Il danno prodotto dalla cancellazione dalle liste di disoccupazione e l’azione risarcitoria contro la PA (Corte di Cassazione, Sezione VI Civile, Sentenza 9 marzo 2022, n. 7640).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SESTA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Rel. Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5449-2020 proposto da:

(OMISSIS) PALMIRA ELENA, domiciliata presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentata e difesa da sé medesima;

– ricorrente –

contro

MINISTERO del LAVORO e delle POLITICHE SOCIALI, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 74/2019 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO, depositata il 18/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 21/09/2021 dal Consigliere Relatore Dott.ssa ANNALISA DI PAOLANTONIO.

RILEVATO CHE

1. la Corte d’Appello di Campobasso ha respinto l’appello proposto da Palmira Elena (OMISSIS) avverso la sentenza del Tribunale di Isernia che aveva ritenuto tardiva la riassunzione del giudizio dinanzi al giudice ordinario, successiva alla sentenza n. 183 del 10 aprile 2012, con la quale il TAR Molise aveva dichiarato il difetto di giurisdizione;

2. il giudice d’appello ha premesso che la (OMISSIS), cancellata dalle liste di disoccupazione, aveva domandato al giudice amministrativo l’annullamento del provvedimento di cancellazione e degli atti successivamente adottati dall’Ufficio Provinciale del Lavoro di Isernia ed aveva chiesto, altresì, la condanna dell’amministrazione al risarcimento dei danni;

3. la sentenza del giudice amministrativo con la quale il difetto di giurisdizione era stato dichiarato era passata in giudicato il 3 luglio 2012 e, pertanto, il termine di tre mesi per la riassunzione era spirato il 3 ottobre 2012;

4. ha precisato che la ricorrente aveva domandato il risarcimento del danno per perdita di chance in quanto, per effetto del provvedimento illegittimo, non aveva potuto partecipare ad un concorso bandito dall’Inps per la copertura di sei posti riservati a laureati in materie economiche e giuridiche e da ciò ha desunto che la controversia, in quanto riconducibile a materia di lavoro, doveva essere ricompresa fra quelle per le quali non opera la sospensione feriale dei termini processuali;

5. per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso Palmira Elena (OMISSIS) sulla base di un unico motivo, illustrato da memoria, al quale ha opposto difese, con controricorso, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali;

6. la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., è stata notificata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata.

CONSIDERATO CHE

1. il ricorso denuncia, con un unico motivo formulato ai sensi dell’art. 1. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 3 della legge n. 742/1969, dell’art. 93 R.D. n. 12/1941, dell’art. 409 nn. 1 e 5 c.p.c. e sostiene, in sintesi, che la cancellazione non era stata disposta a seguito della instaurazione di un rapporto di lavoro, sicché la controversia non poteva essere ricondotta a nessuna delle ipotesi previste dall’art. 409 cod. proc. civ.;

2. il ricorso è fondato;

hanno osservato le Sezioni Unite di questa Corte che, qualora la domanda di risarcimento del danno sia proposta nei confronti dell’amministrazione pubblica, alla quale si addebita l’errore commesso nell’avviamento al lavoro e la conseguente responsabilità della mancata aspirazione del rapporto, viene in rilievo una responsabilità che non deriva dal rapporto di lavoro, «ma dall’applicazione dei principi generali relativi alla responsabilità della pubblica amministrazione, dato che l’azione risarcitoria è proposta non già contro il datore di lavoro ma contro un’amministrazione terza, estranea al rapporto lavorativo.

Si versa quindi nell’ambito del risarcimento danni per lesione di interessi legittimi o di diritti soggettivi provocati dall’operare della pubblica amministrazione» ( Cass. S.U. n. 24400/2007);

2.1. ne hanno tratto la conseguenza che non si è in presenza di una controversia inerente l’assunzione al lavoro e, pertanto, le ragioni esposte nella decisione, così come rendono inapplicabile l’art. 68 del d.lgs. n. 29 del 1993, poi trasfuso nell’art. 63 del d.lgs. n. 165/2001, che in quel caso veniva in rilievo, impediscono di ritenere applicabile il n. 5 dell’art. 409 cod. proc. civ.;

3. più in generale questa Corte ha affermato che «per controversie relative a rapporti di lavoro subordinato debbono intendersi non solo quelle relative alle obbligazioni caratteristiche del rapporto di lavoro ma anche quelle nelle quali la pretesa fatta valere si colleghi direttamente al detto rapporto, nel senso che questo, pur non costituendo la causa petendi di tale pretesa, si presenti come antecedente e presupposto necessario – non meramente occasionale – della situazione di fatto in ordine alla quale viene invocata la tutela giurisdizionale » ( Cass. n. 22818/2009);

3.1. nel caso di specie il danno da perdita di chance del quale si invoca il risarcimento, in relazione ad un rapporto di lavoro mai costituito, è domandato in relazione all’errore commesso dall’amministrazione pubblica nell’adozione degli atti di sua competenza, sicché la mancata costituzione del rapporto non rappresenta né la causa petendi dell’azione né un suo presupposto necessario perché, in ipotesi, la responsabilità della pubblica amministrazione avrebbe potuto riguardare anche profili di danno diversi;

4. ne discende che la tempestività della riproposizione della causa (cfr. sulla natura dell’atto Cass. S.U. n. 27163/2018) dinanzi al giudice ordinario, che doveva avvenire entro il termine perentorio di mesi tre dal passaggio in giudicato della sentenza del giudice amministrativo (art. 11, comma 2, del d.lgs. n. 104/2010), doveva essere verificata tenendo conto della sospensione disposta dall’art. 1 della legge n. 742/1969, che ha carattere generale e si applica a tutti i termini processuali, mentre le eccezioni previste dall’art. 3 della stessa legge sono tassative ed insuscettibili di estensione analogica (Cass. n. 695/2020);

4.1. il ricorso va, pertanto, accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte territoriale indicata in dispositivo che procederà a nuovo esame attenendosi al principio di diritto di seguito enunciato:

« l’azione risarcitoria proposta nei confronti della Pubblica Amministrazione in relazione al danno prodotto dalla cancellazione dalle liste di collocamento non rientra fra le controversie previste dall’art. 409 n. 5 cod. proc. civ. e, pertanto, all’atto di riproposizione successivo alla dichiarazione di difetto di giurisdizione da parte del giudice amministrativo si applica la sospensione dei termini ex art. 1 della legge n. 742/1969 »;

5. non sussistono le condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, come modificato dalla L. 24.12.12 n. 228 per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, e rinvia alla Corte d’appello di Campobasso, in diversa composizione, alla quale demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso nella Adunanza camerale del 21 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.