REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SESTA SEZIONE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Rel. Consigliere –
Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24386-2019 proposto da:
(OMISSIS) UMBERTO e (OMISSIS) LUIGI, domiciliati in ROMA, Via (OMISSIS) 92, presso lo studio dell’avv. Cosimo (OMISSIS), Fabio (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avv. RAFFAELE (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
UNIPOLSAI ASSICURAZIONI S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NICOLA GREGORIO (OMISSIS);
– controricorrente –
contro
(OMISSIS) PIETRO, (OMISSIS) PAOLO;
– intimati –
avverso la sentenza n. 684/2018 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 27/06/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 15/07/2021 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO.
FATTI DI CAUSA
1. Luigi e Umberto (OMISSIS) convennero in giudizio, davanti al Tribunale di Lecce, Pietro e Paolo (OMISSIS), nonché la Milano Assicurazioni s.p.a., poi divenuta Unipolsai Assicurazioni s.p.a., chiedendo che fossero condannati in solido al risarcimento dei danni da loro subiti in un sinistro stradale nel quale Luigi (OMISSIS), alla guida della moto di proprietà del padre Umberto (OMISSIS), era stato costretto ad effettuare una manovra di frenata per evitare lo scontro con l’auto di proprietà di Pietro (OMISSIS), condotta da Paolo (OMISSIS), la quale stava uscendo da un’area di servizio senza osservare il dovuto obbligo di precedenza.
A seguito della frenata, egli aveva perso il controllo della moto, procurandosi in tal modo gravi danni personali e danni anche alla moto.
Si costituì in giudizio la sola società di assicurazione, chiedendo il rigetto della domanda, mentre gli altri due convenuti rimasero contumaci.
Il Tribunale, fatta espletare una c.t.u. e sentiti alcuni testimoni, accertò che la responsabilità del sinistro era da ricondurre nella misura del 70 per cento a carico di Luigi (OMISSIS) e a carico del convenuto Paolo (OMISSIS) nella misura del 30 per cento residuo; condannò quindi i convenuti al risarcimento dei danni, liquidati in euro 53.888 per danno non patrimoniale ed euro 2.250 a titolo di danno patrimoniale e compensò integralmente le spese di lite.
2. La pronuncia è stata impugnata dagli attori e la Corte d’appello di Lecce, con sentenza del 27 giugno 2018, ha rigettato il gravame, ha confermato la decisione del Tribunale ed ha condannato gli appellanti alla rifusione delle spese del grado.
3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Lecce ricorrono Luigi e Umberto (OMISSIS) con unico atto affidato a tre motivi.
Resiste la Unipolsai Assicurazioni s.p.a. con controricorso.
Pietro e Paolo (OMISSIS) non hanno svolto attività difensiva in questa sede.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375, 376 e 380-bis cod. proc. civ., e la società controricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione degli artt. 141 e 148 cod. strada, degli artt. 1227 e 2054 cod. civ., omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine all’esame dei fatti ed alla valutazione delle risultanze istruttorie.
Osservano i ricorrenti che dall’istruttoria espletata emergerebbe la piena prova dell’assenza di ogni responsabilità in capo a Luigi (OMISSIS), avendo egli tenuto un comportamento corretto; i convenuti (OMISSIS) non si erano presentati, inoltre, a rendere l’interrogatorio formale e nessuno dei convenuti aveva superato la presunzione di cui all’art. 2054, primo comma, cod. civ., in ordine alla propria assenza di responsabilità.
2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. ed omessa valutazione delle prove.
Osservano i ricorrenti che la Corte d’appello non avrebbe dato il giusto rilievo alle deposizioni dei testimoni, dalle quali risulterebbe la completa assenza di responsabilità in capo a Luigi (OMISSIS).
3. I due motivi, da trattare congiuntamente per la stretta connessione tra loro esistente, sono entrambi inammissibili o comunque infondati.
La giurisprudenza di questa Corte ha in più occasioni ribadito che in materia di responsabilità da sinistri derivanti dalla circolazione stradale, la ricostruzione delle modalità del fatto generatore del danno, la valutazione della condotta dei singoli soggetti che vi sono coinvolti, l’accertamento e la graduazione della colpa, l’esistenza o l’esclusione del rapporto di causalità tra i comportamenti dei singoli soggetti e l’evento dannoso, integrano altrettanti giudizi di merito, come tali sottratti al sindacato di legittimità se il ragionamento posto a base delle conclusioni sia caratterizzato da completezza, correttezza e coerenza dal punto di vista logico-giuridico (v., tra le altre, le sentenze 23 febbraio 2006, n. 4009, 25 gennaio 2012, n. 1028, e l’ordinanza 5 giugno 2018, n. 14358).
Nella specie la Corte d’appello ha rilevato, alla luce delle deposizioni testimoniali, che Luigi (OMISSIS) aveva effettuato un sorpasso senza rispettare le regole previste dal codice della strada; in particolare egli, non riuscendo a rientrare tempestivamente nella propria corsia dopo il sorpasso, mentre dalla corsia opposta sopraggiungeva un altro veicolo, aveva dovuto frenare improvvisamente, perdendo per questa ragione il controllo della moto.
La sentenza, quindi, ha riconosciuto il 70 per cento della responsabilità a carico del (OMISSIS) ed il residuo 30 per cento a carico di Paolo (OMISSIS), colpevole di essere uscito dall’area di servizio in modo tale da rendere più difficile la manovra di emergenza che il conducente della moto stava compiendo.
A fronte di tale ricostruzione i ricorrenti, mentre ribadiscono, peraltro del tutto genericamente, una serie di considerazioni in punto di fatto già valutate dai due giudici di merito, insistono nel sostenere l’assenza di ogni responsabilità in capo al danneggiato.
Si tratta, in definitiva, di censure che tendono a riproporre il vizio di motivazione secondo una formulazione ormai non più vigente e che, dietro l’apparente censura della violazione di legge, sollecitano in effetti questa Corte ad un diverso e non consentito esame del merito.
4. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta omessa pronuncia in ordine all’indicazione delle somme da liquidare in favore di Luigi (OMISSIS), in particolare in ordine alla rivalutazione del credito di valore.
4.1. Il motivo non è fondato.
La Corte d’appello si è pronunciata sul punto, del tutto correttamente, riconoscendo che l’importo della somma da liquidare in favore dei danneggiati era stata liquidata all’attualità, per cui non c’era bisogno di alcuna ulteriore rivalutazione, ma solo del riconoscimento degli interessi.
5. Il ricorso pone poi due ulteriori censure: l’una in ordine alla liquidazione delle spese del giudizio di primo grado, ingiustamente compensate, e l’altra in ordine alla liquidazione delle spese del giudizio di secondo grado, che avrebbero dovuto essere compensate.
Osserva il Collegio che la prima censura è inammissibile, posto che non risulta dal ricorso che essa sia stata posta in sede di appello.
La seconda censura è invece infondata, posto che la Corte di merito ha fatto doverosa applicazione del principio di soccombenza, né appaiono sussistenti le ragioni «particolarmente dubbie e delicate» cui fanno riferimento i ricorrenti.
6. Il ricorso, pertanto, è rigettato.
A tale esito segue la condanna dei ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del d.m. 10 marzo 2014, n. 55.
7. Sussistono, inoltre, le condizioni di cui all’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi euro 7.200, di cui euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile, il 15 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria, addì 16 novembre 2021.