Il termine per impugnare la sentenza inizia attraverso il deposito ufficiale in cancelleria ed il suo inserimento nell’elenco cronologico con attribuzione del relativo numero identificativo (Corte di Cassazione, Sezione III Civile, Sentenza 23 maggio 2024, n. 14516).

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

TERZA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

ALESSANDRO LUIGI SCARANO  Presidente

PASQUALE GIANNITI                Consigliere

ANTONELLA PELLECCHIA          Consigliere – Rel.

STEFANO GIAIME GUIZZI         Consigliere

SALVATORE SAIJA                    Consigliere

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 11057/2021 R.G. proposto da:

(omissis) S.P.A., in persona del legale rappresentante pro- tempore, elettivamente domiciliata in ROMA (omissis) (omissis) n. 25, presso lo studio dell’avvocato (omissis) (omissis) che la rappresenta e difende;

-ricorrente-

contro

(omissis) (omissis), (omissis) (omissis) (omissis), (omissis) (omissis), elettivamente domiciliati in ROMA VIA (omissis) (omissis) 16, presso lo studio dell’avvocato (omissis) (omissis) che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (omissis) (omissis);

-controricorrenti-

nonché contro

REGIONE LAZIO, in persona del legale rappresentante pro – tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA (omissis) (omissis) 27, presso lo studio dell’avvocato (omissis) (omissis) che la rappresenta e difende;

-controricorrente-

avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di VITERBO n. 1142/2020 depositata il 28/10/2020.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/02/2024 dal Consigliere dott.ssa ANTONELLA PELLECCHIA.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Il Tribunale di Viterbo, con sentenza n. 1142/2020, ha dichiarato inammissibile per tardività l’appello proposto dalla società (omissis) S.p.A. in relazione alla sentenza n. 297/2016 del giudice di pace di Viterbo, la quale aveva accolto la domanda di (omissis) (omissis), (omissis) (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) di risarcimento di danni, rigettando invece domanda degli stessi di restituzione del 50% dei canoni per l’acqua corrisposti e domanda di manleva proposta da (omissis) nei confronti della regione Lazio.

(omissis) ha presentato ricorso, sulla base di quattro motivi.

Resistono con controricorso i sigg. (omissis) (omissis), (omissis) (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis), e, con separato controricorso, la Regione Lazio.

MOTIVI DELLA DECISIONE

2.1. Con il primo motivo la società (omissis) S.p.A. denuncia la violazione degli artt. 115 e 133 c.p.c., 2719 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.

Si duole che il giudice dell’appello abbia ritenuto inammissibile perché tardivo il gravame volto ad ottenere la riforma della sentenza del Giudice di pace di Viterbo n. 297/2016.

2.2. Con il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 101 c.p.c., violazione del diritto di difesa – omesso contraddittorio e termini a difesa su di una questione non sollevata formalmente dalle parti e rilevata d’ufficio.

2.3. Con il terzo motivo denuncia in relazione all’art. 360 n. 3 del c.p.c. la violazione degli artt. 115, 116, 133 c.p.c., art. 2719 c.c., art. 2712 e artt 23,c.2 e 23 quarter D.lgs n. 82/2005 (C.a.d.).

2.4. Con il quarto motivo denuncia in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c. l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

3. Il primo, il secondo e il terzo motivo sono infondati.

Con particolare riferimento al 1° motivo va osservato che il deposito e la pubblicazione della sentenza coincidono e si realizzano nel momento in cui il deposito ufficiale in cancelleria determina l’inserimento della sentenza nell’elenco cronologico, con attribuzione del numero identificativo e conseguente conoscibilità per gli interessati, dovendosi identificare tale momento con quello di venuta ad esistenza della sentenza a tutti gli effetti, inclusa la decorrenza del termine lungo per la sua impugnazione.

Qualora, peraltro, tali momenti risultino impropriamente scissi mediante apposizione in calce alla sentenza di due diverse date, ai fini della verifica della tempestività dell’impugnazione, il giudice deve accertare – attraverso istruttoria documentale, ovvero ricorrendo a presunzioni semplici o, infine, alla regola di cui all’art. 2697 c.c., alla stregua della quale spetta all’impugnante provare la tempestività della propria impugnazione – quando la sentenza sia divenuta conoscibile attraverso il deposito ufficiale in cancelleria ed il suo inserimento nell’elenco cronologico con attribuzione del relativo numero identificativo (Cass. S.U. n. 18569/2016).

Ove risulti la scissione tra i momenti di deposito e pubblicazione attraverso l’apposizione in calce alla sentenza di primo grado di due diverse date, l’onere della prova del fatto processuale rappresentato dalla tempestività della proposizione dell’appello o del passaggio in giudicato della sentenza di primo grado per effetto della tardività dell’appello incombe sulla parte che proponga ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello, denunciando rispettivamente la tempestività dell’appello o la formazione del giudicato (Cass. 9917/2023; Cass. 27589/20217; Cass.7635/2019; Cass. 20447/2018).

3.1. Quanto al secondo motivo va posto in rilievo che l’art. 101, secondo comma, cod. proc. civ. è riferibile solamente alla rilevazione d’ufficio di circostanze che, modificando il quadro fattuale, comportino nuovi sviluppi della lite non presi in considerazione dalle parti (Sez. 3, Sentenza n. 10062 del 27/04/2010, Rv. 612587 – 01; Sez. 5, Sentenza n. 11453 del 23/05/2014, Rv. 630981 – 01; Sez. 5, Sentenza n. 11928 del 13/07/2012, Rv. 623340 -01).

Orbene, la tardività dell’impugnazione, che costituisce una circostanza obiettiva emergente dalla documentazione già in possesso delle parti e che le stesse possono agevolmente rilevare, non configura quello “sviluppo inatteso” per il quale si renda necessaria l’instaurazione del contraddittorio mediante l’assegnazione di uno specifico termine per memorie difensive.

In particolare, il divieto della decisione sulla base di argomenti non sottoposti al previo contraddittorio delle parti non si applica alle questioni di rito relative a requisiti di ammissibilità della domanda previsti da norme la cui violazione è rilevabile in ogni stato e grado del processo, senza che tale esito processuale integri una violazione dell’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, il quale – nell’interpretazione data dalla Corte Europea – ammette che il contraddittorio non venga previamente suscitato quando si tratti di questioni di rito che la parte, dotata di una minima diligenza processuale, avrebbe potuto e dovuto attendersi o prefigurarsi (Sez. 3, Sentenza n. 15019 del 21/07/2016, Rv. 641276 01).

Va al riguardo pertanto affermato che non soggiace al divieto posto dall’art. 101 cod. proc. civ. di porre a fondamento della decisione una questione rilevata d’ufficio e non sottoposta al contraddittorio delle parti, il rilievo della tardività dell’impugnazione o dell’intervenuta decadenza dall’opposizione.

Ciò in quanto l’osservanza dei termini perentori entro cui devono di cui devono essere proposte le impugnazioni (artt. 325 e 327 cod. proc. civ.) o avviate le cause di contenuto oppositivo (artt. 617 o 641 cod. proc. civ.) costituisce un parametro di ammissibilità della domanda alla quale la parte che sia dotata di una minima diligenza processuale non può non prestare attenzione, così da dover considerare già ex ante come possibile sviluppo della lite la rilevazione d’ufficio dell’eventuale violazione di siffatti termini.

3.2. Il quarto motivo è inammissibile.

La censura di violazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c. è invero inammissibile ai sensi dell’art. 348 ter. c.p.c., trattandosi di un’ipotesi di c.d. doppia conforme, in quanto le statuizioni di merito sono fondate sul medesimo iterlogico argomentativo (cfr. ex multis Cass. civ., Sez. II, Ord., 26/07/2023, n. 22497; Cass. civ., Sez. V, Ord., 25/07/2023, n. 22261; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 20/07/2023, n. 21682; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 28/06/2023, n. 18491; Cass. civ., Sez. V, 14/03/2023, n. 7382; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 1/03/2023, n. 6169; Cass. civ., Sez. V, Ord., 24/02/2023, n. 5803; Cass. civ., Sez. VI-2, Ord., 9/03/2022, n. 7724).

4. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo in favore di ciascuna parte controricorrente, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 2.200,00, di cui euro 2.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore dei controricorrenti sigg. (omissis) (omissis), (omissis) (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis); in complessivi euro 2.200,00, di cui euro 2.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente Regione Lazio.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza civile della Cassazione in data 15 febbraio 2024.

Depositato in Cancelleria il 23 maggio 2024.

SENTENZA – copia non ufficiale -.