Il figlio filma con lo smartphone il padre nel mentre commette il reato. La Polizia Giudiziaria giunge a loro e sequestra lo smartphone (Corte di Cassazione, Sezione I Penale, Sentenza 15 febbraio 2021, n. 5846).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IASILLO Adriano – Presidente

Dott. CIAMPI Francesco Maria – Consigliere

Dott. DI SALVO Emanuele – Consigliere

Dott. SIANI Vincenzo – Rel. Consigliere

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(Omissis) (Omissis), nato a (Omissis), il xx/xx/19xx;

avverso la sentenza del 05/06/2020 del Tribunale per i minorenni di Palermo;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Vincenzo SIANI;

sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, Dott. Tomaso Epidendio, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con il provvedimento in epigrafe, reso il 5 giugno 2020, il Tribunale per i minorenni di Palermo – decidendo sulla richiesta di riesame proposta dal difensore di (Omissis) avverso il provvedimento emesso il 4 maggio 2020 dal Procuratore della Repubblica presso lo stesso Tribunale con cui era stato convalidato il sequestro probatorio dello smartphone, marca Samsung, di colore blu, con codice di sblocco 0789, utilizzato dal suddetto, operato di iniziativa dalla Polizia giudiziaria il 30 aprile 2020 – ha confermato il provvedimento impugnato.

Il Tribunale – premesso che il 29 aprile 2020 in Canicattì erano stati appiccati incendi a sei autovetture e al portone di ingresso di un immobile, che le indagini di polizia avevano condotto all’individuazione nelle sagome dei due soggetti che avevano appiccato alcuni degli incendi in (Omissis), minorenne, e nel di lui padre, (Omissis), che il successivo 30 aprile quest’ultimo, interrogato, aveva ammesso i fatti segnalando che egli, nel relativo frangente, era ubriaco, che nel corso della perquisizione dello stesso 30 aprile la polizia giudiziaria aveva sequestrato i capi di abbigliamento effigiati nelle immagini esaminate e il telefono cellulare di (Omissis) su cui era presente la registrazione di un filmato video effigiante (Omissis) con indosso gli stessi capi di abbigliamento e che il P.m., con Decreto del 4 maggio 2020, aveva convalidato la perquisizione e il sequestro spiegando, in particolare, che il sequestro aveva avuto ad oggetto cose pertinenti al reato necessarie per l’accertamento dei fatti – ha ritenuto doversi confermare il provvedimento di convalida.

2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso il difensore di (Omissis) chiedendone l’annullamento sulla scorta di un unico motivo con cui lamenta la violazione degli artt. 354 e 355 c.p.p., nonché la manifesta illogicità e carenza della relativa motivazione.

Secondo la difesa, la motivazione data nella convalida non era semplicemente succinta, ma si era risolta nell’esposizione di clausole di stile, giacché il provvedimento aveva impedito di comprendere quale fosse stato il ragionamento seguito per la relativa emanazione.

Inoltre – denuncia il ricorrente – il Tribunale non ha speso una sola parola circa l’omessa effettuazione di un intervento sul bene sequestrato onde estrarne i dati di interesse probatorio e restituire l’apparecchio cellulare in tempi brevi e non in tempi lunghi, così da evitarne l’obsolescenza tecnologica, questione pure posta con la richiesta di riesame con deduzioni argomentate.

3. Il Procuratore generale ha prospettato la declaratoria di inammissibilità del ricorso, siccome strutturalmente inidoneo a contrastare l’ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Alle notazioni anticipate in narrativa appare opportuno aggiungere il rilievo secondo cui i giudici del riesame hanno osservato che la convalida risultava ampiamente giustificata, sia sulla base del quadro indiziario, costituito fra l’altro dalle videoregistrazioni, sia sotto il profilo delle esigenze probatorie richieste dall’art. 354 c.p.p., essendo stati indicati in esso la contestazione del reato, la data e il luogo della relativa commissione, la succinta spiegazione delle finalità probatorie e il richiamo dei verbali degli atti di riferimento, ossia la perquisizione e il sequestro.

Quanto, in particolare, al sequestro del telefono cellulare – ha sottolineato il Tribunale – la sua apprensione si era rivelata necessaria per l’accertamento dei fatti, essendo stato proprio l’indagato, nel corso della perquisizione, a mostrare agli operanti la registrazione effettuata lo stesso 29 aprile 2020 con lo smartphone, ritraente il padre che indossava i succitati capi di abbigliamento: la convalida risultava aver fornito, quindi, indicazioni ampiamente sufficienti a garantire l’esercizio dei diritti di difesa e ad assicurare il controllo giudiziale, considerata l’eloquenza dei fatti e la fase delle indagini, connotata da particolare urgenza.

Il Tribunale ha inoltre specificato che, in ordine alla verifica della proporzionalità del vincolo cautelare, il Pubblico ministero, in data 29 maggio 2020, aveva disposto che la Polizia giudiziaria eseguisse le operazioni di estrapolazione del video in oggetto, con l’eventuale avviso all’indagato nell’ipotesi di accertamento ex art. 360 c.p.p., operazioni al termine delle quali poteva presumersi che le finalità probatorie del sequestro risultassero esaurite, con la conseguente restituzione del bene all’avente diritto.

3. Si desume dall’analisi delle richiamate notazioni il Tribunale ha spiegato in modo adeguato la ragione per la quale dal provvedimento di convalida, contenente una motivazione concisa ma efficace, dunque effettiva e non apparente, da cui emergeva la dimostrazione la pertinenza al reato dello smartphone di cui si tratta.

Sotto questo profilo non sussiste, quindi, la lamentata violazione di legge.

Si muove, in ogni caso, dal principio di diritto – affermato anche dalla Corte di legittimità nella più autorevole composizione – secondo cui il decreto di sequestro probatorio, al pari del decreto di convalida, anche qualora abbia ad oggetto cose costituenti corpo di reato, deve contenere una motivazione che, per quanto concisa, dia conto specificatamente della finalità perseguita per l’accertamento dei fatti (Sez. U, n. 36072 del 19/04/2018, Botticelli, Rv. 273548 – 01).

Una volta assicurata tale, pur concisa ma precisa, base giustificativa, per la legittimità dei provvedimenti in materia di sequestro probatorio è, per il resto, sufficiente l’affermazione che l’oggetto del vincolo riguardi cose pertinenti al reato, anche in difetto della completa formulazione di un capo di imputazione. che, tenuto conto della fase in cui interviene la convalida, ben può fare riferimento esclusivamente al titolo del reato per cui si procede ed agli atti redatti dalla polizia giudiziaria (Sez. 2, n. 27859 del 30/04/2019. Rv. 276727 01).

Gli argomenti spesi nell’ordinanza impugnata, pur sinteticamente svolti, sottendono la base giuridica ora richiamata, non discostandosene in alcun modo, in tal senso risultando correttamente apprezzata l’evenienza di una motivazione effettiva e corretta alla base del provvedimento genetico.

4. Quanto, poi, alla questione relativa all’omessa restituzione del telefono cellulare, previa estrazione dei dati rilevanti sotto il profilo probatorio (ossia l’estrazione del video suindicato), il Tribunale ha dato espressamente atto, facendo riferimento al tempo di trattazione del riesame, era stato documentato il fatto che erano state disposte le operazioni di estrazione dei dati dallo smartphone.

Il tema posto dalla difesa non risulta, pertanto, essere stata eluso.

D’altro canto, la possibilità di estrarre la copia dal dispositivo non esclude, per ciò solo, la legittimità del sequestro probatorio, salvo a costituire la base per la susseguente istanza di dissequestro e restituzione.

Va ribadita la legittimità del sequestro probatorio di supporti informatici disposto per svolgere accertamenti sui dati in essi contenuti, pur se la L. 18 marzo 2008, n. 48, nel modificare le disposizioni del codice di procedura penale, ha previsto (all’art. 254-bis c.p.p.) la possibilità di estrarre copia degli stessi con modalità idonee a garantire la conformità dei dati acquisiti a quelli originali, in quanto questa disciplina non impedisce di imporre un vincolo su tali cose, ma si limita a consentire la presentazione di una successiva richiesta di restituzione a norma dell’art. 263 c.p.p. (Sez. 6, n. 10618 del 12/02/2014, Genchi, Rv. 259782 – 01).

5. Discende da tali considerazioni la declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione.

A tale esito, tenuto conto che il reato oggetto del procedimento è contestato come commesso da (Omissis), non segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, né al versamento di una somma a favore della Cassa delle Ammende, trovando applicazione la disciplina di favore dettata dal D.Lgs. n. 272 del 1989, art. 29, in relazione a sentenze di condanna a carico di minorenni (Sez. 1, n. 26870 del 03/10/2014, dep. 2015, S., Rv. 264025).

6. Secondo quanto stabilisce D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, deve disporsi, in relazione al fatto che reati oggetto di scrutinio sono stati commessi da persona minore di età, che in caso di diffusione del presente provvedimento dovranno omettersi le generalità e gli altri dati

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto o imposto dalla legge.

Così deciso il 10/11/2020.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2021.