REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Alberto GIUSTI – Presidente –
Dott. Patrizia PAPA – Rel. Consigliere –
Dott. Linalisa CAVALLINO – Consigliere –
Dott. Antonio SCARPA – Consigliere –
Dott. Danilo CHIECA – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 25049-2018 proposto da:
(OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS)
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1231/2017 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 26/06/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 31/05/2023 dal consigliere dott.ssa PATRIZIA PAPA.
FATTI DI CAUSA
1. Con atto di citazione del 1/12/03, (omissis) s.r.l. (già (omissis) s.r.l.), in persona del legale rappresentante pro tempore propose opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto nei suoi confronti dagli architetti (omissis) (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) per la somma di Euro 76.363,43 a titolo di saldo delle competenze professionali dovute per la progettazione e la realizzazione di uno stabilimento per la produzione di vino (omissis).
Sostenne l’opponente che fosse stata convenuta la limitazione del compenso nei limiti dell’importo inserito in progetto e ammesso a finanziamento; chiese pure, in riconvenzionale, il risarcimento dei danni conseguenti ad asseriti errori di progettazione e di direzione dei lavori.
Con sentenza n. 5958/2011, il Tribunale di Palermo, ritenuto che la limitazione degli importi fosse stata convenuta soltanto per le spese di progettazione ma non per le prestazioni professionali ulteriori quali la tenuta della contabilità e la direzione dei lavori, quantificò il compenso ancora dovuto in Euro 65.040,49; liquidò, quindi, in Euro 32.802,97 il danno riscontrato come dovuto ad errori e difformità nella progettazione e nell’esecuzione dell’opera appaltata e, revocato il decreto opposto e compensati i rispettivi crediti, condannò (omissis) al pagamento di soli Euro 32.237,12, oltre interessi, contributi previdenziali e IVA.
2. La Corte d’appello di Palermo, in parziale accoglimento dell’appello di (omissis) rigettato l’appello incidentale dei due professionisti, con sentenza n. 1231/2017, in parziale riforma della sentenza impugnata, ridusse ad Euro 28.261,60 l’importo ancora dovuto dalla società; sostenne infatti che la mancanza di prova della specifica pattuizione della forfettizzazione dei compensi accessori implicasse, ex art. 13 della tariffa professionale, la prova rigorosa delle spese di cui era stato chiesto il rimborso; negò che gli elementi presuntivi considerati dal c.t.u. e, poi, dal Tribunale fossero sufficienti. Infine, rigettò l’appello incidentale, richiamando le considerazioni del c.t.u. nominato in primo grado e recepite dal Tribunale per confermare la congruità della liquidazione del danno.
Avverso questa sentenza, (omissis) (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) hanno proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
(omissis) srl non ha svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, i ricorrenti hanno lamentato la violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 13, secondo comma della 143/1949, dell’articolo unico della legge 143/1958 e dell’art. 5 del d.m. 21 agosto 1958, in relazione all’art. 360 comma I n. 3 cod. proc. civ., per avere la Corte d’appello ritenuto che fosse necessario un accordo per il rimborso a forfait, senza considerare che, secondo l’art. 5 del d.m. 21/8/58, in caso di disaccordo con il committente la percentuale di tale conglobamento è determinabile dal Consiglio dell’ordine, sempre però entro il predetto limite massimo.
2. Con il secondo motivo, i professionisti hanno lamentato la violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 13, secondo comma della 143/1949, dell’articolo unico della legge 143/1958 e dell’art. 5 del d.m. 21 agosto 1958, in relazione all’art. 360 comma I n. 3 e 5 cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale ritenuto che fosse necessaria la prova specifica del quantum delle spese pur in presenza di calcolo a forfait e per non aver considerato che la distanza tra il cantiere e la residenza anagrafica costituiva idonea giustificazione del rimborso, non risultando necessaria altra prova.
3. Entrambi i motivi, che possono essere trattati congiuntamente, sono fondati.
I ricorrenti avevano ottenuto il decreto ingiuntivo in forza di parcella vistata dal Consiglio dell’ordine anche quanto alla percentuale per il calcolo forfettario del compenso accessorio conglobato.
In tema di competenze professionali agli ingegneri ed architetti, l’art. 13, comma 1, della legge 2 marzo 1949 n. 143 stabilisce che gli onorari a percentuale (in ragione dell’importo dell’opera) comprendono tutte le spese di ufficio, di personale di ufficio, di cancelleria, di copisteria o di disegno sostenute dal professionista e che, invece, sono dovuti, a parte ed in aggiunta, gli eventuali compensi e rimborsi per le prestazioni accessorie, previste dagli artt. 4 e 6 della stessa legge; il professionista ha, comunque, la facoltà di conglobare, d’accordo con il committente, tutti questi compensi accessori (e, quindi, anche quelli per rimborso di spese di viaggio, vitto, alloggio per il tempo passato fuori ufficio, nonché di spese di bollo, di registro, postali, telegrafiche, telefoniche, telefoniche, di cancelleria, di autentica di relazioni o disegni, ecc.) in una misura forfettaria che non può superare il 60% degli onorari a percentuale (art. 13, comma secondo); «in caso di disaccordo con il committente», la misura del compenso forfettario è determinata dal Consiglio dell’Ordine.
Ciò precisato, è vero che il conglobamento non può essere inteso come un automatico aumento degli onorari a percentuale in base alla sola prestazione dell’opera professionale.
È altrettanto vero, però, che trattandosi di un rimborso da liquidarsi forfettariamente, per il compenso accessorio conglobato è sufficiente che il professionista provi che un esborso vi sia stato, senza che sia necessaria la prova del suo ammontare (Cass. Sez. 2, n. 3377 del 2023).
In particolare, questa Corte ha proprio rimarcato che, secondo l’art. 4 della l. n. 143 del 1949, tra le spese rimborsabili forfettariamente rientrano le spese di viaggio, di alloggio, per il tempo passato fuori studio, in specifico riferimento all’ipotesi in cui le opere di cui al progetto siano state realizzate fuori del comune di residenza dei due professionisti (Cass. Sez. 2, n. 15930 del 2015).
La Corte territoriale non ha statuito in applicazione dei principi di diritto suesposti, consolidati nella giurisprudenza di questa Corte, perché non ha analizzato le spese in riferimento alla loro idoneità a giustificare il compenso conglobato, senza necessità della loro prova certa del quantum (in particolare, non ha valutato in tal senso la distanza tra cantiere e luogo di residenza dei professionisti come rilevata in primo grado).
4. Il ricorso è perciò accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Palermo in diversa composizione, anche per le spese di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Palermo in diversa composizione anche per le spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, in data 31 maggio 2023.
Depositato in Cancelleria il 20 giugno 2023.