REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUARTA SEZIONE PENALE
Composta da:
FRANCESCO MARIA CIAMPI – Presidente
EUGENIA SERRAO – Consigliere
MARIA TERESA ARENA – Consigliere
DANIELA CALAFIORE – Relatore
ANNA LUISA ANGELA RICCI – Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) nato il xx/xx/19xx;
avverso la sentenza del 03/04/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa DANIELA CALAFIORE;
lette le conclusioni del PG.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Bologna, con ordinanza del 3 aprile 2024, ha dichiarato inammissibile l’appello presentato dal difensore di (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) avverso la sentenza di condanna pronunciata dal Tribunale di Bologna il 25 settembre 2023, in considerazione del fatto che l’atto di appello, depositato a mezzo PEC presso la cancelleria del Tribunale di Bologna, non conteneva, come richiesto dall’art. 581, comma 1-ter cod. proc. pen., dichiarazione o elezione di domicilio sottoscritta dall’imputato ed autenticata dal difensore, ma sottoscritta dal solo imputato.
2. Avverso l’ordinanza l’imputato ha presentato, per mezzo del proprio difensore, ricorso nel quale deduce un motivo, declinato come violazione di legge e vizio di motivazione.
Sostiene che la norma processuale introdotta dalla cd. riforma Cartabia (art. 581-ter cod.proc.pen.) non avrebbe introdotto l’onere, per il difensore, di autenticare l’elezione di domicilio laddove, come nel caso di specie, il ricorrente abbia già investito il proprio difensore di mandato difensivo fiduciario sin dal primo grado e si sia limitato a sottoscrivere la dichiarazione di elezione di domicilio poi allegata all’atto di appello.
3. Il Procuratore generale, nella persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. Antonio Balsamo, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
La motivazione dell’ordinanza impugnata non è corretta. Essa ha dichiarato l’inammissibilità dell’atto di appello, rilevando che difetta il necessario presupposto rappresentato dalla dichiarazione o elezione di domicilio ritualmente autenticata dal difensore.
Tale elemento, ha rilevato la Corte territoriale, non può essere surrogato dalla indicazione del solo imputato.
La previsione dell’art. 162 cod.proc.pen. è tassativa circa le modalità e le forme dell’elezione di domicilio e l’art. 581, comma 1-ter, cod.proc.pen. prevede l’inammissibilità dell’atto privo della dichiarazione di domicilio.
2. Rileva il Collegio che l’elezione di domicilio dell’imputato è atto personale dell’imputato che deve essere dal già menzionato sottoscritto.
Tale requisito essenziale è richiesto dall’art. 162 cod. proc. pen. (che in alternativa alla sottoscrizione dell’interessato contempla la “dichiarazione raccolta a verbale”).
Sul punto, si è precisato che “in tema di dichiarazione di domicilio, la forma vincolante che condiziona l’efficacia dell’atto è esclusivamente quella relativa alla sua sottoscrizione e all’autenticazione della firma, trattandosi di atto personale dell’imputato.
Per quanto attiene, invece, alle modalità di comunicazione all’autorità giudiziaria, l’art. 162, comma primo, cod. proc. pen. opera nel senso che la trasmissione tramite il mezzo postale costituisce una facilitazione per l’imputato e non rende invalide altre modalità di presentazione che offrano maggiori garanzie, quali la presentazione per mezzo del difensore o di altra persona espressamente autorizzata” (così Sez. 1, n. 11316 del 07/02/2006, Rossini, Rv. 233654 – 01).
E si è anche aggiunto che la dichiarazione di domicilio eseguita dall’imputato nell’atto di nomina del difensore di fiducia, è valida in quanto, nel rispetto delle forme previste dall’art. 162 cod. proc. pen., essa sia sottoscritta dalla persona interessata con autentica del difensore nominato (così, Sez. 3, n. 19899 del 12/12/2018 – dep. 2019, Gaiazzi, Rv. 275961 – 01).
3. Nel caso di specie, l’atto di appello è stato depositato a mezzo PEC e tale modalità di deposito, disciplinata dall’art. 87 bis d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, è consentita tutt’ora ai sensi dell’art. 3, comma 8, d.m. 29 dicembre 2023, n. 21 «per tutti i casi in cui il deposito può aver luogo anche con modalità non telematiche».
Non risulta controverso che la verifica effettuata dalla cancelleria sulla provenienza dell’atto di impugnazione e sulla firma digitale ivi apposta abbia dato esito positivo.
Pertanto, la provenienza dell’atto di appello dal difensore di fiducia dell’imputato è certa ed è certo che egli lo abbia sottoscritto digitalmente.
Secondo la Corte di appello, nella sostanza ed implicitamente, tale sottoscrizione digitale non sarebbe sufficiente perché non consente di ritenere autentica la firma apposta dall’ imputato in calce alla elezione di domicilio.
L’ordinanza impugnata osserva che l’elezione di domicilio è stata redatta dall’imputato a penna e sostiene che, per ritenerla valida, il difensore avrebbe dovuto sottoscriverla per autentica.
4. Il quadro normativo di riferimento è rappresentato dall’art. 87 bis d.lgs. n. 150 del 2022.
La disposizione prevede, al comma 3, che, quando il deposito ha ad oggetto una impugnazione, l’atto «in forma di documento» informatico debba essere «sottoscritto digitalmente secondo le modalità indicate con il provvedimento del Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati « e debba contenere «la specifica indicazione degli allegati, che sono trasmessi in copia informatica per immagine, sottoscritta digitalmente dal difensore per conformità all’originale ».
Nel caso in esame, l’imputato ha eletto domicilio presso il difensore già nel corso del giudizio di primo grado ed ha conferito allo stesso difensore mandato ad impugnare.
Ai sensi dell’art. 581, comma 1 ter v 2 cod.proc.pen., il difensore – la cui legittimazione a proporre appello non è controversa- doveva depositare, unitamente all’atto di impugnazione, «la dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione del decreto di citazione in giudizio».
La Corte di appello ha ritenuto che l’elezione di domicilio depositata unitamente all’appello non fosse valida non essendo state rispettate le forme dell’art. 162, comma 1, cod.proc.pen. La circostanza che il documento sottoscritto dall’imputato fosse allegato ad un atto sottoscritto digitalmente dal difensore è stata ritenuta irrilevante.
La Corte territoriale non ha considerato che, ai sensi dell’art. 581, comma 1 ter cod.proc.pen., l’elezione di domicilio ai fini della notificazione del decreto di citazione in giudizio in grado di appello deve essere depositata unitamente all’atto di impugnazione e tale adempimento, previsto a pena di inammissibilità, rende l’elezione di domicilio parte integrante dell’atto di impugnazione.
In questa prospettiva è ben possibile che l’autenticazione della firma apposta in calce all’elezione di domicilio avvenga con la sottoscrizione dell’atto di impugnazione. La circostanza che, nel caso di specie, le elezioni di domicilio non siano state inserite nell’atto di impugnazione.
La circostanza che, nel caso di specie, le elezioni di domicilio non siano state inserite nell’atto di impugnazione è conseguenza del fatto che l’appello non è stato proposto personalmente dall’imputato, bensì dal suo difensore.
Gli atti contenenti l’elezione di domicilio (e la procura speciale ad impugnare), tuttavia, sono stati depositati unitamente all’impugnazione sicché l’autenticazione della sottoscrizione può ritenersi implicita nella sottoscrizione digitale dell’atto di appello che il difensore ha provveduto a depositare a mezzo PEC.
Un principio analogo è stato affermato di recente con riferimento alla sottoscrizione di una richiesta di restituzione nel termine proposta ai sensi dell’art. 175, comma 1, cod.proc.pen. che era stata dichiarata inammissibile perché depositata a mezzo PEC dal difensore della parte richiedente, ed era stata sottoscritta dalla parte richiedente senza che la sottoscrizione fosse stata autenticata.
Si è ritenuto, infatti, che la firma digitale del difensore apposta sull’istanza di restituzione nel termine sottoscritta dalla parte e depositata telematicamente dallo stesso difensore in conformità al disposto dell’art. 87 bis d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, unitamente alla contestuale nomina fiduciaria potesse valere quale autenticazione tacita della sottoscrizione del richiedente pur in mancanza di una formula espressa in tal senso (Sez. 6, n. 14882 del 13/03/2024, Tongiani Rv. 286298).
Nello stesso senso la giurisprudenza si è pronunciata in casi in cui l’atto di querela depositato dal difensore della persona offesa non conteneva l’autenticazione della firma.
Si è ritenuto, infatti, che il documento col quale l’offeso manifesta la volontà di chiedere la punizione e conferisce al difensore l’incarico di provvedere al deposito dell’atto presso l’Autorità giudiziaria, può considerarsi implicitamente sottoscritto dal difensore anche per autentica atteso che, provvedendo al deposito, il difensore si è fatto carico della provenienza della sottoscrizione ( Sez. 5, n. 13813 del 26/03/2015, Recce Rv. 262966).
5. Per quanto esposto, l’ordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio e gli atti devono essere trasmessi, per l’ulteriore corso alla Corte di appello di Bologna.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dispone trasmettersi gli atti alla Corte di appello di Bologna per il giudizio.
Così deciso in Roma, il 5 luglio 2024.
Depositato in Cancelleria il 22 agosto 2024.