Gli esposti anonimi, pur non potendo considerarsi notitia criminis, possono costituire mero “impulso” per attivare i poteri di indagine (Corte di Cassazione, Sezione III Penale, Sentenza 11 gennaio 2024, n. 1250).

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

TERZA SEZIONE PENALE

Composta da:

Dott. GIULIO SARNO -Presidente-

Dott. ALESSIO SCARCELLA -Consigliere-

Dott. ALBERTO GALANTI -Relatore-

Dott. DONATELLA GALTERIO -Consigliere-

Dott. ENRICO MENGONI -Consigliere-

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto dal

Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torino

nel procedimento contro

(omissis) (omissis), nato a Torino il xx/xx/19xx;

avverso la sentenza del Tribunale di Torino del 29/03/2023;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Alberto Galanti;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr.ssa Francesca Costantini, cui la medesima P.G. si è riportata in udienza, che ha concluso per l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Torino.

Udito, per il ricorrente, l’Avv. (omissis) (omissis) del Foro di Milano, che si riporta al ricorso e ne chiede l’accoglimento.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 29/03/2023, il Tribunale di Torino assolveva (omissis) (omissis) in ordine al delitto di cui all’articolo 5, comma 1, lettera b), e 6, comma 3, I. 283/1962, reato contestato come commesso in data 25/08/2022 in Torino, perché il fatto non sussiste, alla luce della ritenuta inutilizzabilità degli atti di indagine in quanto non preceduti dall’avviso ex art. 114 disp. Att. Cod. proc. pen..

2. Avverso tale sentenza propone ricorso per saltum il Procuratore della Repubblica, lamentando violazione di legge in riferimento agli artt. 330, comma 3, 354, 356 cod. proc. pen., 114 e 220 disp. att. cod. proc. pen.

Ritiene il pubblico ministero ricorrente che erroneamente il giudice ha ritenuto inutilizzabili gli atti compiuti in assenza di avviso al difensore in quanto l’ispezione amministrativa, da cui è partito l’accertamento, era stata originata da un esposto anonimo, come tale inutilizzabile in sede penale e comunque relativo alla detenzione di prodotti alimentari scaduti (circostanza peraltro smentita in esito all’ispezione), e che il fumus del reato si è concretizzato solo nel momento in cui si è verificata la temperatura del frigorifero in cui erano contenuti gli alimenti, procedendo subito dopo gli operanti a dare avviso all’odierno imputato della facoltà di nominare difensore (v. pag. 13 del verbale di sequestro).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.

2. Preliminarmente, il Collegio evidenzia che, secondo la giurisprudenza della Corte (Sez. 3, n. 31223 del 04/06/2019, Di Vico, Rv. 276679 – 01), in materia di attività ispettive di vigilanza di natura amministrativa, il momento a partire dal quale, nel corso di tale attività, sorge l’obbligo di rispettare le garanzie del codice di procedura penale è quello nel quale è possibile attribuire rilevanza penale al fatto, emergendone tutti gli elementi costitutivi, anche se ancora non possa essere ascritto a persona determinata.

Inoltre, in tema di prelievi di campioni finalizzati all’espletamento di analisi, è necessario distinguere i prelievi e le analisi inerenti alle attività amministrative, dalle analisi e prelievi inerenti invece ad un’attività di polizia giudiziaria nell’ambito di una indagine preliminare per i quali devono operare le norme di garanzia della difesa in applicazione dell’art. 220 disp. att. cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 15372 del 10/02/2010, Fiorilli, Rv. 246597 – 01; Sez. 3, n. 10484 del 12/11/2014, Grue, Rv. 262698 – 01), operano in via genetica le norme di garanzia della difesa previste dal codice di rito, mentre, per la prima, i diritti della difesa devono essere assicurati solo laddove emergano indizi di reato, nel qual caso l’attività amministrativa non può più definirsi extra-processum (v. infra, par. 6).

3. Nel caso in esame, inoltre, il ricorrente precisa che l’attività ispettiva ha trovato impulso a seguito di un esposto anonimo (v. All. 3 al ricorso, verbale di ispezione in cui si dava conto di un esposto che segnalava la presenza presso l’esercizio commerciale «di formaggi definiti “posti alla rinfusa” scaduti di validità»), il quale, come noto (arg. ex art. 240 cod. proc. pen.), non consente di procedere a perquisizioni, sequestri e intercettazioni telefoniche, trattandosi di atti che implicano e presuppongono l’esistenza di indizi di reità, ma esclusivamente di attivare l’attività di iniziativa del P.M. e della polizia giudiziaria al fine di assumere dati conoscitivi, diretti a verificare se dall’anonimo possano ricavarsi estremi utili per l’individuazione di una “notitia criminis“» (Sez. 6, n. 34450 del 22/04/2016, Monco, Rv. 267680 – 01).

4. Combinando i dati relativi alla attività ispettiva in materia di alimenti con quelli relativi all’utilizzabilità (rectius: inutilizzabilità) degli esposti anonimi, si ricava il principio secondo cui questi ultimi (al contrario di una denuncia sottoscritta e riconducibile ad un soggetto determinato, che possiederebbe i crismi di una notizia di reato), lungi dal potersi considerare notitia criminis, possono costituire un mero «impulso» per attivare i poteri amministrativi che la legge pone in capo ai N.A.S. e che, laddove nel corso dell’attività ispettiva emergono elementi di reato, in quel momento – e solo in quel momento – scatteranno gli obblighi di cui agli articoli 114 e 220 disp. att. cod. proc. pen..

5. Inoltre, questa Corte (Sez. 3, n. 6594 del 26/10/2016, dep. 2017, Pelini, Rv. 269299; Sez. 3, n. 43996 del 12/09/2023, Morello), ha chiarito che l’obbligo di osservare le norme del codice di rito riguarda «lo specifico fatto, non qualsiasi altro diverso fatto la cui possibile rilevanza penale non sia ancora emersa».

6. Nel caso di specie, come correttamente evidenziato dal ricorrente, l’esposto anonimo era in ogni caso a tutt’altri fini indirizzato, ventilando la vendita di prodotti alimentari scaduti; il primo momento in cui sono emersi elementi di reato – e del reato di cui risponde l’odierno ricorrente – è stato esattamente quello in cui è stato verificato che la temperatura dei frigoriferi che contenevano gli alimenti non era idonea alla loro corretta conservazione.

E in quel momento, correttamente, gli operanti hanno proceduto ad effettuare gli avvisi di rito all’indagato.

Il Collegio aggiunge, altresì, che la mera rilevazione della temperatura del frigorifero non può assumere la valenza di accertamento tecnico o analisi, costituendo„ al contrario, un mero «rilievo» di un dato di fatto, a partire dal quale, come detto, si è concretizzata la notitia criminis.

7. Coglie ancora nel segno il ricorrente laddove evidenzia che efficacia dirimente non possa attribuirsi alla natura «deperibile» degli alimenti (pag. 2 sentenza impugnata).

Tale nozione è contenuta nell’art. 1 D.M. Sanità 16 dicembre 1993, n. 303, che tuttavia ha la funzione di individuare le sostanze alimentari deteriorabili alle quali si applica il regime di controlli microbiologici ufficiali (e regola il modo di effettuare l’analisi di revisione secondo le modalità di cui all’art. 1 della legge 30 aprile 1962, n. 283), ma non ha certo la funzione di rendere, automaticamente, ogni accertamento relativo a qualsivoglia alimento «fresco» una attività di polizia giudiziaria, in quanto «potenzialmente irripetibile».

8. La sentenza impugnata va pertanto annullata (in uno con l’ordinanza pronunciata il 29/03/2023, con cui veniva dichiarata l’inutilizzabilità degli atti di indagine) con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Torino in diversa composizione fisica.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Torino, in diversa persona fisica.

Così deciso il 16/11/2023.

Depositato in Cancelleria l’11 gennaio 2024.

SENTENZA – copia non ufficiale -.