Espulsione dello straniero e valutazione del requisito della pericolosità sociale (Corte di Cassazione, Sezione I Penale, Sentenza 31 agosto 2021, n. 32503).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SIANI Vincenzo – Presidente –

Dott. RENOLDI Carlo – Rel. Consigliere –

Dott. BINENTI Roberto – Consigliere –

Dott. MAGI Raffaello – Consigliere –

Dott. SARACENO Rosa Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) Abdenbi, nato in Marocco in data 11 maggio 19xx;

avverso l’ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Genova in data 22 luglio 2020;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Carlo Renoldi;

letta la requisitoria del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. Giuseppe Locatelli, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 22 luglio 2020, il Tribunale di sorveglianza di Genova ha rigettato l’appello, proposto nell’interesse di Abdenbi (OMISSIS), avverso il provvedimento del Magistrato di sorveglianza di Genova in data 17 gennaio 2020 con cui gli era stata applicata la misura di sicurezza dell’espulsione dal territorio dello Stato sul presupposto della sua persistente pericolosità sociale, desunta dalla gravità del reato in esecuzione (tentato omicidio di un connazionale con una bottiglia rotta, commesso nell’agosto 2013 e punito con 8 anni di reclusione), dal precedente penale in materia di sostanze stupefacenti del 2012, dalla non risolta dipendenza da sostanze alcoliche e stupefacenti e dall’assenza di validi riferimenti familiari e risocializzanti in Italia.

2. Abdenbi (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione avverso il predetto provvedimento per mezzo del difensore di fiducia, avv. Alessandro (OMISSIS), deducendo due distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Con il primo motivo, il ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., la contraddittorietà della motivazione rispetto ai verbali di udienza del 18 giugno 2020 e del 22 luglio 2020.

Il Tribunale avrebbe ritenuto che (OMISSIS) non potesse contare su riferimenti familiari benché una zia si fosse dichiarata disponibile ad accoglierlo presso la propria abitazione; disponibilità giunta soltanto tre giorni prima dell’ultima udienza in quanto, in precedenza, egli era stato tradotto presso il Centro di permanenza per il rimpatrio di Gradisca d’Isonzo e in quanto la donna, in precedenza, si era allontanata da lui a causa delle sue condotte, riavvicinandosi solo nell’ultimo periodo. Inoltre, la disponibilità di un lavoro non sarebbe stata indicata nel verbale di udienza del 18 giugno 2020.

2.2. Con il secondo motivo, il ricorso censura, ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., la mancanza della motivazione in relazione ai motivi di impugnazione, avendo la difesa indicato un domicilio e un riferimento familiare, oltre all’iscrizione all’Università di Genova.

Dunque, non tutti gli elementi sarebbero stati valutati dal Giudice di appello, che avrebbe enfatizzato l’assenza di un solo requisito, senza argomentare sulla sussistenza e sul peso di tutti gli altri.

Il Tribunale, in particolare, non avrebbe motivato sulle ragioni per cui la assenza di un lavoro o di un’attività di volontariato potesse avere maggiore peso rispetto al fatto che (OMISSIS) aveva svolto attività lavorativa in carcere per cinque anni, si era diplomato, iscritto all’Università, aveva risarcito il danno alla persona offesa, aveva sviluppato capacità di autocontrollo e rispetto delle regole, superando il problema dell’uso di sostanze alcoliche e stupefacenti.

3. In data 26 aprile 2021 è pervenuta in Cancelleria la requisitoria scritta del Procuratore generale presso questa Corte, con la quale è stata chiesta la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.

2. L’espulsione dello straniero dal territorio dello Stato prevista dall’art. 235 cod. pen. costituisce una misura di sicurezza la cui applicazione postula, secondo la regola generale, un giudizio di attuale pericolosità sociale ai sensi dell’art. 203 cod. pen. e, dunque, l’accertamento della probabilità di commissione di nuovi reati.

Detto giudizio deve essere compiuto tenendo conto dei precedenti penali e giudiziari del soggetto, del percorso detentivo, della presenza di una rete socio-familiare e di un’opportunità lavorativa o, comunque, risocializzante, che siano in grado di fungere da fattori protettivi rispetto al riproporsi delle spinte criminogene che avevano condotto il soggetto alla commissione del reato.

3. Nel caso di specie, dal complesso delle argomentazioni difensive emerge, da un lato, l’asserita pretermissione di una serie di indici predittivi favorevoli, costituiti dalla attiva partecipazione al percorso rieducativo presso la Casa circondariale di Genova “Marassi”, con lo svolgimento di attività lavorativa sia all’interno, sia all’esterno del carcere ai sensi dell’art. 21 Ord. pen., dal totale affrancamento dalla tossicodipendenza, dal conseguimento del diploma di scuola media superiore e dall’atteggiamento di resipiscenza nei confronti della vittima; e, dall’altro lato, la prospettazione di un sostanziale travisamento della disponibilità manifestata dalla zia, Rabia (OMISSIS), ritenuta tardiva nonostante l’ostacolo costituito dall’internamento del condannato in un Centro di rimpatrio, che non gli avrebbe consentito di prendere contatto tempestivamente con la donna.

4. Tanto premesso, osserva il Collegio che le censure difensive hanno carattere essenzialmente rivalutativo del giudizio compiuto dai Giudici di merito i quali hanno puntualmente motivato le ragioni per cui, pur a fronte dei positivi elementi posti in luce dalla difesa, doveva ritenersi attuale il pericolo di reiterazione dei reati.

In particolare, l’ordinanza ha valorizzato il grave precedente penale (tentato omicidio compiuto colpendo la vittima al collo con i cocci di una bottiglia), le risalenti problematiche di dipendenza dall’alcol e dalla droga, la rielaborazione solo parziale e dei fatti e l’assenza di una piena consapevolezza delle cause del percorso deviante, il mancato esperimento, per l’intera detenzione, di benefici extramurari (rilevanti ai fini del giudizio sulla capacità di autocontrollo), fino ad arrivare all’assenza di idonei riferimenti familiari e risocializzanti sul territorio, tale non essendo stata ritenuta, niente affatto illogicamente, la dichiarazione di ospitalità da parte di una zia, con cui (OMISSIS), in realtà, aveva interrotto i rapporti durante la detenzione.

Senza dimenticare l’assenza, favorita dalla condizione di irregolarità del soggiorno in Italia, di opportunità lavorative all’esterno del carcere, necessarie per consentirgli di fruire di lecite fonti di reddito, anche considerando la ricerca di illeciti guadagni, accertata, in passato, con la commissione di reati in materia di stupefacenti.

Va, infatti, ribadito che ai fini della valutazione del requisito di attualità della pericolosità sociale, rilevante per l’esecuzione della misura di sicurezza dell’espulsione dello straniero dal territorio dello Stato, la condizione di irregolare presenza in Italia, dovuta alla mancanza, come nella specie, di un valido titolo di soggiorno, può contribuire a un giudizio sfavorevole di prognosi criminale qualora lo straniero, per effetto dello stato di irregolarità, si trovi, concretamente, in una condizione di impossibilità di procurarsi lecitamente i mezzi di sussistenza, con conseguente rischio di determinarsi alla commissione di nuovi reati.

Valutazione che, nella specie, è stata correttamente compiuta dal Magistrato e dal Tribunale di sorveglianza, i cui provvedimenti sono destinati a integrarsi reciprocamente, senza che il relativo apparato giustificativo, diversamente da quanto dedotto dalla difesa, palesi alcun profilo dì illogicità manifesta o di stridente contrasto con le acquisizioni istruttorie accessibili a questo Collegio, sicché, conclusivamente, le censure difensive devono stimarsi infondate.

5. Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

PER QUESTI MOTIVI

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 19/05/2021.

Depositato in Cancelleria il 31 agosto 2021.

SENTENZA – copia non ufficiale -.