La Cassazione conferma il sequestro dell’ingente somma che é provento della vendita di materiale esplosivo non autorizzato (Corte di Cassazione, Sezione I Penale, Sentenza 23 agosto 2024, n. 33048).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

PRIMA SEZIONE PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MARZIO Giuseppe – Presidente

Dott. GUARDIANO Alfredo – Consigliere

Dott. BELMONTE Maria Teresa – Consigliere

Dott. RUSSO Carmine – Relatore

Dott. CANANZI Francesco – Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sui ricorsi proposti da:

(omissis) (omissis) nato a (omissis) il xx/xx/20xx;

(omissis) (omissis) nato a (omissis) il xx/xx/19xx;

(omissis) (omissis) nata a (omissis) il xx/xx/19xx;

avverso l’ordinanza del 16/04/2024 del TRIBUNALE di FOGGIA;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. CARMINE RUSSO;

lette le conclusioni del PG, Dott. STEFANO TOCCI, che ha chiesto il rigetto dei ricorsi.

Ritenuto in fatto

1. Con ordinanza del 16 aprile 2024 il Tribunale di Foggia ha respinto l’istanza di riesame presentata da (omissis) (omissis), (omissis) (omissis) ed (omissis) (omissis) contro il decreto di sequestro preventivo emesso dal g.i.p. del Tribunale di Foggia il 25 marzo 2024, ed avente ad oggetto la somma di euro 100.806 in contanti rinvenuta presso la loro abitazione.

In particolare, (omissis) (omissis) è indagato per il reato dell’art. 2, I. 2 ottobre 1967, n. 895 per la detenzione di 450.832 grammi e 51.482 grammi di manufatti esplosivi, rinvenuti nella abitazione che questi divide con il padre (omissis) e la nonna (omissis).

Nel corso della perquisizione dell’abitazione dei ricorrenti, effettuata dalla Guardia di Finanza nel procedimento penale a carico di (omissis) (omissis), è stata rinvenuta anche la somma in contanti sopra indicata.

Il g.i.p. ne ha disposto il sequestro preventivo in quanto cosa pertinente al reato, rilevando che essa potrebbe essere utilizzata per l’acquisto di altro materiale esplosivo.

Il Tribunale del riesame ha confermato il sequestro ritenendo che la somma oggetto di sequestro doveva essere ritenuta profitto riconducibile alla attività di vendita illegale del materiale esplodente da parte di (omissis) (omissis) e che la stessa avrebbe potuto essere utilizzata per altri acquisti di materiale.

2. Avverso il predetto provvedimento hanno proposto ricorso l’indagato (omissis) (omissis) ed i terzi (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis), per il tramite del comune difensore, con unico motivo, di seguito esposto nei limiti strettamente necessari, ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen., in cui deducono violazione di legge per mancanza totale e carenza assoluta di motivazione sull’esistenza di un nesso di pertinenzialità tra denaro e titolo di reato sequestrato, atteso che il Tribunale del riesame ipotizza che il denaro sia il provento di una attività di vendita del materiale esplodente, vendita che, in realtà, non è mai stata contestata a (omissis) (omissis), cui si attribuisce soltanto la detenzione dello stesso.

Inoltre, manca del tutto la motivazione sulla deduzione difensiva secondo cui il denaro fosse in disponibilità, in realtà, della nonna dell’indagato, proprietaria dell’abitazione, e del padre dell’indagato; a tal fine, si evidenzia che il comportamento sospetto che ha generato l’estensione della perquisizione ai locali ove fu trovato il materiale fu tenuto dalla nonna, che i beni erano occultati in borse da donna, e che il padre dell’indagato risultava aver prelevato in contanti circa 15.000 euro pochi mesi prima, che aveva consegnato alla madre perché li custodisse in casa.

3. La difesa dell’indagato ha chiesto la discussione orale.

Con requisitoria orale il Procuratore Generale, Dott. Stefano Tocci, ha chiesto il rigetto dei ricorsi.

Nessuno è stato presente in udienza per i ricorrenti.

Considerato in diritto

1. I ricorsi sono infondati.

Nell’unico motivo i ricorrenti contestano l’esistenza di un nesso di pertinenzialità tra il denaro rinvenuto nell’abitazione dei tre ricorrenti ed il reato contestato a (omissis) (omissis) e lo fanno spendendo due argomenti.

Il primo argomento è che il reato contestato a (omissis) è la detenzione, e non la vendita di materiale esplosivo, e tale tipo di contestazione non prevede nella propria struttura un profitto.

L’argomento è infondato, perché il cenno, nell’ordinanza del Tribunale del riesame all’essere il denaro profitto dell’attività di cessione, va inteso non come l’indicazione del fondamento del vincolo, ma come considerazione logica che fonda la conclusione della pertinenza del bene al reato, in ragione della sua possibile utilizzazione, nel contesto di un’attività economica, per altri acquisti di materiale: ciò che evoca il sequestro preventivo di tipo impeditivo di cui all’art. 321, comma 1, cod. proc. pen., non il sequestro funzionale alla confisca di cui al secondo comma della stessa norma.

Ed il nesso di pertinenzialità tra denaro e reato in un sequestro preventivo di tipo impeditivo consiste nella possibilità che il denaro “sia servito a commetterlo, ovvero sia concretamente destinato alla commissione dello stesso” (Sez. 6, Sentenza n. 17997 del 20/03/2018, Bagalà, Rv. 272906), che è quanto il giudice del merito ha affermato sussistere nel caso in esame ritenendo che esso potesse servire all’acquisto di altro materiale esplosivo.

Il ricorso deduce che si tratta di una affermazione non ragionevole alla luce delle evidenze probatorie, atteso che dagli atti emerge che i pagamenti delle forniture del materiale avvenivano con bonifico bancario e fattura, e non in nero e tramite denaro contante, ma si tratta di una deduzione da cui non emerge una apparenza della motivazione ma che attinge, al più, la logicità della stessa, e che, quindi, è preclusa in un sindacato per mera violazione di legge, quale quello di cui all’art. 325, comma 1, cod. proc. pen.

E ciò senza dire che non esiste alcuna incompatibilità logica tra la disponibilità di contante e il suo successivo versamento su un conto corrente.

Il secondo argomento speso dal ricorso è che il reato è contestato solo a (omissis) (omissis), e non agli altri due ricorrenti, che sarebbero i reali proprietari del denaro che, pertanto, non avrebbe alcun collegamento con il reato; il ricorso deduce anche che sarebbe mancato un approfondimento nella ordinanza impugnata sulla possibilità che il denaro appartenga a (omissis) (omissis) ed (omissis) (omissis).

Anche questo argomento è infondato, perché l’ordinanza impugnata prende posizione sulla proprietà del denaro rinvenuto e ritiene che esso non possa che derivare dall’attività di confezionamento di fuochi di artificio svolta abusivamente in modo professionale da (omissis) (omissis).

Nei limiti della valutazione di tipo cautelare, si tratta di motivazione che non può essere giudicata apparente, perché ha una base fattuale certa (la quantità di materiale rinvenuto in sequestro, l’esistenza di documenti contabili di acquisto dello stesso, circostanze da cui può essere ricavato il fumus della esistenza di una attività professionale di confezionamento di fuochi di artificio da parte di (omissis) (omissis)), mentre la pretermissione dell’argomento introdotto dalla difesa sulla provenienza lecita del denaro che il padre di (omissis) (omissis) avrebbe prelevato dai propri conti non è tale da riuscire a rendere apparente la motivazione dell’ordinanza impugnata, attesa la non comparabilità tra i due importi.

Da ultimo, la non riferibilità del denaro alla nonna dell’indagato riposa, in termini non meramente apparenti, sulla condotta serbata dalla donna al momento dell’accesso che ha condotto al sequestro, quale illustrata nell’ordinanza impugnata.

I ricorsi, in definitiva, sono infondati.

2. Ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., alla decisione consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 16 luglio 2024.

Depositato in Cancelleria il 23 agosto 2024.

SENTENZA – copia non ufficiale -.