Sezioni Unite: «il fatto non è punibile non perché inoffensivo, ma perché il legislatore, pur in presenza di un fatto tipico, antigiuridico e colpevole, ritiene che sia inopportuno punirlo, ove ricorrano le condizioni indicate nella richiamata disposizione normativa» (Sez. U, n. 18891 del 27/01/2022, Ubald).
Proprio in ragione della peculiarità dell’istituto, il codice di rito dedica una specifica disciplina alla richiesta di archiviazione per particolare tenuità del fatto ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen e, a differenza delle altre ipotesi di archiviazione, riconosce anche all’indagato (non soltanto alla persona offesa) la facoltà di proporre opposizione.
In forza del richiamo contenuto nell’art. 411, comma 1, cod. proc. pen., il decreto di archiviazione, emesso de plano senza contraddittorio, è nullo negli stessi casi generali indicati dall’art. 410-bis, comma 1, cod. proc. pen.; l’ordindnza, invece, è nulla ex art. 410-bis comma 2, cod. proc. pen. nei casi previsti dall’art.127 cod. proc. pen. Tali cause di nullità possono essere fatte valere soltanto con il mezzo del reclamo al Tribunale monocratico di cui al comma 3 del citato art. 410-bis che decide con ordinanza non impugnabile.
2.3. L’art. 568, comma 1, cod. proc. pen. fissa il principio della tassatività dei mezzi di impugnazione. Il codice non contempla impugnazioni diverse dal reclamo e, in particolare, non appronta alcun mezzo per consentire all’indagato “opponente” di agire avverso l’ordinanza che, pur indenne da violazioni processuali, abbia disposto l’archiviazione del procedimento per particolare tenuità del fatto invece che per la ragione, più favorevole (ad esempio insussistenza del fatto, non averlo commesso e altro), invocata dall’indagato opponente.
L’ordinanza di archiviazione ex art. 131-bis cod. pen., però, arreca un pregiudizio all’indagato non certo perché la valutazione pregiudiziale sulla sussistenza del fatto e sulla sua attribuibilità all’indagato, compiuta in sede di archiviazione, possa costituire accertamento assimilabile ad una dichiarazione di colpevolezza, ma perché il provvedimento deve essere iscritto nel casellario giudiziale (Sez. U, n. 38954 del 30/05/2019, De Martino, Rv. 276463 – 01) e quindi viene a costituire un fatto potenzialmente rilevante ai fini della abitualità del comportamento quale ragione ostativa ex art. 131-bis, comma quart), cod. pen.
L’iscrizione, difatti, rappresenta una «procedura di memorizzazione delle pronunzie adottate per tenuità dell’offesa», destinata ad esplicare i suoi effetti nell’ambito del sottosistema definito dalla disposizione appena citata e all’interno del circuito giudiziario (così in motivazione Sez. U, n. 13681 del 25/02/16, Tushaj).
2.4. Per rimediare a questa lacuna, la Corte di cassazione ha fatto ricorsi) allo strumento garantito dall’art. 111 comma 7 Cost. Si è condivisibilmente affermato che, al di fuori dei casi di cui all’art. 41.-bis, comma 2, cod. proc. pen., l’ordinanza di archiviazione è ricorribile per violazione di legge, ai sensi dell’art. 111, comma 7, Cost. (Sez. 3, n. 5454 del 27/10/22, dep. 2023, Pandolfi, Rv. 284139 – 01; Sez. 5, n. 36468 del 31/05/2023, Tramo, Rv. 285076 – 01; Sez. 6, n. 611 del 22/11/2023, Conforti, Rv. 285604 – O] ; nello stesso senso Sez. 5 n. 20321 del 11/04/2024, D’Ausilio, non massimata).
2.5. In conclusione deve ritenersi che l’ordinanza di archiviazione in esame sia ricorribile per violazione di legge. Occorre allora accertare se sussista o meno la violazione di legge dedotta dal ricorrente.
3. Il motivo che denuncia la violazione dell’art. 122, comma quarto, è fondato.
3.1. L’immunità consiliare ex art. 122 Cost. è funzionale alla tutela delle più elevate funzioni di rappresentanza politica, volendosi garantire da qualsiasi interferenza di altri poteri il libero processo di formazione della volontà poi sin dalla sentenza n. 81 del 1975 la Corte Costituzionale ha ricollegto la “eccezionale deroga” all’attuazione della potestà punitiva dello Stato, di cui a l’art. 122, quarto comma, Cost., alla particolare natura delle attribuzioni del Consiglio regionale, “esplicazione di autonomie costituzionalmente garantite” (ma non “a livello di sovranità”) attraverso l’esercizio di funzioni “in parte disciplinate dalla stessa Costituzione e in parte dalle altre fonti normative cui la prima rinvia”.«L’affermazione della insindacabilità delle opinioni e dei voti dei corsiglieri regionali nell’esercizio della funzione di organizzazione interna dell’organo non fa che sviluppare coerentemente il parallelismo con le guarentigie dei membri del Parlamento, di cui all’art. 68, primo comma, Cost. in relazione al nucleo essenziale comune e caratterizzante delle funzioni degli organi “rappresentativi” dello Stato e delle Regioni: accanto alla funzione primaria, quella legislativa, ed alla funzione di indirizzo politico e di controllo, la funzione di autoorganizzazione, pacificamente riconosciuta al Consiglio regionale al pari che ai due rami del Parlamento» (Corte. Cost n. 69 del 1985).
Tale parallelismo non giunge però a una totale assimilazione tra le assemblee parlamentari e i consigli regionali «in quanto, diversamente dalle funzioni assegnate alle Camere, le attribuzioni dei Consigli si inquadrano, invece, nell’esplicazione di autonomie costituzionalmente garantite, ma non si espongono a livello di sovranità» (Corte Cost. sentenza n. 301 del 2007).
La giustificazione razionale della guarentigia di cui all’art. 122, comma quarto, cost., «poggia sulla corrispondenza fra il livello costituzionale della guareritigia stessa, ed il livello costituzionale del tipo di funzioni il cui esercizio, si è eccezionalmente ritenuto opportuno sottrarre al controllo giudiziario.
Quello che la Costituzione ha inteso proteggere, con disposizioni derogatorie rispetto al comune regime di responsabilità, è un modello funzionale che essa stessa ha delineano ed appunto perciò ha potuto valutare meritevole dell’eccezionale protezione» (Corte. Cost n. 69 del 1985).
«Vero è che, come per il Parlamento, così per i Consigli regionali le furzioni costituzionalmente previste non si esauriscono in quella legislativa. Accarite, alla potestà legislativa, di indirizzo, di controllo e regolamentare riservate alle Regioni, il Consiglio regionale esercita (art. 121, secondo comma, Cost.) “le altre furzioni conferitegli dalla Costituzione e dalle leggi” […] È questo il modello funzionale, che la disposizione sull’immunità ha per presupposto sistematico, nel senso che con la guarentigia in esame si è voluto garantire il libero esercizio delle funzioni tipiche ed esclusive riservate al Consiglio regionale, differenziando, per questo, la posizione dei consiglieri regionali da quella dei componenti di tutti gli altri orgnai investiti di funzioni ovviamente diverse» (Corte. Cost n. 69 del 1985).
In sintesi l’eccezionale guarentigia di cui all’art. 122, quarto comma, Cost. – la quale non mira ad assicurare una posizione di privilegio ai consiglieri regionali, ma a preservare da interferenze e condizionamenti esterni le determinazioni inerenti alla sfera di autonomia costituzionalmente riservata al Consiglio regionale (tra le altre Corte Cost. sentenze n. 195 del 2007, n. 392 e n. 391 del 1999) – ricomprende tutte quelle attività che costituiscono esplicazione di una funzione tipica, affidata a tale organo dalla stessa Costituzione o da altre fonti normative cui la prima rinvia (cfr. tra le ultime, sentenze n. 332 del 2011, n. 337 de 009, n. 276 e n. 76 del 2001, n. 289 del 1997).
3.2. Nella specie, nel corso della riunione del Consiglio Regionale del Veneto tenutasi il 12 febbraio 2019, è stata presentata la “relazione finale in esecu:ione del mandato conferito alla commissione d’inchiesta sui gravi fatti riguardanti il sistema bancario in Veneto”, commissione della quale era componente anche l’odierno ricorrente.
L’indagato si è espresso nei termini oggetto di addebito intra moeria, nel corso di un intervento durante una seduta del consiglio regionale, nello svolgimento di un atto tipico in cui si sostanzia l’attività del consigliere regionale, svolta nella sede istituzionale.
È indubbio che l’intervento effettuato da un consigliere nel corso di una m duta del consiglio regionale vada annoverata tra gli atti consiliari tipici, po d’è la discussione, l’esposizione delle idee e delle convinzioni dei compo lenti rappresenta l’espressione più immediata e diretta della funzione dell’organo elettivo regionale, tra i cui compiti vanno annoverati anche quelli di vigilanza e di controllo (così Corte cost. n. 332 del 2011).
4. L’ordinanza impugnata non tiene conto del principio di diritto, sopra enucleato, che involge istituti di rilievo costituzionale.
Consegue che il provvedimento deve essere annullato con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Venezia – ufficio del Giudice delle indagini preliminari.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Venezia.
Così deciso il 12/02/2025.
Depositato in Cancelleria il 3 aprile 2025.